"Step... non litighiamo."
"E chi vuole litigare?"
"Mi manchi..." Allontano di nuovo il telefonino.
"Ragazze, volete sapere che ha detto? Che le manco..."
"Dai... non fare lo stupido."
"Sei cambiata?"
"Cioè?"
"Di solito mi dici scemo."
"E cosa è meglio scemo o stupido?"
"Be', diciamo che stupido per me è meglio... e poi scusa scemo
hai detto che chiami mio figlio, a me devi chiamarmi stupido per
forza sennò in questa casa non si capisce più niente. Sai che
confusione?"
"Cretino!"
"Ecco... E adesso cretino chi è? L'altro?"
Ridiamo. Continuiamo a ridere così. A parlare senza più sapere
bene di cosa, né perché^Poi decidiamo di attaccare, promettendoci
di sentirci domani. È un'inutile promessa. L'avremmo fatto
comunque. Quando perdi tempo al telefono, quando i minuti
scorrono senza che te ne accorgi, quando le parole non hanno
senso,
quando pensi che se qualcuno ti ascoltasse penserebbe che sei
pazzo, quando nessuno dei due ha voglia di attaccare, quando dopo
che lei ha attaccato controlli bene che l'abbia fatto veramente,
allora sei fregato. O meglio sei innamorato. Che poi è un po' la
stessa
cosa...
Capitolo 65.
I giorni seguenti a Roma tornano lentamente normali. Le ore
riprendono
il loro posto. Torna a far freddo. Ognuno a stare nella
propria casa. Il mare si allontana. Così come il suo ricordo.
Rimangono
solo le foto di quello splendido viaggio. Finiscono in chissà
quale cassetto presto anche loro dimenticate. Romani è stato
felice
di vederci, così allegri e abbronzati, soprattutto grazie a lui.
Ancora
più felice nel vederci accettare quel contratto di lavoro, sempre
grazie a lui. Paolo e Fabiola sembrano andare d'accordo. Paolo ha
abbandonato l'idea di fare l'agente. Il mio agente. È tornato a
fare
il commercialista. Fa prendere tutte le decisioni a Fabiola, la
sua
donna, così i conti tornano facilmente. Perché se a lui i conti
non
tornassero sia in ufficio che fuori, potrebbe impazzire. Da quanto
sento dai racconti di Paolo, mio padre e la sua donna, della quale
non ricordo assolutamente il nome né voglio fare il minimo sforzo
per ricordarlo, vanno d'amore e d'accordo. D'amore. Anche su
questo
non voglio fare il minimo sforzo. Della vita sentimentale di mamma
invece Paolo non sa nulla. O almeno non mi dice nulla. E
preoccupato
però della sua salute. Le ha visto fare diverse ricerche in
ospedale.
Ma anche di questo Paolo non sa nulla. O anche in questo caso
non mi vuole dire nulla di più. E anche su questo non riesco a
fare
uno sforzo. Non ce la faccio. Già mi è sembrato difficile leggere
il libro che mamma mi ha regalato. Una storia simile alla nostra
ma
con un lieto fine. Un lieto fine, sì. Ma quello è un libro.
"Ciao, che stai facendo?"
"Sto preparando la borsa e me ne vado un po' in palestra..."
Tutto è tornato alla più grande normalità. Anche Gin.
"Ma dai, anch'io più tardi ci vado. Oggi mi tocca." Fa una pausa
cercando nel suo calendario delle palestre a vela. "La Gregory
Gym a via Gregorio VII ! Meno male che non è troppo lontana. Ci
vediamo più tardi?"
"Certo."
"Allora un bacio e a dopo."
Non sapevo cosa sarebbe successo, che di quel "certo" non sarei
stato poi più così certo.
In palestra saluto un po' di gente. Poi comincio ad allenarmi.
Senza spingere troppo, senza forzare con il peso. Ho paura di
stirarmi.
È troppo tempo che non mi alleno. "Ehi, bentornato."
È Guido Balestri, magro e sorridente come sempre. Con la sua
tuta bordeaux sbrindellata come sempre, con una felpa radicai-
chic
ma di marca come tutte le sue cose, anche quelle come sempre.
"Ciao. Ti alleni?"
"No. Ero passato in palestra proprio con la speranza di trovarti.
"
"Non ho una lira..." ride divertito forse perché sappiamo
benissimo
tutti e due che è l'ultima cosa della quale potrebbe avere
bisogno. "E per un po' devo evitare risse."
"E certo, a farsi vedere troppo uno si brucia. Ormai sei un divo
della rissa ! "
Capisco che deve aver seguito tutta la vicenda. Ma lui preferisce
farmelo notare. E per bene. "Ho ritagliato tutti gli articoli:
l'eroe,
il paladino, il giustiziere della tv..."
"Sì, non ci sono andati leggeri."
"Be', neanche tu, dalle foto che ho visto!"
"Non lo sapevo. Hanno pubblicato anche le foto dei tre? Questa
me la sono persa."
Ma non è importante. Ho ancora ben presente la scena reale
con tanto di originali in carne e ossa. Lascio cadere il discorso.
"Allora, a parte gli scherzi, cosa posso fare per te?"
"Sono io che posso fare qualcosa per te. Ti passo a prendere
alle nove Step, ti va?"
"Dipende."
"Ehi, ma sei diventato una di quelle fighette che credono di
avere solo loro l'esclusiva del piacere maschile? Della serie
'verrei
ma non posso'! Dai, ti porto a una bella festa, gente tranquilla,
roba
fina, non dirmi che sei finito in qualche gabbietta femminile?
Vediamo un po' di amici, roba tranquilla! "
L'idea di fare una rimpatriata mi va. È passato un sacco di tempo.
Perché no. Staccare un attimo da tutto. Un tuffo nel passato.
Penso a Pollo ma non mi fa male. Una bella nuotata è quello che
ci vuole. Pacche sulle spalle di gente che non vedo da troppo
tempo.
Qualche bel racconto del passato, strette di mano e sguardi
sinceri.
Amici di risse. Gli amici più veri.
"Perché no."
"Ok, allora dammi l'indirizzo che ti passo a prendere in
macchina."
Ci salutiamo. "Alle nove! Mi raccomando..."
Continuo ad allenarmi ancora un po'. Ci metto più foga.
Presuntuoso.
Che fai? Vuoi tornare in forma per incontrare gli amici
di un tempo? Essere all'altezza dei loro ricordi? Step, il mito! E
autoironico
decido di smettere e farmi una bella doccia.
Poco dopo a casa. Mi squilla il telefonino.
"Ciao, ma non sei passato."
Gin è un po' delusa. "No... è che pensavo fossi ancora in
palestra.
"Macché! Ho dovuto aiutare mia madre a portare su la spesa.
Poi si è accorta che aveva dimenticato di comprare il latte e
allora
sono andata io. Poi sono tornata e si è accorta che si era
dimenticata
il pane e sono andata di nuovo io. Ed era pure rotto l'ascensore.
"
"Be', non sarai andata in palestra ma ti sei tenuta lo stesso in
forma."
"Sì certo. Ho dei glutei fantastici! Vuoi venirli a vedere adesso?
Devo giusto andare a ritirare qualche panno in terrazzo che
stasera
mi sa che piove."
"No, non posso. Mi passa a prendere un mio amico fra poco."
"Ah..." Gin sembra rimanerci male.
"Un mio amico, ho detto, Guido Balestri, quello alto magro...
C'era quella sera che siamo andati dal Colonnello." Cerco di
rassicurarla.
"Boh, non me lo ricordo. Ok come vuoi. Oh, io su in terrazzo
ci vado lo stesso. Poi chi c'è c'è..."
"Dai, non fare la sciocca. Ancora niente?"
"Ancora niente. Per adesso sei ancora un ipotetico papà..."
"Be', allora ne approfitto e ancora per stasera esco. Dai, magari
ci sentiamo dopo."
"No magari. Ci sentiamo dopo! E chiamami senza chi!"
"Ok." Rido. "Come vuole il terzo dan." Non faccio in tempo
a chiudere con Gin che suona il citofono. È Guido. "Scendo."
Capitolo 66.
Raffaella gira per casa. Niente da fare. Non le tornano i conti.
Peggio del salumiere sotto casa che ogni volta ti segna qualcosa
in
più sul conto della spesa, o il benzinaio giù nella piazza che ti
lava
la macchina e poi ti fa il pieno. Persone di fiducia che poi si
scusano
con la solita frase: "Guardi che non è tanto, è l'euro, signo',
che
c'ha fatto raddoppia' tutto". Sembra che sia stato coniato apposta
per le loro truffe. Ma qui si tratta di altro. Di Claudio. Claudio
è
cambiato. Anche come ha fatto l'amore l'altro giorno, che non ha
voluto togliersi la camicia. È strano. Oltre la musica, ha
cambiato
perfino il tipo di lettura. Ha sempre letto solo "Diabolik" e al
massimo
"Panorama". E guarda caso questo lo prendeva sempre quando
sulla prima pagina c'era una bella ragazza. Naturalmente mezza
nuda. E fino a qui è tutto normale. Sosteneva sempre che
all'interno
c'era un importante articolo sul mondo della finanza. Ma ora?
Come si spiega quel libro? Raffaella si avvicina al comodino di
Claudio
e lo prende in mano. Poesie di Guido Gozzano. Lo sfoglia. Niente.
Non c'è niente. Poi improvvisamente qualcosa cade ed è in mezzo
alle pagine. Una cartolina. La gira subito veloce per vedere cosa
c'è scritto. Niente. Solo il timbro e la firma di chi l'ha
spedita. Una
"F". Solo una semplice "F". E un timbro dal Brasile. Chi può
avergliela
mandata? Qualcuno che è stato in Brasile. Guarda la data sul
timbro. È stata spedita sei mesi fa. Chi può essere andato tra gli
amici
che conosciamo in Brasile sei mesi fa? Filippo, Ferruccio, Franco.
No. Non mi sembra che ci sia andato nessuno. E soprattutto che
nessuna moglie ce l'avrebbe mai lasciato andare. A meno che non
sia uno di loro che è andato di nascosto... e manda una cartolina
a
Claudio con una "F"? No. I conti non tornano. Gira la cartolina e
la guarda. C'è una bella ragazza brasiliana. La classica foto di
una
che passeggia sulla spiaggia con un culo in bella mostra e un
costume
tipo filo interdentale. La cosa strana è che si vede perfettamente
il suo viso e sorride. Niente. La rimette nel libro e comincia a
sfogliarlo.
A un certo punto trova una frase sottolineata in rosso. Ma
com'è possibile? Claudio odia il rosso. Non lo avrebbe mai usato.
Gli ricorda i tanti errori che faceva a scuola in italiano,
proprio perché
non leggeva mai niente. E il verso sottolineato, poi: "Non amo
che le rose che non colsi". Con aggiunto un punto esclamativo.
Punto
esclamativo? Qualcuno che oltretutto ha rovinato la sintassi del
poeta, l'ha deturpata, violentata. Uno che non ha rispetto di
nulla
e di niente. Neanche di me. Soprattutto di me. Raffaella va
velocemente
alle ultime pagine per vedere se c'è il prezzo, se è stato
tagliato
o coperto. No, il prezzo c'è. Guarda meglio. Lo porta vicino
al viso. E improvvisamente se ne accorge. Ci sono tracce di colla.
Il
prezzo era coperto. L'adesivo è stato tolto. È stato Claudio! Non
voleva far vedere il nome del negozio dove questo libro è stato
preso.
Gliel'hanno regalato! Ed è stata quella "F". Quella stronza di
"F". Raffaella mette tutto a posto. Deve escogitare un piano.
Purtroppo
l'unica persona che conosce alla Telecom è il dott. Franchi,
un amico di Claudio. A lei non direbbe mai niente, né le
telefonate
o i messaggi che Claudio manda. Figurati. Quella stupida
solidarietà
maschile. Non parlerebbe mai neanche sotto tortura. Raffaella
il suo telefono l'ha già controllato, più volte. Non un messaggio,
né inviato né ricevuto. Anche le telefonate effettuate, quelle
ricevute
o perse, sono poche. Troppo poche. È un telefonino pulito,
troppo pulito. Quindi è sporco. Ma come può fare? Non è certo come
quel deficiente taccagno di Mellini che per risparmiare aveva
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