passato tutte e due la selezione opterei per andare a bere e
brindare
tutti insieme, d'altronde..." Marcantonio sorride a Ele, poi
scuote la testa. "Eh, eh, d'altronde vi abbiamo votato noi,
giusto?"
"Hai ragione. E allora, andiamo a bere."
Guardo Ele e allargo le braccia.
"Ehi, se fai così è come dire: 'Purtroppo mi tocca'."
Gin mi si para davanti molto determinata.
"Ehi, mitico Step di 'sto cavolo, non riprendere la mia amica,
è chiaro?"
Per un attimo la temo sul serio.
"Ok, allora vediamo come rispondi tu al nostro invito."
"E che è, un altro provino? Ma pagate pure?"
La guardo sorridendo. "Se vuoi."
"Non ho dubbi che faresti anche questo. Ma mi dispiace, te lo
sogni."
Marcantonio si mette in mezzo a noi. "Ma possibile che qualunque
cosa si dica finite sempre per litigare? Ho solo detto andiamo
a bere qualcosa. Un po' di entusiasmo e che cavoli! "
Ele urla come una pazza. "Yaooo! Sì, bellissimo! Andiamo a
scolarci di tutto, divertiamoci come pazzi..." Si alza i capelli
lanciandoli
verso l'alto e agita le braccia verso il cielo, poi si mette a
ballare e fa un giro su se stessa. Poi si ferma e mi fissa. "Sono
andata
bene così? "
Sorrido. "Può andare!"
Ma che mi potevo aspettare? D'altronde sono amiche.
Marcantonio scuote la testa, poi prende Ele per un braccio:
"Andiamo va', che sennò qui facciamo l'alba... e ci sono modi
migliori
per farla". E se la porta via, trascinandola quasi. Ginevra rimane
lì a guardarla.
"Ohi, ohi. Ti hanno portato via l'amichetta."
"È grande e vaccinata, il problema era se andava via con te."
"Perché? Eri gelosa?"
"Ehi, a convinto! Ero disperata per lei. Ok, dove hai la moto?"
"Perché?"
"Mi accompagni a casa e mani a posto, sennò ti prendi un'altra
sberla come al ristorante."
"Ah, incredibile. Cioè, io ti devo accompagnare fino a casa e
non tocco neanche? Questa poi. Non l'avevo mai sentita. Roba da
pazzi!"
Capitolo 27.
Arriviamo alla moto, ci salgo sopra e l'accendo. Lei fa per salire
ma io scatto in avanti.
"Niente da fare, sono un tassista innovativo io."
"Cioè?"
"Si paga prima di iniziare la corsa."
"E che vuol dire?"
"Che mi dai un bacio."
Mi sporgo in avanti con le labbra e gli occhi chiusi. In realtà il
destro lo tengo mezzo aperto. Non vorrei mi partisse come al
solito.
Gin mi si avvicina e mi dà una slinguazzata pazzesca dal basso
verso l'alto sulle labbra, tipo frenata di caduta di cono gelato
mezzo
sciolto.
"Ehi, e che è?"
"Bacio così! Sono anch'io una ragazza innovativa." E mi sale
al volo dietro. "Forza, con quello che ho pagato minimo mi
dovresti
portare a Ostia. "
Mi metto a ridere e parto in prima impennando con la ruota
davanti. Ma Gin è velocissima. Si stringe forte in vita e appoggia
la
testa sulla mia spalla. "Vai mitico Step, adoro correre in moto."
Non me lo faccio ripetere due volte. Volo via che è una meraviglia
e lei unisce le gambe, stringendomi forte. Sembriamo un unico
corpo
su quella moto. Destra, sinistra, piegamenti morbidi e leggeri,
dando gas. Giriamo davanti a Vanni e poi dritti verso Lungotevere.
Una curva in fondo a destra. Rallento per un attimo al semaforo
rosso che quasi d'incanto vedendoci scatta sul verde. Supero in
velocità due macchine ferme. Destra, piegato, sinistra, piegato,
ed
eccoci di fianco al Tevere e via veloci, con il vento in faccia.
Vedo
nello specchietto una parte del suo viso. I suoi occhi socchiusi,
l'attaccatura
dei capelli, leggero bordo del suo viso bianco. Capelli
lunghi e scuri si confondono accarezzando il sole laggiù che
tramonta
alle nostre spalle, morbidi si colorano di rosso, ribelli lottano
con il vento, ma quando do gas, finiscono per arrendersi, e vinti
si lasciano prendere dalla velocità. Ha ancora gli occhi chiusi.
"Eccoci signorina, siamo arrivati."
Mi fermo davanti a casa sua, metto il cavalletto laterale e resto
seduto.
"Ammappela, ci abbiamo messo un attimo."
La guardo divertito. "Ammappela? E che significa?"
"È un misto tra ammazza e capperi, il tutto alleggerito in 'la'."
Non l'avevo mai sentito. "Ammappela. Lo userò."
"No. È mio, ho i diritti sull'Italia."
"Pure?"
"Certo. Be', allora grazie, potrei usarti qualche altra volta.
Devo
dire che come tassista non sei niente male. "
"Be', allora dovresti invitarmi a salire."
"E perché?"
"Così facciamo la tessera, risparmi sulla corsa singola."
"Non ti preoccupare. Mi fa piacere pagare."
Questa volta Gin crede di essere più veloce di me e si chiude
al volo dietro il portone pensando di fregarmi. "Eh no!
Scherzetto!
" Tiro fuori dalla tasca dei jeans le sue chiavi e gliele faccio
penzolare
davanti agli occhi.
"Me l'hai insegnato tu, no?"
"Ok, mitico Step, ridammele!"
La guardo divertito. "Epico... Non lo so mica. Mi sa che mi vado
a fare un giro e torno più tardi, magari una corsa notturna."
"Non ti conviene. Tempo mezz'ora e ho cambiato tutte le
serrature."
"Ma spendi più soldi di dieci corse di quelle vere..."
"Ok, vuoi trattare?"
Come no.
"Allora, cosa vuoi in cambio delle mie chiavi?"
Alzo la testa e le lancio uno sguardo divertito.
"Non me lo dire va', saliamo. È meglio chiudere con 'ti offro
qualcosa' come nei film, quelli belli. Ma prima ridammi le
chiavi."
Apro il portone e me le chiudo strette nella mano destra.
"Te le ridò su a casa, fammi fare da chaperon."
Gin sorride divertita "Cavoli, non finirai mai di stupirmi."
"Per il mio francese?"
"No. Hai lasciato la moto aperta." Ed entra camminando sostenuta.
Metto il blocco in un attimo e dopo un secondo sono davanti
a lei. La supero ed entro nell'ascensore.
"Allora signorina vuole entrare in ascensore o ha paura e va a
piedi?"
Entra sicura e si mette di fronte a me. Vicina, molto vicina.
Troppo vicina. Però. È proprio forte. Poi si allontana.
"Bene, si fida del suo chaperon. Che piano, signorina?"
Ora è appoggiata alla parete e mi guarda. Ha degli occhi grandi,
fortemente innocenti.
"Quarto, grazie." Sorride divertita di quel gioco. Mi sporgo in
avanti verso di lei fingendo di non riuscire a trovare il
pulsante.
"Oh, finalmente. Quarto, fatto."
Ma rimane così, schiacciata contro la parete di quel legno antico,
consumato dal continuo su e giù nel cuore di quella tromba
delle scale. Saliamo in silenzio. Sono lì, appoggiato a lei, senza
spingere
troppo, respiro il suo profumo. Poi mi scosto e ci guardiamo.
I nostri volti sono così vicini, lei sbatte gli occhi per un
attimo, poi
continua a tenere lo sguardo fisso su di me. Sicura, spavalda, per
niente intimorita. Sorrido, lei mi guarda e muove le guance, un
accenno
di sorriso anche lei. Poi si avvicina e mi sussurra all'orecchio,
calda, sensuale.
"Ehi, chaperon..."
È un brivido forte.
"Sì?" La guardo negli occhi. Lei alza il sopracciglio.
"Siamo arrivati." E sguscia da in mezzo alle mie braccia agile e
veloce. In un attimo è fuori dall'ascensore. Si ferma davanti alla
porta. La raggiungo e tiro fuori le chiavi.
"Ehi, sono peggio di quelle di San Pietro."
"Dai qua."
Diciamo un po' tutti questa storia delle chiavi di San Pietro. Mi
sento sciocco per averla tirata fuori, lì, in quel momento. Boh...
Forse per ingannare quel tempo. Chissà perché lo diciamo. San
Pietro
deve avere una sola chiave e forse non ha bisogno nemmeno di
quella. Ma poi ti pare che lo lasciano fuori? Gin dà un'ultima
mandata.
Io sono pronto a mettere il piede in mezzo alla porta e bloccarla
quando cercherà di farmi restare fuori. Invece Gin mi spiazza.
Sorride allegra, apre gentilmente la porta. "Forza, entra e non
fare casino." Mi lascia passare e richiude la porta dietro di me,
poi
mi supera e comincia a chiamare: "Ehi, sono qui! C'è nessuno?".
La casa è carina, umile, non troppo carica, tranquilla. Alcune
foto
di parenti sopra una cassapanca, altre ancora su un piccolo mobile
semirotondo appoggiato al muro. Una casa serena, senza eccessi,
senza quadri strani, senza troppi centrini. Ma soprattutto, ore
diciannove, semitramonto, senza nessuno dentro.
"Ehi, hai proprio culo, mitico Step."
"Hai finito con questa storia del mitico? E poi perché ho culo?
A parte che qui se c'è qualcuno che ha culo e non in senso
figurato
quella sei tu. Rotondo, tosto, perfetto."
Allungo la mano sorridendo verso il suo fondoschiena.
"Oh, hai finito? Sembri un carcerato uscito di galera dopo sei
anni che non vede una donna. "
"Quattro."
Mi guarda aggrottando le sopracciglia.
"Cosa quattro?"
"Sono uscito ieri dopo quattro anni di galera."
"Ah sì?" Non sa se prendermi sul serio o no. Mi guarda incuriosita
e comunque decide di giocare.
"A parte che sicuramente sarai innocente... ma che cosa hai
fatto?"
"Ho ucciso una ragazza che mi aveva invitato a casa sua
precisamente
alle..." faccio per guardare l'ora,"be', suppergiù a quest'ora
e aveva deciso di non darmela."
"Presto, presto... Ho sentito un rumore, sono i miei. Cavoli!"
Mi spinge verso un armadio.
"Entra qua dentro."
"Ehi, ancora non sono il tuo amante, non sei neanche sposata.
Dov'è il problema?"
"Shhh."
Gin mi ci chiude dentro e poi corre di là. Rimango così, in
silenzio,
non so bene cosa fare. Sento un rumore lontano di porta
che si apre e si chiude. Poi più nulla, silenzio. Ancora silenzio.
Cinque
minuti, nulla. Ancora nulla. Otto minuti. Niente. Ancora niente.
Guardo l'orologio. Cazzo, sono passati quasi dieci minuti. Che
faccio? Be', io mi sono scocciato. D'altronde non è successo
niente
di male. Io esco. Apro piano piano l'anta dell'armadio. Guardo
attraverso la fessura. Niente. Alcuni mobili e uno strano
silenzio,
almeno per me. Poi d'improvviso un pezzo di un divano. Apro un
po' di più l'anta. Un tappeto, un vaso e poi la sua gamba, così,
accavallata.
Gin è distesa sul divano, ha la testa indietro appoggiata
allo schienale e si fuma una sigaretta. Ride divertita.
"Ehi, mitico Step, ce ne hai messo. Che hai fatto tutto questo
tempo chiuso nell'armadio? Hai fatto roba da solo, eh? Egoïste! "
Cazzo, mi ha fottuto! Esco fuori con un balzo e cerco di
prenderla.
Ma Gin è più veloce di me. Ha appena spento la sigaretta e
si dà alla fuga. Sbatte contro l'angolo di una porta, quasi
scivola su
un tappeto che si arriccia sotto il suo passo ma recupera in
curva.
Due balzi ed è in camera sua, si gira di colpo e prova a chiudere
la
porta. Ma non ce la fa. Ci sono sopra con tutte e due le spalle.
Gin
prova a resistere per un attimo, poi abbandona il tentativo.
Lascia
la porta e si butta sul letto con i piedi alzati verso di me.
Scalcia ridendo
come impazzita. "Ok scusa, mitico Step, anzi no, epico Step,
anzi Step solo, Step e basta, Step perfetto. O meglio, Step come
vuoi tu! Dai, stavo scherzando. Ma almeno i miei scherzi sono più
divertenti, non come i tuoi."
"Perché?"
"I tuoi sono lugubri! Te che ammazzi una ragazza mentre stai
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