Tancredi aveva capito a cosa stava pensando.
Sofia lo guardò meglio. Non era più in pantaloncini, indossava una camicia casual e dei jeans neri scoloriti, con i bottoni davanti, una bella cintura nuova e delle Tod’s. Aveva soldi da spendere e un sacco di tempo libero. Era bello, molto. Anche simpatico ma doveva essere uno senza scrupoli, se per rintracciare una da portarsi a letto ricorreva addirittura a una ragazzina di sei anni.
«Avrebbero potuto prenderti per un pedofilo, avresti passato dei guai.»
«Pensa che rischio ho corso pur di rivederti. E comunque ho parlato con la madre… E tutto a posto.»
Sofia lo fissò ancora a lungo. I suoi occhi blu espri-mevano qualcos’altro, oltre alla sicurezza. Sì, si sentiva fiero del suo fisico, della sua bellezza ma sembrava in cerca di qualcosa, spinto da una strana inquietudine.
Era bellissimo ma sofferto, complesso, complicato. Ec-co, quell’uomo era così. Aveva un lato divertente e un altro avvolto di tristezza, come un mare profondo agitato da una violenta corrente. Per un istante fu tentata di prendergli la mano che stava appoggiata sul tavolo e di rincuorarlo, di ridere con lui, di dirgli, ma sì, va tutto bene, senza sapere neanche perché… “Ma che sto facendo?” E in un attimo le comparve l’immagine della sua amica Lavinia, in macchina con Fabio. Si spogliavano velocemente, l’auto oscillava, era un amplesso furioso, le loro mani si stampavano sui vetri appannati lasciando le impronte: colpevoli. In un attimo si vide anche lei in quel modo e non le piacque. Immaginò Andrea a casa, lo vide davanti al computer, a leggere ignaro notizie, distrarsi in qualche modo, tenersi impegnato fino al suo ritorno, guardare l’orologio al polso, poi quello in fondo al salotto, sospirare nell’attesa dei minuti che non passano mai. Tutto quello che aveva portato avanti fino a quel giorno buttato via così, per il capriccio di un uomo… e il suo.
Sì, provava qualcosa per quel Tancredi. Attrazione fisica, voglia di distrarsi, una boccata d’aria, un po’ di vita, certo per qualche settimana, magari un mese e poi?
Quell’uomo voleva divertirsi. E lei? Cosa voleva lei? La stessa cosa? Non poteva avere anche lei solo quella stessa voglia fisica? Trasgredire, buttarsi tutto alle spalle, dimenticare regole, principi, valori, ma per qualche ora, solo per qualche ora e poi tornare al binario…
Zzz. No. Non era possibile. Sarebbe anche potuto essere bello ma immaginò quello che sarebbe accaduto dopo. Dopo si sarebbe sentita sporca e infelice. Si immaginò con quale faccia sarebbe rientrata a casa. Lei incrocia lo sguardo di Andrea, cerca di sorridere ma qualcosa non va per il verso giusto. Lui capisce.
Andrea è a letto. Ha chiuso il computer. Sofia è sulla porta. Sono in silenzio.
“Hai scopato con un altro, vero?”
Allora lei semplicemente annuisce, non sa dire altro, non sa inventare niente, né bugie né scuse, abbassa il viso e dice semplicemente: sì.
Sofia si alzò dal tavolino. «Non posso.»
Poi gli sorrise in maniera dolce, quasi affettuosa, scu-sandosi di tutto quello che aveva visto e immaginato.
«Mi dispiace…»
Tancredi si alzò e cercò di intervenire. «Volevo solo proporti un pranzo, un altro aperitivo, insomma, che ci conoscessimo un po’ di più per capire se proprio non eravamo adatti a…»
«Shhh.» Gli posò un dito sulle labbra. Allora Tancredi smise di parlare. Rimasero un attimo in silenzio.
«Posso darti un passaggio?»
«Ho la macchina.»
«Ti accompagno fino a lì allora.»
Sofia non se la sentì di proibirglielo. Camminarono senza parlare, uno accanto all’altra. Ogni tanto Sofia si girava verso di lui e lo guardava, consumando quei pochi attimi che restavano. Lo guardava negli occhi, nelle labbra, nelle pieghe della bocca, nelle piccole rughe del viso, nelle ciglia lunghe e scure, nel profondo di quel blu pieno di vita. Se ne cibava quasi, ripensando a come a quel tavolino era ritornata la ragazza capricciosa e allegra dalla battuta pronta e pungente, a quanto la divertisse flirtare e immaginarsi così, tanto per assaggiare l’amore. Ma lo aveva detto lei stessa. Era finito il tempo delle favole.
«Ecco. Sono arrivata.»
«È la tua macchina?»
«Sì.»
Tancredi sorrise, questa volta non voleva aver dubbi sulla targa.
«Sono stata molto bene con te.»
«Anch’io. Quando ci rivediamo?»
«Non ci rivediamo.»
«Ma hai detto che sei stata molto bene con me.»
«Appunto.» Sofia salì in macchina. Poi aprì il finestrino. «Per favore non cercarmi.» E partì.
Tancredi rimase lì in mezzo alla strada. Lo aveva sorpreso, non si aspettava quella reazione. Prese un’agendi-na e prima di dimenticarsela segnò la targa della macchina. Poi dalla tasca della giacca tirò fuori una Polaroid.
L’aveva comprata da quel ragazzo del Bangladesh. La guardò. Sofia era bella ma aveva un’espressione stupita e sorpresa. Quel ragazzino le aveva fatto una foto a tradimento e lei non se l’aspettava. Sofia era infastidita da ciò che cambiava il suo percorso, qualunque tipo di imprevisto. Tancredi sorrise pensando alla sua prossima mossa ma soprattutto a come lei l’avrebbe presa.
Anni prima.
Nel prato della grande villa il giardiniere potava alcuni rami della magnolia.
Erano molti anni che si trovava al centro di quel giardino ed era cresciuta molto arrivando all’altezza di sette metri. Bruno ne andava fiero, era stata piantata quando aveva iniziato a lavorare in villa e rappresentava la cura, l’attenzione e la passione che aveva messo in quel giardino. Un rombo lontano annunciò che quel momento di estasi stava per finire. Una Aston Martin rossa arrivò nel piazzale a tutta velocità, frenando bruscamente e spostando la maggior parte della ghiaia bianca che aveva avuto la sfortuna di trovarsi sotto quelle ruote.
Arrivò anche una Maserati cabriolet.
Tancredi saltò giù dalla Aston Martin.
«Ciao, Bruno. Puoi dire di lavarci le macchine?»
Scese anche Olimpia, una bellissima ragazza che indossava un vestito leggero di lino bianco con alcune rose rosse stilizzate. Aveva una piccola borsa dalla catenella verde e delle scarpe di corda rosse. Un abbigliamento dal sapore bucolico, adatto a quegli inizi di giugno, pieno di sole e di spighe mature nei campi di grano lì intorno.
Dall’altra auto scesero due ragazzi e una ragazza, Giulietta. Uno dei due la prese sottobraccio e indicò la villa.
«Hai visto, è come te l’avevo descritta o no?»
«Sì, è bellissima.»
«Venite!» Corsero anche loro dentro la casa.
«Mamma, ci sei?»
Tancredi attraversò alcune stanze seguito dagli altri, finché non la intravide in salotto. «Eccoti! Ti disturbia-mo? Sono con degli amici.»
«Buonasera signora, io sono Riccardo e lei è Giulietta.»
Anche l’altro ragazzo si presentò. «Piacere, Francesco.»
«Lei invece è Olimpia, mamma. Ti ricordi? Te ne avevo parlato.»
Emma, la mamma di Tancredi, salutò tutti, poi su Olimpia indugiò un po’ di più. Tancredi aveva avuto tante ragazze da quando andava al liceo, ma questa era la prima che sembrava aver acceso veramente il suo entusiasmo e della quale non si era stancato subito.
«Finalmente ti conosco.» La guardò meglio. «Sei ancora più carina di come ti aveva descritto Tancredi.»
Olimpia sorrise sicura della sua bellezza. «Grazie, signora.»
Tancredi decise di interromperle, preoccupato soprattutto di quello che avrebbe potuto aggiungere sua madre.
«Ma papà non c’è?»
«E a Milano per lavoro. Forse torna stasera.»
La presenza di Vittorio nella sua vita e in quella dei figli era sempre molto vaga. Tancredi alzò le spalle.
«E Claudine dov’è?»
«Tua sorella è in piscina a leggere.»
«Ok, allora andiamo anche noi.»
Tancredi e gli altri la salutarono, scesero a prendere alcune borse dalle auto e si diressero verso la piscina.
«Ci sono gli spogliatoi, ci cambiamo lì…»
«Ok.»
Poi Tancredi, senza che gli altri se ne accorgessero, prese Francesco sottobraccio e gli disse piano: «Vedrai, mia sorella ti piacerà».
Francesco all’inizio non rispose e gli sorrise indeciso.
Poi ci pensò su e cercò di essere spiritoso. «Speriamo che io piaccia a lei!»
Tancredi gli batté sulla spalla. «Ma sì, vedrai…» Non ne era però così sicuro.
Sua sorella Claudine stava attraversando uno strano periodo, non voleva vedere nessuno. Ormai aveva diciannove anni e, per quanto ne sapesse Tancredi, non aveva ancora mai avuto un ragazzo, né c’era qualcuno che le piacesse. Tancredi guardò Francesco con la coda dell’occhio. Sì, lui sarebbe stato perfetto. Era abbastanza tranquillo e sufficientemente ingenuo per essere un suo possibile primo ragazzo. Sorrise di questo suo pensiero. Immaginò Claudine con lui al cinema o a teatro, poi in pizzeria o in un buon ristorante e subito dopo li immaginò a letto. E gli venne quasi da ridere, ma per fortuna erano arrivati in piscina.
«Claudine? Ci sei? Rivestiti perché sono con degli amici super allupati!»
Giulietta lo guardò male. Riccardo rise. Francesco replicò: «Be’, non è male come biglietto da visita…».
«Così metti subito le cose in chiaro… No?»
Claudine si alzò dal lettino, era sotto un albero all’ombra. «Ciao stupido, meno male che mi hai avvisata, ero nuda.»
«Peccato. La prossima volta non dirò nulla…»
Passarono alle presentazioni. «Loro sono Riccardo e Giulietta e lui è Francesco…» Tancredi cercò subito di rintracciare nella sorella un segno di gradimento ma fu inutile, Claudine era rimasta indifferente.
«Lei invece è Olimpia.»
Claudine per la prima volta sorrise. «La Santa! Finalmente!»
Olimpia sembrò infastidita da quell’appellativo.
Claudine se ne accorse e cercò subito di spiegarsi.
«Nel senso di paziente! Non riesco proprio a capire come tu possa reggere mio fratello! Non sta fermo un attimo, è irrequieto, deve decidere tutto lui e soprattutto si fa solo quello che vuole lui!»
«Ehi, grazie della pubblicità! Se mi lascia me ne trovi un’altra uguale?»
Questa frase a Olimpia non piacque. Gli fece un sorriso forzato. «Impossibile…»
Tancredi recuperò immediatamente. «Verissimo, non esiste un’altra come te al mondo, proprio per questo è gravissimo quello che ha detto, se ti perdo sono finito…»
E cercò di abbracciarla. Ma Olimpia si liberò velocemente della stretta. «Ehi, mica recuperi così. Non si fa solo quello che vuoi tu… cosa credi. Noi ci si cambia e si fa un bagno in piscina, vero?»
Anche Giulietta era d’accordo.
«Sì, sì!» risposero in coro gli altri. Olimpia gli lanciò un sorriso falso. «Dovresti farlo anche tu, così raffreddi un po’ i tuoi bollenti spiriti. Anzi… fallo subito va’!»
E gli diede una spinta a tradimento facendolo cadere in acqua. Tutti risero prendendolo in giro. Poi Giulietta ne approfittò, spinse forte Riccardo che, colto alla sprovvista, mosse in avanti le braccia cercando di ritrovare l’equilibrio, ma non ci riuscì e così cadde in acqua vicino a Tancredi. Degli uomini era rimasto solo Francesco. Guardò i suoi amici. Appesantiti dai vestiti bagnati, muovevano veloci le gambe per restare a galla.
Poi Francesco avvertì qualcosa alle sue spalle, si girò di colpo. Claudine stava arrivando di corsa.
«Ora tocca a te…»
Provò a buttarlo in acqua con tutte e due le mani ma Francesco si spostò di lato, schivò la spinta e iniziò a lottare. Olimpia e Giulietta corsero subito in soccorso di Claudine. Tutte e tre insieme cominciarono a spin-gerlo, Francesco si teneva stretto a Claudine ma le altre la liberarono e lui finì in acqua come gli altri.
«Ehi, grazie tante sorellina a nome dei miei amici!»
fece Tancredi dall’acqua.
I
«Dovere…» rispose lei, poi rivolta a Olimpia e Giulietta: «Dai andiamo, vi accompagno a mettervi il costume… non capisco tutta questa fretta degli uomini, che fanno il bagno senza cambiarsi!».
«Già…»
«E vero… Hanno sempre troppa fretta.»
E ridendo andarono negli spogliatoi.
Poco più tardi furono tutti in piscina. Passarono un pomeriggio bellissimo fatto di un caldo sole, di tuffi e di qualche altro scherzo. Riccardo si addormentò sul lettino gonfiabile in mezzo alla piscina e per l’ora del tè gli amici non poterono fare a meno di svegliarlo rovesciandolo.
Arrivò Maria Tondelli, la cameriera, che portò del tè verde freddo, alla menta, alla pesca, al ribes, e dei biscotti fatti in casa. Erano al cioccolato, alla crema, alla vaniglia e anche alla cannella. Maria li mise sul piccolo tavolino bianco di ferro battuto vicino ai lettini, poi guardò Claudine. «Ci sono anche quelli che ti piacciono tanto.»
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