Ride. Sembra molto più allegra, in piena ripresa.
"Hai visto? Avevo ragione io. Lo pensavo, ma non te l'ho detto,
è come dire che non avrai problemi. Sono felice per te."
È felice per me. Lei che è felice per me. Che tipo. È incredibile.
Riesce sempre a sorprendermi. La saluto. "Ci sentiamo dopo,
quando finisce." Attacco. Non avrai problemi. Che problemi posso
avere io? Al massimo una denuncia per rissa. Un'altra. L'unico
problema è che non finisco l'album. Mi apro una birra e in quel
momento suona il telefonino. Un numero coperto. Non dovrei fidarmi
eppure, non so perché, me la sento e rispondo. E non mi
sono sbagliato. È Romani. Riconosco la voce. Butto un occhio alla
tv. Infatti sono in pubblicità. La prima della trasmissione, quasi
sempre alle nove e quarantacinque. Guardo l'orologio. Sono in
anticipo di qualche minuto. Chissà chi ha fatto la scaletta. Forse
l'avevano già fatta quei tre. Sicuramente non hanno potuto
rimetterci
le mani. Ma lascio perdere tutti questi pensieri. Cerco di sentire
cosa sta dicendo e rimango sorpreso ascoltandolo.
"Quindi ti volevo dire, Stefano, che mi dispiace. Non sapevo.
Non avrei mai potuto immaginare."
E continua con la sua solita tranquillità, con la sua eleganza,
con la sua voce calma e ferma, dal suono pieno. Una voce che dà
sicurezza. Ascolto in silenzio e rimango senza parole se anche
avessi
voluto dire qualcosa. Altre due ragazze hanno denunciato lo stesso
fatto accaduto tempo prima. Non avevano avuto il coraggio di
parlare per paura di perdere il lavoro o peggio, semplicemente
di apparire. E forse ce ne sono altre.
"E dopo quello che hai fatto tu, Stefano, stanno acquistando
sicurezza. Non si sarebbe scoperto chissà per quanto tempo ancora,
forse mai. Quindi, Stefano, mi sento in colpa per averti fatto
trovare in una situazione come questa. Proprio la tua ragazza
poi... "
Scuoto la testa. Non c'è niente da fare. Anche Romani lo sa.
Deve essere stato Tony.
"Quindi ti prego, accetta le mie scuse e grazie, grazie sul serio,
Stefano." Ancora un grazie. Grazie da Romani. Grazie. L'unica
parola
che non volevo sentire.
"Be', ora ti saluto, devo riprendere la puntata. Vienimi a trovare
però. Ho una cosa per voi. E un regalo. Tanto io non lo posso
usare. Ho un'altra trasmissione che parte tra due mesi e non
posso staccare."
Cerca di non dare troppa importanza al suo gesto. Non c'è niente
da fare, è un grande.
"Così state un po' tranquilli. Poi, se vi va, lavoriamo di nuovo
insieme..."
Fa una pausa.
"Se vi va... Ma mi farebbe piacere. Ti aspetto... Stefano?"
Per un attimo teme che sia caduta la linea. Non ho detto niente.
Neanche un intercalare, però chiudo in bellezza.
"Sì, Romani, va bene, passo domani, grazie."
Chiudiamo così la telefonata. Guardo la tv. Come per incanto
la pubblicità finisce e la trasmissione ricomincia. Mi scolo la
birra.
Be', almeno un grazie sono riuscito a dirlo anch'io.
Capitolo 61.
Al TdV stanno già smontando tutto. Pezzi di scena vengono tirati
via uno dopo l'altro con una facilità estrema. Una squadra di
distruttori
agisce implacabile. Con determinazione, senza alcun dubbio,
con rabbia quasi. Ridono tra di loro, sembrano quasi provare
piacere nel farlo.
"È più facile distruggere che costruire..."
La sua voce mi sorprende alle spalle. Ma è sempre rassicurante.
Sorrido dandogli la mano. Anche la sua stretta mi piace. Sincera,
serena, forte, che non ha bisogno di dimostrare niente. Non
più. Romani. È stata la persona più interessante da conoscere. La
più diversa, la più inaspettata. Vero proprietario di
quell'imbuto,
deludente e preoccupante per tanti lati, alla fine riesce anche a
fartelo
apprezzare. Camminiamo. Pezzi di scenografia continuano a
cadere dall'alto. Piccoli crolli di colossi di Rodi pittorici,
domani
già dimenticati. Andare avanti per forza, l'importanza e la
stupidità
del successo, la droga del successo, la bellezza del successo.
Credere per un attimo di non venire dimenticati. Ma non sarà così.
Non sarà così. "Tieni." Mi passa una busta. "Sono i contratti
per te e Ginevra per la prossima trasmissione che faccio. Se vi
va,
siete già dentro. A marzo, un gioco sulla musica. Una trasmissione
facile facile e già collaudata in diversi paesi d'Europa. Fa più
del trentacinque per cento in Spagna. C'è Marcantonio, c'è lo
stesso
coreografo. Ho riconfermato alcune ballerine. Ho escluso altri..."
sorride alludendo ai tre. "Anche perché non credo lavoreranno
più in quest'ambiente. Ho chiesto una campagna stampa
contro quei tre da far impallidire. Mica per niente... per far
risaltare
tutti noi che siamo i buoni!" Ride. "Poi ho scritto un pezzo
speciale su di te. Uscirà tra qualche giorno. Diventerai famoso."
Di nuovo. Niente. Non c'è niente da fare. Sono abbonato a
diventare
famoso per rissa. "Allora io vorrei che tu e Ginevra accettaste
questo contratto. Vi ho fatto aumentare i compensi, a tutti
e due. Diciamo che è un contratto... riparatorio. Non per colpa
nostra, ma visto che la rete ha accettato il mio suggerimento...
Voi
perché dovreste rifiutarlo? " Ride. Poi rimane in silenzio. "Be',
pensateci..."
"Senta Romani, posso chiederle una cosa?"
"Certo."
Lo guardo per un attimo. Ma che mi frega. Io glielo chiedo.
"Ma perché porta sempre uno dei due bottoni del colletto
slacciato?"
Mi guarda. Rimane per un po' in silenzio. Poi sorride.
"È molto semplice: per capire il carattere di chi mi sta di
fronte.
Tutti hanno questa curiosità, la voglia di chiedermelo, di sapere.
Ma molti non lo fanno. Così la gente si divide in due: chi non
osa farmi questa semplice domanda e chi osa. I primi rimarranno
sempre con quella curiosità. I secondi invece avranno scoperto la
ragione di questa stronzata! "
Ridiamo. Non so se è vera. Ma come spiegazione mi piace un
sacco e decido di accettarla così.
"Questa invece è una busta da parte mia. Un ottimo posto dove
andare a pensare al contratto... Qualche spiaggia al caldo aiuta
a far dire di sì. "
E sorride allusivo per tutti quegli ipotetici sì che si possono
dire.
Poi si allontana veloce fingendo di avere qualcosa da fare. Dà
qualche inutile ordine alla squadra. Tanto ormai hanno già
distrutto
tutto. Così però mi ha fregato. Questa volta non ho fatto in tempo
a dirgli grazie.
Capitolo 62.
Non ci posso credere. Gin ha detto di sì. Ha dovuto inventare
che oltre a me ci sono altre tre o quattro persone, ma i genitori
hanno
detto sì. Non solo. Una frase rassicurante. "Se poi c'è lui..."
Quel
lui sarei io. Cosa assurda. Per la prima volta dei genitori
immaginano
al sicuro una figlia vicino a me. Be', l'imbuto a qualcosa è
servito.
Gin al sicuro... Sì, tra le mie braccia! Un sogno. Come la busta
di Romani. Un altro sogno. Volo in prima classe. Thailandia,
Vietnam e Malesia. Tutto pagato, tutto organizzato. A volte fare
la
cosa giusta paga. Anche in un mondo spesso troppo indifferente e
ingiusto. A volte. Quando incontri qualcuno di coraggioso e
onesto.
Come Romani. I migliori voli. I migliori bungalow. Le spiagge
più belle. Il sole, il mare e un contratto che ci aspetta quando
torniamo
per dire sì o no. E la libertà. La libertà di dire sì ogni minuto
se ci va di fare qualcosa oppure no, senza impegni, senza "è
pronto
a tavola", senza si "deve" fare, senza telefonate inaspettate,
senza
problemi, senza incontri di chi non vuoi incontrare. Saliamo
sull'aereo
liberi, tranquilli.
Io un po' meno. Mi guardo in giro. Che sciocco. No, non c'è.
Non ci può essere. Eva, la hostess, non lavora per la Thai. Una
signorina
dagli occhi a mandorla, la pelle leggermente ambrata e dalla
divisa perfetta ci fa accomodare. Le sorrido. È molto gentile. E
anche molto carina. Ci dà qualcosa da bere. Quando se ne va Gin
mi dà una gomitata.
"Ahia!"
"Ti voglio maleducato e scortese con le hostess."
"Certo, lo sono sempre stato."
"Fai vedere gli occhi..."
Mi infilo ridendo gli occhiali. "C'è troppa luce! "
Prova a togliermi gli occhiali. "No, sul serio, levami una
curiosità...
hai mai avuto a che fare con qualche hostess?"
Sorrido. Bevo qualcosa dal bicchiere che la signorina della Thai
ci ha gentilmente offerto. Poi la bacio al volo. Champagne leggero
colora le nostre labbra. Lo faccio durare un po'. Le bollicine di
champagne sembrano rassicurarla. Forse il mio bacio. Soprattutto
il mio "mai". Più che altro il fatto che l'aereo comincia a
rullare.
Gin mi stringe forte dimenticando un mio eventuale passato e
preoccupandosi
soprattutto dell'imminente presente. Statap. Siamo in
volo. Il carrello rientra. L'aereo prende quota. Raggiunge le
nuvole.
Un tramonto più vicino ci accarezza dal finestrino. Gin allenta
il suo abbraccio e posa la testa su di me. "Ti dispiace se sto
così?"
Non faccio in tempo quasi a rispondere. La sento addormentarsi,
abbandonare tutte le ultime tensioni, lasciarsi andare tra le mie
braccia, su un aereo in volo, tra le nostre nuvole, leggere. Si
sente
sicura. Tenera. Cerco di muovermi il meno possibile. Prendo dalla
sacca che ho lì vicino Lucy Crown, il libro che mi ha regalato mia
madre, e comincio a leggere. Mi piace come è scritto. Almeno per
le prime pagine non fa male. Per ora.
"Oh happy day..."
Della musica improvvisa. Mi accorgo di essermi addormentato.
Il libro è poggiato sul tavolino. Gin è lì vicino a me che mi
guarda
e sorride. Ha una macchinetta fotografica tra le mani.
"Ti ho fatto qualche foto mentre dormivi." Ancora. "Eri
bellissimo...
sembravi buono! " L'abbraccio portandola a me.
"Ma io sono buono..." E la bacio. Più o meno convinta della
mia affermazione decide comunque di partecipare. Poi ci accorgiamo
della presenza di qualcuno. Ci stacchiamo per niente intimiditi.
Almeno io. Lei invece arrossisce. E l'hostess di prima, con
due bicchieri in mano. Gentile e professionale, non ci fa pesare
il
nostro amore.
"Sono per voi... Manca poco..."
Li prendiamo curiosi. La hostess delicata e leggera si allontana
così come era apparsa.
"È vero non ci pensavo più: è il 31 dicembre..."
Gin guarda il suo orologio. "Mancano pochi secondi."
Uno strano conteggio dall'accento americano parte dalla cabina
di pilotaggio. "Tre, due, uno... Auguri!"
La musica si alza. Gin mi dà un bacio. "Auguri Step il buono... "
Brindiamo con i due bicchieri arrivati giusto in tempo. Poi ci
diamo un altro bacio. E un altro. E un altro ancora. Senza più
paura
di essere interrotti. Tutti sull'aereo cantano e festeggiano
felici
dell'anno passato o di quello che sarà, di essere in vacanza o di
tornare
a casa. Comunque felici. Con il loro champagne. Con la testa,
e non solo, già tra le nuvole. L'aereo scende un po' di quota e
non
è un caso.
"Guarda..." Fa Gin indicando fuori dal finestrino. In qualche
paese lì sotto stanno festeggiando. E fuochi d'artificio
abbandonano
la terra per venirci a salutare. Per festeggiare il nostro
passaggio.
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