Mi guarda e mi fa un sorriso tenero, come se fossi speciale. A me tutto questo sembra così normale.
"Fammi un po'"pensare... Sì, ecco." Prende un libro. "Potrebbe piacerle questo: La solitudine dei numeri primi. E" la storia di due persone sole che si amano ma alla fine restano soli..."
"Sandro! Ma è tristissimo!"
"Un po', però è molto bello."
"Ho capito, ma nonna in questo periodo ha bisogno di sorridere!"
"Hai ragione. Allora ci sarebbe questo... L'eleganza del riccio. Questo è più leggero, divertente ma ugualmente bello."
"Uhm..." lo prendo in mano. "Di cosa parla?"
"E" la storia di una portinaia molto colta che fa finta di non sapere niente perché sennò quelli del palazzo non l'avrebbero in simpatia... E fa amicizia con una ragazzina..."
"Uhm, questo mi sembra già meglio, anche se noi non abbiamo il portiere!"
E improvvisamente un'altra voce tra noi. "Oh sì, che potrebbe andare! Tra l'altro la ragazzina ha deciso di uccidersi proprio per il giorno del suo compleanno e invece l'amicizia con la portinaia l'aiuta nella sua solitudine e... " Quel buffo signore in principe di Galles a quadretti grigio, con tanto di gilè e papillon, si accorge di come lo stiamo guardando sia io che Sandro. Improvvisamente le sue parole gli si spezzano in bocca. "Bè, forse è meglio che non sveli troppo... comunque a me è piaciuto molto." E si rigira su se stesso quasi infastidito dal nostro silenzio.
Sandro lo guarda andare via. "Voleva fare conversazione..."
"Già, e svelarmi il finale."
"Che poi lui non l'ha letto! È tutto quel che ricordo di avergli raccontato io... Sai... è molto solo. Viene qui per fare conversazione e alla fine del mese comunque un libro lo prende, il più economico magari, tanto per far vedere che tutti i miei racconti non sono sprecati! " Lo guardo. È laggiù che fruga tra i libri. Ne apre qualcuno, lo sfoglia, legge qualcosa ma lo fa così, per finta, in realtà con la coda dell'occhio guarda verso di noi, sa che stiamo parlando di lui. Poi si gira del tutto. Sorride. In fondo dev'essere simpatico. Lui e nonna Luci. Chissà, magari un giorno potrebbero vedersi e prendere un te e parlare di tante cose e farsi compagnia. Nonna conosce tantissime storie, gliene racconterebbe una al giorno fino alla fine dei suoi giorni. No. Nonna non avrà più voglia di parlare con nessun altro uomo. Nonna parla ogni giorno con nonno Tom. Siamo noi che non possiamo sentirli.
"Carolina! Che bella sorpresa..."
Nonna mi fa entrare con un bacio sulla guancia e un abbraccio lungo, pieno d'amore. Poi mi prende e mi guarda con le sue mani sulle spalle, come se cercasse qualcosa in me.
"Non t'aspettavo sul serio..."
Non so se crederle. Secondo me non è vero. Sarebbe stata dispiaciuta se non fossi passata. E molto. Fa un sospiro di sollievo e poi torna la nonna di sempre.
"Come stai... sembri ogni giorno diversa..."
"Diversa come, nonna?"
Chiude la porta alle mie spalle. "Cresciuta. Più donna. Più ragazza insomma.,."
"Ma sono una ragazza!" Rido mentre mi giro a guardarla.
"Sì, sì, lo so..." Poi torna curiosa. "Non c'è niente che devi dirmi, vero?"
"No, nonna." Capisco le sue possibili allusioni. "Stai tranquilla."
E finiamo in salotto in un tavolino all'ombra di quell'albicocco.
"Sta facendo i primi fiori."
"Sì..." e rimaniamo così, a fissare quei fiori appena sbocciati che si piegano leggeri e fragili al primo vento. E chissà quale ricordo evocano. Vedo i suoi occhi tingersi di emozione. Leggere, opache lacrime li vestono. Rimane così, assorta, forse trasportata indietro nel tempo. Quel vaso. Quell'albero. Un bacio ricevuto in quell'angolo. Un regalo. Una promessa. Rimango in silenzio mentre lei naviga lontana, portata da chissà quale corrente di ricordi. Poi improvvisamente torna. Un lungo sospiro. Mi guarda di nuovo, sorride serena Non si vergogna del suo dolore. Anch'io le sorrido.
"Ti va un te?"
"Sì, nonna! Magari un te verde se ce l'hai..."
"Certo che ce l'ho. Da quando so che ti piace, non manca mai... " E se ne va di là.
Io mi siedo al tavolino di legno lì, nell'angolo, vicino ai gelsomini e al muro delle rose selvagge. Mi ricordo che il nonno mi ha fatto delle foto bellissime tra quelle rose. Chiudo gli occhi, respiro il delicato profumo di quei fiori. Mi sento rilassata, mi riposo anche se non ho ragione di essere stanca. Bè sì, forse ho studiato un po'"troppo. Ho pure saltato ginnastica. Sono le ultime lezioni, però è anche vero che gli esami sono alle porte. Continuo così, tra mille pensieri, poi improvvisamente il ricordo di una cosa che mi ha detto mamma. Poco dopo il funerale del nonno, quando siamo tornati a casa. Era rimasta in salotto, io non avevo sonno e l'ho incontrata per caso lì sul divano, con le gambe raccolte sotto di lei, proprio come faccio sempre io.
Quella sera.
"Ehi, vieni qui..."
Mi siedo di fronte, sulla sedia.
"No, qui accanto a me..." Mi fa un po'"di posto sul divano o sì la raggiungo. Mi siedo come lei. Siamo due gocce d'acqua con in mezzo un po'"di tempo.
"Cosa pensi, mamma?"
"A una cosa che ho sempre immaginato e che non è stata possibile..." Rimane così, in silenzio, con lo sguardo perso oltre quella tivù spenta, oltre quel divano sullo sfondo, quel tappeto consumato. Oltre quello specchio antico.
"Posso saperla?"
Ritorna indietro, in sé. Si gira lentamente verso di me. Sorride. "Sì, certo. Si amano così tanto... Cioè, si amavano così tanto che avrei voluto sparissero insieme, nello stesso momento... Anche se per me sarebbe stato un dolore enorme."
Allora mi porto più vicino a lei e poggio la testa sulla sua spalla. E quasi lo sussurro...
"Si amano ancora, mamma."
E lei mi accarezza i capelli e poi il viso e di nuovo i capelli. "Sì. Si amano ancora. "
E la sento piangere. Silenziosa, che non riesce a frenare il pianto, a trattenere i singhiozzi, che piano piano diventano un po'"più forti. E anch'io allora piango in silenzio e l'abbraccio forte, ma non riesco a dire nulla, neanche a immaginare qualche cosa, a trovare una frase bella da poterle dire, se non "Mi dispiace, mamma...". E continuiamo a piangere così, come due bambine di mamme differenti.
"Eccomi qui, con il tuo te." Lo poggia un po'"traballante sul tavolo di legno. Riapro gli occhi e me li asciugo veloci, per non farla accorgere che stavo piangendo di nuovo.
"Ah che bello... Non sai quanto mi andava, nonna! " E lo verso nella mia tazza e subito scarto la bustina e ce la infilo dentro.
"Ma tu non lo vuoi provare?"
"No, grazie" nonna si siede di fronte a me. "Preferisco quello normale, "English"" e sorride mentre lo dice, fiera della sua pronuncia.
Alzo le spalle. "Come vuoi, nonna..."
Finisco di versarmi il mio e assaggio un biscotto.
"Nonna! Ma sono al burro..."
Sorride. "Proprio per questo sono così buoni!"
Scuoto la testa. Non ne vuole sapere della mia dieta, non mi aiuta per niente, anzi.
"Con qualche chilo in più stai meglio! "
"Sì, sì... invece di aiutarmi..."
"Ma io ti aiuto... a essere bella!"
Pesco nella mia borsa sotto il tavolo.
"Beata te che ci credi, nonna... Tieni, ti ho portato questo." Poggio sul tavolo un pacchetto incartato.
"Cos'è?"
"Aprilo..."
Nonna posa la sua tazza da te e prende il pacchetto. Comincia a scartarlo. E" emozionata.
"Grazie! " Gira tra le sue mani il libro Anime alla deriva.
"Spero che ti piacerà. E" la storia scritta da un ragazzo molto giovane, ma così romantica..."
Mi guarda con gli occhi commossi, le viene quasi da piangere.
"Bè, nonna... Almeno così mi hanno detto."
"Oh sì, certo... Ma non stare a preoccuparti. Anch'io ho una cosa per te. Aspettami qui..."
Rimango così, curiosa, a sorseggiare il mio te, ora meno caldo, ma comunque buono, quando nonna compare sulla porta con un regalo.
"Tieni, siamo usciti un giorno l'abbiamo vista... Volevamo aspettare Natale.." E si ferma. Non dice più niente. Non dice: "Purtroppo non ha più senso aspettare... " oppure "Nonno non c'è più ".
Semplicemente rimane in silenzio. Ed è come se dicesse tutto quello e molto di più. E cerco di comprenderla. E mi viene da piangere. Anche a lei. Allora faccio confusione apposta.
"Che bello, che sorpresa! Non riesco a immaginare che cosa sia!"
Scarto veloce, strappo la carta a pezzetti ridendo, e alla fine, dopo averla accartocciata, la tiro in un secchio lì vicino. Ma non faccio centro. Nonna mi guarda e scuote la testa, io le sorrido. "Dai, dopo la raccolgo..." E guardo meglio la scatola.
"Ma è bellissima! Una macchina fotografica! "
"Ti piace? Lui diceva che eri portata, che ti sarebbe piaciuta un sacco, perché è quella... Quella che può fare un sacco di foto senza rullino..."
"Digitale!"
"Eh sì, digitale."
"Ma mi piace moltissimo..." Apro la scatola, la tiro fuori e me la rigiro tra le mani, cercando di capire come funziona. L'accendo.
"E carica... Ma dai, troppo forte..." Vedo che sopra c'è il pulsante per fare le foto. Ne scatto una a nonna. "Sorridi!" E tac! La faccio al volo. Vedo che vicino c'è scritto autoscatto. Spingo e partono i secondi. Trenta. Ventinove. Ventotto. La piazzo sul tavolo vicino alla teiera. "Vieni nonna! Facciamo una foto insieme! " E la porto con me, davanti alla macchina fotografica in mezzo alle rose e l'abbraccio. E aspetto in posa con lei che alla fine poggia la testa sulla mia spalla proprio mentre... "Flash! Ecco, l'abbiamo fatta!"
Corro alla macchina e controllo com'è venuta. "Guarda nonna! Siamo bellissime! Due modelle..."
"Sì, sì!" Ride guardando nella macchinetta. Poi la prendo tra le mani e comincio a smanettarla. Vado sul menù per capirne di più. Foto disponibili 430. Ma come, qui segnava 450. E allora muovo il pulsante. Vado indietro e all'improvviso compare lui. Nonno. Nonno che sorride. Nonno che fa le facce. Nonno a braccia conserte e poi ancora nonno e nonna abbracciati, una foto bellissima, lei che ride appoggiandosi a lui, vicino all'albicocco. Forse era quello che pensava prima. Si ricordava di quel giorno, di questa foto, di quel sorriso, della sua felicità. La guardo. Nonna mi sorride.
"Ci sono le nostre foto, vero?"
Annuisco. Non riesco a dire niente. Mi viene un groppo in gola. Mi viene da piangere. Uffa. Ma perché sono fatta così? Non ce la faccio proprio. Nonna mi fa una carezza. Ha capito tutto e vuole essere forte per me.
"Me le stampi, se ti riesce? Se no non fa niente... Non ti preoccupare."
Faccio un sospiro lungo e ritrovo il controllo. "Certo, nonna. Te la stampo di sicuro... Grazie. Mi avete fatto un bellissimo regalo."
E l'abbraccio.
Qualche giorno più in là!
"Ciao Caro!"
Mi abbraccia e mi da un bacio che mi toglie il respiro, che mi fa saltare il cuore in gola, che mi emoziona come la prima volta che ho incrociato il suo sguardo in quello specchio della libreria. Massi. Ha una maglietta blu ed è già un po'"abbronzato. Per essere quasi a metà giugno è uno spettacolo. Sa di mare. Sì, quel blu, il suo sorriso, i suoi occhi, la sua abbronzatura sa di mare... da amare. Una spiaggia di un'isola brulla, circondata da onde che si rompono sugli scogli, i suoi capelli e il suo sorriso e lui steso... che mi accoglie.
"Caro, a che stai pensando? Hai una faccia..."
"E che tra poco ho gli esami."
Mento. "Sul serio pensavi a questo? Sorridevi!"
Io alzo le spalle e faccio la dura.
"E certo, a me gli esami mi fanno ridere..."
E mi prende in braccio e mi solleva con leggerezza, mi fa volare da terra.
"Ehi... Aspetta! Mi fai cadere questi!"
"Che mi hai portato?"
"Le pizzette di Mondi."
"Uhm... buone... dopo però."
Me le sfila di mano, le poggia lì sul tavolo in cucina e poi mi trascina per il corridoio, il salotto, la sua stanza da letto.
"Ecco..." Mi lancia quasi sul letto e poi ci salta sopra e arriva a un passo da me, quasi mi scanso per non finirci sotto.
"Sei proprio pazzo, per poco non mi prendevi..."
"Ti voglio prendere ora..."
E lotta con la mia cintura, quasi famelico, me la apre frenetico. Gli fermo le mani.
"Massi, ma hai chiuso la porta?"
"No..." Sorride.
"E se arrivano i tuoi?"
"Impossibile. Sono al mare, li rivedo per fine luglio..."
"Sicuro?"
"Certo... E per questo che ti mangio sereno... Gnam!" E mi morde i jeans, tra le gambe, e quasi mi fa male.
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