Sorride troppo! Aiuto. Mica penserà che siamo fidanzati... Bè, non ci voglio pensare. "Allora, devi scendere e controllare che non arrivi nessuno, ok?"
"E tu?"
"Io rimango in macchina."
"A far che?" Giustamente Gibbo non può capire.
"Una cosa."
"Ma che cosa?" Bè d'altronde ha ragione. La macchina è sua e poi comunque dopo mi vedrebbe scendere.
"Mi devo cambiare. Ero uscita vestita tutta in un altro modo."
"Ah..." Ora sembra aver capito, scende dalla macchina e si allontana. Poi si ferma e resta di spalle. Ma non voglio sorprese. Apro il finestrino.
"Ehi, non ti azzardare a girarti." Gibbo si gira e sorride.
"No, no, stai sicura."
"Ma se ti sei girato!"
"Ma perché mi ha chiamato."
"Eh, non ti girare più." Comincio a infilarmi i pantaloni sotto la gonna.
"Neanche se mi chiami?"
"No, neanche in quel caso. E comunque non ti chiamo."
Ma si rigira lo stesso.
"Sicura? E se succede qualcosa?"
"E dai... girati!"
Gibbo si gira e ora viene la parte più diffìcile. Preparo la camicetta; poi controllo e mi levo il top. Gibbo non si gira, per fortuna. Sta fermo in fondo alla strada, sempre di spalle. Ma proprio in quel momento... Tum, tum. Mi bussano sul vetro e mi prende un accidente. "Caro... Ma che stai facendo?"
Sono mezza nuda con la testa infilata per metà dentro la camicetta. Ne sbuco fuori sorridendo.
"Niente! " Per fortuna è Rusty James. Mi infilo al volo le scarpe e scendo.
"Come niente?"
"Ma dai niente, mi stavo cambiando" e risistemo tutto dentro la busta.
"E" che mamma non voleva che uscissi così e allora..."
Gibbo vedendomi con qualcuno si avvicina.
"Lui è Gustavo, mi ha accompagnato a casa! "
Naturalmente non racconto tutto il resto...
"Lui è mio fratello Giovanni."
"Ciao" si salutano senza darsi la mano.
"Bè, io vado a casa allora, ci vediamo domani a scuola."
"A che ora arrivi?"
"Oh, alla prima."
"Ok, ciao."
"Ciao... Gibbo."
Monta in macchina e si allontana velocemente. La marmitta è na sinfonia assurda nella notte.
"Ha una Aixam che passa inosservata..."
"E" una Chatenet..."
"Stai diventando precisa come papà." RJ. mi guarda e sorride. "Spero che non avrai preso sul serio da lui, se no io e te non andremo mai d'accordo. Ci allontaneremo sempre di più man mano che crescerai..."
E in quel momento mi prende una tristezza che non so capire. Sai quando ti assale qualcosa senza un preciso perché. Che poi fino a quel momento mi ero così divertita. E così gli do una spinta.
"Non dirlo neanche per scherzo." E poi mi metto vicina. Mi appoggio, così magari mi abbraccia come solo RJ. sa fare. E infatti è proprio così e mi sento protetta. Allora alzo un po'"il viso e lo guardo.
"Non ci allontaneremo mai, vero?"
E lui ride. "Come la luna e le stelle..."
E io sorrido. "Sempre nel cielo blu. Come io e tu!" E ci mettiamo a ridere. Non so come ce la siamo inventati, questa è uscita una notte d'estate. Stavamo a guardare il cielo in cerca di qualche stella cadente e alla fine, siccome non ne vedevamo neanche una, ci siamo inventati questa poesia. Che poi io l'ho messa anche in un tema e il prof Leone me l'ha corretta e io gli ho spiegato, spiegato... ho cercato di trattare, facendogli capire che quel "Io e tu.." è sbagliato, sì, ma è una licenza poetica per far venire la rima. Insomma alla fine mi ha dato sufficiente. Anche se secondo me quel tema avrebbe meritato molto di più.
"Caro, vieni, ti voglio dire una cosa" e ci andiamo a sedere su una panchina in via dell'Alpinismo, proprio vicino a scuola, dove c'è il piccolo parco per i cani. E sono un po'"preoccupata. Quando fa così, R. J. ha sempre qualche grossa novità.
L'ultima volta che ci siamo seduti qui ha voluto raccontarmi che aveva lasciato la sua ragazza. Debbie, così si chiama ed è una forza e anche molto bella. R. J. ha sempre avuto ragazze belle ma questa sembrava che potesse durare più delle altre.
Debbie rideva un sacco, era sempre allegra, mi faceva gli scherzi e mi diceva che io e R. J. ci assomigliavamo un sacco. E poi mi teneva sulle gambe e chiacchierava con me e mi faceva le feste. E una volta quando è andata a trovare suo padre, che vive a New York, mi ha portato anche una maglietta Abercrombie fichissima.
Mi manca Debbie e non per quella maglietta, ma non è certo una cosa che posso dire a R. J., d'altronde se ha deciso così avrà avuto pure le sue ragioni.
"Vieni, mettiti qui vicino a me."
E io mi siedo e sono serena. C'è uno strano silenzio nel parco e in qualche posto è un po'"buio ma vicino a R. J. non ho paura.
"Sei pronta Caro?" Faccio segno di sì con la testa. E lui si infila una mano nel giubbotto e tira fuori delle pagine di un giornale e lo apre tutto soddisfatto.
"Eccolo qua." E mi indica un pezzo scritto con alla fine in fondo il nome Giovanni Bolla.
"Sei tu!"
"Eh già, sono io. E questo è il mio primo articolo. Cioè, è un racconto" e me lo comincia a leggere. E mi piace e lo ascolto con piacere. È il racconto di un ragazzo che fugge di casa all'età di dodici anni, che prende la bicicletta dal garage dopo aver litigato e discusso con il padre e scappa via. E mentre l'ascolto mi ricordo che una volta mi aveva raccontato che una cosa del genere l'aveva fatta proprio lui. E divertente questo racconto, pieno di dettagli, di passione. E" veloce, non annoia, diverte ed emoziona, insomma forse mi piace anche per come lo legge lui. E ogni tanto rido perché questo personaggio, Simone, a volte è un po'"imbranato ed è divertente sul serio. Quando ha finito, R. J. gira il foglio.
"Allora? Che te ne sembra? E" il mio primo racconto."
"E bellissimo..." Vorrei dirgli qualcos'altro ma mi viene solo "Fa sognare!".
"Bè, non è poco."
"E anche un po'"autobiografico, no?"
"Bè, più o meno a tutti una volta o l'altra è capitato di litigare con il proprio padre."
"Ah, certo."
Con il nostro poi è proprio facile. E mi viene fuori la domanda più assurda e mentre la faccio me ne pento, ma ormai è troppo tardi.
"Ma ti hanno pagato?" E R. J. non si arrabbia, anzi è felice.
"Certo! Non molto, ma mi hanno pagato." Si infila il giornale in tasca.
"Ci pensi, sono i primi soldi che ho guadagnato scrivendo."
"Eh già..."
Si alza dalla panchina. "Dai Caro andiamo a casa và, è quasi mezzanotte, poi mamma si preoccupa per te! "
E così camminiamo verso il nostro palazzo. E lo facciamo in silenzio e mi piace questo momento. Poi improvvisamente mi fermo e non so com'è ma me ne esco così.
"Ma la vedi più Debbie?"
R. J. mi sorride. "La sto sentendo..." ma non vuole dirmi di più.
"Mi piaceva un sacco." Non gli dico della maglietta e tutto il resto.
"Oh, anche a me. E" per questo che l'ho richiamata! "
E si mette a ridere. Poi apre il portone e mi fa passare.
"Dai entra."
"R. J., mi fai un piacere?"
"Un altro?" La dice sempre questa cosa. Poi si mette di nuovo a ridere.
"Dai, dimmi Caro."
"Me lo dai il tuo primo racconto? Lo voglio incorniciare."
Mi chiamo Giovanni. Rusty James come mi chiama Carolina. Sono suo fratello. Scrivere è il mio sogno. Mettere un mondo intero su una pagina. Sentire i tasti del computer che ticchettano o meglio ancora vedere asciugarsi l'inchiostro di una stilografica su un taccuino tenuto a malapena insieme da un po'"di colla e un elastico. Ecco la mia passione. L'attimo in cui mi sento più vivo è quando rileggo una frase, un passaggio, un'idea che ho fermato per sempre sul bianco. E quel bianco l'ho trasformato e fatto mio. Diffìcile far capire questo a chi pensa che la vita sia solo la carcassa di un sogno che un tempo credevi vero, a chi ha smesso di emozionarsi, preso dalle tante difficoltà della vita. Come se le difficoltà fossero solo scocciature, quando invece sono occasioni, possibilità di dimostrare che ce la possiamo fare. Sono un idealista? Un pazzo? Un sognatore? Non lo so. Ho vent'anni, mi guardo intorno e vedo quanto è dura la vita. Sì, ma anche splendida. Conosco i problemi del mondo, non metto la testa sotto la sabbia, è duro prendere un mutuo per comprarsi un buco di nido, è difficile trovare un lavoro che non ti dia solo da sopravvivere ma ti faccia esprimere e vivere dignitosamente. E so anche quante ingiustizie e violenze ci circondano. Eppure sono uno che ancora spera. Mi commuovo di fronte a un'alba, per un amico darei tutto quello che ho senza sentirmi per questo povero. Danzo con la vita, la invito a ballare, la stringo ma non troppo, la guardo negli occhi, rispettandola e amandola, così come amo lo sguardo di una donna innamorata. Ecco. Vorrei essere in quello sguardo, dentro, sempre, essere il suo sogno, tarla sentire preziosa e unica come la stilla di rugiada che al mattino illumina all'improvviso il petalo di una mammola. Sono il contrario di mio padre e un po'"ci sto male. Vorrei che mi capisse.
Ma, come dice lui, ho solo vent'anni quindi io che ne so della vita? Mi viene in mente Ligabue che canta quando hai solo diciott'anni quante cose che non sai, quando hai solo diciott'anni forse invece sai già tutto non dovresti crescer mai...". E" proprio vero e forse è inevitabile essere così diversi. Mi trovo in perfetta sintonia invece con lei, Carolina. La mia Caro. Con il suo entusiasmo, i sorrisi e l'energia con cui vive tutto è davvero trascinante. Siamo super affini, ci capiamo senza bisogno di tante parole. Le voglio bene e spero che abbia una vita felice. Se la merita proprio. Lei che si fida di me, crede in me, mi rispetta e si fa rispettare. Lei che è leale con gli altri, così diversa e matura. Saggia. Sì, Carolina è saggia anche se ancora non lo sa! Ed è giusto così, è giusto che conservi quest'innocenza sognante che non significa essere troppo ingenui o farlocchi, ma capaci ancora di stupirsi. E poi c'è anche mia madre a cui voglio un bene dell'anima perché si è sempre sacrificata senza mai lamentarsi e tutto per farci avere quel che ci serviva, anzitutto l'amore. Mi piacciono le sue mani un po'"sciupate, il sorriso che ha negli occhi quando parla di noi, l'odore della sua pelle quando sta ai fornelli. Odora di antico, di qualcosa che mi ricorda l'infanzia. Un odore buono. Mia sorella Alessandra invece non riesco a capirla. Vorrei che si aprisse di più con me, in pratica non la conosco, non abbiamo mai parlato davvero. E poi sembra quasi gelosa di sua sorella e ogni volta che, proprio per paura di questo, cerco di darle attenzione e importanza, è come se lei la rifiutasse. Si sta indurendo e non capisco perché. Adoro i miei nonni, le radici di ciò che sono, la loro semplice schiettezza di saggi che hanno visto il mondo e le cose. Li adoro perché tra sessant'anni vorrei essere così, innamorato ancora della vita e magari della donna che con me l'ha condivisa e trasformata Una vera scommessa da giocare con lealtà. Ora amo una donna, bella, dolce, sincera. La amo e spero de questo sentimento non finisca, che mi faccia sentire bene coe sta accadendo adesso. Eppure ogni tanto mi viene addosso una strana paura, come se dovesse finire presto o se non fosse la mia strada. Non so perché. Sensazioni. Intanto me la vivo, anche perché è veramente bella. Viva la vida.
Wishlist
L'ultimo cd dei Radiohead e dei Finley.
Una fascia per capelli lucida e nera, stile anni '30.
Pettinarmi i capelli all'indietro e non vomitare quando mi guardo allo
specchio.
Comprare il cofaneto di High School Musical.
Andare a Pulp Fashion in via Monte Testaccio per curiosare un po'"nel vintage anni '70.
Farmi una lampada! E poi papà mi uccide.
A ottobre non è successo granché. Cioè... a parte aver litigato con don Gianni, il prete che ci fa religione a scuola, aver discusso con Gibbo sugli sviluppi del bacio e aver baciato Filo per mettere pace tra i due. Ah sì, dimenticavo, Rusty James se ne è andato di casa. Insomma ripensandoci bene è stato un mese abbastanza movimentato, ma andiamo per gradi.
"Buongiorno raga!."
Neanche è entrato che escono subito quattro alunni, gli esonerati dalla sua ora. Ora non so se questa è ragione di peccato o altro, ma secondo me è importante restare, non abbandonare la partita. Anche a costo di discutere e dirne di tutti i colori, ma mai ritirarsi. E" un po'"come dargliela vinta secondo me. Almeno io sono rimasta. E l'ho sempre pensata così. Fino a quel giorno.
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