maglietta

che le ha scoperto la pancia, morbida ma compatta senza

strani piercing all'ombelico, naturale e rotonda.

"Che fai guardi? La mia pancetta non è il massimo."

Bella e insicura. "Vuoi dire che c'è dell'altro?"

Gin sbuffa.

"Sono calamitato, attratto, inevitabilmente risucchiato e..."

"Sì, sì, ok. Ho capito il concetto."

Ci sediamo al primo tavolo e ordino a uno di colore vagamente

francese con tanto di grembiule bianco.

"Allora un formaggio di capra agro e stagionato e due bicchieri

di Traminer. "

Il tipo annuisce e io nella sua incertezza spero tanto che abbia

capito sul serio.

"Dove l'hai letta questa storia del Traminer e formaggio di capra?

Te l'ha suggerita tuo fratello?"

"Perfida..."

Faccio con la mano il segno di vittoria rivolto in basso verso di

lei.

"Viperetta acida. No, mi dispiace, ho fatto un corso personale

con un sommelier francese. Una sommelier per essere precisi. Da

Epernay, nello Champagne. Calze velate grigie. Leggerissime e

sempre

rigorosamente autoreggenti. Vuoi altri dettagli? "

Sbuffa scocciata.

"No grazie, sennò ricominci, sai io sono naturalmente attratto...

eccetera eccetera e quelle altre cavolate lì..."

Il tipo vagamente francese le poggia un piatto in legno sul

tavolino

e "voilà". Ci ha preso: formaggio di capra e Traminer freddo.

Incredibile e non si ferma lì.

"Vi ho portato anche del miele naturale..."

"Grazie."

Che bello quando uno ama il suo lavoro. E non c'è niente di più

bello invece di una ragazza che mangia con gusto. Come lei.

Sorride

e spalma il miele su del pane ancora caldo, appena tostato,

perfettamente

abbronzato, non bruciato. Ci poggia sopra un pezzo di

formaggio e dà un grosso morso, deciso ma lento, mentre con

l'altra

mano si protegge dalla caduta libera di briciole impazzite. Poi si

tocca con la punta delle dita il palmo e come suonando uno strano

motivetto le lascia cadere giù nel piccolo piatto, vicino al pane

rimasto,

mentre con l'altra mano prende il Traminer e con un piccolo

sorso accompagna il tutto.

È perfetta, cazzo, è perfetta, lo so. Piccoli spunti... Che senso

hanno non lo so... Ma in realtà... Lo so. Il Traminer scende giù

veloce,

freddo con il suo retrogusto. Gelato. Un bicchiere dopo l'altro.

Sì. Lo so, è perfetta. E da quello che penso, da come mi intorto,

su

quel "lo so, non lo so", capisco già di essere mezzo ubriaco.

Aspetto

che finisca l'ultimo morso, metto dei soldi sul tavolo e la

rapisco.

"Vieni andiamo."

"Ma dove?"

"Un posto per ogni sua specialità."

E corriamo via, così, un po' di vino, un po' di risate. Tra

sguardi

indiscreti, persone agli altri tavoli, teste che fanno capolino

per

guardare, spiare, osservare, quei due sconosciuti... Noi due,

meteore

di una qualsiasi notte, in un locale qualsiasi, un momento più

che qualsiasi, ma solamente nostro. Come questo cibo-tour.

"Ehi Step?"

"Sì?"

"Quanti punti base toccheremo?"

"Che vuol dire?"

"Visto che mangiamo una cosa in ogni posto, per capire quanti

saranno, sennò ho paura che scoppio. Sì, insomma, in quanti locali

ci fermiamo?"

"Ventuno!"

Rispondo deciso, leggermente scocciato, cazzo. Ma scusa, neanche

un accenno, che ne so: carina l'idea, originale, divertente. Gin

improvvisamente si stoppa. Si ferma in mezzo alla strada e punta i

piedi.

"Che succede?"

Mi prende al volo per il giubbotto e mi tira a sé con tutte e due

le mani, tenendolo per i baveri.

"Dimmi a chi l'hai rubata?"

"La Audi 4? Te l'ho detto, a mio fratello..."

"No, questa idea. Mangiare una cosa diversa in ogni posto, da

chi l'hai presa?

Rido scuotendo la testa, più ubriaco che mai, anche di

divertimento

etilico.

"L'ho pensata io."

"Vuoi dire che è un'idea tutta tua, che non l'hai rubata da

qualche

parte? Da qualche libro scemo, da qualche film romantico, da

qualche leggenda metropolitana?"

Allargo le braccia e tiro un po' su le spalle. "Tutta mia."

Sorridendo

"Mi è venuta in mente così...". Schiocco le dita. Gin mi tiene

ancora per il bavero e mi guarda con la faccia ancora un po'

dubbiosa.


"E non l'hai già fatta a qualcun'altra?"

"No. È solo per te. Se è per questo, neanche nei posti che ho

scelto sono mai stato con qualcun'altra."

Mi lascia andare al volo, spingendomi all'indietro.

"Ma va'! Questa l'hai detta grossa!"

"Pum!" Fa esplodere un finto palloncino soffiando con tutta

la bocca. "Pum."

"Cazzata! Ah, ah, Step ha detto la cazzata."

Quasi ne fa una tiritera. La prendo io al volo per il bavero, la

rigiro su se stessa prima che si allontani troppo. Fa una mezza

giravolta

e finisce vicino al mio viso. La sua bocca.

"Ok, detta la cazzata. Ma sempre in gruppo. Mai da solo, come

sono ora qui con te..."

"Ok, già va meglio. Così ci posso credere."

"Ci devi credere."

La voce mi si abbassa e mi sorprendo anch'io nel sentirla così

soffocata, sussurrata quasi, alle sue orecchie, intorno al suo

collo,

tra i suoi capelli. Guardo i suoi occhi, le sorrido sincero. Lo

apprezza,

mi crede. Ma voglio sigillare. "Giuro..." e stavolta si fida.

Sorride anche lei e si lascia andare. Bacio. Bacio morbido, bacio

lento, bacio non irruento. Bacio al Traminer, bacio leggero, bacio

di lingue in lotta, bacio surf, bacio sull'onda, bacio con morso,

bacio

vorrei andare avanti ma non posso. Bacio non si può. Bacio c'è

gente...

Capitolo 42.

Non ci posso credere. Io, Gin, qui a via del Governo Vecchio

che mi bacio per strada. Gente che passa, gente che mi guarda,

gente

che si ferma, gente che mi fissa... E io in mezzo alla strada.

Senza

pensare, senza guardare, senza preoccuparmi. Occhi chiusi. Gente

intorno. Ecco, penso che ci potrebbe ora anche essere uno che

mi sta fissando a cinque centimetri dal nostro bacio. Apro di

pochissimo

l'occhio destro. Niente. Tutto tranquillo. Lo richiudo.

Chissà se dall'altra parte... Ma me ne frego! Io e Step. Di questo

sono sicura. Lo abbraccio più forte e continuiamo a baciarci così,

senza problemi, senza pensieri. Poi scoppiamo a ridere, chissà

perché.

Forse perché ha mosso un po' la mano, mi ha toccato il fianco,

scivolando verso chissà dove. Ma sono onesta. Io non ci avevo

neanche pensato. Mi è solo venuto da ridere e basta. E così a lui.

E lo abbiamo fatto! Siamo scoppiati a ridere. Mi sono toccata con

la guancia destra la spalla, sorridendo, appoggiandomi di lato,

lasciando

passare un brivido... O forse un desiderio.

"Dai, vieni ci aspettano i Primi della classe."

"E chi sono, degli amici tuoi secchioni?"

"Macché! È un posto dove si mangia solo pasta."

"Ah, be', che ne sai. Magari il cuoco si è laureato in Filosofia."

Cerco di risolvere così quella mia battuta vanziniana. Con Step ci

riesco. Chissà, forse perfino quei due fratelli, malgrado tutti i

loro

successi, sentendola avrebbero sorriso.

Il proprietario si presenta come un certo Alberto. Saluta, è

gentile,

ci fa accomodare, ci suggerisce un "trittico" dice lui. "Trofie

al pesto, tortelloni alla zucca e riso champagne e gamberi."

Ci guardiamo e facciamo sì con la testa, ok, va bene, sì. Insomma,

senti Alberto, ma perché non te ne vai?

"E da bere?"

Step chiede se c'è un vino bianco, almeno credo. Ma non ho

sentito bene... Farfallina o qualcosa del genere.

"Benissimo." Alberto invece, che ha capito, si allontana.

Mi guardo intorno nel locale. Archi fatti di mattoni antichi,

pietre

che escono dai muri, bianco, marrone, rosso, luci rivolte verso

l'alto. Guardo giù. Cotto, perfetto e nuovo. Poco più in là la

cucina.

Finta antichità, ferro, pezzi più scuri, ghisa o altro e due porte

che

sbattono insieme tipo saloon mentre esce un ragazzo con un piatto

caldo fumante e nessuno gli spara. Anzi a un tavolo gli fanno

segno

felici di raggiungerlo. Chissà da quanto stavano aspettando.

"Ecco la vostra Falanghina."

Alberto porta una bottiglia di vino bianco in mezzo al tavolo e

la stappa con facilità. Falanghina... No farfallina. Sono fuori.

Step

la prende e ne versa un po' nel mio bicchiere. Poi aspetto che

faccia

la stessa cosa con il suo e li alziamo per bere.

"Aspetta, brindiamo."

Lo guardo preoccupata.

"Sentiamo," sorrido, "a cosa brindiamo?"

"A quello che vuoi tu. Ognuno decide e poi si brinda insieme."

Mi concentro un attimo. Lui mi guarda negli occhi. Poi allunga

il suo bicchiere verso il mio e lo urta.

"Magari è lo stesso desiderio."

"Magari un giorno ce lo diciamo."

be si avvera.

Guardo Step cercando di capire. Lui mi sorride. "Si avvera...

si avvera..."

E butto giù d'un fiato con la certezza che prima o poi quel

desiderio,

almeno il mio, si avvererà. Faremo l'amore... Mah! Aiuto!

Ma che dico? Oddio. Mi distraggo. Mi guardo in giro. Come sembrano

diverse le coppie che mangiano agli altri tavoli. Chissà com'è,

ma crediamo sempre di essere i migliori. È il mio caso almeno. Sì,

Gin la presuntuosa. Ma non potrei mai stare al tavolo con uno con

il quale non mi rivolgo parola. Mangiare in silenzio. Ma che senso

ha? Così fanno quei due. Ogni tanto, fra un boccone e l'altro

guardano

fuori, fuori dalla loro vita, dai loro pensieri. In cerca di

qualcos'altro.

Annoiati da quello che hanno accanto. Da quella stessa

vita che proprio loro hanno scelto ! Sbirciano negli altri tavoli,

fra

le altre persone, continuando a masticare in cerca di curiosità.

Ma

ti rendi conto?

"Ahhh!!"

"Ma che fai, urli?" Step mi guarda preoccupato, ma io rido.

"Tu sei tutta matta."

"No, sono tutta felice! "

E urlo di nuovo mentre la tipa annoiata al tavolo ha smesso per

un attimo di masticare e mi guarda sorpresa, incuriosita. E io,

be',

io la saluto. Prendo un boccone dai piatti appena arrivati e me lo

metto in bocca. "Uhm, buono..."

Giro l'indice sulla guancia sempre guardando la vicina annoiata

che scuote la testa, non capendo. E pensare che l'uomo, quello di

fronte a lei, non si è neanche accorto di niente. E Step ride. E

mi

guarda. E scuote la testa. E io gli sorrido.

"Ehi, ma non stai pagando un po' troppo?"

"La cena è offerta da mio fratello. In realtà, lui è un po'

tirato,

ma non ha problemi di soldi."

"Forte, e perché lo fa?"

"Mah, forse per aiutare me, il fratello più piccolo che ha

problemi

con le donne."

"Ma smettila! Sì, senza dubbio è per questo."

E via di nuovo correndo veloci, ridendo. Poi montiamo in macchina.

Non so come trovo altri 2 euro in tasca. Li do al marocchino

che forse sperava qualcosa in più. Ma poi ci ripensa, si ritiene

comunque soddisfatto e ormai da adottato romano mi aiuta a fare

manovra: "Venga, venga dotto', tutto a posto, gliel'ho guardata

come

un fiorellino".

Non trova risposta se non il mio fare cenno di sì con la testa.

Sì, sì, va bene, va bene così.

Musica. 107, 10. Tmc. Le parole del dj lasciano spazio alle note

degli U2. E Gin, ovviamente, conosce la canzone. "And I miss