Mio padre. Deve sempre aggiungere un po' di umorismo a

quello che fa. Spingo il tasto e mando avanti. "Tanti auguri a te.

Tanti auguri a Step... " Mio fratello. Mio fratello che

addirittura mi

canta gli auguri per telefono. Che gaggio! Ne rimangono due. Un

altro messaggio, il penultimo. "Ciao Stefano..." No. E mia madre.

Lo ascolto in silenzio. La sua voce scorre morbida, lenta, piena

di

amore, un po' affaticata forse. Allora stringo gli occhi. E i

pugni.

E fermo quelle lacrime. E ci riesco. Oggi è il mio compleanno,

mamma. Voglio essere allegro, voglio ridere, voglio stare bene,

mamma... Sì, anche tu mi manchi. Sono tante le cose che mi

mancano...

Ma oggi ho voglia di non pensarci. Ti prego. "Ancora auguri,

Stefano, e mi raccomando, chiamami quando puoi. Un bacio."

Rimane così un ultimo messaggio. La luce verde lampeggia

silenziosa. La guardo in silenzio. Lentamente si accende e si

spegne.

Quella luce verde potrebbe essere il più bel regalo della mia

vita. La sua voce. L'idea di poterle mancare anch'io. Di poter in

un attimo tornare indietro, ad allora, di ricominciare... Sogno

ancora

per un attimo. Poi spingo il tasto. "Ciao mitico! Ma come

stai? Oh, che piacere assurdo sentire la tua voce, anche se solo

in

segreteria. Non sai quanto mi manchi... Da morire. Roma è vuota


senza di te. Ma mi hai riconosciuto, vero? Sono Pallina. Certo

ormai

la mia voce è un po' più da donna. Allora, ti devo raccontare

una marea di cose. Da dove cominciamo? Vediamo un po'... Tanto

me la posso prendere comoda, i miei stanno fuori, telefono da

casa e spendo che è una meraviglia visto che mi hanno pure fatto

arrabbiare. Così li punisco un po', va'..." Mi fa ridere, mi fa

piacere.

La ascolto con un sorriso. Ma non posso mentire, non a me

stesso. Non era questa la telefonata che aspettavo. Non è un

compleanno

senza la sua voce. Non mi sembra neanche di essere nato.

E invece ora, dopo più di due anni, sono di nuovo qui.

"Allora che ne dici, ti piace?"

Finisco di scartare e poi guardo la scatola.

"Oh, guarda che questo è l'ultimo modello: un Nokia fantastico."

"Un telefonino?"

"Forte, eh? Prende dappertutto. Pensa che l'ho avuto grazie a

un amico, perché ancora non si trova nei negozi. È un N70, ha

tutto

ed è pure piccolo. Entra nella tasca della giacca. " Se lo infila

per

farmi vedere quant'è vero quello che dice.

"Certo che ne hai di amici attivi, eh?"

"Et voilà, visto? E poi si apre così e si può escludere il suono e

vibra soltanto. Tieni." Nemmeno ha sentito la mia battuta. Aspetta

solo la mia reazione.

"Grazie" è l'unica cosa che riesco a dire. "Un telefonino mi

mancava proprio."

"Hai già il numero: 335 808080, facile no? Sempre il mio amico

della Telecom."

È ancora più soddisfatto. Mio fratello e i suoi amici. Ora ho un

numero. Sono bollato. Identificato. Raggiungibile. Forse.

"Bellissimo, ora però devo assolutamente fare una doccia."

Lancio il telefonino sul letto.

Paolo esce scuotendo la testa: "Capirai, durerà poco quel

telefonino

se lo lanci così".

Mio fratello. Non c'è niente da fare. Che noioso! Eppure siamo

tutti e due nati dallo stesso seme, quello di mio padre, almeno

spero. Accendo la radio lì sul comodino e la sintonizzo. Mentre mi

spoglio mi metto a ridere da solo. Mia madre che ha messo al mondo

Paolo con un altro. Sarebbe il massimo. Almeno avrei una

spiegazione.

Ma questo lo escludo. Erano altri tempi. Tempi d'amore.

Mi piace questo pezzo. Mi metto a canticchiare qualcosa.

Sono sotto casa di Paolo. Ho visto le luci che si accendevano.

So che questa è la nuova casa di suo fratello. Ecco, lo vedo. Step

passa davanti alla finestra. Quella deve essere la sua camera.

Ehi,

ma si sta spogliando. E sta canticchiando qualcosa. Mi metto gli

auricolari. Accendo la radio del mio telefonino. Cambio canale

fino

a quando non mi sembra di trovare quello che Step canticchia.

Guardo la stazione. Ram power 102.70. Uno lo vivi, uno lo ricordi.

Chissà cosa preferisce Step... Guardo l'ora. È tardi, devo tornare

a casa. I miei mi stanno aspettando di sicuro.

"Paolo, che hai un asciugamano?"

"Te li ho già messi in bagno. Guarda li trovi in ordine di colore,

quello azzurro più chiaro per il viso, quello più scuro per il

bidè

e infine un accappatoio blu dietro la porta. "

E certo, in confronto Furio è un pazzo sregolato.

"Ehi, Step, fatti un po' vedere?"

Compaio davanti alla porta.

"Mazza come stai bene. Sei dimagrito?"

"Sì. In America fanno un altro tipo di allenamento in palestra.

Moltissimo pugilato. Ai primi incontri ho capito quanto siamo

lenti

qui a Roma. "

"Sei definitissimo."

"E da quando in qua ti sei imparato 'sti termini?"

Mi lascio andare volutamente al mio ruvido romano.

"Mi sono iscritto in palestra."

"Non credo alle mie orecchie. Era ora! Ma come, mi facevi tutte

quelle storie. Ma che perdi tempo in palestra, che ti importa del

fisico e tutte... E alla fine che fai?"

"Mi ha convinto Fabiola."

"Ah, ecco. Vedi, Fabiola già mi piace."

"Ha detto che stavo seduto troppo e che un uomo deve decidere

chi è fisicamente a trentatré anni. "

"A trentatré anni?"

"Ha detto così."

"Allora avevi ancora due anni di libertà."

"Ho preferito non essere nella regola perfetta."

"E brava Fabiola." Vado in bagno. "E dove ti sei iscritto?"

"Alla Roman Sport Center." Silenzio. Ricompaio dalla porta.

"Anche questo l'ha deciso Fabiola?"

"No" sorride fiero, secondo lui, della sua scelta. "Io... be', la

verità è che anche lei era già iscritta là."

"Ah, ecco..." Me ne torno in bagno e chiudo la porta. Non ci

posso credere. Non c'è niente di peggio che andare in palestra con

la propria donna. Stai lì che pensi a lei anche sotto i pesi, che

controlli

chi le si avvicina, che cosa le dicono, quello magari negato che

invece fa finta di insegnarle il movimento giusto... e cosa fa lei

e come

risponde. Terribile. Le vedo ogni tanto quelle coppie. Un bacio

alla fine di ogni serie. E poi alla fine dell'allenamento la

domanda

d'obbligo: "Che facciamo stasera?".

Perché una coppia deve già avere il suo programma. E certo,

sennò che coppia è. Eh... Se invece sei uno "scoppiato" allora la

Roman è perfetta. Automaticamente il muscolo lavora doppio, deve

mettersi in mostra lui stesso per acchiappare. Le macchine e i

bilancieri fingono quasi di lavorare, silenziosi spettatori di

chissà

quanti amori calcolati. Eh sì, perché finita ogni serie ci si

guarda,

ci si spizza, un sorriso e poi vai con la chiacchiera inutile. Chi

sei,

dove sei stato ieri, che locale è stato aperto oggi, che progetti

hai

per la serata, cosa fai domani e quanti soldi hai. Insomma, se

vale

o no la pena di scoparti.

Apro l'acqua della doccia e mi ci infilo sotto. Acqua fredda.

Poggio le braccia contro il muro e spingo fino a cercare

inutilmente

di abbatterlo. Mi si gonfiano le spalle e l'acqua rimbalza

ora più tiepida. Poi porto la testa all'indietro, bocca

semiaperta...

E l'acqua cambia improvvisamente corso. Piccolo fiume impetuoso

che trova anse e nascondigli tra i miei occhi, tra il naso e la

bocca, tra i denti e la lingua. La sputo fuori dalla bocca,

respirando.

Mio fratello. Mio fratello che va alla Roman Sport Center.

Mio fratello con la sua Audi 4 nuova. Mio fratello con la sua

donna.

Mio fratello che si allena con lei e tra una risata e l'altra

decide

cosa fare per la serata. Ora è tutto chiaro. Lui è papà, senza

ombra di dubbio. Più cresce e più la fotocopia si definisce. Io

invece

rimango sbiadito in un angolo. Vorrei sapere chi si è fottuto

il mio toner. Esco dalla doccia. Mi infilo l'accappatoio e mi

asciugo i capelli con l'asciugamano azzurro proprio come vuole

lui. Mi friziono forte i capelli corti appena rasati e in un

attimo

sono asciutti. Mi lascio l'asciugamano poggiato sulla testa e vado

in camera. Paolo mi vede.

"È impressionante come somigli a mamma. Chiamala, la farai

felice."

"Sì, più tardi." Oggi non ho voglia di far felice nessuno.

Capitolo 6.

Dal fondo del corridoio, si sente il rumore delle chiavi che

girano

nella toppa della porta di casa. Raffaella si volta.

"Oh... ecco Claudio!"

La porta in fondo al corridoio si apre lentamente. E in tutta la

sua nuova bellezza invece entra Babi.

Raffaella le corre incontro.

"Ma che hai fatto!"

"Come che ho fatto?"

"Sì, hai fatto tardi e in più hai tagliato i capelli! "

"Oddio mamma, mi hai fatto prendere un colpo! Chissà che

pensavo! Sì, me li sono tagliati stamattina. Sto bene? Ha detto

Arturo,

che me li ha fatti, che così mi donano molto di più."

"Sì... ma avevamo impostato un po' tutto sui tuoi capelli lunghi!

"Mamma, ma sono solo scalati," Babi le sorride, "lo sapevo che

avresti detto così. Guarda..." Apre una piccola borsa di Furia e

tira

fuori tre polaroid. "Ecco, ho fatto apposta i provini. Allora? Non

sto meglio?"

Raffaella le guarda. Poi sorride contenta e soddisfatta della

figlia

e del suo nuovo taglio di capelli insieme a tutto il resto in

quelle

foto. Ma non vuole dargliela vinta. No, non vuole essere esclusa

da nessuna decisione, soprattutto per una cosa così importante.

"Sì, stai bene. Ma la scelta che avevamo fatto mi sembrava più

giusta... quella coi capelli lunghi."

"Ma dai, non fare la difficile! Mamma, vedrai che per allora

saranno

anche ricresciuti. Piuttosto, sono tornata prima perché stasera

abbiamo la cena da Mangili, giusto?"

"No, l'ho spostata alla settimana prossima."

"Ma mamma, scusa, allora potevi avvisarmi! Ho fatto presto

apposta perché dovevamo andare da lui! Fammi una telefonata,

no? Ho sempre il telefonino dietro! Mi chiami per le cose più

stupide

e poi non mi chiami per questo! "

"Non ti chiamo mai per cose stupide."

"Sì, lo so, ma ci tenevo un sacco a risolvere questo problema."

Babi sbuffa, si mette le mani sui fianchi. Quando perde la calma

torna proprio bambina. Ci manca solo che si metta a battere i

piedi.

"Babi, non fare così, dai, da Mangili ci andiamo la settimana

prossima..."

"Sì, ma subito! Io voglio essere sicura di questo Mangili, non

lo abbiamo mai provato. Non lo conosce nessuno."

"Ma se organizza pure le cene per il Vaticano."

"Sì, lo so, ma quelli non escono mai, non sono abituati a

mangiare!

Che ne sanno se è buono o no quello che gli passano lì in

convento?"

"Babi, non fare così. Vedrai che andrà tutto benissimo."

Raffaella cerca di tranquillizzarla.

"E una semplice cena..."

"Sì, ma è la mia cena e per me è importante! E uno si augura

che non sia l'ultima cena ma che, in questo caso, sia almeno

l'unica

cena!"

E così dicendo Babi se ne va, si chiude in camera sua e sbatte

la porta. Raffaella alza le spalle. È normale essere nervosi in

questa

situazione. Proprio in quel momento si apre la porta di casa ed

entra

Claudio.

"Amore, eccomi!"

"E meno male. Ma che hai fatto fino adesso?"

Claudio la bacia frettolosamente sulle labbra.