felicissimo."
"Poveraccio."
"Ma come poveraccio. A parte che economicamente sta benissimo
e poi scusa voleva spendere fino a 4300 euro per la sua macchina,
sì insomma, l'ho fatto risparmiare."
"Cioè?"
"Poco più della metà."
"Quindi, secondo te, gli è andata pure bene?"
"Moltissimo, sali va'."
"Be', ha fatto proprio un affare ad avere un fratello come te."
"Lo puoi dire forte."
Gin alza la voce. "Ha fatto un affarone con un fratello come te! "
"Ma dicevo per dire, ti ho sentito."
Mi dà un bacio sulle labbra e monta dietro incastrandosi per
bene la gonna sotto le gambe.
"Tu a spirito niente, eh? Era per scherzare."
Le passo il casco. "Ah senti, mi è venuta un'idea... Ma tuo
fratello
come è messo a soldi?"
"Caschi male. E comunque chi tocca la mia famiglia è fuori,
out, compreso? Anzi solo il fatto che l'hai potuto pensare cambia
già le cose."
Gin scende dalla moto e mi si para davanti.
"Anzi, cambiamo subito!"
"Cioè? Mi dai meglio il bacio di prima che era un po' sfuggente
e per niente lungo?"
"Macché! Cambio programma, smonta dai!"
"No, non mi dire che facciamo di nuovo a botte. Per quello
vediamoci
in palestra."
"Ma che hai capito. Per stavolta la passi liscia. Cambio
programma.
Vuol dire smonta dalla moto che guido io."
"Cosa?" Penso dentro di me, lei, Gin, vuole guidare la moto. La
mia moto. Guidare la mia moto. E chi poi? Una donna. Sì d'accordo,
è Gin. Ma è sempre la mia moto e lei, anche se è Gin, è sempre
una donna. Poi mi rendo conto dell'assurdo. Non credo alle mie
orecchie. "Sì d'accordo, mi diverte vedere come te la cavi."
Ma questo invece sono io. Step! Ma che, ti sei impazzito? Niente.
Non ragiono più, non ci credo. Porca troia. Sono fuori. Scorro
sul sellino tenendo alte le gambe. Mi faccio scivolare la moto
sotto
e finisco sul posto di dietro, lasciando spazio a Gin che monta
davanti.
E io, colmo dei colmi, l'aiuto! Ah... Sono proprio impazzito.
"Allora, sai come si guida?"
"Certo! Per chi mi hai preso? Guarda che ne ho fatte di cose
anche se non ti conoscevo."
"Sì certo..." Mi viene da sorridere ma mi trattengo. Penso alla
panchina, al buio dell'altra notte, alla "nostra storia"... Vorrei
dirle
"Sì infatti, come l'altra sera" ma non lo faccio. Sarebbe una
battutaccia.
Puf. "Ahia!" Mi ha dato una gomitata in piena pancia.
"Lo so a cosa hai pensato."
"Cosa?"
"Hai pensato 'Sì come l'altra sera' ne hai fatte di cose... Si è
visto,
eh? Come no!? Non eri mai stata con nessuno e se non c'ero
io...' Vero? Di' la verità, hai pensato questo."
Oh, non c'è niente da fare, le becca tutte. Mento spudoratamente.
"Ma guarda che tu stai proprio male. Hai la coda di paglia.
Assolutamente
no, non ci pensavo proprio! Ora tu stai in fissa che io
penso sempre a quello. Ma ti sbagli! "
"Sì... e a cosa pensavi allora che ti vedevo sorridere dallo
specchietto?"
"Ma niente... Alla benzina... che ti faccio guidare la moto."
"Sì va be'... ci credo. Andiamo va', che è meglio! Come si accende
'sto coso?"
"'Sto coso è una 750 Custom dell'Honda con la ruota lenticolare...
Tocca i duecento come niente e si accende così." Mi spingo
in avanti, prendo il manubrio e tengo Gin tra le braccia, come se
la stessi abbracciando da dietro. Poi con il pollice destro
accendo
la moto. Do un po' di gas e faccio un respiro lungo tra i suoi
capelli.
Morbidi e profumati, leggeri, quasi mi accarezzano. Chiudo
gli occhi. Mi perdo.
"Ehi!" Li riapro.
"Sì? Che c'è?"
"Se stai così, non riesco a guidare." Sorride.
"Ah, certo." Levo le braccia e mi sposto indietro. Gin si infila
il casco e se lo chiude. La seguo facendo la stessa cosa.
"Allora Step, sei pronto?"
"Sì. Sai come si mette la mare..." Non faccio in tempo a finire
la frase che Gin ha già messo la marcia, è scattata in avanti
dando
gas. Quasi cado dalla moto per il contraccolpo all'indietro. Mi ha
preso alla sprovvista. Non capiterà più. Spero. La stringo forte,
mi
abbraccio al suo giubbotto e le passo le braccia intorno alla
vita.
Ehi però. Non guida male. Incredibile. Cambia le marce tranquilla,
giocando di frizione. L'ha già portata sul serio la moto. E pure
spesso. Rosso, frena al semaforo con la marcia troppo alta. Come
non detto. La moto si spegne di botto e quasi inchioda. Cadiamo
a destra se non fosse che tiro giù veloce la gamba. Reggo tutti e
due.
Compresa la moto. La mia moto...
"Ehi, come va? Sicura che vuoi portarla tu?"
"Non ho visto che era rosso. Non capiterà più." Scala la marcia
in su per riportarla in folle.
"Sicura che..."
"Te l'ho già detto, non capiterà più. Hai deciso dove andiamo? "
"Alla Warner. Ci sono un sacco di sale e fanno..." Non mi lascia
finire.
"Ok, bellissimo. Così posso tirare lungo il raccordo." E parte
velocissima in prima, fregandomi di nuovo.
Warner Village. Quattordici e più sale, film diversi che partono
a orari diversi. Due ristoranti, un pub e tanta gente.
"Ehi Gin, non credevo ce l'avremmo fatta."
"Che cosa? Nel senso se finivamo benzina o se trovavamo la
Warner? "
"Diciamo che la mia preoccupazione era proprio alla base... se
restavamo vivi!"
"Ah ah! Ma non sei soddisfatto di come ti ho portato fino a
qui? E con la tua moto poi? Non ti ho dato emozione e
tranquillità?
Acceleravo, prendevo una curva troppo stretta... Quando superavo
tra due macchine e ti sentivo stringere il mio giubbotto levavo
gas, frenavo un pochino e ti sentivo abbandonare la presa. Era
bellissimo per me guidare così. Tu e le tue emozioni. Era come se
io ti sentissi appeso al filo del mio gas."
Rimango in silenzio mentre andiamo verso la cassa per fare i
biglietti.
"Ehi Step, ma l'hai capita?"
"Che cosa?"
"La storia del filo del gas."
"Be', non è che ci vuole poi tutta questa applicazione."
"Che ne so? Mi rimani perplesso, lì, in silenzio. Come se avessi
perso il controllo della situazione. Animo, animo! Fai i biglietti
va', che io vado a prendere il pop corn."
"Sì, ma per quale sala?"
"Che ne so!"
"Sì, ho capito, ma quale film vuoi vedere? Uno comico, uno
sentimentale, uno del terrore?"
"Ma scegli tu... scusa! Io ti ho portato fino a qua, adesso devo
pure scegliere il film! Mi sembra troppo! Fai qualcosa anche tu.
Calcola solo che il film del terrore mi sembra che l'hai già
visto."
"Guarda che ti sbagli Gin, non l'ho visto."
Guardo la locandina e lo trovo. Le verità nascoste. No. Non l'ho
visto. E poi che ne sa lei di quello che ho visto o no.
"Ma come, l'hai detto tu, l'hai anche interpretato. Sul raccordo
dietro a Gini, un vero film del terrore. Brrr. Ancora tremi tutto.
Ti
vedo. Vai sul sentimentale, va'... che come caschi, caschi bene e
non
ti fai male!"
Due ragazze davanti a me ridono. Gin si allontana scuotendo
la testa. "Roba da pazzi..." Io mi metto le mani in tasca. Le
ragazze
davanti a me mi guardano ancora un po' e sorridono di nuovo.
Poi per fortuna una delle due attacca un discorso che le porta
da qualche altra parte. Per la prima volta capisco cosa vuol dire
sentirsi "soggetto". E poi fatto soggetto da una donna, da Gin,
Gin che ha guidato la mia moto, che l'ha portata bene, tranquilla,
sicura, veloce, che ci si è trovata, che è arrivata fino a qui...
Lungo tutto il raccordo, di notte, in gonna, cambiare le marce
con le scarpe eleganti, con il freddo, con le macchine veloci.
Gin...
la prima donna che ha guidato la mia moto. E la prima che mi ha
fatto soggetto! Mi viene da ridere. Poi tocca a me. Torno serio,
compro i biglietti e non ho dubbi sulla scelta.
Gin è ferma all'entrata della sala con due bicchieroni di pop
corn tra le braccia e una CocaCola poggiata su un secchio lì
vicino
con infilate dentro due cannucce.
"Allora ce l'hai fatta..."
Prendo la CocaCola, tiro un sorso e la supero.
"Andiamo va'."
Gin scuote la testa e mi segue cercando di non far cadere i pop
corn.
"Si può sapere che film hai scelto?"
"Perché? Tanto avresti comunque da ridire."
"Io?!? Ma perché la leggi così. Non è vero. Io sono una che si
adatta. Non sono una rompicoglioni. E poi non ne ho visto ancora
nessuno. Quello comico, quello sentimentale e perfino quello
del terrore. Andavano bene tutti."
"E infatti... li ho presi tutti."
Tiro fuori dalla tasca sei biglietti.
"Prima quello del terrore, poi quello comico così ti riprendi e
poi quello sentimentale così magari alla fine mi riprendo io."
"Con quello sentimentale... E da cosa?"
"Mi riprendo te, in senso fisico... Ma scusa, tutta questa uscita,
tu che porti la mia moto, tre film al posto di uno, tra il secondo
e il terzo c'è un buco di venti minuti e magari mangiamo pure... E
in tutto questo io non ci guadagno niente? Eh no, non vale. Tu sei
un investimento. Cioè a me, qualcosa, o meglio 'una cosa', cioè
'quella cosa' mi spetta... o no? Eh?"
"Una cosa sola? Ma tu vali molto di più. Tieni te li meriti tutti!
"
Gin mi lancia il bicchierone dei pop corn. Io li prendo alla meno
peggio considerando che ho in mano pure la CocaCola. Il risultato
non è dei migliori. Rimango con alcuni pop corn attaccati
al golf, uno perfino sulla spalla e molti, troppi, ai miei piedi.
Gin
si allontana alzando le spalle.
"Non ti preoccupare, offre la casa! "
Proprio in quel momento passano le due ragazze che stavano
davanti a me in fila. Si mettono di nuovo a ridere. Mi scrollo
qualche
pop corn di dosso, poi sorrido anch'io. "Dovete capirla. Non
lo vuole ammettere ma si è innamorata! " Annuiscono. Be', mi
sembra
che la mia spiegazione l'abbiano presa per buona. E un po' più
soddisfatto entro nella prima sala. È buio.
"Gin... Gin, dove sei?" Chiamo sottovoce, ma comunque qualche
tipo preciso di troppo c'è sempre. "Shhh."
"Ma non sono neanche partiti i titoli di testa... e che sarà mai!
"
Alzo la voce. "Gin! Dammi un segno."
Da destra mi arriva un pop corn e mi colpisce sulla guancia.
"Sono qui..."
Mi siedo vicino a lei che subito mi offre il suo bicchierone. "Se
già ti sei mangiato tutti i tuoi pop corn, prendi pure i miei. Io
sono
generosa, lo sai."
"E come no! Più che offrirli tu li tiri direttamente! "
Infilo una mano tra i suoi pop corn e ne prendo un po' prima
che facciano la stessa fine degli altri. "Step, di' la verità. Ma
quest'idea
dei tre cinema l'hai presa da Antonello Venditti?"
"Antonello Venditti? Ma che, sei matta? Ma chi lo conosce?"
"Ma che c'entra! Dalla sua canzone. Quella che parla anche di
Milan Kundera, che parla della scuola, del Giulio Cesare."
"Mai sentita."
"Mai sentita?"
"Sì, mai sentita!"
"Ma dove vivi? È che non fai caso alle parole..."
"No, non faccio caso a un cantautore romanista..."
Un tipo davanti a noi si gira deciso.
"Invece noi facciamo caso alle vostre parole, solo che vorremmo
anche sentire cosa dicono nel film. O anche stavolta ci sono i
titoli secondo voi?"
Preciso, pignolo e pure vendicativo. Capirai, non gli è sembrato
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