«Si viene sottoposti al bombardamento di milioni di cellule iniettate nel punto della lesione…» Indicò sul foglio successivo alcuni passaggi. «Ecco, vedi, queste cellule vengono programmate per trasformarsi in “oli-godendrociti” che sono i responsabili della trasmissio-ne di segnali tra neuroni. Praticamente renderebbero di nuovo nervosa la mia spina dorsale. Insomma sarebbe un miracolo…»

Rimasero in silenzio. Poi le indicò un altro foglio.

«Ma anche i miracoli oggi hanno un costo. Si parla di cinque milioni di euro.»

Andrea le sorrise.

«Per potermelo permettere dovrei disegnare una serie di edifici per i più grandi magnati della Terra e me li dovrebbero strapagare. Anche impegnandomi al massimo nei prossimi anni potrei coprire solo un decimo di quella cifra.»

Cinque milioni di euro. Sofia rimase in silenzio. Poi parlò. Non piangeva più e la sua voce era stranamente ferma. «Oppure io potrei riprendere a suonare.»

Andrea la guardò con tenerezza. Dopo otto anni poteva tornare a essere la grande pianista che era stata? E

comunque per una cifra del genere, ci sarebbero voluti tantissimi concerti. Ma non disse nulla. Sofia gli sembrava stranamente decisa.

«Per questa operazione potrei ricominciare.»

Sofia si alzò e preparò da mangiare. Cenarono in silenzio guardando un po’ di tv e quasi senza chiacchierare. Poi lei lo aiutò a mettersi a letto.

«E tu non vieni?»

«No, non ho sonno, rimango un po’ in salotto a leggere.»

Si diedero un bacio, poi lei uscì dalla camera da letto e accostò la porta. Si sedette sulla poltrona e riprese quei fogli. Li lesse di nuovo, più attentamente, senza emozione, cercando di capire bene i passaggi di tutta quell’operazione. Tornava ogni tanto indietro per rileg-gere qualcosa, usò internet per tradurre qualche termi-ne tecnico e anche per controllare la veridicità di tutte quelle notizie. Su YouTube trovò filmati di operazio-ni, servizi di telegiornale. Era tutto vero. Era dal che quella società privata, la Berson, stava lavorando sulle cellule staminali. Alla fine aveva compreso perfettamente tutto. L’obiettivo era quello di formare una nuova “mielina”, una guaina che permettesse ai neuroni compromessi di comunicare di nuovo. Era rischioso, ma lo Shepherd Center di Atlanta era specializzato nella cura della spina dorsale. Era un pericolo ma anche una speranza.

Si alzò dalla poltrona, andò in bagno, si struccò, si la-vò il viso, i denti, poi si infilò la camicia da notte. Spense le luci ed entrò in punta di piedi in camera da letto.

Andrea dormiva. Sentiva il suo respiro lento e sereno.

Stava sognando? Forse proprio quell’operazione. Scivolò lentamente sotto le lenzuola. Piano piano si abituò al buio. Aveva gli occhi aperti, stava immobile a pancia in su. Cominciò a ragionare: ipotizzava, prendeva in considerazione, scartava, valutava le conseguenze. Era possibile, si poteva fare, non sarebbe stato un peccato.

E quando finalmente vide con estrema chiarezza tutti i passaggi, si addormentò.


Sofia Valentini aveva una memoria fotografica. Si ricordava immagini, frasi, scene di film, momenti della sua vita e poi strade. Molti dei suoi ricordi erano legati a qualche cosa che l’aveva fatta ridere o piangere, qualcosa di strano o particolarmente emozionante. Le sue amiche, Lavinia, lo stesso Andrea la prendevano in giro per quella sua memoria che la “teneva sempre così attaccata al passato” e che in qualche modo non le permetteva di andare avanti.

«E dai, dimenticati qualcosa!»

E lei ne rideva, scherzava ma sotto sotto sapeva che era vero. Non aveva problemi a buttar via un golf, un vestito o un qualsiasi oggetto, ma non riusciva a dimenticare.

Ecco perché, anche se quel giorno aveva guidato senza particolare attenzione, riuscì a tornarci con grande facilità.

Un lieve bussare alla porta. L’avvocato Guarneri si tolse gli occhiali e posò quel contratto che stava leggendo sul tavolo.

«Avanti.» Si aprì la porta e si affacciò Silvia, la segretaria, leggermente timorosa. «Mi scusi…»

«Le avevo detto che non volevo essere disturbato per nessuna ragione.»

«Sì, lo so ma…»

L’avvocato Guarneri l’ascoltava con espressione sec-cata. «Ma… cosa?»


«È che c’è la signora Valentini. È venuta qui a sorpresa. E pensavo che forse era il caso di disturbarla…»

L’avvocato Guarneri si alzò dalla poltrona di scatto. «La faccia accomodare nella sala riunioni. Arrivo subito.»

Silvia richiuse la porta. Poi fece un sospiro. Il suo lavoro consisteva anche nel saper fare delle scelte. E

quella volta, ora ne era certa, aveva fatto quella giusta.

«Prego, signora, si accomodi.» Guidò Sofia nella sala riunioni. «Tra un attimo l’avvocato sarà da lei. Vuole qualcosa da bere?»

«Un caffè, grazie.»

Poco dopo Silvia tornò con un vassoio, lo posò sul grande tavolo, poi le sorrise e chiuse la porta. Sofia sentì il profumo del caffè. Mise lo zucchero nella tazzina, mescolò e alla fine bevve lentamente, perché era molto caldo.

L’avvocato Guarneri prese un blocco, si fermò davanti allo specchio, si sistemò la cravatta e si accorse che aveva dei capelli fuori posto. Ci passò sopra il palmo della mano destra lisciandoseli dietro le orecchie.

Poi si sorrise. “Che fai, Mario? Vorresti avere del fascino, piacerle? Lo sai che non ti riguarda, vero? Una così non ti vede neanche. Anche se non hai ancora cinquant’anni e guadagni bene, anche se, come dicono molte, sei un bell’uomo.” Allora sospirò. “La cosa che mi dà più fastidio è aver perso questa scommessa. Lui aveva detto che sarebbe passata oggi e così è stato.

Non c’è niente da fare. È uno psicologo eccezionale, soprattutto delle donne.” Si chiuse la porta alle spalle e si incamminò verso la sala riunioni, sapendo che avrebbe dovuto svolgere il suo ruolo da avvocato e nulla di più.

«Buongiorno, che piacere rivederla.»

Guarneri la salutò baciandole la mano, poi si accomodò davanti a lei. Notò subito il suo grande cambiamento rispetto al primo incontro. Era truccata, aveva un tailleur beige molto elegante, delle calze leggere color miele e scarpe di vernice impeccabili, marrone scuro, con il tacco alto. Già allora gli era sembrata molto interessante, ma ora era ancora più bella del suo ricordo. Guardò la sua camicia di seta color crema, era trasparente e faceva intravedere un reggiseno di pizzo chiaro.

Sofia si accorse di quello sguardo e incrociò i suoi occhi serena, come per dire: “È tutto a posto?”. L’avvocato arrossì e cercò subito di darsi un tono professionale.

Aprì il blocco e tirò fuori dalla tasca una penna, poi la poggiò sul foglio bianco e congiunse le mani.

«Allora! A cosa devo questa visita? E come mai è senza la sua insegnante?»

Sofia sorrise. «So suonare anche da sola.»

«Sì, sì, certo.» Guarneri capì che non sarebbe stato semplice. «Ha ripensato alla nostra proposta? Magari possiamo tentare per un’altra data. Il festival in Russia è già iniziato…»

Sofia lo guardò con sufficienza.

«Mi tratta da sciocca?»

«Non vorrei mai.»

«Ma lo sta facendo.»

Rimasero in silenzio.

«Il mio prezzo è di cinque milioni di euro non trat-tabili.»

L’avvocato Guarneri rimase senza parole. Non avrebbe mai immaginato che potesse chiedere una cifra simile. Deglutì.

«Non sono autorizzato a prendere nessuna decisione del genere. Devo sentire, sì, insomma, devo parlare con lui…»

Sofia si alzò. «Non c’è problema. Lo faccia presto però.» Guardò l’orologio. «Sono le dieci, entro mezzogiorno vorrei avere una risposta.»

«Ecco, non so se ce la faccio. Magari l’orario potrebbe non essere lo stesso.»


Sofia sorrise. «In qualunque parte del mondo sia, sa-rà raggiungibile. Lo svegli. Sarà una buona notizia per lui. Ci teneva tanto. Gli dica semplicemente che ci ho ripensato e che aveva ragione lui. C’è sempre un prezzo.»

Sofìa fece per uscire.

«Ma come facciamo a metterci in contatto con lei?»

«Lui ha il mio numero. Anzi, non credo che ci sia qualcosa di me che voi non conosciate. Arrivederci.»

Poi uscì da quella stanza.

Quella mattina Sofia andò in centro. Si concesse una libertà che non viveva da molto tempo e per la prima volta provò una sensazione strana. Si sentiva come una straniera, una turista. Molte cose le sembravano cambiate, le insegne dei negozi, le commesse, la gente, i clienti che entravano e uscivano da Hermès, Bulgari, Louis Vuitton. Si ricordò quel film che aveva visto una sera con Andrea prima dell’incidente e che l’aveva colpita moltissimo. Eyes Wide Shut. Non il film di per sé, anche se Stanley Kubrick era eccezionale. Era stata atti-rata dal suo punto di vista. Era bastato che quel giorno il protagonista Tom Cruise uscisse un’ora più tardi del solito da casa, perché tutto quello che gli era sempre apparso in un certo modo si rivelasse diverso. Tutto aveva un’altra luce e forse, per certi aspetti, la vera luce. Ec-co, era la stessa sensazione che stava vivendo lei. Tutto era improvvisamente cambiato eppure era tutto uguale.

Era come se avesse perso le sue preoccupazioni di sempre, essere a posto, truccata nel modo giusto, vestita in maniera idonea. Si sentiva libera. Entrava nei negozi, chiedeva un prezzo, provava un vestito, senza sentirsi osservata o giudicata. Senza curarsene. Si sentiva sicura.

E si chiese perché provava tutto questo. Ma non trovò risposta. Sapeva solo che stava bene. Si fermò davanti a una vetrina, si guardò allo specchio, si trovò diversa e quell’impressione che aveva avuto qualche tempo prima, di essere invecchiata, era scomparsa. Si piaceva. Allora sorrise maliziosa e capì. Si sentì calda, come travolta da una strana passione. Era libera dal senso di colpa. Aveva la licenza di tradire. Un uomo incrociò il suo sguardo allo specchio e le fece i complimenti con un semplice sorriso. Poi non la guardò più, si perse tra la folla, come se avesse saputo che quella donna era già impegnata. Aveva un appuntamento da cinque milioni di euro. E in quel momento il suo telefonino squillò.


La segretaria l’accompagnò fino alla stanza, poi aprì la porta.

«Prego, si accomodi.»

Sofia entrò. La porta si chiuse alle sue spalle. Di fronte aveva l’avvocato Guarneri e, seduto su un divano la-terale, c’era un altro uomo che già conosceva: Gregorio Savini.

L’avvocato si alzò. «Buongiorno.»

Fece il giro della scrivania. «Prego, sediamoci qui»

indicò una poltrona davanti a lei e lui si sedette sull’altra. Gregorio Savini era tra loro e, al passaggio di Sofia Valentini, si alzò e le porse la mano.

«È un piacere rivederla.»

Sofia ricambiò il saluto. «Grazie.» L’avvocato Guarneri aveva con sé un blocco e alcuni fogli di appunti.

Gregorio Savini le sorrideva. Chissà cosa pensava.

Forse alla fine anche lei, come tutte le altre, aveva accettato. Era stata solo una questione di soldi. Ma lei sapeva che non era così. Quei soldi sarebbero stati una nuova vita.

«Allora…» Guarneri prese la parola. «Sono contento che si possa trovare un accordo.»

Sofia precisò: «Veramente è una richiesta non trat-tabile».

Guarneri alzò un sopracciglio. «Sì, sì, certo…»

Gregorio Savini abbassò lo sguardo sorridendo.

L’avvocato prese dei fogli e li passò a Sofia. «Vorrei solo che leggesse questi, è un proforma affinché sia tutto chiaro.»

Sofia rimase immobile. «Senta. Trovo ridicolo tutto questo. Vi ho fatto una richiesta ed è stata accettata.

Cinque milioni di euro sul mio conto, ora che ci sia addirittura un contratto mi sembra troppo. Farò quello che vuole. Noi non abbiamo niente da discutere.»

«Sì, ma…»

Savini alzò la mano per frenare il suo intervento.

L’avvocato subito si zittì lasciando a lui la parola.

«Signora…» le sorrise. «È solo per non avere nessun tipo di problema, per maggior chiarezza.»

Sofia sorrise a sua volta. «Paga per scoparmi, più chiaro di così. E quello è il mio prezzo.»

«Non credo sia proprio così. Vuole cinque giorni.

Un milione di euro al giorno per cinque giorni. Dove lo decide lui, quando lo decide lei!»

«Sì, ma io come faccio a sparire cinque giorni? Non è credibile.»

«Non si preoccupi. Avrà una copertura completa.

Ci saranno più concerti in quei giorni. Usciranno degli articoli e delle notizie che renderanno tutto questo credibile. Cinque concerti grandiosi, tanto da essere pagati cinque milioni di euro.»

«Naturalmente partirò solo dopo aver visto i soldi sul conto.»