saltellando.
Raggiunge una sua buffa amica che non conosco e scompare
così. Mi lascia, ancora una volta, semplicemente preoccupato.
Poco dopo sono dentro al Teatro delle Vittorie. Saluto Tony, la
guardia all'entrata e mi guardo in giro cercandola. "Tieni" gli
lancio
il pacchetto. Tony lo prende al volo come il miglior quarterback
di una squadra americana. Tutto bene se non fosse per il fisico e
che di solito sono di colore.
"Ehi, grazie Step. Te ne sei ricordato."
Guarda felice il suo pacchetto di MS.
"Quant'è?"
"Lascia stare, al massimo, se finisco le mie, me ne offri tu
qualcuna."
Falsi tutti e due. Io non fumerei mai una MS neanche se finisco
le mie e ti pare che lui non sa il costo di un pacchetto visto
che, a
quanto vedo, ne fuma quasi due al giorno? Be', comunque mi fa
piacere offrirgliele. In fondo mi è simpatico.
Mi guardo in giro. Forse è andata alla macchinetta della CocaCola
o dei caffè. Non faccio neanche in tempo a guardare. "Se cerchi
Gin, è andata a cambiarsi." Sorride Tony facendomi l'occhiolino.
Oh, non c'è niente da fare. Non sfugge niente a nessuno. A
una guardia poi... sarebbe un controsenso. "Grazie." È inutile
dire
"Ma non cercavo lei" oppure, ancora peggio, "No, veramente
stavo cercando Marcantonio". Non farebbe altro che peggiorare la
cosa.
"Ciao Step, ti ho visto da Vanni che parlavi con una bruna
bassetta."
È Simona, una delle vallette del programma.
"Era Pallina, una mia amica."
"Sì, sì certo... come no! Guarda che lo dico a Gin."
Capirai, peggio di così. Simona si allontana. Proprio in quel
momento arriva Marcantonio. "Ohi, proprio te cercavo, vieni nella
nostra postazione che gli autori ci vogliono parlare."
"Ok! Sono da te tra cinque minuti."
"Due."
"Tre."
"Ok! Non uno di più!"
Marcantonio lancia al volo la sigaretta davanti alla sua
camminata,
la spegne come tocca terra e scompare per uno dei corridoi.
Io non faccio in tempo a girare l'angolo che ci sbatto contro.
Pum,
come una furia. Quasi cade all'indietro, la prendo al volo.
"Gin!... Ma dove corri?"
"Ma niente, per fare un po' di movimento, per tenermi in forma.
Non sono riuscita ad andare in palestra. Anzi a dire la verità...
"
Si avvicina e mi sussurra all'orecchio dopo essersi guardata in
giro
per bene che non ci sia nessuno. "Oggi alla Urbani mi hanno
beccata.
"
"No?"
"Sì. Uno mi è venuto con un foglio vicino e mi ha detto: 'Ma
lei è già venuta a fare la lezione di prova a febbraio e a
giugno?'."
"No!"
"Sì, che te lo devo giurare?"
"No, che c'entra? È che tu non ce la puoi fare..."
"Perché?"
"Non passi mai inosservata..."
"Uhm, che carino! Secondo me hai spifferato tutto tu."
"Io? Ma che, sei matta! "
"No, sei matto tu che mi rispondi pure."
"Ah, senti un po'... " Capirai. Adesso parte con le domande. Lo
sapevo. Pallina ha ragione. Pallina ha sempre ragione.
"Hai visto Marcantonio? Ti cercava, ha detto che avete una
riunione
importante! "
"Sì, grazie. L'ho incontrato prima."
La guardo e sorrido. Gin fa per andare e la fermo.
"Non mi devi dire niente altro?"
"No, perché? Ah, sì..."
Ecco lo sapevo. Pallina non può non avere ragione. Gin mi
guarda di traverso, fa un occhio come a dire allusivo. Ecco che
parte,
lo sapevo... "Stasera c'è mio zio a cena e quindi purtroppo...
dopo
non possiamo fare le nostre 'prove generali'."
"Ah! " Rimango deluso. Non tanto per le prove quanto per la
sua non curiosità.
"Che c'è?" Mi guarda incuriosita.
"No, niente..."
"Step... Ricordati gli occhi."
"Cioè?"
"Non devi mentire, stai mentendo."
"No, cioè sì. È che mi chiedevo..."
"Sì, lo so... Ma come mai Gin non mi chiedi 'Ma chi era quella?
Ma come la conosci... Ma che c'hai avuto una storia', giusto?"
Si... giusto.
"Ma è scontato. Primo, qualunque persona sia, cosa importa?
Vuoi stare con me? Quello è importante. Secondo, potresti
dirmelo...
come non dirmelo... qualunque storia ci sia. Quindi perché
rischiare con i tuoi occhi? Una cosa è sicura, tu le piaci."
"Io? Ma è la ragazza del mio amico." E mi viene quasi naturale
usare il presente per il mio amico Pollo e questo mi fa star
meglio.
"Tu le piaci, Step, fidati! Magari ci ha anche provato. Ricordati,
donna vede donna. Fidati Step. A me poi, a volte, purtroppo devo
dire, non mi sfugge niente."
Si allontana così cercando di rimediare con una corsa veloce alla
sua palestra mancata. È vero, Gin. A te non sfugge niente. Be',
andiamo a questa riunione di autori. Ah, e un'altra cosa. Pallina
non ha sempre ragione.
Entro nella nostra stanza appena in tempo per vedere la scena.
Renzo Micheli, il Serpe, è in piedi davanti a Marcantonio. Ha dei
fogli in mano e li agita in perfetta sintonia con la sua voce.
Agitata.
Sesto e Toscani, il Gatto & il Gatto, sono lì dietro accovacciati
che se la ridono in silenzio lanciandosi ogni tanto delle occhiate
divertite
da non si sa poi cosa.
"Hai capito? Non toppare più. Non ti devi permettere di sbagliare.
Non puoi permettertelo. Se ti dico una cosa, è quella. I risultati
vanno dati in ordine da sinistra a destra e non incolonnati. "
"Ma siccome con Romani non si era parlato di come renderli
visivi, ho pensato..."
Micheli, il Serpe, lo interrompe al volo. "Ecco l'errore. Ho
pensato!
Lo sapevo che ti eri spinto oltre, ma non capivo dove. Tu devi
eseguire e bene. Non ti azzardare a pensare!"
E così dicendo, Micheli, il Serpe, gli lancia i fogli ancora caldi
di stampa in faccia. "Tie', rifalli e fammeli vedere!"
Marcantonio riesce a parare i primi fogli, ma gli altri gli
arrivano
sul viso e, come una violenta pioggia cartacea, si aprono a
ventaglio.
Toscani, con il suo solito stecchino in bocca, finge uno strano
stupore divertito. "Ohh."
Poi, non soddisfatto, lecca lo stecchino come fosse un Chupa-
Chups. Sesto, poggiato a un tavolo poco distante si alza curioso
di
vedere come reagirà Marcantonio. Ma niente. Non accade niente.
Micheli aspetta ancora un attimo. Poi "Andiamo va'..." Sembra
quasi dispiaciuto di non ottenere risposta a quella sua
provocazione.
Quei semplici fogli di carta, come guanti di seta di uno
spadaccino
appartenente al passato, non hanno ottenuto risposta nel
loro schiaffeggiare. Marcantonio raccoglie qualche foglio sparso
sul suo tavolo. Renzo Micheli, seguito da il Gatto & il Gatto, fa
per
uscire dalla stanza quando trova me sul suo passaggio. È un
attimo.
Un'esitazione. Mi guarda alzando il sopracciglio, stringe un
po' gli occhi come a dire: vuoi risponderne tu per caso? Ma è solo
un attimo. Mi sposto di lato lasciandoli passare. Quegli strani
padrini
di un duello andato a male escono divertiti dalla stanza. Subito
dopo mi chino per raccogliere i fogli sparsi tutto intorno, per
spezzare quel fastidioso silenzio, per dare una mano, lì dove
posso,
a Marcantonio. Sarebbe stato assurdo decidere al posto suo di
reagire a quella inutile sfida. È Marcantonio ad aiutarmi a
uscirne.
"E così, caro Step, oggi hai imparato un'altra lezione. A volte,
sul lavoro, la tua forza, le tue ragioni devono essere messe da
parte
quando incontri il potere... Litigare con Micheli sarebbe come
cancellarsi, buttare a fiume un'ipoteca sul futuro. Sarà lui il
dopo
Romani."
Cominciano ad annebbiarsi le sue parole.
"E io, sai, ora ho comprato una casa, ho il mutuo e... non sono
più il nobile di una volta... Insomma lì era diverso."
Faccio cenno di sì con la testa. Continuo a fingere di ascoltare.
Pezzi di parole un po' ciancicate. Una strana giustificazione
incollata
lì, nell'aria, alla meglio. Sembrano quelle lettere di giornale,
diverse
fra loro, incollate e poi spedite per chiedere il riscatto che
deve
essere pagato. Ma io non ho quei soldi. Io non posso fare niente.
Raccolgo gli ultimi fogli, li batto sul tavolo e li poggio lì,
delicatamente.
Poi con un "Certo Marcantonio, ti capisco, hai ragione..."
esco di scena con un "Sì, forse anch'io avrei agito in quel
modo..."
lasciando così, con quel forse, un dubbio rassicurante in lui,
un piccolo spazio per la sua dignità. Gin non avrebbe avuto dubbi.
Lei avrebbe scoperto subito la mia bugia. Forse. Magari! Magari
mi tirassero i fogli in faccia, tutti e tre, insieme. Non aspetto
altro. Mi stanno sul cazzo. E cullando questo piccolo sogno mi
allontano.
Chiudo la porta e mi metto gli occhiali. Poi mi viene da
ridere. Che stupido, non c'è mica Gin.
Capitolo 56.
Entro a casa e poggio la borsa. Mi levo la giacca e sento Paolo
di là che sta chiacchierando. Sarà con qualcuno o è la
televisione?
Paolo arriva sorridente verso di me. " Ciao.. .c'è una sorpresa. "
Non
è la televisione. C'è qualcuno. Poi all'improvviso compare.
Incorniciata
dallo stipite della porta del salotto, con un po' di luce della
finestra alle sue spalle che le rende i contorni più sfuocati ai
miei
occhi, così delicata visione, forte e presente invece nella mia
vita,
in tutta la mia vita passata. Mia madre. Mamma.
"Ho preparato qualcosa se hai fame, Step." Dice Paolo prendendo
il giaccone dall'armadio e infilandoselo. "È tutto lì sul tavolo,
se hai fame." Ribadisce, preoccupato di quella situazione.
Non so se è nel dubbio che io abbia fame o nell'avermi servito
quel piatto che magari non mi andava in quel momento. Incontrare
mamma. Forse non ne aveva voglia, potrebbe aver pensato
o forse no. Ma è un attimo. Paolo è uscito lasciandoci così, soli.
Soli come siamo sempre rimasti da quel giorno. Almeno io. Solo
senza di lei. Senza la madre che mi ero disegnato prendendo spunto
proprio da tutti i suoi racconti, da quelle favole che mi aveva
letto da piccolo, da tutte quelle storie che mi aveva raccontato
vicino
al mio letto dove io, con appena poche linee di febbre, amavo
rifugiarmi rannicchiandomi in quel calore, quello delle coperte
e il suo. Sapendo che lei era lì, vicino a me, a raccontare, a
tenermi
la mano, a sentirmi la fronte, a portarmi un bicchier d'acqua.
Quel bicchier d'acqua... Quante volte, pur di averla vicino ancora
un secondo, sul limite dell'addormentarmi le avevo chiesto
quell'ultimo favore, per vederla rientrare ancora una volta,
incorniciata
da uno stipite di un'altra porta, di un'altra casa, di un'altra
storia... Quella con mio padre. E questo splendido disegno
proprio da lei creato, pieno d'amore, di favola, di sogni, di
incanto,
di luce, di sole... Puff, cancellato in un attimo. Averla scoperta
lì, a letto con uno. "Ciao mamma..." Uno qualsiasi, uno
sconosciuto,
un uomo diverso da mio padre con la mia stessa madre
e da allora buio. Buio completo. Sto male. Mi siedo al tavolo,
dove
i piatti sono già preparati. Non vedo neanche cosa c'è e solo
all'idea di mangiare mi viene da vomitare. Ma è la mia unica fuga.
Calma Step. Passerà. Tutto passa. No, non tutto. Con lei il dolore
non è ancora passato. Quel bicchier d'acqua... Calma Step.
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