apre la cinta dei pantaloni e continua a baciarlo, e il bottone, e

la

zip, e poi più giù, ancora più giù, fino ad allargargli le mutande

e

andare avanti, senza paura, senza problemi, come la luna e le sue

maree. Ma questa è una mareggiata! pensa Claudio e si guarda

intorno,

abbassandosi un po' sul sedile, nascondendosi più che può.

Certo che se lo beccano adesso. Altro che una sigaretta e un po'

di riposo. Questi sono atti osceni in luogo pubblico. Una cosa è

sicura, dell'ansia da prestazione nessuna traccia. Spera solo che

non chiami Raffaella in quel momento per sapere come sta andando

la partita di biliardo. Non saprebbe cosa rispondere. È una

partita meravigliosa. Claudio chiude gli occhi, si lascia andare.

E

sogna un panno verde e le palle che vanno in buca, una dopo

l'altra,

senza che neanche le colpisca, così, come per magia. E poi per

ultimo vede anche se stesso su quel panno. Rotola dolcemente,

scivola,

su e giù, fino a sparire dentro l'ultima buca in fondo... ah, sì,

così... che partita!

Francesca si rialza da sotto il cruscotto.

"Vieni, andiamo..." e lo prende per mano e lo tira via senza

neanche fargli chiudere bene il finestrino. Claudio riesce a

malapena

ad abbottonarsi i pantaloni e a mettere l'allarme da lontano

alla Mercedes. Ma che importa? Tanto per 4000 euro, ma vuoi

mettere

con la Z4... quello sì che è un sogno. Proprio come lei, come

Francesca, che saluta il portiere.

"Buonasera, Pino, la diciotto per favore."

"Certo, buonasera signori." Il portiere non fa in tempo a dirlo.

Francesca gli ruba le chiavi dalle mani e spinge Claudio

nell'ascensore.


"Dobbiamo stare attenti..."

Francesca ride e lo zittisce baciandolo, non lo vuole sentire.

"Shht... zitto!"

Ma non può immaginare cosa sta pensando Claudio. Ma scusa,

eravamo già stati in macchina, potevamo andare a prenderci

semplicemente un gelato o una birra o anche un prosecco, che ne

so, e l'ansia da prestazione, poi? Scusa, eh? Claudio sente che

sta

tornando. Cerca di allontanarla.

"Francesca..."

"Sì, tesoro?"

"Mi raccomando, non parlarne mai a nessuno, eh? Neanche alle

persone che pensi non possano mai incontrarmi."

"Ma di cosa?"

"Di noi."

"Noi chi? Non so di chi parli. " E ride e lo bacia di nuovo.

"Vieni,

siamo arrivati." E lo trascina nel corridoio e Claudio quasi

inciampa

e la segue e alla fine si lascia andare scuotendo la testa. Ma

mentre cammina le guarda il sedere. È un tutto "brasileiro". Sodo,

forte, allegro, vivace, ballerino, pazzo... altro che ansia da

prestazione!

Questa è voglia di mareggiata, di cavalcare le onde, di fare

surf, perso in quel mare brasiliano... Un ultimo barlume.

"No, sai, è che mia moglie ha scoperto il fatto che ho comprato

una stecca da biliardo."

"Embe'?"

"Io ho subito detto che era un regalo per una persona che

conosco..."


"Bravo, vedi? Ma ti pare che poi si ricorda di quella sera che

hai giocato a biliardo e ci siamo conosciuti? Ne è passato di

tempo,

che ne può sapere? E poi quel posto è stato chiuso, per questo

ora sto sulla Casilina!"

"No. Non hai capito. Non è che lei sa, lei indovina! "

"Voglio proprio vedere se indovina cosa sto per farti..." e così

dicendo apre la porta, spinge dentro Claudio e chiude la diciotto

alle sue spalle. Claudio finisce sul letto e lei gli salta sopra,

padrona,

selvaggia, oltre la luna e le sue maree. Claudio dimentica ogni

preoccupazione, anche dove si trova. La lascia fare. Poi ha

un'unica

certezza. No, questo non l'avrebbe indovinato mai nessuno.

Neanche sua moglie.

Capitolo 46.

"Allora, entriamo?"

"Certo, perché no?"

"Ma mi sa che non ci fanno passare. Guarda, hanno una lista."

"Ma io qui al Follia li conosco."

"Che palle, ma tu conosci tutti."

"Va be', se proprio ti fa piacere ci mettiamo in fila e paghiamo.

Tanto è il conto di mio fratello."

"Poveraccio. Anche se è ricco, non dilapidare il suo patrimonio.


Una ragazza esce spintonata da dietro. I due buttafuori sulla

porta fanno appena in tempo a levare la catena. Una specie di

energumeno

dai capelli lunghi esce dietro di lei e le dà un'altra spinta.

"E muoviti, che hai rotto il cazzo!"

La ragazza prova a dire qualcosa, ma non fa in tempo. Un'altra

spinta spezza al volo le sue parole e si ritrova sul cofano di una

macchina posteggiata. Il tipo sudato con i capelli unti le mette

la

mano sulla faccia.

"Allora? T'ho visto che guardavi quello biondo."

Gin non riesce a parlare, guarda incredula la vicenda.

Il toro scatenato chiude la mano trasformandola in un pugno pieno

di rabbia e di violenza, digrigna i denti, ha la faccia da pazzo.

"Te l'ho detto mille volte, porca troia!"

E senza pietà la colpisce in pieno petto.

La ragazza si piega in due e si porta le braccia al volto

coprendosi

impaurita. Gin non si trattiene ed esplode, sembra fuori di sé.

"Oh, ma basta... Falla finita."

Il tipo si gira verso di noi, stringe gli occhi e mette a fuoco

Gin

che lo guarda spavalda.

"E te, che cazzo vuoi?"

"Che la lasci perdere. Vigliacco schifoso! "

Fa un passo verso di lei, ma non gliene lascio il tempo, la tiro

per un braccio portandola dietro di me.

"Ehi, calma. Le dà fastidio la tua scena. È chiaro?"

"E'sticazzi!"

Rimango per un attimo in silenzio, provo a contare, non voglio

partire. La prima vera uscita con Gin... Non mi sembra proprio il

caso.

Il tipo: "Allora?". v

Allarga le gambe. È pronto a litigare. Che palle... I due

buttafuori

si mettono in mezzo.

"Calma, è tutto sotto controllo."

Sembrano preoccupati. Strano. Non mi conoscono. Forse conoscono

il tipo. È bello grosso, piazzato, tosto. Devono temere lui.

Ma è nervoso, rabbioso, cattivo. Non sembra lucido. La rabbia a

volte offusca e fa perdere la calma, la freddezza. La cosa più

importante.

Grosso è grosso comunque.

"Calma, Giorgio. Non t'ha detto niente di male. Stai litigando

con la tua ragazza qui davanti a tutti e può capitare che

qualcuno..."


Lo conoscono. Questo non va bene.

"Non è che può capitare, deve capitare! Sta massacrando quella

poveraccia."

Gin non riesce proprio a star zitta. E questo è ancora peggio.

Non solo. Continua.

"Bravo, ti credi figo? Pensa che invece sei solo un coglione."

I due buttafuori impallidiscono. Mi guardano con una faccia

come a dire "E mo', come cazzo la mettiamo?". Il toro sembra non

aver sentito. E attonito, privo di parole, scuote la testa

rintronato,

come se quelle parole fossero state un tir in pieno viso, un

mantello

rosso aperto all'improvviso in piena arena. La ragazza alle sue

spalle si massaggia il petto, piange e tira su con il naso. Sembra

non

riuscire a respirare bene, il suo petto fa su e giù con uno strano

asincronismo in quel grande silenzio che si è creato.

"Ehi, cazzo Step, che succede? Forza, vieni dentro. Eri sparito

eh? Raccontami..."

Mi giro, è il Ballerino. Lui sta da sempre qui al Follia, non si è

mai allontanato, lui.

"Ma da quanto sei tornato?"

"Be', sarà un mesetto..."

"E non ti sei neanche fatto sentire! Che stronzo! Dai, vieni

dentro

dai che c'è una festa, stiamo tagliando una torta buonissima, alla

mimosa. Dai. Te ne freghi un bel pezzo per te e la tua signora. È

bona, dolce e in più non paghi, no?"

"Ma che la mia signora?"

"No, la torta."

Ride e comincia a tossire. Che le mille sigarette spente e

assopite

giù nei suoi polmoni si siano divertite anche loro come pazze

a quella battuta così scema?

Faccio per girarmi ed entrare, seguito da Gin, dai due buttafuori.

Ma in realtà è come se guardassi ancora indietro. È come se

i miei occhi non lo perdessero mai di vista. Ho le orecchie tese,

i

sensi svegli, in guardia. Infatti. Non mi ero sbagliato. Tre passi

veloci

alle mie spalle, uno scalpiccio strano e d'istinto mi piego in

avanti girandomi su me stesso. Ecco che arriva come una furia. Il

toro scatenato batte via di spalla i due buttafuori e fa per

avventarsi

su di me, ma io mi porto di lato. Lo colpisco di striscio, di

sinistro

e il tipo finisce contro il muro. Poi urla e velocissimo si

rigira.

Ha la faccia segnata dalla polvere di muro giallo misto alle

escoriazioni

della strusciata. Un po' di sangue comincia a colargli dall'occhio

sinistro, da sopra il sopracciglio. Sta per ripartire. Ma questo

non se l'aspetta. Scatto in avanti colpendolo di destro,

velocissimo

anche perché è enorme, non potrei fare altro. Lo centro in

pieno viso, naso e bocca. Si porta le mani in faccia. Non perdo

tempo,

gli assesto un calcio nei coglioni meglio di tutti i lanci che io

abbia mai fatto in una partita di football. Bum. Si accascia come

se

niente fosse e d'istinto lo colpisco appena tocca terra. In

faccia. Un

calcio dritto, sordo, definitivo. Ma il tipo è duro. Potrebbe

riprendersi.

Allora faccio per caricare di nuovo...

"E basta Step, che cazzo te ne frega?" Il Ballerino mi tira per

la giacca. "Vieni a mangiarti la torta prima che se la finiscano."

Mi riaggiusto il giubbotto e faccio due respiri lunghi. Sì, è

meglio

basta. Ma che cazzo m'ha preso? Ma che me ne frega poi di

questo boro.

Eccola, la ritrovo dopo un attimo. È lì che mi guarda in silenzio.

Gin. Ha uno sguardo... Non so definirlo. Forse non sa che pensare.

Le sorrido cercando di rompere quel ghiaccio.

"Ti va un po' di torta?"

Annuisce senza rispondere. Le sorrido. Vorrei dimenticasse che

c'è gente così... Ma Gin crede ancora in tante cose. E capisco che

è difficile. Allora la scuoto, l'abbraccio, la spingo. "E dai..."

E finalmente sorride. Poi la faccio passare avanti. Le tengo la

mano, in maniera elegante, forse un po' stonata dopo tutto quello

che è successo, e l'aiuto a scavalcare il tipo rimasto a terra.

Capitolo 47.

Raffaella posteggia la macchina nel cortile del palazzo. Il loro

garage

è aperto. Claudio non è ancora tornato. Guarda l'orologio. È

mezzanotte. Vuol dire che la partita di biliardo è andata per le

lunghe...

be', se questo porta lavoro, allora è un bene. Chiude la macchina

e guarda in alto. La luce della stanza di Babi è ancora accesa.

Raffaella va verso il portone. Non sa com'è, ma in questo periodo

non riesce mai a essere del tutto serena. Forse ha troppi

pensieri. Alfredo

è ancora nascosto in giardino, dietro una pianta. Vedendola,

fa un passo indietro, si infratta nel verde, nel buio del parco.

Raffaella

sente il crack di un pezzetto di legno. Si gira di botto.

"C'è qualcuno?"

Alfredo smette quasi di respirare. Sta come immobile, paralizzato.

Raffaella cerca frenetica le chiavi nella borsa, le trova, apre il

portone e lo chiude veloce alle sue spalle. Alfredo si rilassa. Fa

un

sospiro e comincia a respirare di nuovo. No, così non può andare

avanti. Ma se quella notizia è vera, niente può più andare avanti.

"Babi, ci sei?" Raffaella vede la porta socchiusa con un po' di

luce che esce dalla camera. "Posso?"