più. Pum, ancora, senza pietà, schiacciando con il peso
quell'uccello
approssimativo ormai spezzato delle sue eventuali ali. Pum,
sanguina l'uccello o quello che ne rimane... Prendo la rincorsa e,
pum, chiudo così, in perfetta sintonia con gli ultimi flash dei
fotografi
disintegrandogli le palle, sempre che uno che agisce così ce le
abbia sul serio. Ma io nel dubbio preferisco mettermi al sicuro.
Non
sia mai che uno come Micheli possa generare un altro verme di
quella stirpe... E così per sigillare la chiusura di questo
incontro-
scontro, sono fortunato. D'altronde era la stanza degli autori.
Usarla
fa parte del loro mestiere. La vedo. Piccola, rossa, di ferro.
Richiama
la mia attenzione quasi lampeggiando. La prendo. Mi piego
su Micheli. Qualche flash mi accompagna curioso. Cosa vorrà
fare? E allora li accontento. Clack! Un'unica stretta. Con forza,
determinata,
precisa, perfetta. Micheli urla come un pazzo, mentre
quella cucitrice sigilla del tutto la voglia di quello stupido
uccello
di uscire ancora fuori a fare cucù. Micheli si accascia. Cerca
disperato
tra le sue gambe cosa è rimasto di quell'improbabile araba
fenice. E non riesce a darsi una risposta. Ma come? La mia
cucitrice...
Ribellarsi così proprio a me! A me che sono un autore. Già.
Sorrido uscendo. Ma io no. Io non sono un autore. E uso la
cucitrice
"a cazzo"... Tanto per rimanere in tema. Fotografi preoccupati
si spostano lasciandomi passare. Sorrido divertito a qualche
flash. La fotografa, che prima mi aveva guardato leggermente
incuriosita,
mi dedica ora tutta la sua attenzione. È affascinata dallo
scoop. Poi torna subito professionale a immortalare la scena.
Fa un'ultima foto. Ma è diventata troppo per lei. Vomita
appoggiandosi
alla porta. Qualcuno si sposta. Qualcuno riesce a farmi
una foto da vicino. Già vedo in grande il titolo di un ipotetico
gazzettino:
"Ultima notizia. Step è uscito dall'imbuto!". Sì. Bravi. È
proprio così. E ne sono felice. Poi esco di scena.
Capitolo 59.
Non faccio in tempo a scendere giù. La notizia è arrivata prima
di me. Una strana agitazione ha reso febbrile il teatro. Sembra di
essere
in una improvvisa diretta. Tutti corrono da qualche parte.
Curiosi,
impazziti, urlando, smaniosi di sapere, già padroni di una storia.
La colorano come meglio credono, aggiungendo notizie,
ingrandendola,
cambiandone la partenza, la fine. "Hai saputo?" "Ma
che è successo?" "Una rissa, un marocchino... un polacco... i
soliti
albanesi... una guardia ha sparato... Ci sono feriti? Tutti! "
Chiedo di
Gin. Una ragazza mi dice che è andata a casa. Meglio. Vado verso
l'uscita. Tony mi viene incontro. Sembra agitato anche lui. Lo
deve
essere sul serio, visto che non ha la sigaretta in bocca.
"Vai via Step. Sta arrivando la polizia."
Sembra l'unico ad aver capito qualcosa. "Comunque sia, hai
fatto bene. Mi sono sempre stati sul cazzo tutti e tre." E ride
divertito
della sua sincerità. Lui, semplice custode dell'ingresso
dell'imbuto,
se lo può permettere. Vado verso la moto. Mi sento chiamare.
"Step, Step!" È Marcantonio che corre verso di me. "Tutto
a posto?" Mi guardo per un attimo le mani insanguinate e senza
volerlo me le massaggio. Strano. Non mi fanno male. Marcantonio
se ne accorge. Lo rassicuro.
"Sì, tutto a posto."
"Ok. Meglio. Vai a casa allora. Io rimango qui. Ci sentiamo più
tardi e ti racconto tutto. Gin sta bene?"
"Sì, è andata a casa."
"Perfetto." Poi cerca di sdrammatizzare. "Ma non è che non
gli è piaciuto il lavoro che ho fatto e hanno tirato i fogli in
faccia
pure a te? Sai, mi sentirei in colpa se è successo tutto questo
per
causa mia..."
Ridiamo.
"No. Gli è piaciuto molto. Avevano solo un piccolo cambiamento
da fare. Magari riusciranno pure a dirtelo."
"Sì, magari..."
Torna quasi professionale.
"Be', per quest'ultima puntata può anche andare in onda senza
cambiamenti, no?"
"Sì, credo di sì. Devi solo ristampare quei fogli, quelli che ho
portato su da loro si sono un po' rovinati."
"I fogli, eh? Da quello che ho sentito sono loro rovinati e non
solo
fisicamente. È una brutta storia. Vedrai che ne uscirai vincente.
"
Accendo la moto. "Grazie, Marcantonio. Ci sentiamo."
Metto la prima e mi allontano. Vincente? Ma su che cosa?
Sinceramente
non me ne frega niente. Gin sta bene. Di questo mi importa.
Poco più tardi. Sono a casa e la chiamo. Ci sentiamo per telefono.
È ancora scossa. Ha parlato con i suoi. Ha raccontato tutto.
Parla piano. Non ha ritrovato tutta la forza. Sento le sue parole
qualche tono più basso del solito. Ma è normale.
"Per fortuna è arrivato un ragazzo che mi ha salvato, così ho
raccontato ai miei." Ride un po'. Mi rende felice. Mi viene da
pensare:"Non
hai detto è arrivato il 'mio' ragazzo...". Mi sembra troppo.
È ancora presto per scherzarci sopra... Continuo ad ascoltarla
tranquillo.
"Mi hanno detto di denunciarli. Tu mi farai da testimone, vero?"
"Sì, certo." Mi diverte aver cambiato ruolo. Mi ero scocciato
del solito film dove recitavo sempre la solita parte. "Be', da
imputato
a testimone. E dalla parte della giustizia poi. Contro il sistema!
Non è male. Dovrei iniziare anche a cambiare genere però,
sempre di processo si tratta."
L'ascolto ancora per un po'. Poi le consiglio di prendersi una
camomilla e di cercare di riposare. Non faccio in tempo ad
attaccare.
Il telefono comincia a squillare. Non ho voglia di rispondere
e poi c'è Paolo, magari è per lui.
"Vado io?" Mi sembra felice di rispondere.
"Certo." Mi passa davanti. Annuisco e decido di farmi una doccia.
Mentre mi spoglio capisco che non era per lui. Lo sento parlare
dal salotto. "Cosa? Sul serio! E come stanno? Ah, niente di grave,
quindi. Come gravissimo? Ah, abbastanza grave. Mi stava facendo
preoccupare... Ma come è successo? Ah... Cosa? Lo volete invitare
da Mentana? Ah, da Costanzo? Anche da Vespa? Ma ci sarà stata
una ragione..."
Dal tono capisco che cerca di salvarmi. "Be', è fatto così...
Ah...
lei dice che ha fatto bene? Come? Cioè, lo volete presentare come
un eroe? Ah, una specie di eroe, un paladino, il giustiziere sul
lavoro...
Be', non lo so se accetterà... No, io non sono il suo agente...
sono solo suo fratello."
Mi viene da ridere e mi infilo sotto la doccia. Che sciocco Paolo,
poteva dire che era il mio agente. Oggi tutti i fratelli fanno gli
agenti dei divi. C'è un solo problema. Aumento il getto dell'acqua
calda. Io non sono un divo e non ho intenzione di diventarlo.
Su questa mia ultima scelta però nessuno sembra essere d'accordo
con me.
Il giorno dopo, dalle sette di mattina il telefono comincia a
squillare.
Arrivano le richieste più assurde. Una dopo l'altra. Si presentano
tutte le radio, le più svariate televisioni, inviti per ogni tipo
di
programma, di ogni formato, di ogni genere, a ogni ora, su
qualsiasi
tema. E poi ancora giornalisti, critici, opinionisti, semplici
curiosi.
E Paolo risponde a tutti. Dopo la doccia di ieri sera Paolo ha
voluto
sapere la storia per filo e per segno... Mi ha tenuto più di
un'ora
davanti a uno pseudointerrogatorio offrendomi però, al posto della
solita luce in faccia, un buon piatto di spaghetti. E questo non è
stato male. Cucina bene però, il fratello. Ho parlato e mangiato
con
gusto. C'era pure una bella birra gelata. Ne avevo bisogno. Faccio
colazione mentre lo guardo. È al telefono. Prende appunti e
risponde,
si segna numeri di telefono, appuntamenti, orari per partecipare a
eventuali trasmissioni. "Ah, mandereste l'autista. Sì, sì.. .E per
il compenso?
1500 euro... Sì... No... No... Va bene... Anche se a Fatti e
fattacci
ce ne hanno offerti 2500..." Mi guarda sorridendo e mi strizza
l'occhio. Scuoto la testa e addento il cornetto. Ho sentito dire
che
di solito sono quegli avvocati stanchi del diritto che si
trasformano
in agenti. Ma un commercialista che diventa agente... Questa non
si
è mai sentita. Potrebbe essere una buona idea però.
L'avvocato che diventa agente in fondo parte da un concetto
di diritto e di giustizia per poi perderlo di vista. Il
commercialista
invece no. Il commercialista parte dal concetto di fisco, frode
e risparmio e diventando agente non fa altro che perfezionarlo.
Mio fratello. Sarebbe di sicuro un ottimo agente, ma io un pessimo
divo.
"Ciao Pa', io esco."
Paolo rimane così, con il telefono sospeso nell'aria e la bocca
semiaperta.
"Non ti preoccupare, vado a trovare Gin." E su questo sembra
capire.
"Sì, sì, certo." Lo vedo subito piombare sul suo foglio. Fa una
somma veloce di tutti quelli che potrebbero essere i suoi
ipotetici
guadagni. Poi mi guarda. E in un attimo li vede sfumare. Chiudo
la porta. Sono sicuro che sta pensando alla giornata di vacanza
che
si è preso dall'ufficio. Soprattutto a tutti quegli altri soldi
che ha
perso. Mio fratello. Mio fratello il commercialista che diventa il
mio
agente. Certo che è buffa la vita.
Capitolo 60.
Gin sta bene. Ha gli occhi ancora un po' arrossati, è un po'
sbattuta, ma sta bene. La camicetta strappata e il reggiseno li ha
messi da parte in una busta. Come prova dice lei. Non li voglio
vedere.
Mi fa male ripensare alla scena. Le do un bacio leggero. Non
ho voglia di incontrare i suoi. Non saprei che dire. Ma hanno
capito
chi sono. "Quello della bottiglia di champagne" ha detto Gin
ai suoi per farglielo capire.
"Vorrebbero ringraziarti."
"Sì, lo so. Di' che accetto volentieri... No, di' che ho dei
problemi,
che devo andare a casa. Insomma di' quello che vuoi."
Non ho voglia di sentire il loro grazie. Grazie. Grazie a volte è
una parola fastidiosa. Ci sono cose per cui non vorresti essere
ringraziato.
Ci sono cose che non sarebbero dovute accadere. Cerco di
farglielo capire con gentilezza. Mi sembra di esserci riuscito.
Più tardi
sono a casa. Paolo intuisce che mi deve lasciar stare. Non mi
propone
appuntamenti né l'idea di facili guadagni. Non mi passa papà
né mamma. Sono uscite anche delle foto su alcuni giornali e un
sacco
di gente ha telefonato per salutarmi. Per starmi vicino. O forse
solo per dire: "Io lo conoscevo bene...". Ma io non voglio
nessuno.
Voglio vedermi la puntata. Ecco. Sono le nove e dieci. Inizia la
sigla.
Dopo soli due cartelli con i soliti titoli, la sorpresa. I nomi e
cognomi
dei tre autori non ci sono più. Le ballerine continuano a ballare
perfettamente sorridenti e tranquille malgrado quello che è
successo.
D'altronde loro che c'entrano e poi si sa... the show must go on.
L'ultima puntata poi. Ti pare che non va in onda. Ragioni di
mercato.
Qualcosa ho imparato. È facile capire di che materiale è fatto
l'imbuto.
Di soldi. I titoli continuano. Le ragazze ballano. La musica è
la stessa. Il pubblico sorride. C'è un'altra sorpresa. Il mio
titolo c'è
ancora. Mi squilla il telefonino. Vedo il numero. È Gin. Rispondo.
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