"Che bella! Questa è il massimo! "

E ti credo: stanno dando la mitica Love me two times dei Doors.

"Love me two times, girl, one for tomorrow one just for today...

Love me two times, I'm goin'away... ma questa non te la traduco."

"Credo d'aver capito cosa dice."

Tutt'intorno è buio. Ma "per adesso", forse ha ragione lei, è

meglio andare.

"Dove mi porti?"

"Andiamo a cena, io e te. Vorrà dire che i miei amici li

conoscerai

un'altra volta."

"Quale altra volta?"

Lo guardo aspettando una reazione. Decido di accettare la

tregua.

"Be', se mai capiterà."

"Ecco, se mai capiterà."

Tutta soddisfatta alzo il volume della radio e cambio stazione

cercando freneticamente chissà quale altra canzone. Poi senza

farmi

accorgere, nella penombra della macchina, con la coda dell'occhio

guardo Step.

Non ci posso credere... Io, Gin, in macchina con lui. Se lo

sapessero

i miei. Non so perché, ma è sempre il primo pensiero che

mi viene in mente. Cioè, se i miei sapessero che ora sono in

macchina

con uno sconosciuto, cioè con quello che loro credono uno

sconosciuto, cosa potrebbero dire? Già me la immagino mia madre:

"Ma che, sei pazza? Ginevra, non devi mai dare confidenza a

nessuno. Te l'avrò detto mille volte...". Oh, non c'è niente da

fare,

qualunque cosa, non si sa perché, ma mia madre dice sempre di

avermela già detta mille volte. Boh. Una cosa è sicura: questo non

se lo aspetterebbe mai. E poi cosa potrei dirle? Ma sai, era per

fare

benzina... Come potrei spiegarle come stanno veramente le cose?

No, non ci voglio pensare. Non ci posso credere neanche io.

"Sai cosa mi hai ricordato prima?"

"Quando?"

"Quando stavo cambiando la ruota e sono arrivati quei tre

deficienti.

"

"Cosa ti ho ricordato?"

"Richard Gere."

"Richard Gere?"

"Sì, nella scena di Ufficiale e gentiluomo, quando lui e il suo

amico escono insieme a quelle due ragazze e vanno in un bar. Poi

all'uscita c'è quello che va a dare fastidio alle ragazze con

altri amici

e Richard Gere cerca in tutti i modi di non litigare, ma alla fine

non ce la fa più e gli spacca la faccia. "

"Anche Richard Gere era un terzo dan?"

"No, scemo. Quelli erano dei colpi da full contact."

"Però, te ne intendi."

"Te l'ho già detto. Ho fatto anche kick boxing e qualche lezione

di full contact. Non ci credi? Prima o poi avrò modo di

provartelo.

"

"Ah, quello è sicuro... e comunque più che Ufficiale e gentiluomo

mi sembra più adatta un'altra citazione. Ezechiele 25 17: 'E

la mia giustizia calerà sopra di loro con grandissima vendetta e


furiosissimo sdegno su coloro che si proveranno ad ammorbare e in

fine a distruggere i miei fratelli e tu saprai che il mio nome è

quello

del Signore, quando farò calare la mia vendetta sopra di te.' "

"Ah, modestino, eh?! Comunque, ti piace Pulp Fiction."

"Sì."

"Anche molto, a giudicare da come li hai sistemati! "

Step sorride e continua a guidare. Chissà cosa avrà voluto dire

con quella storia: ah, quello è sicuro... Meglio non indagare. Lo

guardo mentre guida. Ha il braccio destro teso e tiene il volante

deciso, ma nello stesso tempo con grande tranquillità. Il gomito

sinistro

è poggiato sul bordo del finestrino, e si tiene il mento con la

mano sinistra. La mano destra è in alto, al centro del volante, lo

stringe forte e accompagna le curve, dolcemente. Ha un tatuaggio

sul polso vicino a un bracciale rigido in oro. Il tatuaggio mi

sembra...

A/Li avvicino senza che se ne accorga e lo guardo meglio.

"È un gabbiano."

(^osa?

"È un gabbiano, il tatuaggio che ho sul polso."

Mi sorride perdendo per un attimo di vista la strada.

Mi sento arrossire, ma sono sicura che non si nota: "Guarda la

strada".

"E tu guarda i tatuaggi tuoi."

"Non ho tatuaggi."

"Non ti hanno permesso di fartene neanche uno?"

Step sorride in maniera antipatica, mi sfotte.

"I miei non c'entrano niente, è una scelta mia."

"Ah certo, capisco..."

Mi guarda comprensivo e alza il sopracciglio prendendomi per

il culo.

"Una tua scelta..."

il, mia.

Rimaniamo in silenzio. Poi dopo un po' mi scoccio.

"E poi ti ho mentito. Ho un tatuaggio, bellissimo, ma dubito

che tu potrai mai vederlo."

"È nascosto bene?"

"Dipende dai punti di vista."

"Cioè?"

"Oh, hai capito benissimo."

"Sì, ma non so 'quanto bene' ho capito, o meglio 'dove' ho capito.


"È una piccola rosa alla fine della mia schiena, va bene?"

"Va benissimo. Adoro cogliere i fiori! "

"È l'unico tatuaggio in rilievo."

"Cioè."

"Pieno di spine."

"Hai sempre la risposta pronta, eh? Ma le mie mani sono piene

di calli." Sorride anche lui. Ha un bel sorriso. Questo non posso

negarlo. Non posso neanche dirglielo. Ha una strana fossetta

sulla guancia sinistra. Vaffanculo, mi piace un sacco. E poi è

completamente

diverso da Francesco. Non so perché mi viene in mente

lui proprio in questo momento. Forse perché mi brucia ancora

tutta quella storia. Francesco è l'ultimo ragazzo che ho avuto.

Cioè,

praticamente l'unico. E il più stronzo, per essere precisi.

Capitolo 20.

Francesco. Eppure mi sembrava così carino. È anche vero che

la verità sull'amore te la dirà solo il tempo. All'inizio tutto ti

sembra

carino. Poi, dopo la partenza, quello che sembrava carino può

diventare bello. Perfino eternamente bello... Ma il più delle

volte,

però, diventa semplicemente brutto. Ecco. Francesco era stato

l'eccezione.

Era riuscito a farlo diventare ancora peggio. Tremendamente

brutto. Uno scontato errore di percorso aveva rovinato tutto.

Non posso dimenticare quella sera.

"Allora, che dici, facciamo un salto al Gilda, ti va?"

"No grazie France, domani ho l'interrogazione di storia e ancora

non ho neanche finito il capitolo."

"Ok, come vuoi... ti porto a casa." Aveva guidato più veloce del

solito quella sera ma io, soprappensiero, non ci avevo fatto caso.

Scendo dalla macchina.

"Ciao, buonanotte... Che fai tu, ci passi al Gilda?"

"No, no, tanto se non ci vieni tu non mi va di andare. E poi sono

stanco anch'io."

Non mi accompagna al portone, non l'aveva mai fatto del resto.

Strano, eppure quella sera mi aveva dato fastidio. Non che io

sia una di quelle donne che hanno paura o che amano farsi

accompagnare

dappertutto. Eppure quella perdita di tempo, quei pochi

passi fino al portone erano un qualcosa che mi era sempre piaciuto

e non avevo mai provato. Forse perché ti fa sentire più importante

del tempo e della fretta, forse perché ci può scappare un

ultimo bacio. Invece Francesco aveva appena aspettato il girare

della

mia chiave nel portone, il mio saluto da lontano per partire a

razzo

con la sua ultima Mercedes 200 SLK. Veloce. Troppo veloce. Sono

sensazioni. Sciocche sensazioni. A volte però sagge sensazioni.

Più tardi. Ho studiato e ristudiato il capitolo e alla fine

qualcosa

mi era entrato in testa. Guardo l'orologio. Le due e mezzo.

Uno squillo glielo faccio a Fra'. Ho voglia di sentire le sue

parole,

di distrarmi un attimo con la sua voce. Non posso andare a letto

con ancora il capitolo di storia in testa. Niente, il telefono

squilla a

vuoto. Che strano. Abita nell'appartamentino sotto i suoi, quello

che gli ha lasciato la nonna che si è trasferita a Rieti. Il

telefono

squilla ancora. Non sente, o dorme profondo oppure... Non può

essere che non sente. Cavoli, stando a casa deve sentire per

forza.

Sono due camere più la cucina e un bagno. La conosco bene quella

casa, ci ho passato diversi weekend. L'idea del tempo passato

con lui mi innervosisce ancora di più. Weekend così intimi e lui

non risponde. Niente, tanto non ho sonno. Sai che faccio? Esco e

vado a citofonargli sotto casa. Camuffo alla meglio il letto, un

cuscino

sotto le lenzuola al posto del mio corpo e il vestito per domani

mattina a scuola già preparato sulla sedia. Poi piano piano supero

la camera dei miei in punta di piedi, prendo le chiavi della Polo

(allora non avevo la mia splendida Micra) e via nella notte. Ma

vuoi vedere che quello stronzo è andato al Gilda? Tre e dieci.

Meglio

passare prima di lì. Posteggio al volo in doppia fila a via Mario

dei Fiori e vado alla porta. C'è Massimo, il buttafuori, che mi

saluta. "Ehi, ciao Gin, che fai qui a quest'ora?"

"Secondo te?"

"Hai voglia di ballare, giusto?"

Idiota.

"In realtà volevo fare per una notte il buttafuori."

Ride di gusto: "Forte, sei forte".

"Senti, non vedo la Mercedes di Francesco."

"Bella macchina, eh?"

"Sì, bellissima. Ma sai se è dentro?"

"No, stasera non è proprio passato. Lo so perché non mi sono

mai mosso dalla porta. E poi l'ha cercato anche Antonello che è

entrato mezz'ora fa. L'ha cercato dentro e se ne è andato. Non

c'era,

gli ha dato buca perché mi ha detto che avevano un appuntamento.

Prego." Fa entrare un uomo grasso con una signora vestita

più di oro che di tessuto, con un trucco così pesante da

spaventare

perfino le sue prime rughe.

"Va bene, se lo vedi digli che lo sto cercando."

"Ok, ciao Gin. Buonanotte."

Sì, buonanotte... magari! Questa storia di non trovarlo mi sta

innervosendo. Passo sotto casa di Francesco. Niente, la Mercedes

non c'è. Di solito posteggia fuori perché tanto lì vicino c'è la

camionetta

dei carabinieri che controllano qualche politico non ancora

indagato o un pentito, boh, non l'ho mai capito. Un carabiniere

è vicino alla camionetta. Saluto mentre passo con la Polo. Cerco

in qualche modo di allietare la sua serata. Mi guarda mentre vado

via. Lo vedo nello specchietto che continua a fissare la mia Polo

che si allontana domandandosi sinceramente il perché di quel

saluto. Se non altro l'ho incuriosito. Abbandono il carabiniere e

ripenso

a Francesco. Ma dove cavolo sarà finito? Che palle sono le

tre e mezzo. Domani ho l'interrogazione. Mi restano appena quattro

ore per dormire. Sempre che riesca a trovarlo in tempo. Prendo

il posto del carabiniere nella mia storia d'amore e decido di

andare

fino in fondo. Peccato che Eleonora non c'è. Ele, come la

chiamiamo

noi, è la mia migliore amica. È dovuta partire, è andata in

Toscana a trovare alcuni suoi parenti. Ele è fiorentina di

nascita,

poi si è trasferita a Roma. La Toscanaccia, la chiamiamo noi.

"Oh grulla, oh Ele... O turchina fata..." Tutta aspirata. "Ti

tocca


d'esse' interrogata."

Ci divertiamo a prenderla in giro ogni volta che siamo in classe

e che potrebbe toccare a lei. Cavoli, se c'era mi avrebbe fatto

compagnia. Qualunque scusa è buona per Ele per stare fuori casa

a fare l'alba. Peccato. Be', visto che abita qui vicino provo a

passare

da Simona. Simona è tutta romana, capello biondo, bel fisico,

un po' strana di carattere. Ma è simpatica. È un anno che ci

frequentiamo

e abbiamo stretto un buon rapporto. Naturalmente mal

visto da Ele. Lei dice che sotto sotto quella è una stronza.

"Fidati di me, fidati della Toscanaccia, stavolta la grulla sei

tu."

Io rido. Ele è gelosa. È naturale, non sopporta che ogni tanto io