allegri,

malgrado sia molto scocciata. Sì, mi sono proprio sbagliato.

Non è bella. È bellissima.

"Sono stati forti i tuoi genitori. Ottima la scelta del nome:

principessa

Ginevra..."

Mi guarda in silenzio.

"Stefano, i miei genitori non ci sono più. Sono morti."

Mi si gela il sangue. Il peggior cazzotto possibile, in piena

faccia,

allo stomaco, sui denti. Cambio espressione.


"Scusami."

Rimaniamo così per un po' in silenzio. La macchina corre veloce.

Guardo dritto la strada cercando di far perdere tra quelle

veloci strisce bianche il mio stupido errore. La sento sospirare,

forse sta piangendo. Non ce la faccio a voltarmi, ma devo. Devo...

La vedo lì in un angolo che mi guarda. Tutta rattrappita contro

il finestrino. È seduta di sbieco. Poi, all'improvviso, scoppia

a ridere come una pazza: "Oddio, non ce la faccio più, ti ho detto

una cazzata! Uno pari va bene? Tregua". E al volo infila un ed

nello stereo.

"Hai cercato la guerra, e io te l'ho data. Rimasto male, eh? Fai

tanto il duro ma sotto, sotto... sei un sensibilone. Piccolo

lui..."

Ginevra ride e si muove andando a tempo coi Red Hot Chilli

Peppers.

"Allora dove andiamo a mangiare di bello?" Adesso è molto

più tranquilla, padrona della situazione. Rimango in silenzio.

Cazzo,

mi ha fottuto. Bel colpo, ma da stronza. Come si può scherzare

su una cosa del genere? Continuo a guidare guardando dritto.

Con la coda dell'occhio la vedo ballare. Tiene il ritmo

perfettamente,

balla divertita su Scar Tissue. Si agita muovendo i capelli.

Ride ogni tanto mordendosi il labbro inferiore.

"Dai, mica te la sarai presa?"

Mi guarda.

"Ma scusa. Sei alla guida della mia macchina. Certo, con la tua

benzina, lo dico io prima che lo ridici tu. Porti una ragazza a

cena

con i tuoi amici, giusto? O qualcosa del genere... Insomma non hai

nessun motivo per prendertela, o no? L'hai detto tu...

Divertiti...

Sorridi! ! ! E io l'ho fatto. Perché allora adesso non lo fai

anche tu?"

Continuo a non parlare.

"Capirai. La tira lunga. Ha messo il muso. Preferivi che fossero

morti sul serio? Va be', allora proviamo a fare un po' di

conversation...

I tuoi come stanno?"

"Benissimo, sono separati."

"Capirai! Copione. Mamma mia, quanto sei scontato. Ma non

riesci a inventarti qualcosa di meglio?"

"Ma che ci posso fare se è così. Guarda che sei forte. Vedi, è

colpa tua, hai tolto la credibilità ai nostri dialoghi."

"Non stai dicendo sul serio..."

"Ti ho detto di sì."

Rimane anche lei per un po' in silenzio. Mi guarda con la faccia

perplessa. Mi studia quasi di traverso.

"Non è vero."

"Ma ti ho detto di sì."

Non è ancora del tutto convinta di quello che le ho detto. Mentre

guido mi volto a guardarla. Rimaniamo per un attimo così, a

fissarci

negli occhi. È una specie di gara. Poi lei abbassa per prima lo

sguardo. Sembra arrossire. Ma c'è troppa penombra per decidere

se è vero o no.

"Ehi guarda avanti, guarda la strada. La benzina è tua, ma la

macchina è mia, giusto? Quindi non me la sfasciare."

Sorrido senza farmene accorgere.

"Mi hai detto una cazzata, vero? Non sono separati."

"Come no, da diversi anni ormai."

"Be', se è vero mi dispiace. Comunque ho letto da qualche parte

che sono più del sessanta per cento i separati con figli grandi.

Quindi..."

"Quindi?"

"È un dato che non puoi usare per fare la vittima."

"Ma chi vuole fare la vittima. Ma senti questa..."

Vorrei raccontare tutta la storia, forse perché non sa niente di

me o perché mi dà fiducia, oppure per qualche altro motivo che

non so. Ma non lo faccio, qualcosa mi frena.

"A cosa stai pensando? Ai tuoi?"

"No, pensavo a te."

"E a cosa pensavi se neanche mi conosci."

"Pensavo a quanto è bello quando non conosci qualcuno, ma

ce l'hai lì accanto, a quanti problemi non hai, come te la puoi

immaginare,

giochi di fantasia, vai dove vuoi. "

"E dove sei arrivato?"

Lascio apposta una pausa.

"Lontano."

Anche se non è vero, però mi diverte dirglielo.

"Anzi ci ho ripensato, mi sa che hai ragione tu."

"Cioè?"

"Ne'approfitto'."

"Idiota. Quanto sei cretino. Mi vuoi far preoccupare, vero? Ma

non ce la puoi fare, mi dispiace. Sono terzo dan. Sai cosa vuol

dire

terzo dan o neanche lo sai? Be', te lo spiego al volo."

Parla a raffica e io l'ascolto divertito.

"Vuol dire che non fai in tempo a mettermi una mano addosso

che io già t'ho rovinato, hai capito? Terzo dan, di karate. E ho

fatto anche kick boxing. Prova ad allungare una mano e sei finito.

Finito."

"Meno male. Allora sono al sicuro."

Non faccio in tempo a finire la frase che il volante mi scappa di

mano. La Micra sbanda paurosamente. Controsterzo al volo e levo

il piede dal gas. Ginevra mi finisce addosso. Porto la macchina

dolcemente

verso destra mentre lei si tira su. Si è spaventata. Mi colpisce

forte con un pugno sulla spalla, sempre nello stesso punto.

"Deficiente, mi hai fatto paura! Cretino! "

Rido. " Ahia, ferma, stai buona. Guarda che io non c'entro niente.

Mi sa che abbiamo bucato."

"Ma che stai a dire! L'hai fatto apposta! "

"Ti dico di no."

Scendo dalla macchina e mi abbasso davanti al cofano per guardare

le ruote.

"Ecco qua, hai visto?"

Scende anche lei e vede la gomma bucata.

"E ora?"

"E ora spero che hai la gomma di scorta."

"Certo che ce l'ho."

Brava!

Rimaniamo così per un po' a guardarci.

"Be'?"

"Be' cosa? Vai e prendila, no?"

"Ma scusa, stavi guidando tu. Quindi la colpa è tua."

"Forse... Ma la macchina è tua. E quindi la ruota la cambi tu."

Ginevra sbuffa e va verso il cofano del motore.

"È in quello dietro! "

"Stavo controllando che non si fosse rotto niente." Mente.

"Certo... Certo... Come no."

Apre il bagagliaio e solleva il cartone sotto il quale c'è la

ruota.

"Ma come si sfila?"

"La vedi quella vite in alto grande? Svitala e poi tira la ruota

verso di te. "

Segue tutte le mie istruzioni, la ruota è libera. Prova a tirarla

fuori, ma a metà la ruota le ricade dentro il bagagliaio

rimbalzando.

Non ce la fa.

"Scusa, ma perché non mi aiuti?"

"Che c'entra. Io è come se non ci fossi. Hai detto tu che non

ero previsto nella tua serata, no? Per non parlare dei discorsi

sulla

parità, e poi c'è una cosa ancora più importante."

Mi si mette di fronte con le mani sui fianchi. "Sentiamo. Cosa?"

"Hai detto che sei terzo dan, giusto? Pensa se perdi con una

ruota... Ah, ah..."

Mi guarda incazzata nera. Quasi si tuffa dentro il bagagliaio,

abbraccia

la ruota e inarca la schiena all'indietro. Fa un grande sforzo,

vado veloce verso di lei, per aiutarla, ma ce la fa prima che

arrivi.

"Ce l'ho fatta, cosa credi." Poi, passando, mi spinge apposta di

lato con la spalla.

"E levati! Non stare in mezzo che intralci e basta."

Rotola la ruota tenendola dritta, quasi me la manda addosso.

"Allora ti vuoi togliere o no?"

"Come no, anzi vado a sedermi lì sotto l'albero, a fumarmi una

bella sigaretta. Ehi, non ci mettere troppo però, eh? ! ! "

Ecco, vai, va.

Capitolo 19.

Mi siedo al bordo della strada, sopra un muretto e mi accendo

una sigaretta. Rimango così, nascosto nel buio a guardarla. Poi le

urlo da lontano:

"Brava, brava, stai andando benissimo".

Si infila sotto la macchina per piazzare il cric. È inginocchiata,

poggia le mani a terra tenendo sollevate le dita e guarda dove

deve

infilare il cric. Il sedere stretto dai jeans spunta come una

piccola collina

lì sull'asfalto, stagliandosi contro la carrozzeria della

macchina,

come se fosse un cielo blu. Lo agita mentre cerca di trovare il

punto

giusto dove piazzare il puntale del cric. È uno spettacolo.

"Ehi, non sai che panorama si vede da qui. Dovresti vederlo.

La luna, tutta tonda, perfetta. È luna piena, sai?"

Si alza pulendosi le mani. Si strofina un palmo con le dita

leggere

facendo volare via pezzetti di brecciolino incastonati nella pelle

morbida.

"Ma quale luna che non si vede niente."

"Due minuti fa c'era, te lo giuro, una luna tutta jeansata, una

meraviglia. Stava lì che spuntava da sotto la tua macchina. "

"Guarda, neanche ti rispondo."

Inizia a caricare il cric pompando su e giù mentre la macchina

oscilla leggermente.

"Avvisami quando hai finito, che magari mi addormento."

Mi lascio scivolare all'indietro sul bordo del muretto. Guardo

le nuvole che passano lì sopra nel cielo scuro. Ormai si mischiano

con il fumo che lascio fuggire dalla bocca. Nitide, trasparenti,

bagnate

di luce nascosta, quella luna più alta, che non si vede ma è lì,

più su, non jeansata. Faccio un bel respiro. Sorrido e mi giro a

guardarla.

E lì che sta svitando i bulloni. Prova con forza a girare la

croce.

Non ce la fa e ci salta sopra con un piede. La croce fissata al

bullone rimbalza e cade a terra. Lei sbuffa, con il bordo della

mano,

per non sporcarsi, si leva i capelli dal viso. Bella e accaldata.

Rinfila la croce nel bullone e ci riprova. Sta arrivando una

macchina.

È scura, passa a media velocità, lampeggia e suona il clacson.

Poi sento una frenata poco più avanti e il rumore di una

retromarcia

accelerata, da boro. È una Toyota Corolla. Torna indietro a tutta

velocità, sbandando leggermente. Fa una mezza curva in

retromarcia.

Poi si ferma davanti alla Micra di Ginevra. Scendono delle

persone. Mi metto a sedere sul muretto. Sono tre ragazzi. Butto

la sigaretta per terra e rimango lì a seguire la scena.

"Ehi, ciao, che fai qui da sola di notte?"

"Hai bucato eh? Che sfiga."

"Che sfiga noi, per un attimo abbiamo pensato che eri una

mignotta."


Si mettono a ridere.

Uno tossisce. Avranno sì e no vent'anni, portano i capelli corti,

devono essere militari.

Ginevra non guarda dalla mia parte.

"Sentite, per favore, mi aiutate a cambiare la gomma?"

"Come no... È un piacere."

Il più piccolo si mette a terra e con la croce inizia a svitare i

bulloni.


"Ammazza come so' arrugginiti."

"Eh, non ho mai cambiato una ruota di questa macchina... È

la prima volta che buco."

"Be', c'è sempre una prima volta."

Uno dei tre ride in maniera sguaiata, gli altri lo seguono.

"Oh, meno male che ti è successo stasera che passavamo noi."

"E già, meno male che ci siete voi." Questa volta Ginevra butta

uno sguardo dalla mia parte e senza farsi vedere fa un gesto con

la mano come a dire: "Tie', hai visto? Questi mi hanno aiutato".

Il piccoletto cambia la gomma che è una scheggia, leva al volo

tutti i bulloni e sposta la gomma bucata. La fa cadere a terra lì

vicino

facendola rimbalzare e ci infila subito quella nuova. Centra i

buchi in un attimo e infila tutti i bulloni. Dà una stretta

generale,

uno per volta senza stringere troppo, poi li ripassa tutti per la

stretta

decisiva. Deve fare il meccanico di giorno. Dà un'ultima botta

con la croce e si tira su.

"Et voilà, ecco fatto. Tutto a posto, signorina! "

Si pulisce le mani sbattendole sui jeans sopra il ginocchio. Sono