non hanno spaccato il finestrino quindi. Ma pure il garage era

aperto e senza forzature. Ma come avranno fatto?"

"A Pa', guarda che ormai i ladri hanno tecniche perfette, eh? I

garage con telecomando poi non li sfonda più nessuno. Hanno un

variatore di frequenze. Girano finché il garage non si apre."

"Ah già, non ci avevo pensato. Porca troia! "

Mi fa piacere sentire mio fratello così incazzato, mi sembra più

vivo, e finalmente, cazzo, si riscalda. Ma sempre per roba da poco

però... la sua macchina. Che sarà mai.

"Proprio adesso me l'hanno fregata. Porca pupazza."

Ecco, porca pupazza. Che vuol dire "Porca pupazza"?

"Ho pagato l'altra settimana l'ultima rata del finanziamento.

Potevano fregarmela prima, almeno mi risparmiavo quei soldi."

Bleah! Che schifo. Infido calcolatore. Commercialista fino in

fondo.

"Va be', Pa', insomma che vuoi fare?"

"No, io speravo..."

"Che te l'avessi fregata io?"

"No, ma che scherzi? Anche perché le chiavi e il doppio stanno

ancora qui."

"Ah, allora per un attimo l'hai pensato, eh?"

"No, perché, cioè..."

"Eh no, se sei andato a controllare il doppio, vuol dire che ci

hai pensato. Solo io potevo prenderlo."

Pausa di silenzio.

"Be' sì, per un attimo l'ho pensato. Ma mi avrebbe fatto piacere,

cioè, sì insomma, sempre meglio tu..."

Mio fratello. "Pa', stai zitto va', che è meglio."

"Perché?"

Già, perché mi dice. E io stupido che tento di farglielo capire.

"Niente Pa', tutto a posto."

"Ecco io volevo sapere Step, no, senza che ti offendi, eh?"

"Che cosa? Dimmi..."

"No, siccome tu bene o male conosci un sacco di gente in quei

giri. Ecco se non hai problemi... se puoi sentire in giro se si sa

di

qualcuno che l'ha presa."

"Ehi, ma quelli vogliono soldi, eh? Mica vorrai che vado a fare

a botte con gente di quella portata per una macchina qualsiasi."

"Qualsiasi... Per una Audi 4! "

"Sì, sì, per una Audi 4."

"No, no questo no, assolutamente... Ecco io ci avevo già pensato,

sono disposto a dare anche 4300 euro..."

"E perché proprio questa cifra?"

"Ho pensato che con la franchigia e tutto il resto..."

Mio fratello, grande commercialista. Il migliore.

"Ok Pa', se posso ci provo."

"Grazie Step, lo sapevo che potevo contare su di te."

Mio fratello che può contare su di me, questo è il massimo. Due

curve e sono sotto casa sua. Vado a citofonare, mentre sto per

farlo

mi ricordo che ha un telefonino. Le faccio due squilli per

avvisarla.

Avrà capito? Nel dubbio aspetto un attimo. Prima o poi scenderà.

Prima o poi. Le donne e il loro prepararsi. Forse è meglio se

citofono. Ancora un minuto. Mi concedo un altro minuto per

aspettarla.

Mi accendo una sigaretta. Ecco, finisco di fumarmi la sigaretta

e poi citofono. Strada tranquilla. Mi guardo in giro. Qualche

macchina che passa sullo sfondo. Uno che inchioda perché un altro

ha fatto il prepotente non facendolo passare. Ma poi anche

quest'ultimo

riparte e tutto procede, tranquillo, sperso in questa grande

città. Che palle! Che riflessioni del cavolo. Ma dove la porto

stasera?

Che strano, ho pensato a tutto ma non a questo. Dove la porto?

Questa era una cosa alla quale pensare. Mi viene un'idea, ma

poi mi preoccupo. Mi preoccupo di quello che sto pensando. Io

che mi preoccupo dove portarla a mangiare? Non mi starò

preoccupando

un po' troppo? Quando esci con una donna se ti metti a

scalettare la serata è lì che toppi.

E toppi alla grande, eh! Non ci siamo. Ci vuole disinvoltura,

casualità, quello che è, è. Poi improvvisamente mi viene un'idea.

Cazzo però, mi piace la mia idea. Un altro tiro e poi citofono. Ma

il cancello in quel momento si apre. Un rumore, uno scatto di

serrature.

Il portone in fondo si dischiude lentamente. Della luce filtra

dall'androne, leggermente arancione. Illumina le foglie lì intorno

nel giardino, i gradini lontani, i motorini posteggiati. Poi esce

una signora anziana. Cammina lenta, sorridente, con le gambe

leggermente

ricurve sotto il peso degli anni. Poi, subito dopo, lei. Lei

che l'ha fatta passare, lei che ancora le tiene il cancello, lei

che l'aiuta

a uscire, che le parla sorridendo, che annuisce a qualche domanda

occasionale, lei gentile, lei bella, lei sorridente. Lei. La

signora

mi passa davanti e anche se non la conosco mi scappa un

"Buonasera".

Mi sorride. Come se mi conoscesse da sempre.

"Buonasera a lei" e si allontana lasciandomi solo con Gin. Ha

i capelli raccolti, un giubbotto corto di pelle, con zip e

cinturini,

una divertente cintura azzurra 55 DSL, i pantaloni scuri a vita

bassa,

a cinque tasche e cuciture a contrasto. Borsa grande in tessuto

Fake London Genius. Ha stile. E per averlo non ha speso nulla.

Incredibile

come noti tutto quando ti piace qualcuno. Ha la faccia

buffa. Ma che dico? Bella.

"Ma la moto? Non sei venuto in moto?"

"No."

"E io che mi sono conciata così." Mi fa una specie di piroetta

davanti. "Non sembro un po' il 'Selvaggio' Marion Brando?"

Sorrido. "Più o meno."

"Ma allora come sei venuto?"

"Con questa, ho pensato che stavi più comoda."

"Una Audi 4! E a chi l'hai fregata?"

"Ah, mi sottovaluti, è mia."

"Sì, e io sono Julia Roberts."

"Dipende dal film. Ho capito, Pretty Woman."

"Tsk."

Gin va verso la portiera e mi dà al volo un pugno sulla spalla.

"Ahia."

"Cominciamo male. Non mi è piaciuta quella battuta."

"Ma no, Pretty Woman nel senso che vuole un sogno."

"E allora?"

"Allora hai trovato il tuo sogno..."

"Ma chi, la Audi 4?"

"No, io." Sorrido, entriamo in macchina e parto sgommando.

"Più che un sogno, questo mi sembra un incubo. Dai, di' la verità,

a chi l'hai fregata?"

"A mio fratello."

"Ecco così mi piaci, sarà sempre una bugia, ma almeno è più

credibile. "

Accelero leggermente e ci perdiamo nella notte. E penso al doppio

delle chiavi comprato da quel tipo vicino al bar dei Sorci Verdi

a corso Francia, quello che ha le copie di tutte le chiavi di

tutte

le macchine possibili e immaginabili. Penso a Pollo e alla prima

volta

che mi ci ha portato, penso agli scherzi che facevamo, penso a

mio fratello preoccupato per la sua macchina rubata, penso alla

serata,

penso alla mia idea, penso al mio passato. Un qualche pensiero

veloce, più forte degli altri. Passo davanti all'Assunzione. Mi

voglio distrarre. Mi giro verso Gin. Ha acceso la radio,

canticchia

una canzone e si è accesa una sigaretta. Poi mi guarda e sorride.

"Allora dove andiamo?"

"Be', è una sorpresa."

"Era quello che speravo che dicessi."

Mi sorride e piega di lato la testa, si scioglie i capelli. E in

quel

momento capisco che la vera sorpresa è lei.

Capitolo 41.

"Allora? Qual è la sorpresa? È una bella sorpresa?"

"Sono più sorprese."

"E dimmene una."

"E no. Non è più una sorpresa."

Posteggio e scendo giù dalla macchina. Un marocchino o qualcosa

giù di lì mi corre incontro con la mano già aperta. Gliela prendo

al volo e gliela stringo. "Ciao capo..." ride divertito e sguaina

una

specie di dentatura alla "ecco perché i dentisti sono così cari!

".

sono 2 euro.

"Senz'altro. Ma pago quando torno." Gli stringo un po' più

forte la mano. "Così sono sicuro che la ritrovo perfetta, vero? Si

paga a servizio fatto."

Mi guarda preoccupato. "Quindi tienila bene d'occhio, non voglio

graffi. Chiaro?"

"Ma io dopo mezzanotte sono..."

"Torniamo prima." E mi allontano.

"Allora aspetto, eh?"

Non rispondo e guardo Gin.

"Ci tiene proprio a questa macchina tuo fratello, eh?"

"Maniacale. In questo momento sta disperato perché pensa che

gliel'abbiano rubata."

"Non è che ci ferma la polizia e finiamo in galera?"

"Mi ha dato una notte per ritrovargliela."

"E poi?"

"Poi parte la denuncia. Ma non ti preoccupare, gliel'ho già

ritrovata,

no?"

Gin ride e scuote la testa.

"Poveraccio tuo fratello, mi immagino cosa gli hai fatto passare."

"Veramente lui non lo sa, ma l'ho sempre salvato da molte

situazioni.

"

Penso a mia madre per un attimo. Mi viene voglia di raccontarle...

Ma questa è la nostra serata, io e lei. E basta.

"A che pensi?"

"Che ho fame... vieni! "

E la trascino via, prendendola per mano. Da Angel, un aperitivo,

un Martini ghiacciato per tutti e due, shakerato, ghiaccio e

limone

alla James Bond o giù di lì e a stomaco vuoto è un sogno. Gin

ride e mi racconta. Storie del passato, amiche sue ed Ele e come

si

sono conosciute e le litigate e le gelosie dell'amica. E io la

prendo

poi per mano e saluto un tipo con l'orecchino che sembra

conoscermi

e poi me la porto in bagno.

"Ehi, ma che vuoi fare? Non mi sembra proprio il caso, eh?"

"No guarda..." Le passo 20 centesimi o forse 50 o forse 1 euro,

magari 2, non li vedo nemmeno. Glieli metto in mano. Penso

al tipo del parcheggio. A quando torno e gli dirò che non ho più

monete.

"Questo è il pozzo dei desideri, vedi quanti soldi ci sono sul

fondo?" Gin guarda dentro una specie di pozzo in quel bagno pieno

di piante e tappeti colorati, rosso, viola, arancione e una luce

blu e gialla e muri bianchi e color mattone. "Dai... Hai

espresso?"

Lei sorride, si gira e butta via la mia moneta con un desiderio

tutto

suo che finisce sul fondo nella speranza di avverarsi. La seguo a

ruota e faccio volar via la mia sopra la mia spalla. E vola giù

che è

una meraviglia e sparisce ondeggiando in mezzo all'acqua con uno

strano zigzag per poi posarsi sul fondo tra mille altri sogni e

qualche

desiderio, forse, più o meno realizzato.

Usciamo in silenzio, mentre un tipo entra veloce quasi urtandoci

mentre già si sbottona i pantaloni, ma poi ci ripensa e si tuffa

sul lavandino vomitando. Ci guardiamo e scoppiamo a ridere,

schifati

e imbrividiti... Bleah... Chiudendoci la porta alle spalle e via.

Lascio 15 euro sul tavolo e in un attimo siamo fuori. Incontro

Angel che mi saluta.

"Ciao Step, quanto tempo..."

"Sì, sì. Dopo, caso mai, ripasso."

In realtà si chiama Pier Angelo, ancora me lo ricordo, vendeva

strani quadri a piazza Navona agli stranieri, croste improbabili

per

delle cifre ancora più improbabili. Un tedesco, un giapponese, un

americano, una sua strana spiegazione in inglese non proprio

perfetto,

maccheronico e inventato, e via un altro "pacco" per potersi

comprare un giorno, come poi ha fatto, il suo Angel's.

"Allora? Tutto qui?"

"Stai tranquilla... ho capito, non vuoi faticare."

La prendo al volo e me la carico sulle spalle. "No dai, che fai?"

Ride divertita e prova a picchiarmi, ma lo fa senza cattiveria.

"Ti porto io... Basta che non fai più domande."

"Dai, mettimi a terra!"

Passiamo davanti a un gruppetto di ragazzi e ragazze che ci

guardano più o meno divertiti, sognanti le prime, imbarazzati i

secondi.

Questo è quello che mi sembra di leggere sulle loro espressioni.

E voliamo via. Cul de sac.

"Ecco ora puoi scendere. Qui un aperitivo di formaggi e vini."

Gin si sistema giù il giubbotto che le si era alzato e anche la