sulla spalla. "Ma va', che cavolo dici, sei proprio un cazzaro! "
Questa,
dai tempi delle mitiche risse a piazza Euclide, dalle scorribande
sulla Cassia fino giù a Talenti e ritorno, non mi era mai
capitata.
Step, un cazzaro. E chi si è permesso di dirlo? Una donna. Questa
donna, questa qui dietro a me. E continua poi.
"A parte il suo costo, mi piace veramente tanto questa moto.
Un giorno o l'altro me la devi far portare."
Roba da pazzi, qualcuno che mi chiede di guidare la mia moto, e
chi poi? Sempre una donna. La stessa che mi ha dato del cazzaro!
Ma
la cosa più incredibile di tutte è che io le dico: "Sì, certo".
Ci infiliamo a Villa Borghese, guido veloce ma senza troppa
fretta e mi fermo davanti al piccolo bar vicino al laghetto.
"Ecco, siamo arrivati, qui non ci viene tanta gente, è più
tranquillo."
"Che c'è, non ti devi far vedere?"
"Ehi, hai voglia di litigare oggi? Se lo sapevo, in palestra ci
andavo
giù più duro."
"Guarda che ti ha detto bene."
"Ancora."
"Ok, ok, pace dai, ci si prende un aperitivo 'tregua', ci stai?"
Capitolo 35.
Claudio posteggia la macchina in garage. Per fortuna non c'è
la Vespa. Ancora nessuna delle figlie è tornata. Meglio. Almeno
non
corre il rischio di rovinare di più la fiancata. Anche se è
difficile
scendere al di sotto di quello che gli hanno offerto per la
Mercedes.
E con questo ultimo pensiero di libertà, dedicato al sogno della
sua Z-A, chiude il garage e sale a casa.
L e nessuno?
L'appartamento sembra in silenzio. Un sospiro di sollievo. È bello
concedersi un attimo di tranquillità. Anche per organizzare ancora
meglio l'uscita serale. Non sarà facile. C'ha pensato tutto il
pomeriggio,
ma vuole ripassare il piano, perfezionarlo anche nei minimi
dettagli. Vuole essere sicuro che non ci sia nessun imprevisto.
Ma proprio in quel momento gli piomba alle spalle Raffaella.
"Ci sono io, e c'è anche questa."
Gli sbatte davanti alla faccia l'estratto conto della sua carta di
credito, con la penultima riga sottolineata con l'evidenziatore
giallo.
Claudio la prende per le mani sbigottito. Raffaella gli si fa
ancora
più sotto.
"Allora, che vuol dire? Mi sai dare una spiegazione?"
Claudio si sente un giramento di testa. Il suo estratto conto
aperto. Schiaffato lì, davanti a tutti. A tutti... a sua moglie.
Oddio,
pensa, cosa avrà trovato? Fa una veloce ricognizione mentale. No.
Non ci dovrebbe essere nulla. Poi la vede. In fondo al conto la
penultima
riga risalta su tutte le altre. Prova inconfutabile della sua
colpa, dell'essere voluto tornare sul luogo del delitto. Ma lei
non
può sapere, non può immaginare.
"Ah, questa... ma niente, non è niente."
"180 euro per niente? Non mi sembra un buon affare."
"Ma no, è che ho comprato una stecca da biliardo."
"Ah sì? Questo lo so. Nell'estratto conto si legge perfettamente:
La bottega del biliardo. Quello che non so è da quando tu giochi
a biliardo. E soprattutto chissà quante altre cose allora non so.
"
"Ma Raffaella, ti prego. Guarda che ti sbagli, non è per me."
Poi una specie d'illuminazione, un faro nella notte, la
possibilità
di uscire illeso da quel mare in tempesta, da quel navigare a
vista
tra scogli appuntiti nascosti dall'uragano Raffaella.
"Non sapevo che regalare al dott. Farini, e siccome so che nella
casa al mare ha un biliardo, ho pensato che questo fosse un bel
regalo! Infatti gli è piaciuto molto. Pensa che stasera ci
vediamo,
andiamo a cena e poi facciamo anche una partita! "
Non era proprio questo il piano che aveva pensato tutto il
pomeriggio,
ma a volte l'improvvisazione crea delle bugie miracolose.
Raffaella non sa se crederci.
"Cioè, andate a giocare a biliardo tu e lui?"
"Sì, ma tu non sai. Dice che con la stecca che gli ho regalato gli
si
è riaccesa un'antica passione. Da quando ha ripreso a giocare
anche
le cose in azienda gli vanno meglio, capisci? Il biliardo lo
rilassa, non
è un miracolo?" Poi tutto fiero, quasi gonfiandosi. "Pensa che mi
ha
affidato dei finanziamenti per centinaia di migliaia di euro
grazie a
una stecca da biliardo da soli 180 euro. Non sono stato bravo?"
La vede ancora dubbiosa. Allora decide di giocare il tutto per
tutto, spericolato funambolo della menzogna, trampoliere della più
bassa bugia, Stuntman della falsità più assurda.
"Senti, non so come convincerti, guarda, ecco, potremmo fare
così, vieni anche tu con noi! Facciamo la cena e poi ci tieni i
punti
nella sala da biliardo, eh, ti va?"
Raffaella rimane per un attimo in silenzio.
"No, grazie."
Di fronte a questo tuffo nel vuoto, si tranquillizza. Anche
Claudio.
E se avesse detto di sì? Dove lo trovavo alle sette di sera
Farini?
È almeno un anno che non lo sento, sarebbe stato difficile
organizzare
una cena così, su due piedi, e soprattutto una partita a
biliardo, visto che Farini non ha proprio l'aria del giocatore.
Claudio
decide di non pensarci. Sta troppo male anche solo all'idea. Così
le sorride, cercando di fugare del tutto ogni sua minima
perplessità.
Ma Raffaella ha un ultimo guizzo.
"Scusa, ma se era un regalo di lavoro, perché non hai usato la
carta dell'ufficio?"
"Oh, ma tu lo sai com'è fatto Panella, quello spulcia tutto, e se
poi Farini non decideva d'affidarsi al nostro studio? Già lo so,
me
l'avrebbe rinfacciato tutto l'anno! Ho pensato che per 180 euro
potevo correre il rischio! " E proprio mentre lo dice, Claudio si
rende
conto di quanto ha rischiato anche lui questa volta. Si leva la
giacca, sta sudando. Va verso la camera da letto per nascondere in
qualche modo la tensione drammatica del momento.
"Ah, Raffaella, ma non ti preoccupare, eh? Ora che Farini è venuto
da noi, io quei 180 euro me li faccio rimborsare, cosa credi! "
Raffaella lo segue e lo raggiunge in camera. Sta per dire ancora
qualcosa ma Claudio non ce la fa più. Si avvicina e la prende per
le braccia.
"Sai, mi piace che dopo tutti questi anni tu sia ancora gelosa.
Vuol dire che il nostro rapporto è vivo."
Raffaella sorride. Le sembra in qualche modo di essere tornata
ragazza, be', se non altro più giovane, è come se in un attimo
quelle rughe, viste nello specchio, fossero sparite. Claudio si
avvicina
e le dà un bacio. Piano piano cominciano a spogliarsi, come
non facevano da tempo, da troppo tempo. E Claudio si sente
colpevolmente
eccitato. Raffaella lo guarda.
"Sì, mi sembrava assurdo che tu potessi fare una cosa del genere
e ora m'è venuta una voglia pazzesca, sento la rabbia che diventa
desiderio."
Claudio si abbassa i pantaloni e le solleva la gonna, la lascia
scendere lentamente sul letto e le sfila le mutande, alzandole le
gambe
con ancora le scarpe. Nella penombra della stanza, con l'aria
ancora
incerta, rarefatta da dubbi e bugie, da menzogne, dalla disperata
ricerca della verità, iniziano a toccarsi. Poi Claudio si tira
giù le mutande, le allarga le gambe e prende sua moglie. Claudio
va su e giù. Ansima e suda nella camicia. Raffaella se ne accorge.
"Ma spogliati del tutto."
"E se poi arrivano le nostre figlie?"
Raffaella sorride e chiude gli occhi, godendo, tirandolo a sé.
"Hai ragione... è bello così... continua ancora... dai..."
E Claudio spinge con forza, cercando di soddisfarla, eccitato
ma preoccupato. Come sarà più tardi la sua prestazione sul tavolo
da biliardo-letto con la controfigura di Farini? Preferisce non
pensarci.
Ha letto un articolo sull'ansia da prestazione. Va evitato proprio
come pensiero. Una cosa è sicura: i graffi della settimana prima
sono rimasti ben nascosti sotto la camicia tutta sudata.
All'improvviso
dal fondo del corridoio si sente la voce di Babi.
"Papà, mamma... ci siete?"
Raffaella dalla camera, con la voce leggermente rauca, cerca di
prendere tempo.
"Un attimo, arriviamo."
E proprio in quel momento Claudio, eccitato dall'assurdo di
tutta quella situazione, viene. Raffaella rimane così, interrotta
sul
più bello. È costretta suo malgrado a sorridere. Poi Claudio le dà
un bacio sulle labbra.
"Scusami..." e s'infila nel bagno. Si sciacqua velocemente. Anche
la faccia. Se l'è vista brutta, bruttissima. Invece è andato tutto
bene. Ora spera solo di essere all'altezza della serata, visto che
perfino
il piano è perfetto. Poi si ricorda che non ci deve assolutamente
pensare. Altrimenti già lo sa. Ti prende l'ansia da prestazione.
Capitolo 36.
Gin sorride e ci sediamo a un tavolino. Poco lontano un
intellettuale
con occhialini e libro sul tavolo sorseggia un cappuccino,
poi riprende in mano un articolo di "Leggere". Più in là una donna
sui quarant'anni con i capelli lunghi e un bastardino sotto la sua
sedia fuma svogliata una sigaretta, triste e nostalgica forse di
tutte
quelle canne che non si fa più.
"Bell'ambientino, eh?"
Gin si è accorta di quello che stavo guardando.
"Be', lo teniamo su noi. Che prendi?"
Alle sue spalle si è "concretizzato" un cameriere.
"Buongiorno, signori."
Ha circa sessant'anni e ci tratta in maniera elegante.
"Per me un Ace."
"Per me invece una CocaCola e una pizzetta bianca prosciutto
e mozzarella."
Il cameriere facendo un piccolo inchino con la testa si allontana.
"Ehi, dopo la palestra ti tratti niente male, eh? Pizzetta bianca
e CocaCola, la dieta degli atleti!"
"A proposito di atleta, tu che sei un'atleta a scrocco mi devi far
avere la lista delle tue palestre dei 365 giorni."
"Come no, senz'altro ti faccio subito la fotocopia."
"Complimenti comunque, è un'ottima idea..."
"Non solo, ma se sei attento riesci anche a fare lo stesso tipo di
lezione ogni settimana, l'unica cosa è che devi diventare amico
degli
istruttori perché quelli prima o poi ti sgamano."
"E allora?"
"Dopo la lezione gli offri due Gatorade, esponi la tua difficoltà
finanziaria e vai a vela tranquilla che è una meraviglia. Facile
no?"
"C'è qualcun altro che usa questo metodo?"
Ritorna il cameriere.
"Ecco qua, l'Ace per la signorina e per lei pizzetta bianca e
CocaCola."
Il cameriere posa tutto al centro del tavolo, mette uno scontrino
sotto il piattino finto argento e si allontana.
"No, penso di no."
Gin addenta una grossa patatina e se la mangia. Poi ridendo si
copre la bocca con la mano. "Almeno spero..." Continuiamo così
a chiacchierare, a conoscerci, a ridere e a provare a indovinare
cosa
abbiamo in comune.
"Ma dai, non sei mai stata fuori dall'Europa?"
"No, Grecia, Inghilterra, Francia, una volta perfino in Germania
all'Oktober Fest con due amiche mie."
"Ci sono stato anch'io."
"Ma quando?"
"Nel 2002."
"Pure io."
"Pensa che forza."
"Sì, ma la cosa più assurda è che una delle mie amiche era pure
astemia. Non sai che è diventata: ha preso una birra da un litro,
quei boccaloni ripieni che lavano dentro a quelle vasche enormi.
Se n'è scolato metà e dopo neanche mezz'ora era su un tavolo che
ballava una specie di tarantella e poi si è messa a gridare 'la
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