qui. "

"Io al posto tuo sarei più preoccupato se tornasse la piccola

fan."

"Ah, questo è sicuro! "

Le do un bacio sulla guancia. Lei mi sorride.

"Vienimi di nuovo a trovare."

"Certo, mamma."

Raggiungo la porta e mi giro di nuovo per salutarla. Mi sorride

da lontano e alza la mano. Fa anche l'occhiolino. Forse per farsi

vedere più forte.

"Stefano..."

"Sì, mamma, dimmi. Hai bisogno di qualcosa?"

"No, grazie, ho tutto. Bentornato."

Capitolo 73.

Ormai è il tramonto. Citofono. Qualcuno mi viene a rispondere.

"Mi scusi, c'è Ginevra?"

"No. È in chiesa, qui vicino, a San Bellarmino. Ma chi parla?"

Mi allontano. Non ho voglia di rispondere. Maleducato per una

volta. Perdonatemi anche voi. Ma oggi me lo posso permettere.

Entro

in chiesa in silenzio. Non so che dire, che fare, se pregare e

perché

poi. Ora no. Ora non ci voglio pensare. Alcune signore anziane

in ginocchio rivolte verso l'altare. Hanno tutte in mano il

rosario.

Lo muovono ogni tanto nervose tra le mani pronunciando parole

al Signore, preghiere che sperano Lui possa esaudire. Lui può,

certo. Ma chissà se ne ha voglia. Chissà se lo riterrà giusto,

sempre

che una giustizia ci sia. Ma non ci voglio pensare. Ho altro da

fare.

Io ho il mio peccato. Per me è tutto più facile. Eccola. La vedo

di spalle. Non è inginocchiata ma prega. Dice qualcosa comunque,

di sicuro anche lei al Signore. Mi avvicino piano.

"Gin?"

Si gira e mi sorride. "Ciao... Che bella sorpresa... stavo

ringraziando

il Signore. Sai..." Si porta la mano sulla pancia. "È tutto a

posto. Ero così preoccupata... cioè non è che non volessi... Ma

così

per caso, mi sembrava brutto. Una cosa così importante, così

bella,

avere un figlio..."

"Shh" le faccio. Le do un bacio leggero sulla guancia. Mi avvicino

poi al suo orecchio e tutto d'un fiato, senza più aspettare, senza

paura, io salto. Le racconto tutto, le sussurro il mio peccato,

lentamente,

sperando che capisca, che possa capire, che mi possa perdonare.

Ho finito. Mi tiro indietro. Lei mi guarda in silenzio. Io la

guardo. Non ci crede.

"È uno scherzo?" Prova a sorridere.

Scuoto la testa. "No. Perdonami Gin."

Mi inizia a colpire con tutti e due i pugni con rabbia, piangendo,

urlando, dimenticandosi di essere in chiesa, o forse, ancora più

giustificata per questo. "Perché? Perché? Dimmi perché? Perché

l'hai fatto? Perché?" Continua così, disperata, cade in ginocchio

e

continua a piangere, singhiozzando, cercando quella risposta che

io non ho. Poi va via correndo, lasciandomi lì, in quella chiesa

ancora

più vuota, sotto gli sguardi di quelle signore anziane che per

un attimo hanno dimenticato le loro preghiere e si occupano di me.

Le guardo e allargo le braccia. Magari voi poteste perdonarmi. Ma

non potete, voi no. Contro di voi, non ho peccato. Ho solo forse

dato un po' fastidio... Sì, per questo forse potete perdonarmi. Si

girano

di nuovo verso l'altare e riprendono in silenzio le loro

preghiere.

Forse mi hanno perdonato. Almeno loro. È con lei che sarà

più difficile.

Capitolo 74.

Qualche giorno dopo. Casa Gervasi è al buio. Un silenzio e una

tranquillità che da tempo non si concedeva. Del profumo leggero

di fiori. Babi guarda in cucina e si accorge che ci sono diversi

bouquet

da sposa per la prova.

"Vattene Lillo, non devi vedere! Rovini tutto, dai. Così ogni cosa

sarà una sorpresa per te. Non è più bello?"

"Speravo che potessimo stare un po' insieme, con tutta questa

preparazione si perde un altro tipo di allenamento."

"Più tardi magari, credo che ci siano i miei. Dai, vai a casa,

magari

dopo ti avviso. Se escono passi tu, sennò vengo io da te, va bene?


"Ok, come vuoi."

Babi dà un bacio leggero al suo futuro sposo. Lillo, leggermente

imbronciato, sorride, poi scende velocemente le scale e sparisce

nel

pianerottolo. Babi chiude la porta.

"Mamma... sei in casa?"

"Sono qui, in salotto."

Raffaella è seduta su un divano, ha le gambe allungate e beve

un tè verde che naturalmente oggi va molto di moda. Babi la

raggiunge.

Le tapparelle sono abbassate. Un pendolo leggero tiene il

tempo che passa. Qualche rumore dalla strada come un'eco lontana

e nulla più. Babi si siede sul divano di fronte a lei.

"Sai, mamma, pensavo una cosa... Noi non sappiamo niente di

cosa accade veramente nelle altre famiglie, come sono diverse, che

storia hanno..."

"Be', non lo so, ma di certo non possono superarci."

Si guardano e improvvisamente si mettono a ridere.

"No, questo proprio no. Ti devo dire una cosa. Ho visto Step

ieri sera. "

Raffaella torna seria.

"Perché me lo dici?"

"Perché avevamo deciso di dirci tutto." La mamma rimane lì a

pensare.

"Sì, proprio l'altro giorno mettevo a posto la tua stanza e ho

trovato il poster che ti aveva portato, quello che hai tenuto per

tanto

tempo attaccato sul tuo armadio. Dove facevate 'la pinna' come

la chiamate voi."

"Sì, me lo ricordo. Lo hai buttato?"

"No, quando sarà il momento lo butterai tu."

Uno strano silenzio tra loro, improvvisamente spezzato da Babi.

"Ieri ho fatto l'amore con Step."

"Lo dici apposta, eh? Vuoi stupirmi, mi vuoi sorprendere?"

Raffaella si alza, perde per un attimo la sua calma.

"Forza, dimmi la verità! Cosa vuoi da me, eh? dimmelo, cosa

vuoi?" Sembra volerla prendere a schiaffi, scuoterla con violenza.

È vicina, troppo vicina. Babi alza lo sguardo e le sorride

tranquilla,

serena.

"Cosa voglio da te? Figurati... Non so neanche cosa voglio da

me. Pensa se posso sapere quello che voglio da te. E poi tu quello

che potevi darmi me lo hai già dato."

Raffaella si rimette seduta. Un respiro lungo. Torna calma.

Rimangono

per un attimo in silenzio sedute su due divani. Figure

femminili di età diversa ma molto simili in tante cose, in troppe

cose.

Poi Raffaella sorride.

"Stai bene con questo nuovo taglio di capelli."

"Grazie, mamma. Come va con papà?"

"Bene. Figurati... tornerà. Ha voluto dimostrare qualcosa a se

stesso, ma tornerà. Non è capace di stare lontano. Lui non è un

problema. Piuttosto tu, che hai deciso?"

"Io? Su che cosa?"

"Ma come su che cosa? Dimmi che devo fare. Stasera vado alla

festa dei De Marini. Magari qualche amica mi chiede qualcosa,

vorranno sapere. Mi hai detto che hai visto Step ieri sera.

Allora?

Cosa hai deciso? Ti sposi lo stesso?"

"Certo. Perché non dovrei?"

Raffaella fa un sospiro, ora è più tranquilla. Tutto tornerà a

posto.

È solo questione di tempo e tutto tornerà perfetto come prima,

anzi meglio di prima.

Un nipote di chissà chi, un matrimonio come si deve e un marito

in punizione per un po'. Sì, tutto tornerà perfetto. Raffaella si

alza dal divano.

"Bene, allora posso andare. Stasera giochiamo a burraco. Ci sai

giocare?"

"No, ho visto che giocavano a casa della Ortensi ma non mi sono

seduta."

"Devi provarlo, è molto meglio del gin. È più divertente. Un

giorno che ho un po' di tempo te lo insegno, vedrai che ti

piacerà."

"Va bene."

Raffaella la bacia e fa per andar via.

"Mamma..."

"Sì, dimmi."

"C'è un altro problema."

Raffaella rientra nel salotto.

"Sentiamo."

"C'ho pensato. Però non ti devi arrabbiare. Io non voglio chiamare

i tavoli degli invitati coi nomi dei fiori. È troppo banale. L'ha

fatto anche la Stefanelli per il suo matrimonio. "

"Hai ragione."

"Che ne so, potremmo usare il nome delle pietre preziose per

esempio. Non è più elegante?"

Raffaella sorride.

"Molto. Hai ragione, è un'ottima idea. Faremo cambiare il

cartellone

e i segnatavolo. Fossero questi i problemi..."

E così la bacia di nuovo ed esce felice. È in gamba mia figlia. È

un po' come me, risolve sempre qualsiasi problema trovando la

soluzione

migliore. Raffaella va nella sua stanza a prepararsi. Dopo

poco tempo esce di corsa, elegante e impeccabile come sempre.

Vorrebbe arrivare puntuale a casa dei De Marini. E soprattutto ha

un'unica, ultima, grande preoccupazione. Questa sera deve

assolutamente

vincere a burraco.

Capitolo 75.

"Mamma, io esco."

"Va bene Gin. Telefonami però se fai troppo tardi. Fammi sapere

se torni per cena. Voglio farti quella pizza che ti piace tanto."

Non sento neanche le sue parole.

"Sì, grazie mamma."

Mi metto una felpa e decido di uscire, di perdermi così, senza

tempo. Solo io posso capire. Ho desiderato tanto tutto questo. E

ora? Niente, ora mi ritrovo senza niente, senza il mio sogno. Ma

era tutto vero poi quello che avevo tanto sognato? Non mi va di

pensarci. Sto malissimo. Uffa, non c'è niente di peggio che

trovarsi

in queste situazioni. Uno ne parla un sacco da fuori quando sente

tutte quelle situazioni assurde che riguardano le altre persone,

non so perché ma uno non pensa mai che ci possa finire dentro e

poi invece tac! Ecco che succede, ti riguarda direttamente,

neanche

ti fossi portata sfiga da sola. Cavoli, Gin, devi fare i conti con

il tuo orgoglio e la tua voglia di stare ancora con lui... Ma non

mi

va di fare i conti, porca trota! Che palle! In matematica sono

sempre

stata una negata. E poi in amore non esistono equazioni e conti

matematici! Mica c'è il ragioniere dei sentimenti, o peggio il

commercialista

dell'amore. Che, c'è da pagare anche la tassa sulla felicità?

Cavoli come pagherei se fosse vero... Ma che voglia che ho di

lui però... Sono a Ponte Milvio. Fermo la macchina e scendo. Mi

ricordo di quella notte, di quei baci, la mia prima volta. E poi

qui,

sul ponte... Mi fermo davanti al terzo lampione. Vedo il nostro

lucchetto.

Mi ricordo di quando ha buttato la chiave nel Tevere. Era

una promessa, Step. Era così difficile da mantenere? Mi metto a

piangere. Per un attimo vorrei avere qualcosa dietro per rompere

quel lucchetto. Ti odio, Step!

Risalgo in macchina e parto. Me ne vado in giro così, senza sapere

bene dove andare. Per un bel po'. Non so quanto. Non lo so.

So solo che ora cammino al mare. Persa nel vento, distratta dalle

onde, dalla cantilena delle correnti. Ma sto di un male. E poi mi

sento così stupida. Non ci credo, non è possibile. Mi manca da

morire

quello stronzo, mi manca tutto quello che avevo sognato. Sì,

certo, lo so, qualcuno mi potrebbe dire: "Ma Gin è normale. Cosa

ti aspettavi? Era la sua ragazza! Step è partito per l'America per

quanto stava male. È normale che ci sia ricaduto! ". Ah, sì? Ma

sentilo.

Dice così il tipo... Be', allora si dà il caso che io non sono per

niente normale, hai capito? Non mi ci sento e soprattutto non me

ne frega niente! Sì, è così. E allora? L'hai capito o no,

portasfiga

che non sei altro... Ah, ma io lo so, ne sono certa... Tu avevi

pensato

fin dall'inizio che sarebbe accaduto tutto questo, vero? Da

quando è iniziata la nostra storia... Be', sai che ti dico brutto

jellatore

che non sei altro? A me non me ne frega proprio niente di

niente. Perché io sono pazza! Va bene? Sì, sono pazza. Pazza di