"Ciao Pa'."

"Stefano, ma dove sei stato? Sei sparito."

"Ehi," lo supero andando in camera, "lo sai in America qual è

la prima legge che ti insegnano?"

"Sì, se vuoi campare fatti gli affari tuoi."

"Bravo. E la seconda?"

"Questa non la so."

"Fuck you! "

Entro in camera e mi chiudo dietro la porta.

"Lo vedi allora che un po' di inglese lo hai imparato sul serio,

bravo. Sai anche qualche altra parola, spero."

Non gli rispondo e mi butto sul letto. Proprio in quel momento

sento suonare il citofono. Riesco dalla camera veloce. Paolo è

già nel salotto e va verso il citofono.

"Rispondo io."

Quasi glielo strappo di mano. Rimane interdetto.

"Ma non ho capito, è casa mia, ti ospito, e tu ti impadronisci

di tutto."

Lo guardo male, poi sorrido.

"Dai, ti faccio da maggiordomo." Un altro squillo. Alzo il

citofono.

Mi batte forte il cuore.

"Salve, c'è Step?" Voce femminile. I battiti aumentano. "Sono

Pallina!"

"Ohi, sono io, che fai?"

"Vengo a vedere la tua nuova casa e poi ti trascino in un local-

tour.

"Di quest'ultima se ne discute. Ok, sali. Quinto piano."

Spingo il tasto per l'apertura del portone. Paolo mi guarda e

sorride.

"Donna?"

Annuisco.

"Vuoi che ti lascio la casa? Mi chiudo in camera e faccio finta

di non esserci?"

Mio fratello. Ma cosa può capire lui, cosa sa veramente di me?

"È Pallina, la donna di Pollo."

Rimane in silenzio. Poi sembra rattristarsi.

scusami.

Se ne va in camera sua, in silenzio. Mio fratello. Che soggetto,

l'uomo del fuoritempo. In quello ha un tempismo perfetto.

Campanello.

Vado ad aprire la porta.

"Ehi!"

"Cazzo, Step."

Mi si butta con le braccia al collo e mi stringe forte.

"Ancora non posso crederci che sei tornato."

"Se fai così riparto, eh?"

"Dai, scusa."

Pallina si ricompone.

"Fammi vedere la casa."

"Vieni con me."

Chiudo la porta e la precedo, le faccio da guida.

"Questo è il salotto, tessuti chiari, tende, eccetera eccetera."

Parlo descrivendole il tutto. La guardo muoversi dietro di me,

guardare le cose con attenzione, ogni tanto toccare per valutare

meglio,

per pesare qualche oggetto. Pallina, come sei cresciuta,

dimagrita,

un taglio diverso di capelli. Anche il trucco sembra un po'

più forte o sono i miei ricordi a essere sbiaditi?

"E questa è la cucina... Vuoi qualcosa?"

"No, no, per adesso no."

"Oh, te che fai i complimenti fa veramente schifo, eh?"

Scoppia a ridere.

"No, no sul serio."

La sua risata non è cambiata. Sembra sana, riposata, tranquilla.

Se solo Pollo ti vedesse ora. Sarebbe fiero di se stesso. Dai suoi

racconti è stato il tuo primo uomo, Pallina. E a me Pollo non

diceva

bugie, non ne aveva bisogno, non doveva esagerare per farsi

bello, per farsi figo, per me il suo amico, il suo più grande

amico.

Pollo ha modellato quel bruco di cera, lui, più che un alito, un

sospiro

d'amore per quella giovane farfalla al suo primo volo... Eccola

qui, davanti a me. Cammina sicura Pallina. Poi, d'improvviso,

Pallina cambia espressione.

"E non mi fai vedere la camera da letto?"

Improvvisamente diversa. Sensuale e maliziosa. Una stretta al

cuore. Ha un altro uomo? Dopo di lui ha avuto altri uomini? Cosa

è successo dopo Pollo? Step, sono passati quasi due anni. Sì, ma

non voglio ascoltare. Step, è una ragazza, è giovane, carina...

Sì, lo

so. Ma non mi interessa. Non la vuoi giustificare? No, non ci

voglio

pensare.

"Ecco una è questa."

Apro una porta bussando leggermente.

Si può?

Paolo che si stava sfilando la camicia si ricompone subito e viene

alla porta.

"Come no, ciao Pallina!"

"Ecco, lui è l'arredatore di tutto quello che hai visto."

Ciao.

Si danno la mano. Pallina sorride un po' imbarazzata.

"Complimenti, è bellissima, ottimo gusto. Pensavo che avesse

scelto tutto una donna. "

Paolo fa per rispondere ma non gliene do il tempo.

"Ma lui è un po' donna."

E chiudo piano la porta tagliandolo fuori dal nostro percorso.

"Ehi, ma io intendevo la 'tua' camera da letto."

Mi dà una botta sulla spalla spingendomi in avanti.

"Non si era capito. Ecco è questa."

Apro la porta della mia camera.

"Ehi, non male."

Pallina entra e si guarda intorno.

"Un po' spoglia però, manca colore."

Mi accorgo che la polaroid di Gin è appoggiata sul mio comodino.

Senza farmi vedere la copro.

"Be', ma ha un suo fascino così. E poi c'è tempo per dare colore.

"

Mi guarda incuriosita cercando una spiegazione a quella frase,

ma proprio in quel momento squilla il telefono. Pallina lo tira

fuori

dalla tasca del giubbotto, lo guarda, poi se lo porta

all'orecchio.

"Ehi, ma non è il mio."

Prendo il telefonino dal tavolo lì vicino.

"Infatti è il mio!"

Non conosco il numero.


"Sì?"

"Bentornato."

Arrossisco. Ascolto la sua voce.

"Spero che ci vedremo adesso che sei di nuovo a Roma."

"Sì."

"Ti piace la tua nuova casa?"

"Sì."

"Sei stato bene fuori?"

"Sì."

Annuisco, poi ascolto altre sue parole, sempre dolci, cortesi,

piene di un amore delicato, preoccupato di rompere quel sottile

cristallo, il nostro passato, il nostro segreto. Continuo a

rispondere.

Riesco a dire anche qualcos'altro oltre ai miei semplici sì.

"Tu come stai?"

E continua a parlare. Pallina mi guarda ma non mi dice nulla.

Accenna un chi è muovendo la testa. Ma non le do il tempo. Mi giro

verso la finestra. Guardo lontano rincorrendo la sua voce.

"Sì, promesso, ti richiamo io e ti vengo a trovare, sì..."

Poi un difficile silenzio cercando qualcosa da dire per salutarsi.

"Ciao." E chiudo.

"Ohi, ma chi era? Un'altra delle tue donne?"

Si e no.

Sorrido fintamente divertito, cercando di scrollarmi di dosso

quella difficile telefonata. Ma non le do il tempo di ribattere.

"Era

mia madre. Allora, usciamo o no per questo local-tour? "

Capitolo 29.

Il sole è tutto vestito di tramonto. Ma non dipende dai suoi

raggi quella luce che ora le illumina il viso. Babi esce di casa.

Si

muove leggera, rapida. Come quando si va incontro a qualcosa

che si aspetta da tanto. Forse da sempre. Indossa il suo completo

nuovo, color carta da zucchero. Ha raccolto i capelli, scoprendo

due guance leggermente arrossate. E non certo per la velocità con

cui ha sceso le scale. Non ha preso l'ascensore perché oggi le

sembrava

troppo lento. A volte le cose non vanno a tempo con la nostra

felicità. È per questo che ora sta per andare in garage a prendere

la Vespa. A quest'ora, col traffico che c'è, sarebbe da pazzi

usare la macchina. La Vespa è più veloce. O almeno, sta al passo

del suo cuore. Lo diceva anche Cremonini quando cantava coi

Lunapop... "Ma com'è bello andare in giro con le ali sotto i

piedi,

sei hai una Vespa Special che ti toglie i problemi..." Ma Babi

di problemi non ne ha. Anzi. Ha solo bisogno e voglia di correre,

di non fare tardi al suo appuntamento. Chissà come andrà, se

sarà come se lo aspetta.

Uno strano fruscio interrompe i suoi pensieri. Non sembra un

gatto. Né il vento. E nemmeno Fiore.

"Ciao."

Quante volte ha sentito quella voce. Solo che oggi sembra diversa.

Più roca. È come se arrivasse da lontano, da un posto che

forse lei non ha mai visitato. Dove si arriva solo quando ci si

sente

soli. Troppo soli. E lì la voce non serve più, perché non c'è

nessuno

ad ascoltare.

"Alfredo. Ciao... come va? Ma che ci fai dietro il cespuglio?"

"Ciao, ti aspettavo."

"Ah, e scusa, ti nascondi?"

"Non ero nascosto, ero lì dietro, bastava guardare e mi vedevi

subito. Dove vai? Sei bella, stai bene."

"Be', grazie... ho un appuntamento. Come stai?"

"Perché non hai risposto al mio sms di ieri? Ho tenuto acceso

il cellulare tutta la notte, ma non mi è arrivato nulla."

"Già, scusa, ho finito il credito e ora che me lo ricordi è meglio

se dopo ricarico. Sì, il messaggio l'ho visto. Senti, però ora non

ho

molto tempo per parlarne, possiamo rimandare? Magari uno dei

prossimi giorni sali su e con calma..."

"Con calma un cazzo."

"Alfredo, che hai? Che è questo tono?"

"Alfredo che hai, che è questo tono. Ma sentila. Insomma, dove

stai andando? Ti vedi con qualcuno tipo a Vigna Stelluti? Oppure

a corso Francia? O magari davanti alla Falconieri per un tuffo

nei ricordi? "

"Alfredo, non capisco... e comunque non mi piace il tono che

usi, mi dici che è successo? Che hai? Sei strano."

"Veramente che è successo dovresti dirmelo tu, ti pare?"

"Guarda che non è il caso di farne una tragedia."

"Ah, non importa! Tanto a te che te ne frega, eh? È felice lei,

sta bene lei. Esce di casa tutta bella lei, tutta veloce e se ne

va a vedersi

con chissà chi. O forse lo so chi è, il chissà chi?"

"Si può sapere che vuoi? Che sono tutte queste domande?"

"Perché non posso chiederti qualcosa io? E vietato? Ti ricordi

chi sono, vero? Sono Alfredo, quello che..."

"Quello che cosa? Quello che si nasconde dietro i cespugli e

mi fa il terzo grado? Quello che sta cercando di farmi sentire in

colpa

e non si capisce per cosa? Quell'Alfredo?"

La raffica di domande termina quasi in un urlo. Le guance di

Babi, adesso, sono rosse davvero. E non per l'entusiasmo.

"Sì, proprio quell'Alfredo. Quello che hai preso per il culo così

bene. E brava Babi! "

"Se continui così è peggio, lo capisci? È peggio anche per te.

Guarda che a volte le cose semplicemente non vanno come vorremmo,

tutto qua, non è colpa di nessuno, non devi fare così... Non

sciupare tutto."

Quando le parole non bastano più. Perché dentro brucia qualcosa

che non si può dire. Che non si riesce a dire. Quando chi hai

di fronte, invece di darti la risposta che vorresti, dice altro.

Dice di

più. Dice troppo. Quel troppo che è niente. Che non serve a nulla.

E fa male il doppio. E l'unico desiderio è restituire quel dolore.

Fare male. Sperando così di sentirsi un po' meglio. Alfredo le

molla

uno schiaffo in pieno viso, forte, bello, preciso, rabbioso,

maleducato.

Non riesce a trovare altri aggettivi tanto gli è piaciuto.

"Alfredo, ma sei pazzo?"

Non lo sa. Sta lì a guardarsi la mano come se non fosse sua.

Però è la sua. Ed è finita nel posto sbagliato. E non è sicuro di

stare

meglio, ora. Babi è sconvolta. Ha gli occhi pieni di lacrime. Una

delle sue guance è più rossa di prima. E non dipende dalla rabbia.

"Tu sei matto, sei un violento. Tu sì che lo sei. Step non si

sarebbe

mai azzardato, lui non l'avrebbe mai nemmeno pensato di


farmi una cosa del genere! Sei un cretino, altro che bravo ragazzo

posato e tranquillo, sei un animale. Una bestia! Me ne vado, non

dico altro. E sì, se lo vuoi sapere sto andando a fare una cosa

importante.

Molto importante. Che riguarda la mia vita futura. E l'amore.

E non ti perdonerò mai d'avermi fatto fare tardi."

Tenendosi la mano sulla guancia se ne va, veloce ma meno leggera

di quando è uscita di casa. Cerca di ricomporsi, di calmarsi.

Alza la saracinesca del garage e si guarda nello specchietto della