Alis sale sulla sua macchinetta. Come ho fatto a non vederla prima? Come ho fatto a non notarla? Mi sarebbe bastato questo per capire, per andare via, per evitare quella scena, quel bacio, quel dolore immenso che non dimenticherò mai. Ma a volte non vedi. Non vedi le cose che hai davanti quando cerchi solo la felicità. Felicità che ti annebbia, felicità che ti distrae, felicità che ti assorbe come una spugna. Non le vedi. Vedi quello che vuoi, quello di cui hai bisogno, quello che ti serve vedere. E rimango così, su quella panchina, come se fossi una statua, quelle che ogni tanto fanno per ricordare qualcosa. Sì. La mia prima, vera delusione, la più grande.
E vedo Alis sparire così, in quella macchinetta che mille volte mi ha accompagnato a casa, su cui abbiamo condiviso mille serate e passeggiate al mare, su e giù per la città, ridendo, scherzando, chiacchierando di tutto e di più, dei nostri amori...
I nostri amori.
La nostra promessa.
Il nostro giuramento.
Mai niente ci dividerà...
Giura che non ci perderemo mai.
Giura che sarai mia amica per sempre.
Guardo verso il portone. Massi non c'è più. E" rientrato. E allora, quasi senza capirlo, come un automa, inizio a camminare. Lascio i giornali sulla panchina, insieme al cappuccino, ai cornetti. Non mi viene da pensare di darli a un barbone, a qualcuno che ha fame, che ne ha veramente bisogno.
Oggi no.
Oggi non voglio essere buona.
E mi allontano così, con quei fiori celesti abbandonati lì per terra. Sembrano quelli lasciati sull'asfalto in ricordo della scomparsa di qualcuno. Dopo la sua morte dovuta a un insulso, drammatico incidente, magari per colpa di qualcuno e della sua distrazione. No. Quelli sono lì per me.
Per la mia morte. Per colpa di Alis. E di Massi. E mentre cammino ripenso ai suoi baci, a quella volta al mare, le corse sulla spiaggia, dietro di lui, in moto, abbracciata al tramonto, con lo sguardo felice perso nelle onde lontane del mare e nel suo amore. E inizio a piangere. In silenzio. Sento le lacrime che scivolano giù, lungo le guance, lente, inesorabili, una dopo l'altra, senza che io possa far niente per fermarle. Scendono giù così, rigandomi il viso di trucco, di dolore e mi asciugo con il dorso della mano e singhiozzo, mentre continuo a camminare. Non riesco a fermare il petto, va su e giù, rumoroso, distratto, impreciso, sfogando tutto il dolore che provo. Tanto. Immenso. Non è possibile. Non ci posso credere. E improvvisamente sento il telefono suonare. Mi asciugo le lacrime e lo prendo dalla borsa. E vedo il suo nome sullo schermo. Massi. Guardo l'orologio. Le undici. Che stronzo. Ecco perché non voleva essere svegliato prima.
Lo lascio suonare, metto su muto. Poi quando s'interrompe la telefonata lo spengo del tutto. Per adesso. Per domani. Per tutto il mese. Per sempre. Cambierò numero. Ma non cambierà il mio dolore. Non cancellerà le loro facce. Quel sorriso, quell'attesa, quel bacio che ho visto. E continuo a camminare. Sarà stata quella sera alla sua festa, quando parlavano sulla panchina, sotto il grande albero. Lì si saranno scambiati i numeri. Poi si saranno sentiti. Improvvisa rabbia. Il respiro mi torna veloce. Troppo. Sento delle fitte tremende allo stomaco. Ma non riesco a fermarmi, immagino, penso, ragiono, mi faccio male. Si saranno visti prima, qualche altro giorno, da qualche altra parte, poi avranno deciso. Ma chi avrà fatto il primo passo? Chi avrà detto la prima cosa, chi avrà fatto la prima allusione, chi il primo bacio, chi la prima carezza? Cambia poco. Anzi niente. Ha senso tra due colpevoli trovare quello un po'"più innocente?
Ma continuo lo stesso così, lacerandomi, distruggendomi, annientandomi, soffrendo, con la voglia di urlare. Di stare ferma. Di sdraiarmi a terra. Di scappare. Di non parlare più. Di correre. Di qualsiasi cosa mi liberi da questa morsa che mi soffoca. Chi avrà detto ci vediamo da te domani mattina presto o peggio ieri sera? Sì, ieri sera. Avranno dormito insieme. E su quest'ultimo pensiero ho una specie di mancamento. Vedo annebbiato, la testa mi fa un formicolio strano, le orecchie sembrano avere dentro il cotone. Mi sento svenire. Quasi cado a terra. Mi appoggio a un palo lì vicino e rimango così, con il mondo che gira insieme alla mia testa e le lacrime, purtroppo, ormai sono finite.
"Caro..."
Sento una voce. Mi giro. Una Mercedes celeste pallido, di quelle antiche, è ferma davanti a me, tutta aperta, nuova, bellissima. Sorrido ma non capisco. "Che c'è? Cosa?" Poi lo vedo scendere.
"Caro... che ti succede?"
E" Rusty James. Mi corre incontro, mi prende al volo, prima che io cada per terra. Sorrido tra le sue braccia.
"Niente. Ho dormito poco... Mi gira un po'"la testa. Devo aver mangiato qualcosa che mi ha fatto male..."
"Shhh..." Mi mette una mano sulla bocca. "Shhh, buona..." E mi sorride e io l'abbraccio forte e lo stringo. "Oh, Rusty James... perché?" e inizio a piangere a singhiozzi sulla sua spalla.
"Su su, Caro... non ti preoccupare. Qualunque cosa sia, la risolveremo." E mi aiuta a salire, mi fa sedere, mi tira su le gambe e chiude lo sportello. E poi monta vicino a me, mette in moto e parte. E mi guarda ogni tanto. E" preoccupato, lo so, lo sento. Poi tenta di distrarmi.
"Ti stavo cercando, sai, ti volevo far vedere il regalo che mi sono fatto... ti piace?"
Annuisco senza parlare. Non mi vuole far pensare, lo so... lo conosco. Ma non ci riesco. Continua a guardarmi mentre parla e cerca di sorridere, ma io lo so, soffre per me.
"Mi hanno preso Come un cielo al tramonto. Avevi ragione tu! E così ho deciso di festeggiare, ti cercavo... Perché volevo dividere questo momento con te..."
E per un attimo vorrei essere felice con lui, come si meriterebbe in questo momento, ma non ci riesco. Non ce la faccio. Perdonami, Rusty James. Poggio una mano sulla sua.
"Scusami..."
Mi sorride. E chiude gli occhi lentamente, come a dire "non ti preoccupare, lo so bene, non mi dire niente, ci sono passato anche io .
E chissà quante altre cose ci sono in quello sguardo.
E invece mi dice solo: "Dove vuoi andare?".
"Fammi vedere il mare..."
Allora scala le marce e accelera un po'"e guida tranquillo e sento il vento accarezzarmi i capelli. Poggio la testa sul sedile e mi lascio portare così. E poco dopo siamo fuori città. Mi infilo i grandi occhiali e lui mette un po'"di musica. E allora chiudo gli occhi. E quando li riapro non so quanto tempo è passato. So che davanti a me c'è il mare. E" tranquillo. Piccole onde si rompono sul bagnasciuga, dune di sabbia si alternano ogni tanto a un po'"di verde. Respiro a lungo e sento l'odore dei pini e del mare e del sole sull'asfalto intorno a noi. Leggo un cartello, siamo alle dune di Sabaudia.
Una coppia sulla spiaggia. Lui corre tirandosi dietro l'aquilone. Lei è ferma con le mani sui fianchi, lo guarda. Lui corre, corre e corre. Ma non c'è vento e alla fine l'aquilone lentamente fa un piccolo arco e poi veloce precipita giù, fino a conficcarsi nella sabbia. Lei ride e lui faticosamente la raggiunge, sconfitto da quell'inutile tentativo di volo. E lei ride ancora di più, lo prende in giro. Allora lui l'abbraccia e la tira a sé e lei lotta e alla fine si baciano. Si baciano così, davanti al mare, su quella spiaggia libera senza nessuno, sena tempo, con quell'infinito blu del cielo, con il sole alto e quell'orizzonte lontano dove mare e cielo si confondono. E io riprendo a piangere. Le lacrime si fermano nella parte bassa degli occhiali. Allora li alzo e le faccio uscire. E mi metto a ridere. Lo guardo. Non se n'è accorto. Poi si gira verso di me e mi accarezza il braccio, mi sorride ma non dice nulla. Allora mi porto verso di lui e mi appoggio. Mi passa il braccio dietro le spalle e mi abbraccia e improvvisamente mi sento un po'"più serena e smetto di piangere. Ma sì. Domani è un altro giorno. E mi sento così stupida. E mi viene da ridere e un po'"sono stanca. E allora rido. E poi piango di nuovo e tiro su con il naso e lui questa volta se ne accorge e mi stringe un po'"più forte e io chiudo gli occhi. E mi dispiace, ma non ce la faccio proprio. E un po'"mi vergogno. Ma ero così innamorata. Ma sono così innamorata. Un sospiro lungo, più lungo. Apro gli occhi. Ora il sole è proprio davanti a noi. Sul mare volano gabbiani. Leggeri sfiorano l'acqua e riprendono su, verso il cielo.
Ce la devo fare. Già mi manca l'amore. E mi sento sola. Sola da morire. Ma tornerò a essere felice, vero? Ci vorrà tempo forse, ma io non ho fretta. E allora sorrido e guardo Rusty James e anche lui mi guarda e sorride. Faccio un respiro lungo e mi sento un po'"più sicura.
Sì, ce la farò. D'altronde ho solo quattordici anni, no?
Grazie a Giulia e a tutti i suoi racconti. Ce ne sono certi troppo divertenti e anche se quei giorni lì io non c'ero, alla fine mi hanno fatto così ridere che mi sembra di averli vissuti un po'"anch'io.
Grazie ad Alberto Rollo che ha letto questo libro con particolare affetto, ha conosciuto e incontrato tra le pagine tutto quello che aveva un po'"già visto nelle nostre chiacchierate e ha saputo suggerirmi le scelte giuste.
Grazie a Maddy che si appassiona e ti coinvolge con il suo entusiasmo e la sua grande professionalità.
Grazie a Giulia Maldifassi per la sua curiosità e il suo divertimento, che a volte è così raro, e a tutto il suo ufficio stampa.
Grazie a Ked, Kyle e Doust, alla sua passione e a tutti i suoi utili suggerimenti.
Grazie a Francesca, che mi segue sempre con divertimento e saggezza, anche se alla fine ha cambiato il motorino.
Grazie a Inge e Carlo, che con un sorriso ti fanno compagnia mentre lavori.
Grazie a Luce perché è presente in ogni pagina con tutto il suo amore.
Grazie a Fabi e Vale, mie attente e divertenti lettrici.
Grazie a Maina, a volte mi sembra quasi di stare in classe con lei e anche un po'"nelle sue giornate. Bè, vuoi dire che per stavolta ti abbono un morsetto!
Grazie alla forza vendita Feltrinelli che con qualche semplice domanda mi ha fatto mettere più a fuoco quello che avrei voluto raccontare.
Grazie a tutta la squadra della grande distribuzione, hanno talmente tanto entusiasmo che te lo trasmettono!
E poi un grazie particolare va agli amici dei miei genitori. Ogni libro secondo me è fatto da tutto quello che ti è successo e anche di più. Magari nel passato mi era sfuggito qualcosa e scrivere mi aiuta un po'"a recuperarlo, a capire meglio, a non perdere neanche uno di quegli attimi che comunque ho vissuto. E così il mio grazie va con tutto il cuore a quelle persone che nella mia adolescenza mi hanno fatto compagnia ad Anzio. A quei simpatici amici dei miei genitori che più di trent'anni fa hanno dato vita ai bellissimi ricordi di oggi.
Un ringraziamento particolare poi va al mio amico Giuseppe. Anche se spesso mi sembra di sbagliare qualcosa, bè, non mi preoccupo. Alla fine so che ci sei sempre tu che mi dai una mano.
Stampa Grafica Sipiel Milano, ottobre 2008
"Faccio un passo, una giravolta e mi ritrovo davanti allo specchio.
Sorrido. Ma sì, in fondo mi è venuta voglia di andare alla festa.
E meno male che ho preso questa decisione.
Ancora non lo sapevo, ma tra poco tutta la mia vita sarebbe cambiata.
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