morde leggermente le labbra mentre i capelli lunghi gli coprono

ogni tanto gli occhi. Con l'altra mano li butta all'indietro

mentre

continua a fare il suo lavoro. Lentamente, con cura, stringendo

con

precisione. "Fatto!" Sorride. Mi alzo in piedi. Sbatto i guanti

uno

contro l'altro.

"Vanno bene, no?"

Vuole essere sicuro di aver fatto un buon lavoro.

"Ottimi!"

Dallo spogliatoio femminile escono le due ragazze di prima.

Quella alta ha un paio di pantaloni neri stretti fino alle

caviglie, un

trucco leggero e un rossetto che rende le sue labbra tranquille e

accoglienti.

Una borsa a tracolla su una camicia bianca con piccoli

bottoni perlati, il tutto si intona con il suo passo elegante.

Quella

bassa invece ha una gonna scozzese a quadri blu e marrone troppo

corta per le sue gambe e due mocassini neri che rendono

ingiustizia

alla sua camicia celeste. Del trucco ha cercato in qualche

modo di miracolare il suo viso. Ma almeno per oggi quelli di

Lourdes

dovevano essere in vacanza. Si fermano alla segreteria. Alessio

fa il giro e dà loro le tessere.

Quella alta mi si avvicina: "Ciao, io mi chiamo Alice".

"Stefano." Allungo il guantone, come per darle la mano.

Lei lo stringe sorridendo: "Lei è la mia amica Antonella".

"Ciao."

"Che fai, combatti?"

Si, ci provo.

"Ti dispiace se restiamo a vedere un po' l'incontro?"

"Perché mi dovrebbe dispiacere. Be', se poi fate il tifo per me,

certo che non mi dispiace."

Ridono. "Va bene, puntiamo su di te. Che si vince?"

In quel momento esce il Negro. Ha un paio di calzoncini blu

morbidi e lunghi, quelli da vero pugile. Ha già infilato i

guantoni.

Ha qualche segno sulle braccia e due o tre tatuaggi di troppo. È

ben messo. Non me lo ricordavo così.

Alice mi si avvicina: "Ma combatti contro il Negro?".

Allora è conosciuto anche lui.

"Sì, perché?"

"Mi sa che abbiamo sbagliato a puntare su di te."

Mi guardano, sembrano realmente preoccupate.

Cerco di tranquillizzarle. "Va be', animo ragazze, al massimo

durerà poco."

Il Negro ci interrompe. "Allora... entriamo?"

Ha fretta.

"Come no. Vai avanti tu."

Entra nella sala dell'aerobica. Due ragazze stanno facendo un

po' di addominali su dei tappeti di gomma blu. Sbuffano vedendoci

entrare.

"Oh, non mi dite che ce ne dobbiamo andare."

Cerco di metterla sullo scherzo: "Be', a meno che non volete

combattere pure voi due".

Il Negro non ha il senso dello spirito: "Forza uscite". In un

attimo

sono fuori. "Tre round serrati, ti va?" Me lo dice con tono

eccessivamente

duro.

"Sì, mi va. Facciamo un buon allenamento."

"Facciamo un bell'incontro." Sorride in maniera antipatica.

"Ok, come vuoi tu." Alice è vicino alla finestra. "Ci prendi il

tempo?"

Sorride annuendo. "Sì, ma come si fa?"

"È facile. Ogni minuto e mezzo gridi 'Stop!'."

"Ho capito." Guarda l'orologio aspettando di dare il via. Intanto

saltello sul posto. E scaldo le braccia. Mi viene in mente una

cosa. Antonella, quella bassa, alla fine di ogni minuto e mezzo

potrebbe

entrare con un cartello con scritto il numero di round e

sculettare

intorno alla sala dell'aerobica come nei migliori film americani.

Ma qui non siamo in America. E neanche in un film. Siamo

in palestra. Anche il Negro comincia a saltellare, dà di continuo

dei

colpetti tra i suoi guantoni, fissandomi. Alice alza il viso

dall'orologio.

Incrocia il mio sguardo. È leggermente preoccupata. In qualche

modo si sente responsabile. Ma poi decide che non può più

aspettare. E quasi lo urla quel: "Via!".

Il Negro mi viene subito incontro. Sorrido fra me. L'unica cosa

che non ho mai smesso di fare in America in questi due anni è

stata proprio andare in palestra. Per essere precisi, fare boxe.

Solo

che lì sono dei veri uomini di colore e sono tutti veloci e

potenti.

È stato duro tenergli testa. Durissimo. Ma l'avevo presa a cuore.

E non è andata troppo male. Ma che sto facendo? Mi sto

distraendo...

Appena in tempo. Il Negro mi sferra due pugni potenti

al viso. Schivo destro e sinistro. E mi abbasso al suo tentativo

di

gancio. Poi respiro e saltello allontanandomi. Schivo altri due

colpi

e comincio a saltellargli intorno. Il Negro fa una bella finta di

corpo e mi colpisce basso in pieno stomaco. Ho un sussulto, mi

piego in due. Cazzo, mi manca l'aria. Faccio una specie di rantolo

e vedo girare intorno a me la stanza. Sì, mi ha preso proprio

bene.

Faccio appena in tempo ad alzarmi che vedo calare da destra il suo

guantone. Lo schivo d'istinto. Ma mi colpisce di striscio

spaccandomi

il labbro inferiore. Cazzo. Cazzo. Non ci voleva. Che figlio di

mignotta. Lo guardo. Mi sorride.

"Allora, come va, mitico Step?"

Fa sul serio lo stronzo. Mi metto a saltellare: "Ora meglio,

grazie".

Sto recuperando. Tutto torna lucido. Gli giro intorno. Alla

finestra

della sala si è accalcata un po' di gente. Riconosco Alice e la

sua amica Antonella, Alessio, il Velista e qualcun altro. Smetto

di

guardare e torno concentrato su di lui. Ora tocca a me. Mi fermo.

Il Negro saltella e viene in avanti, affonda con un sinistro e

carica

il destro. Lo lascio passare schivando a destra e poi colpisco

forte

con il sinistro proprio sopra il sopracciglio. Rientro e con tutta

la

mia forza lo colpisco con il destro in pieno viso. Sento il naso

scricchiolare

sotto il guantone. Non fa in tempo a indietreggiare che lo

colpisco due volte all'occhio sinistro, il primo lo para bene, poi

abbassa

la guardia e il secondo gli arriva dritto come un bolide.

Indietreggia

e scuote la testa. Riapre gli occhi giusto in tempo per vedere

il mio gancio che arriva. Gli spacco il sopracciglio destro. Il

sangue gli cola giù subito sulla guancia come se piangesse lacrime

rossastre. Prova a coprirsi con i guantoni. Gli do un uppercut in

pieno stomaco. Si piega in due e lascia andare giù i guantoni.

Errore.

Vedi... Errore. L'ho visto fare in America una volta e mi viene

istintivo rifarlo. "Ehi, Negro e a te, eh, ora come va?" Non

aspetto

la sua risposta. La so già. Carico il destro e lo faccio

esplodere.

Dal basso verso l'alto, sul suo mento, da sotto. Il Negro salta

quasi

all'indietro, preso in pieno dal colpo. Vola via che è una

meraviglia.

Finisce sopra gli step rosa e lilla e li rovescia per terra. Poi

si

accascia con la faccia sullo specchio e scivola lento lasciando

una

leggera scia. Alla fine arriva a terra, sul linoleum beige, che

subito

si copre di sangue.

Guardo Alice: "Allora, quanto manca?".

Alice guarda l'orologio. Mancano pochi secondi.

"Stop. È finito adesso."

"Hai visto, che ti avevo detto? Non durava molto."

Esco dalla sala di aerobica. Il Velista si precipita dentro per

vedere

come sta il Negro.

"Non ti preoccupare. Ho già guardato, respira."

Il Velista si tranquillizza: "Mazza Step, l'hai sfonnato".

"Lui ci teneva tanto a fare un incontro serio... e l'ha fatto."

Vado davanti allo specchio. Mi guardo il labbro. È spaccato e

già gonfio. Il sopracciglio invece è a posto. Alice mi si

avvicina.

"Se fosse stato un vero incontro di boxe e avessi puntato tutti

i miei soldi avrei perso. "

"Che c'entra, in quel caso ci mettevamo d'accordo e io mi buttavo

giù alla prima ripresa."

Alessio mi si avvicina: "Io invece i miei soldi li avrei vinti

tutti.

Aho, non so perché, ma me lo sentivo che vincevi tu".

"Come non so perché." Lo vedo di nuovo in difficoltà, vorrebbe

dire qualcosa ma non sa bene cosa. Lo aiuto.

"Dai, toglimi i guanti, va'..."

"Tieni. Ti ho preso un po' di ghiaccio per il labbro."

È Alice. Mi si avvicina con un fazzoletto di carta con dentro

alcuni

cubetti.

"Grazie, di' alla tua amica di prendere un po' d'acqua fredda

da mettere sulla faccia del Negro, gli farà bene."

"Lo sta già facendo."

Alice mi guarda con un sorriso strano. Mi affaccio. Antonella

è nella sala dell'aerobica che aiuta il Velista a mettere impacchi

sulla

faccia del Negro. Trucco o miracoli, se tutto va bene la ragazza

la spunta. Il Velista o il Negro. Non so con chi capita peggio.

Uno

magari non paga, l'altro invece la violenta. Ma non sono affari

miei.

Allora mi siedo sulla panca. Mi metto il fazzoletto sul labbro.

Vedo

Alice che mi guarda. Vorrebbe dire qualcosa anche lei. E anche

lei non sa bene cosa. Non gliene do il tempo. Non ne ho voglia.

Non adesso almeno. "Scusa, ma vado a fare la doccia." E così

sparisco

di scena. Li lascio soli. Immagino per un attimo una cena tra

Alessio e Alice, i loro tentativi di fare un po' di conversazione.

La

Fede ci rimarrà male. Ma anche questi non sono affari miei. Poi,

senza pensieri, mi infilo sotto la doccia.

Capitolo 16.

Chi non ha visto Vanni, non può capire. Forse anche chi l'ha

visto. Fermo la moto lì davanti e scendo. È una specie di casba di

persone colorate. Una donna dalle labbra pronunciate, quasi quanto

il suo seno, parla con uno stempiato dal riporto totale. Ha una

gonna corta, la donna, e due gambe perfette che si spengono più

in su tra le sue bocce, anch'esse rifatte. Naturalmente ride al

racconto

del "riportato", poi risponde a un telefonino dove sicuramente

mentirà. Il riportato si finge distratto, si infila tutte e due le

mani nelle tasche di una giacca di un gessato scolorito. Trova una

sigaretta e l'accende. Dà un tiro fingendosi soddisfatto, ma i

suoi

occhi fissano in continuazione il seno della donna. Lei gli

sorride.

Chissà, magari riuscirà a fumarsi pure lei. Poco più in là il

caos.

Tutti parlano, qualcuno chiede un frozen yogurt, ragazzi seduti

sul

motorino preparano la serata. Qualche Maserati passa lì davanti

cercando posto. Una Mercedes opta per la doppia fila. Tutti si

salutano,

tutti si conoscono. C'è Gepy seduto su un SH 50, capelli

cortissimi, bracciale tatuato al braccio, stile maori, e il segno

sbiadito

di un altro, fatto tanto tempo prima sulle nocche della mano


destra. Si legge ancora la parola. "Male." Forse spera che così i

cazzotti

che tira siano più efficaci. Sorriso inesistente come sempre. Si

guarda intorno senza cercare niente di preciso. Ha una felpa

sdrucita,

tagliata alta per mettere più in risalto un 48,50 al massimo, di

un braccio male allenato, troppo poco definito. Mi guarda

distratto

e non mi riconosce. Meglio così. Io devo incontrare il potere e

lui non fa parte di questo giro. Il potere poi. Almeno questo mi

immagino

dalla descrizione che ne ha fatto mio padre. Ha parlato di

un uomo coltissimo, alto, elegante, magro, sempre perfettamente

vestito, con i capelli lunghi, gli occhi scuri, una cravatta

Regimental

e almeno una punta del colletto slacciata. Mio padre ha insistito

su questo punto. "Il colletto slacciato ha un vero significato,

Step,

ma mai nessuno è riuscito a capirlo."

Immagino che nessuno glielo abbia neanche mai chiesto. Mi

guardo intorno. Non c'è nessuno che corrisponde al "potere".