quali sono queste cose. Iniziare a lavorare, iniziare una storia.

Finirne

finalmente un'altra. Quella. No. Non adesso. Non è proprio

il momento. Il suo ricordo sta tornando, ma lo cancello con

facilità.

Forse perché Eva ha addosso un altro completo. È carino ed

elegante come l'altro. Più trasparente. Le vedo il seno.

"Sai, Eva, non sapevo se passare, magari stavi con qualcuno."

"Dopo ieri sera... Ma per chi mi hai preso?"

Eva si mette a ridere, fa una faccia buffa e scuote la testa. Poi

si inginocchia. Mi sbottona i jeans e si bagna le labbra. Non mi

lascia

più dubbi. Già, per chi l'ho presa?

Capitolo 24.

Mattina. Vanni brulica di gente. Tutti indaffarati, vestiti bene,

benissimo, male, malissimo. Eterogenei, fino alla follia. Gli

utili e

gli inutili del grande paillettato mondo della televisione.

Comunque

presenti. Sempre.

"Ciao, direttore."

"Buongiorno, dottore."

"Avvocato, si ricorda di me? Non la volevo disturbare, ma che

ne è stato di quel progetto?"

"Ma è vero o no che hanno bloccato quella trasmissione?"

"Insomma, parte o non parte questo benedetto programma?"

"Comunque dobbiamo assolutamente metterci dentro questa

ragazza."

"Ma com'è, bella?"

"Che importanza ha? Tanto deve esserci."

E giù di lì. Creare, manipolare, guadagnare, ungere, trattare,

ricattare,

costruire, entusiasmare, produrre e mietere ore e ore di

televisione.

Comunque vada, con idee nuove, vecchi format, scopiazzature

qua e là, ma comunque trasmettere. In mille modi attraverso

quel piccolo elettrodomestico che tutti abbiamo conosciuto appena

nati. Lei, la tv, il nostro grande fratello, o come sorelle, la

nostra piccola

seconda mamma. O forse la prima e l'unica.

Ci ha fatto compagnia, ci ha voluto bene, ci ha allattato di

generazione

in generazione, con lo stesso latte catodico, fresco, a lunga

conservazione, andato a male...

"Hai capito?"

"Insomma questo è quello che pensi. E sei venuto fin da Verona

per fare tv. "

"Per creare immagini e loghi in maniera nobile e... giù di lì."

"E basta con questo 'giù di lì'. È approssimativo, troppo

approssimativo."

Marcantonio mi guarda. Sorride.

"Bravo, stai migliorando. Aggressivo e figlio di puttana, così mi

piaci. "

"La riconosco: Platoon."

"Cominci sul serio a stupirmi... Vieni, andiamo a vedere a che

punto è il TdV. "

"EcheèilTdV?"

"Ma come, non lo sai? Il Teatro delle Vittorie, tempio storico

della televisione che fu. "

"Se è 'tempio storico' allora andiamo,"

Attraversiamo la strada. Una bancarella di libri occupa lo spazio

dei giardini. Ragazzi e ragazze dall'aria più o meno intellettuale

sfogliano libri a basso costo. Una ragazza cicciotta ha in mano

un libro di ricette. Marcantonio non se la lascia sfuggire.

"Compra sesso e sport, è più gratificante."

Ride da solo mentre lei lo guarda semiavvilita. Marcantonio si

accende al volo una Chesterfield e la fuma con avidità mimando

chissà quale atto sessuale, secondo lui.

"Buongiorno, Tony."

"Salve conte, come va?"

"Male da quando la monarchia è caduta."

Tony scoppia a ridere. Lui, semplice vigilante del Teatro delle

Vittorie, si diverte a stare lì. Nel suo piccolo ha trovato il

potere.

Gestisce la porta. Fa entrare gente importante, direttori,

comparse,

attori, ne ferma altra solo perché non ha un pass. Insomma un

buttafuori del varietà.

"E c'hai ragione, conte. Almeno me potevi manda' una squadra

di plebei per aprire 'sta porta di sicurezza. È una settimana che

ho chiamato i tecnici. Aho, non s'è visto nessuno."

Be', comunque, penso, è un preciso. Poi si avvicina e ci confida

a bassa voce. "Mica per niente, è che passavo da 'sta porta per

andare a piscia' al bagno di sotto. Così invece devo fa' tutto il

giro...

'na rottura de cojoni."

E scoppia a ridere, semplice improvvisato, opportunista di

comodità.


"Perfetto, Tony, abbiamo finalmente chi risolverà questo tuo

problema di fondamentale priorità. "

"E chi sarebbe?"

"Lui, Step!"

"E chi è, uno della tua corte?"

"Ma scherzi. Eroe di regale importanza... Straniero nella terra

che allora dominava da tiranno... E poi scusa, Tony, vuoi piscia'

in

fretta o no?"

"Magari... A Step, se ci riesci te devo un favore."

"Tony... Eroe di regale importanza vuol dire solo nobiltà d'animo.

Un eroe non è uno che mercanteggia, eh? ! Quindi caso mai

il favore lo devi a me."

"Va be', che c'entra, la porta l'aggiusta lui... Mi sembrava più

carino."

Potrebbero continuare per ore. L'eroe, sì insomma quello che

è, comunque, io decido di interromperli.

"Be', quando avete finito e mi spiegate dov'è la porta..."

"Hai ragione, scusa..."

Tony ci fa da guida: "Venite di qua". Dentro al teatro tutti

battono,

grande rumore di ferro, seghe elettriche, saldatori.

"È quasi finito. Stanno a monta' le luci" quasi si scusa Tony.

"Ecco, è questa la porta, c'ho provato in tutti i modi. Niente,

nisba. Non c'è un cazzo da fare."

La guardo attentamente. È una di quelle porte a pressione, si

deve essere bloccata la serratura laterale. Qualcuno avrà messo il

blocco interno. Forse lo stesso Tony e non se lo ricorda o non

vuole

ammettere di aver fatto questa cazzata. Ci vorrebbe la chiave.

Oppure: "Hai una sbarra di ferro non troppo larga?".

"Tipo questa?" ne prende una da una cassetta poggiata lì a terra:

"Si capisce che c'ho provato in tutti i modi, eh?".

"Abbastanza." Fisso la sbarra nella serratura e do una botta

secca con forza. Neanche tanta poi. "Apriti sesamo."

E la porta si apre d'incanto. "Et voilà, ecco fatto."

Tony è tutto felice, sembra un ragazzino. "A Step, non so come

ringraziarti, sei magico."

Gli riconsegno la sbarra.

"Be', non esageriamo."

Marcantonio prende in mano la situazione: "Giusto, non esageriamo.

Ricordati solo che ci devi un favore ciascuno, eh?".

"Fattibile, fattibile..." sorride Tony e, rincuorato, inaugura la

porta andando a pisciare. Marcantonio mi fa l'occhiolino e mi

passa

davanti.

"Vieni, ti faccio vedere il teatro." Scendiamo giù, nel palco.

Oltre

le sedie della platea, sotto il grande arco della galleria. Ed

eccole

lì. Al suono di una musica avvolgente. Le ballerine. Tute

colorate,

scaldamuscoli abbassati, capelli lunghi o corti o in parte rasati

e

disegnati. Le ballerine. Bionde, brune, capelli rossi o pennellati

di

blu. Con il fisico scolpito, asciutto, magro, con gli addominali

definiti.

Con le gambe muscolose e un fondoschiena arrotondato ma

compresso. Pronto a esplodere in una spaccata su una nota acuta.

Perfette, padrone di movimenti agili e scattanti, affaticate ma

comunque

sorridenti. La musica ad alto volume riempie tutto il

palcoscenico.

E loro si lasciano portare, si incastrano, si incrociano, si

uniscono a tempo, si abbandonano indietro, si lasciano andare, la

vivono sottomesse. Grandi proiettori le esaltano vestendole di

fasci

di luce. Accarezzano le loro gambe scoperte, i loro seni piccoli,

quei

costumi ridotti. "Stop! Bene, bene, basta così!"

La musica si stoppa. Il coreografo, un piccolo uomo di circa

quarant'anni, sorride soddisfatto.

"Bene, facciamo una pausa. Riproviamo più tardi."

"Questo è il balletto."

"Sì, lo avevo capito."

Ci sfilano vicine sorridendo tutte un po' di fretta per non

freddarsi,

ancora accaldate ma profumate e leggere. Due o tre baciano

Marcantonio: "Ciao ragazze". Sembra conoscerle bene. A una

addirittura

dà una leggera pacca sul sedere. Lei sorride per niente

imbarazzata,

anzi: "Non mi hai più chiamata".

"Non ho potuto."

"Cerca di potere." E scappa via così, con un sorriso pieno di

promesse.

Mi guarda alzando il sopracciglio destro: "Ballerine... Quanto

amo la tv!".

Sorrido guardando l'ultima. È un po' più piccola delle altre,

esce correndo, è rimasta indietro per prendere la sua felpa.

Rotonda

e guizzante con un po' di roba in più ma tutta al posto giusto.

Mi sorride. "Ciao. " Non faccio in tempo a rispondere che è già

volata via.

"Comincio ad amarle anch'io."

"Bravo, così mi piaci. Allora questo è il palcoscenico e quello

è il nostro logo. Vedi, lì sul boccascena: 'I grandi geni'.

Modestamente

opera mia..."

"Non avevo dubbi, si riconosce dal tratto..."

Mento spudoratamente.

"Ma che, mi stai prendendo per il culo?"

"Scherzi?" sorrido.

"Be', lo stesso logo è già in 3d in grafica. Il programma è

questo:

una serie di persone comuni, dei veri e propri inventori, viene

qui sul palcoscenico e mostra come ha risolto un piccolo o un

grande problema della nostra società con una loro semplice

intuizione."

"Forte come idea."

"Noi li presentiamo, ci mettiamo il balletto intorno, ci

costruiamo

lo spettacolo sopra e loro mostrano l'idea che gli è venuta

in mente con tanto di prototipo depositato. È semplice come

programma ma credo che interessi alla gente. Non solo, ma quelli

che presentano qui da noi le loro invenzioni hanno un trampolino

di lancio con la tv che li può portare chissà dove. Possono fare

soldi

veri con le loro invenzioni. "

"Ah certo, se sono interessanti e se servono veramente a

qualcosa."


"Lo sono. Guarda che è forte questo programma. È un'idea di

Romani... Secondo me sarà un grande successo come tutto quello

che fa. Romani... Lo chiamano il re Mida della tv."

"Per quanto guadagna?"

"Per i successi che fa. Tutto quello che tocca dà grandi

risultati."

"Bene, allora devo essere felice di lavorare con lui."

"Be', hai iniziato dalla cima. Eccoli."

Li vedo entrare quasi in processione. Romani è davanti al gruppo.

Lo seguono due ragazzi sui trentacinque anni, uno robusto,

completamente calvo con degli occhiali scuri sulla testa, l'altro

magro

e un po' stempiato. Dietro di loro c'è un tipo con i capelli

lunghi

ma ordinati. Ha l'aria furba, si guarda continuamente intorno.

Ha un naso aquilino, uno sguardo nevrotico e a scatti. Indossa un

completo di velluto verde scuro senza più risvolti. L'orlo dei

pantaloni

è stato risistemato da poco. Si vede la piega più scura.

Sicuramente

ha dato alle sue gambe qualche centimetro in più e alla

sua eleganza qualcosa in meno. Se questo era ancora possibile.

"Allora, a che punto siamo?" Romani si guarda in giro. "Ma

non c'è nessuno?" Arriva di corsa un uomo basso dai capelli biondi

e gli occhi celesti. "Buongiorno, maestro. Sto finendo di montare

le luci, per stasera è tutto a posto."

"Bravo Terrazzi, lo dico sempre che sei il migliore."

Terrazzi sorride compiaciuto.

"Torno alla consolle per fare i punti luce."

"Vai, vai."

Il tipo con i capelli lunghi si avvicina a Romani: "Bisogna sempre

incoraggiarli, eh? Dargliela calda così danno di più, vero?".

Romani stringe gli occhi e lo guarda con durezza.

"Terrazzi è bravo sul serio, il più bravo. Fa le luci da prima che

tu fossi nato."

Il tipo con i capelli lunghi torna in silenzio al suo posto.

Si mette in fila, per ultimo. Riprende a guardarsi intorno, finge