dondolare
avanti e indietro. Io non so più cosa fare. È come se mi mancasse
il respiro. Divento rossa almeno credo. Abbasso gli occhi,
sbuffo. I capelli diventano quasi elettrici. Poi il miracolo.
"Allora, tutti pronti? Cominciamo le prove!"
Un fuggi fuggi generale a quelle parole dell'assistente di studio.
O forse l'ispettore, non lo so. Chiunque sia, mi ha salvato.
Scappo
via ma dopo un attimo torno indietro. Lo vedo impreparato al mio
gesto, meglio così. Mi avvicino e lo chiamo. "Step?" Si gira. Gli
do
un bacio leggero sulle labbra. Ecco fatto. Step mi guarda. Fa un
sorriso come sa fare solo lui.
"Tutto qui?"
Non gliela voglio dare vinta.
"Sì, tutto qui. Per adesso."
Senza dire niente di più, mi allontano tranquilla. L'ispettore di
studio si avvicina a Step.
"Forte quella ragazza."
"Molto forte."
"Come si chiama?"
"Ginevra, Gin per gli amici."
"È proprio forte."
L'ispettore di studio si allontana. E io, nel dubbio, lo richiamo.
"Ehi..."
"Sì?"
"È vero, è forte. Ed è mia."
Capitolo 52.
Pomeriggio di prove. Sto in sala regia con Marcantonio. Vicino
a noi, divisi semplicemente da un vetro, ci sono Mariani e
tutti gli altri. Il Serpe si agita nervosamente. Il Gatto & il
Gatto
sono seduti come avvoltoi alle spalle di Romani. Guardano i
monitor
della consolle, come impazziti, schizzano da un angolo all'altro
della sala, cercando l'inquadratura perfetta, quella ideale
da offrire a casa per rendere al meglio quello che vedranno.
Romani
no. Romani è calmo. Fuma lentamente una sigaretta, la tiene
sospesa nel vuoto a pochi centimetri dal suo viso in uno strano
gioco d'equilibrio. La cenere fa un difficile arco partendo dalle
sue dita, si prolunga nel vuoto rimanendo così, sospesa nel nulla,
senza cadere. Romani con l'altra mano fa dei leggeri movimenti,
schiocca le dita. Alterna le camere prontamente offerte
dal tipo al mixer. Il tipo è impassibile. Spinge dei bottoni su
una
tastiera, come se suonasse un piccolo pianoforte, leva dai monitor
più piccoli le immagini e le passa al monitor grande davanti
a Romani. Uno, due, tre, dissolvenza, quattro, cinque, sei, totale
dall'alto. "Ecco Step, questa è la tv." Marcantonio mi dà una
pacca sulle spalle. "Vieni andiamo in postazione, stiamo per
iniziare."
"Ma che si fa adesso?"
"Be', niente di speciale. È solo una prova prima della generale.
Praticamente siamo in un ritardo fottuto. Ma è così quasi sempre."
"Ah, capisco."
Alzo le spalle, non è che poi mi sia così chiaro. Ma deve essere
un momento importante, c'è una strana tensione. I cameramen
iniziano
a indossare le cuffie, se le calano sulla testa come soldati
pronti
ad andare in trincea. Muovono veloce la manopola dello zoom,
una botta secca, facendola rollare e impugnano le camere al volo,
allargano le gambe e si mettono in posizione, proprietari di
mitragliatrici
pronte a sparare su qualsiasi immagine venga chiamata dal
loro generale Romani.
"Tre, due, uno... Via con la sigla! " La musica parte. Il monitor
a colori, immobile di fronte a noi, prende improvvisamente vita.
Entrano quei loghi colorati che abbiamo fatto noi. Poi scompaiono
di botto. E sotto di loro una serie di sipari si apre in
successione,
perfettamente a tempo. La camera due, dove un unico cameraman
ha il piacere e la possibilità di stare seduto, avanza lentamente
al centro dello studio. Nel monitor a colori vedo quello che
sta riprendendo. La sua luce rossa è accesa. È il segnale che è in
onda. Avanza inesorabile come un perfetto fucile da caccia. Ha
preso di mira l'ultimo sipario, quella piccola porta sullo sfondo
che
improvvisamente si apre. Eccole. Una dopo l'altra, bionda, bruna,
rossa, escono come piccole farfalle da quella piccola porta, come
foglie colorate che cadono da un autunnale albero televisivo,
loro,
le ballerine. Coperte, scoperte, velate. Dai muscoli nascosti, dai
sorrisi improvvisati, dai capelli pettinati o colorati, dai visi
truccati.
Leggere si portano al centro. Prendono posto con eleganza. Poi
con un unico passo, partono insieme come piccoli soldatini
delicati.
Ballano su se stesse, allontanandosi e ritrovandosi, allargano
le braccia e sorridono, spegnendosi e accendendosi davanti a ogni
camera che si illumina di rosso mandandole in onda. E i cameramen
impeccabili ballano con loro, cambiano inquadratura, le portano
per mano, le lasciano e le riprendono. E Romani dirige il tutto,
perfetto maestro di una musica appena creata, composta di immagini
e luci. Marcantonio in silenzio batte a tempo sui tasti del
computer liberando, uno dopo l'altro, i titoli che appaiono e
scompaiono
muovendosi in 3D ora sul volto di quella ragazza bruna, ora
su un totale dall'alto, ora su una panoramica in dissolvenza.
Bravissimo.
Non sbaglia un colpo. Un ultimo battito e la musica si
stoppa. Silenzio. Le ragazze schierate tutte insieme allargano le
braccia e con un solo gesto indicano il fondo del teatro. Da
quella
piccola porta compare il presentatore. "Buonasera... buonasera.
Oh, eccoci qui... Che vuol dire I grandi genii Vuol dire, vuol
dire. Per esempio essere geniali vuol dire stare qui con queste
bellissime
ragazze e oltretutto essere pagati per starci..."
Guardo Marcantonio. "Ma veramente dirà queste cose?"
"Ma no, che c'entra... Lo fa in prova per divertirsi, per fare il
simpatico e magari beccare una di quelle ballerine, ma quando va
in onda è tutta un'altra cosa. Il più classico dei presentatori.
Magari
fosse così. Anzi non capisce che sarebbe molto più simpatico
a tutti. Ormai la gente è abituata, tutti leggono tutto, seguono
tutto
e sanno tutto. E invece lui crede che a guardarlo ci siano solo
coglioni."
"Be', se lo guardano così tanto, un po' coglioni sono."
Marcantonio si gira e alza il sopracciglio.
"Uhm, vedo che stai imparando. Niente male. Siediti qui va che
ti spiego bene cosa devi fare."
"Come cosa devo fare, ma non ci sei tu?"
"Ma un giorno potrei non esserci, posso avere da fare e poi...
Questa è la gavetta, domani sarà tutto nelle tue mani e tu devi
avere
la padronanza del mestiere."
Padronanza del mestiere. Mi suona male. È come essere stato
risucchiato su da un enorme aspirapolvere che ti prende e non ti
molla più. Mi siedo vicino a Marcantonio che inizia a spiegarmi.
"Allora con questo tasto resetti, con questo mandi di nuovo il
logo
in 3D..." Cerco di seguire, poi per un attimo mi distraggo. Nel
monitor è comparsa Gin, ha portato qualcosa al presentatore che
le sorride e la ringrazia. Guardo il suo primo piano che Romani
gentilmente ci concede. Poi Gin si allontana e il presentatore
continua
a spiegare qualcosa. Anche Marcantonio spiega qualcosa. Io
penso a Gin e al contratto che ho firmato per questo lavoro.
Maledetto
aspirapolvere. In tutti e due i casi mi sento fottuto.
Più tardi. Finite le prove. Dietro le quinte le ragazze si
cambiano
in fretta, riaccendono i telefonini che cominciano a squillare.
Gin si avvicina a Ele che è piegata in due in un angolo degli
spogliatoi.
"Ele, ma che fai?"
"Niente riprendo fiato, mi viene da vomitare. Che fatica! Però
è divertente. Ma è sempre così?"
"Questo non è niente, devi vedere quando c'è la diretta. Questa
è solo una prova."
"Oh, qui anche le altre sono tutte distrutte. Eppure è una vita
che lo fanno. Io altre due prove e sto perfetta. Forse perché di
base
c'ho il fisico. "
Sorride e le dà una pacca sulla spalla e poi fa pure l'occhiolino.
È al settimo cielo. Be', d'altronde finalmente è stata presa.
Almeno
questa volta. Chissà se c'è stato lo zampino... Gin non lo vuole
nemmeno pensare. La guarda mentre si cambia. Si tira via la roba
in un modo, Ele... pensa Gin. Mi ha sempre divertito la sua
maniera
di vestirsi o svestirsi... Non tanto quello che si mette, ma come
lo fa. Sembra una lotta fra lei e quello che deve indossare. Le
va sempre tutto sbrindellato, se lo sistema alla meglio, lo calza
un
po', si tocca i capelli, li butta indietro e via, è pronta.
"Ehi, Gin, che fai dopo?"
"Boh, non lo so."
"Di' la verità."
Mi guarda alzando il sopracciglio.
"Hai già il programmino?"
"Ma di che!" Le lancio il sopra della felpa e la prendo in
pieno.
"Ma ti pare che se c'ho il programmino, come dici tu, non lo
dico proprio a te? Ma che me ne frega! "
"Ho capito, hai il programmino."
Prende la felpa, la usa a mo' di fazzoletto e fa finta di
soffiarcisi
il naso dentro. Le altre la guardando sbigottite. Al solito. È il
suo
scherzo preferito, lo fa da quando ci conosciamo. Ma io non dico
nulla. Ele finge di asciugarsi il naso con la mano mentre le
altre,
schifate, continuano a fissarla.
"Grazie, sei proprio un'amica..."
E così dicendo, mi lancia la felpa, sorride e scappa via. Un po'
più tardi. Ho fatto pure la doccia. È un mito questo teatro. Tutte
le comodità respirando quello che è stato il debutto della Carrà,
di
Corrado, di Pippo Baudo, di Celentano e di chissà quanti altri.
Esco
con la sacca sulle spalle e mi guardo in giro. Niente, non lo
vedo.
"Signori'... Le sue amiche sono già andate via..."
La guardia giurata mi sembra sinceramente dispiaciuta. Ingenuo.
Come se io cercassi sul serio loro.
"Vuole che le do un passaggio, fra poco stacco che tanto arriva
il mio collega." E ride mostrando dei denti gialli, storti
lottatori
di qualche sigaretta a basso prezzo. Poi si perde giustamente
inciampando
in una risata cafona.
"Per me sarebbe un piacere..."
Non più ingenuo, anzi anche un po' viscido.
"No, grazie. Molto gentile."
E come mamma mi ha insegnato, mi allontano senza dare troppa
confidenza.
Capitolo 53.
Ho trovato la mia Cenerentola. Step, che cazzo pensi? Ti sei
bevuto il cervello... la tua Cenerentola. Mamma, sei a pezzi. Va
be', mi piace. È forte, è simpatica, è divertente, è bella! È in
ritardo...
Sono sotto casa sua, le ho fatto lo squillo con il telefonino
e me ne ha fatto uno di risposta. Quindi ha capito che sono qui
sotto. Basta! Ora le citofono, che poi che me ne frega a me che i
suoi non devono sapere nulla della sua vita privata! Gianluca il
fratello ci ha già visto che ci baciavamo. Due volte. Capirai. E
se i
suoi ci vedono che usciamo... Che problema c'è? Ci avessero
beccato
che scopiamo, capirei! Be', lì il problema ci sarebbe. Basta,
io citofono.
Mi avvicino al portone, cerco sul citofono Biro, il suo cognome.
"Fermo che fai?"
"Come che faccio? Citofono a una ritardataria."
"E invece sono puntualissima! Mi hai fatto lo squillo e sono
scesa. Solo che pensavo che ripassavi con la Audi 4 e invece tu
sei
in moto e io in gonna."
"Al massimo saranno felici quelli delle altre macchine... Ma ce
le hai le mutandine sotto?"
"Cretino! " Mi dà un pugno sempre sulla stessa spalla. Ormai
avrò il livido.
"Mi dispiace, ma ho discusso a lungo con il ladro, ho trattato il
prezzo e poi l'ho riconsegnata a mio fratello che è stato
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