dobbiamo parlare dei tempi passati."
Non faccio in tempo a salutare, che Pallina mi trascina via:
"Cavoli,
ti devo raccontare mille cose. Oh, m'avessi scritto due righe,
una telefonata, una cartolina. Ma almeno il numero mio te lo
ricordi?".
Glielo dico perfettamente a memoria. Poi mi tradisco: "È lì che
cercavo sempre Pollo". Cazzo, vorrei non averlo detto. Per fortuna
siamo al cancello. Pallina mi salva. O non ha sentito o fa finta.
Saluta
un buttafuori mingherlino: "Ciao Andrea. Che, ci fai entrare?".
"Certo Pallina, stai sola con il tuo amico?"
"Sì, ma sai chi è lui?"
Andrea non risponde.
"Dai, è Step, ti ricordi, ti ho raccontato..."
"Come no." Sorride: "Cazzo, ma sono vere tutte le cose che ho
sentito su di te?".
"Riduci al sessanta per cento e qualcosa di buono c'è."
Pallina scuote la testa, mi tira per un braccio ed entra.
"E modesto." Pallina gli dà una pacca sulla spalla: "Grazie
Andrea".
La seguo divertito.
"Certo che sono proprio cambiati i tempi..."
"Perché?"
"Ma è così che li prendono i buttafuori adesso?"
Pallina guarda Andrea che ci segue con lo sguardo incerto. Forse
non è del tutto convinto che io sia quello Step di cui ha tanto
sentito parlare.
"Ma guarda, Step, che quello è uno preciso."
"Sì, preciso. Che vuol dire preciso? Ai bei tempi, prima di stare
su una porta ti facevano vedere i sorci verdi per capire se te la
cavavi o no. Sai che una volta al Green Time mi hanno detto di
consegnare
i soldi in una stanza in fondo... Sono entrato e mi sono
piombati addosso in tre." Comincio a raccontare. C'era anche
Pollo.
Stavolta però riesco a tenerlo fuori, a farlo stare tranquillo, al
suo posto, dovunque sia. Spero solo che stia ascoltando, e che si
diverta a questo ricordo.
"Insomma, col cavolo che mi hanno preso i soldi. Mi sono tolto
la cinghia al volo e pum ! In faccia a tutti e tre. A uno l'ho
preso
con la fibbia e gli ho spaccato uno zigomo. Gli altri due poca
roba.
Ma certe sganassate in faccia. E da quel giorno ho fatto quattro
mesi filati sulla porta del Green Time. 100 a sera. Era un sogno
e rimorchiavi che era una meraviglia."
"Pollo aveva un segno sulla faccia sotto lo zigomo sinistro. Mi
ha detto che era stata una cinghiata. "
Non le sfugge niente: "Forse sarà stato il padre".
Mi guarda e sorride. "Bugiardo. Non sei cambiato."
Ci sediamo a un tavolino di plastica con delle sedie bianche
e rimaniamo in silenzio. Mi giro a guardare intorno. Dietro di noi
c'è una specie di gommone gigante riparato alla meno peggio che
funziona da piscina. Persone di tutti i tipi schiamazzano e si
schizzano
là dentro. Uno dal bordo, urlando come un pazzo, raccoglie
le gambe e si lancia in mezzo a bomba. Schizza tutt'intorno.
Una signora grassa con un costume blu si copre i capelli come
può: "E santissima...". Impreca alzando le mani verso il ragazzo
che ride tra i suoi amici. La donna blatera qualcos'altro e
riprende
la sua passeggiata in quella piscina dall'acqua calda e schiumosa.
Il marito al bordo opposto, mezzo pelato e obeso, ride
guardandola.
Scuote la testa e fuma una sigaretta. Sicuramente sta anche
pisciando. Poi comincia a tossire. La sigaretta gli cade in acqua
e si spegne, gli dà una botta leggera con la mano spingendola più
in là nell'acqua dove un bambino nuota tentando un goffo stile
libero.
"Allora come stai?"
"Benissimo e tu?"
"Bene. Bene." Rimaniamo un po' in silenzio, imbarazzati per
quel tempo che non c'è più. Per fortuna, dalle casse distribuite
ovunque arrivano le note di una canzone, The lion sleeps tonight.
E chissà chi è adesso il leone tra noi. E, soprattutto, se dorme
davvero.
Un cameriere viene a prendere le ordinazioni.
"Aspetta, fammi indovinare. Una Corona con una fettina di limone."
Sorrido: "No, adesso Bud".
"Ma dai, anche a me piace un casino. Due Bud, grazie."
Chissà se l'ha detto sul serio.
"Sai, ti ho pensato spesso mentre stavi laggiù... A New York,
vero?"
"Sì." Mi fa ridere, non è cambiata, parla a raffica e a volte
tanto
per farlo. Mi ha pensato così spesso che non era neanche sicura
dov'ero. Cazzo Step, è Pallina. Lasciala stare. È la donna del tuo
amico Pollo. Non giudicare anche lei, non analizzare le sue parole
in continuazione. Dai, molla. Mi schiaffeggio il cervello: "Sì, a
New
York. E mi sono divertito un casino".
"Lo immagino. Hai fatto bene ad andartene. È stato tutto così
difficile qui." Arrivano le Bud. Le alziamo. Sappiamo a cosa
stiamo
per brindare.
"A lui..." Lo dico a bassa voce. E lei annuisce. Ha gli occhi
velati
d'amore, di ricordi, del passato. Ma qui è presente. E le Bud si
urtano con violenza. Poi la butto giù gelata che è una meraviglia.
Vorrei non staccarmi più, ma a metà freno e prendo fiato. Poggio
la Bud sul tavolo. "Buona." Cerco nel giubbotto. Pallina è più
veloce
di me. Tira fuori un pacchetto di Marlboro light dalla camicia
verde chiara con spalline militari e tasche con zip. Ne tira fuori
una
e mi passa il pacchetto. Ne prendo una e mi accorgo che non c'è
più la sigaretta girata. Quella del desiderio. Sogni finiti? Mi
prende
la tristezza. Richiudo il pacchetto e glielo do. Me la metto in
bocca. Poi lei mi allunga un accendino, anzi no, insiste per
accendere.
Ha le mani fredde, ma sorride. "Sai che da allora non sono
più stata con nessun uomo." Tiro una boccata e la mando giù,
piena,
pesante.
"Uomo? Ragazzo!" cerco di banalizzare.
"Va be', insomma, quello che è." Forse la Bud, la sigaretta, il
casino, tutto quello sporco intorno a noi. Ridiamo. E tutto
diventa
come un tempo, senza problemi. Ci raccontiamo di tutto, ricordi,
novità nostre, degli altri. Cazzate. Solite cazzate. Ma stiamo
bene.
Mi informa di fatti romani. "Eh dai, quella lì, te la ricordi, no?
Non sai che è diventata! "
"Bona?"
"'Na botte." Risate.
"Frullino, invece, è finito dentro di nuovo."
"No, giura!"
"Sì, ha fatto a botte col Papero perché s'era messo con la donna
sua e quello l'ha denunciato."
"Non ci posso credere, ma non c'è più religione."
"Telo giuro."
Ridiamo.
"I fratelli Bostini hanno aperto una pizzeria."
"Dove?"
"Al Flaminio."
"E com'è?"
"Buona, ci trovi un po' tutti ma anche un sacco di gente nuova.
È forte sai, e poi non spendi molto. Giovanni Smanella invece
non s'è preso ancora la maturità."
"No, non ci posso credere, ma che c'ha nel cervello?"
"Boh, pensa che quest'inverno mi veniva dietro."
"Ma dai... Che pezzo di merda! "
Riaffiorano i bei tempi. Pallina mi guarda preoccupata.
"Ma no, era una cosa carina. Eravamo diventati amici, mi faceva
compagnia. Mi parlava spesso di Pollo. "
"Pure!" Rimango in silenzio.
"Cazzo, Step," Pallina dà un lungo sorso alla birra, "ma non
sei cambiato di una virgola! "
Sto teso, ma poi lascio perdere. Ma sì, che mi frega. Non ha fatto
niente di male. In fondo la vita continua.
"Sono cambiato." Sorrido.
"Eh, meno male, allora si possono toccare anche altri argomenti?"
sorride e mi fa la faccia furba, indimenticabile. "Ahia..."
Si capisce che cambio faccia. "Ecco la nota dolente. Oh, te la sei
cercata. " Si scola l'ultimo sorso di birra, poi appare
completamente
donna: "Allora... l'hai più sentita? Quant'è che non la senti? Hai
provato a chiamarla da laggiù?".
È una macchinetta, sembra non fermarsi.
"Ehi calma, cazzo. Neanche fossi la pula che m'ha beccato!"
Cerco di non sembrare più di tanto toccato dal discorso. Ma non
so se ci riesco: "No, mai sentita".
"Più?"
''Più."
"Giura!"
"Giuro."
"Non ci credo."
"E che cavolo. Ma pensi che ti dico le bugie? Allora l'ho
sentita."
"No, no, va bene, ci credo. Io invece l'ho incontrata."
Poi fa una pausa. Lunga. Troppo lunga. Non dice niente. Lo fa
apposta. Mi guarda e sorride. Vuole che io dica qualcosa. Aspetta
ancora, troppo. Ma perché? Che palle. Che stronza. Non resisto.
"Allora dai, Pallina, forza. Sputa. Racconta."
"Sempre molto carina ma..."
"Ma?"
"Diversa. Non so come dire. Ecco, è cambiata."
"Be', su questo non avevo dubbi, tutti siamo cambiati."
"Sì, lo so... Ma lei... Lei è cambiata in un modo... Che ne so,
ecco,
in un modo diverso."
"Ma l'hai già detto! Ma che vuol dire 'sto modo diverso?"
"Senti, non lo so. È diversa e basta. È così, non so come dirlo.
O lo capisci o la devi vedere per capirlo. "
E grazie.
Poi non so come ma faccio la domanda. Mi viene normale. L'ho
pensata ma non volevo dirla. Eppure mi sfugge, mi esce così, senza
volerlo, che quasi non la dico io.
"Ma... era da sola?"
"Sì. E sai dove stava andando? A fare shopping."
Mi viene da ridere. La ricordo, la immagino e improvvisamente
la vedo. Babi. "Tu aspetta qui. Non ti muovere Step, non mi
sparire
come al solito. No, sul serio, non te ne andare che poi voglio il
tuo consiglio..." Mi lascia davanti alla vetrina. Entra, guarda,
sceglie,
poi mi chiama. "Guarda, ho deciso, prendo questo. Ti piace?"
Ma non mi dà il tempo di rispondere. Ci ripensa, cambia il
modello.
Ne prova un altro, le sta bene. Ora sembra di nuovo decisa. Fa
una specie di sfilata, poi mi guarda: "Allora?... Eh, che ne
dici?".
"Mi sembra che ti stia benissimo."
Si riguarda allo specchio. Ma trova qualcosa che non va, che
solo lei sa.
"Mi scusi ma voglio pensarci ancora un po' su."
Allora esce dal negozio e mi abbraccia.
"No, no, ho deciso di no. Viene troppo."
E si sente felice perché comunque ha deciso per il meglio. E alla
fine glielo regalavo io qualche giorno dopo. E lei rideva. Ed era
diventato un gioco. Un altro gioco. Babi, perché hai voluto
smettere
di giocare? Ma non faccio in tempo a trovare la risposta.
"Oh, ma lo sai che non sta più con quello?"
"No, non lo so. Come potrei saperlo poi? Te l'ho detto che non
l'ho più sentita. E che, c'ho gli informatori segreti?"
"Credo che non stia con nessuno." Lo dice apposta, sorridente,
pensa di farmi piacere. Non so cosa pensa o non lo voglio pensare:
"Be', Babi non mi interessa".
Fa la faccia incredula alla mia risposta. "Cosa?"
"Non mi interessa. Sul serio. D'altra parte qualcuno ha detto
che se ce la fai a New York, ce la puoi fare ovunque. E io credo
d'avercela
fatta."
"Ho capito. Non era qualcuno. Era Qualcosa è cambiato. Va
be', ti credo." Sorride e alza il sopracciglio. Mi bevo un altro
sorso
di birra.
"Guarda che non mi interessa veramente."
"Ma perché me lo ripeti, scusa."
Un telefonino comincia a squillare. Non è uno squillo normale.
Sembra una suoneria polifonica, ma bassa, distorta, brutta. Un
ragazzo seduto al tavolo vicino al nostro lo tira fuori dalla
tasca e
lo avvicina all'orecchio. Non è il suo. Continua a parlare con la
ragazza
seduta di fronte a lui, leggermente arrossito. Chissà quale
telefonata
poteva ricevere. La ragazza fa finta di niente. Il telefonino
continua a squillare. La suoneria insiste e diventa più alta. Un
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