Intervenne di nuovo l’avvocato Guarneri.
«Sì, piuttosto ci deve far sapere su quale conto li vuole.»
«Sul mio. Immagino che già sappiate qual è e se non lo sapete già ci metterete un secondo.»
Guardò Savini, poi continuò: «Bene, credo che ci siamo detti tutto. E chiaro che dopo quei cinque giorni io non sarò più tenuta a niente. Voi non mi contatterete e io non lo dovrò incontrare mai più».
Savini le sorrise. «A meno che non lo vorrà lei…»
Sofia rimase per un attimo in silenzio. Era vero, lui non l’aveva più cercata. Era stata lei a farlo. Per la prima volta anche Sofia sorrise. «Ha ragione. A meno che non lo vorrò io.» Diede la mano a Savini. Poi salutò con un cenno l’avvocato e uscì.
Guarneri tornò alla scrivania.
«Non ha firmato nulla. E se poi dovesse cambiare idea?»
Savini si versò dell’acqua. «È di parola.»
«E se ti sbagliassi su di lei?»
Savini lo guardò divertito. «Tu avevi detto che non sarebbe più tornata. Lui invece era sicuro del contrario.»
«È vero. Siete stati bravi.»
Savini finì di bere. «Ho trovato io la notizia. Ma poi lui è andato oltre.»
Sofia si alzava presto la mattina e andava a correre al parco, tornava, si infilava sotto la doccia, poi faceva colazione con Andrea e subito usciva di nuovo. Passeggiava molto, andava in centro, si divertiva, si sentiva leggera in quella sua nuova dimensione, come una persona che sta aspettando un appuntamento importante al quale sa che non potrà mancare. Ogni tanto si fermava davanti ai negozi più eleganti, rimaneva lì a guardare quel bel vestito in vetrina, poi entrava e lo provava, sfilava, si guardava allo specchio, chiedeva il prezzo. Erano comunque troppo costosi. Poi una volta le venne da ridere.
«Costosi? Ma io tra poco avrò cinque milioni di eu-ro…»
Anche quel giorno uscì dal negozio senza comprare nulla. Comunque quei soldi non erano per lei. Era per questo che poteva accettarli. Ne aveva parlato a casa cercando in qualche modo di preparare il terreno.
«Ti ricordi Olja, la mia insegnante?»
«Sì, certo…»
«Sta prendendo contatti con le maggiori agenzie internazionali per vedere se posso tenere qualche concerto in giro per il mondo…»
Andrea sorrise, smise di battere al computer e la guardò con tenerezza. Cinque milioni di euro. Quanti concerti avrebbe dovuto fare per raggiungere quella cifra? Sofia indovinò i suoi pensieri.
«Guarda che poco tempo fa mi avevano fatto una proposta molto importante in Russia… Mi davano una marea di soldi e ho rifiutato.»
«E perché?»
«Ho fatto un voto e soprattutto allora non avevo nessuna ragione per accettare…»
Andrea la guardò con amore. «Qualunque cosa deciderai di fare, io sarò felice. E se per caso ci riuscirai…»
piegò la testa di lato, «lo sarò ancora di più. Tutto questo comunque non era previsto, io non potevo neanche sperarlo…»
Cercò qualcosa sul computer come per distrarsi. Poi parlò di nuovo, con voce più bassa e senza guardarla.
«Ma è un sogno a occhi aperti, solo l’idea di poter tornare a camminare… Non mi sembra possibile, mi è vie-tato perfino sperarlo…» Allora alzò lo sguardo. «Non posso essere paralitico per la seconda volta.»
Sofia si sentì morire. Si tolse vestito, reggiseno e mutandine e si infilò nel letto accanto a lui. Lo abbracciò, voleva amarlo ed essere amata. Scivolò con la gamba sinistra sulla sua pancia, sentì la sua pelle e lentamente il suo desiderio. Allora scese dal letto, abbassò un po’
la serranda, gli tolse il computer e spostò il tavolino.
Poi eccitata gli salì sopra. Si iniziò a muovere lentamente, libera, abbandonata, senza pensieri né aspettative, senza pensare al suo appuntamento, al passato o al futuro, e così piano piano venne. Lo fece gemendo, sospirando, sempre di più, quasi urlando, tanto che al-la fine cadde su di lui, sudata, con i capelli tutti avanti, sulla sua bocca che dischiusa respirava veloce e le sue labbra umide, bagnate, che alla fine lui baciò.
«Come va, amore? Tutto bene?»
«Sì…» Era ancora affannata. «È stato bellissimo…»
Andrea sorrise. «Lo immagino.»
Allora lei si mise a ridere e lo baciò di nuovo, poi scivolò sotto le lenzuola, gli spostò più giù il pigiama e con la bocca gli diede piacere fino a sentire gemere anche lui.
Poco dopo gli fu di nuovo a fianco e lo abbracciò.
Rimasero così, fermi, immobili, mentre lentamente i loro respiri tornavano regolari. Silenzio. Silenzio nella stanza. Si sentiva solo il battito dei loro cuori. Qualche macchina lontana. Un allarme ancora più distante. Dei fuochi d’artificio di chissà quale festa, un’eco fuori tempo per nessuna particolare ricorrenza.
Poi Andrea parlò.
«Amore, grazie per tutto quello che fai per me.»
Sofia non disse nulla. Rimase in silenzio. Lentamente delle lacrime cominciarono a scenderle sulle guance, calde, salate. E avrebbe voluto fermarle, saper resistere, magari perfino sorridere, essere felice e non sentirsi in colpa. Ma non ci riusciva. Chiuse gli occhi. Avrebbe voluto essere lontano, essere una bambina, ecco sì, una bambina da amare e basta, senza pensieri, senza responsabilità. Una bambina che doveva lavarsi i denti, andare a letto e fare il sogno più bello che avesse mai potuto immaginare… Ma non le era più permesso. Era passato quel tempo. Allora l’abbracciò più forte, lo strinse a sé, sperando che non avesse capito nulla, poi corse in bagno. E il giorno dopo arrivò quella telefonata.
La segretaria Silvia l’accompagnò in una stanza all’ultimo piano. La fece accomodare in una sala d’attesa molto elegante, che non aveva niente da invidiare ai salotti delle migliori riviste d’arredamento.
«Le posso portare qualcosa?»
«No grazie, molto gentile.»
«Benissimo.» Le sorrise uscendo. La segretaria non aveva detto né fatto niente che potesse metterla in imbarazzo o fuori posto, si era comportata esattamente come se quella fosse stata la prima volta che si incontravano.
Eppure Sofia era nervosa. Forse perché non c’era più la possibilità di tornare indietro, di ripensarci, forse perché sapeva che altri conoscevano la sua storia, quello che stava per fare. Le venne in mente Lavinia e il senso di colpa e la Chiesa ma non fece in tempo a pensare ad altro perché proprio in quel momento la porta si aprì.
«Buongiorno. Come sta?»
L’avvocato Guarneri le diede la mano.
«Bene, grazie.»
«Le presento Marina Recordato, la mia assistente personale, la seguirà nelle piccole cose che dovremo fa-re perché tutto sia a posto…»
«Buongiorno.»
Marina Recordato era una donna di circa quaranta-cinque anni, capelli corti, occhiali e un tailleur grigio gessato. Aveva un bel corpo, notò Sofia, e un modo raf-finato ed elegante di muoversi. Si chiese quante altre “pratiche” di quel genere avesse trattato ma decise che era meglio non pensarci.
«Prego, accomodiamoci.»
Sofia si sedette di nuovo sul divano, l’avvocato su una poltrona in pelle davanti a lei, la sua assistente di fianco a Sofia. L’avvocato aprì una cartellina.
«Allora, lei partirà tra dieci giorni, questo è il contratto tra lei e la Abu Dhabi Cultural Foundation. Saranno cinque importanti concerti ad Abu Dhabi, la prima grande occasione in cui la cultura verrà prima della ricchezza…» La guardò sorridendo. «Ha capito quanto sarà importante questa sua partecipazione?»
Sofia non aveva voglia di scherzare. Guarneri se ne rese conto.
«Allora andiamo avanti, procedo. Lei dovrà firmare qui sotto e tenerne una copia, noi ne avremo tre. In realtà non si troverà negli Emirati Arabi. Le verrà da-to un telefonino con possibilità di chiamare e ricevere senza alcun problema. Fra tre giorni daremo notizia di questo grande evento, verrà creato un sito con aggior-namenti continui, dopo il suo primo concerto saranno pubblicati dei commenti da parte del pubblico che avrà apprezzato la sua esibizione. Questi sono i cinque concerti che lei farà…»
Le passò una cartella stampa che conteneva un programma di sala stampato in modo impeccabile. Quando lesse i pezzi che avrebbe dovuto suonare rimase esterre-fatta: era una vera e propria provocazione ma anche, per così dire, un meditato e intelligente messaggio in codice. Quello non era altro che il leggendario programma che Glenn Gould suonò nel nella Sala Grande del Conservatorio di Mosca! Impossibile non riconoscerlo.
All’epoca Gould era un venticinquenne quasi sconosciuto che un paio di anni prima si era distinto per un’incisione particolarmente brillante delle Variazioni Goldberg di Johann Sebastian Bach. La sera del suo primo concer-I
to a Mosca la sala era semivuota ma l’interpretazione fu talmente straordinaria che nei giorni successivi si sparse la voce in tutta la città e il suo secondo concerto, che si tenne il maggio, solo cinque giorni dopo il primo, fu un vero trionfo. Il Conservatorio fu preso d’assalto, centinaia di persone non riuscirono a trovare il biglietto e dovette intervenire la polizia per placare gli animi di chi era rimasto escluso. Tra il pubblico c’erano anche Boris Pasternak e Maria Iudina, la famosa pianista amata da Stalin. Sofia si ricordò di quell’aneddoto secondo cui Stalin aveva sentito la Iudina interpretare Beethoven alla radio e aveva chiesto di poter avere il suo disco. E quando gli avevano risposto che non era possibile perché non esisteva una registrazione, aveva ribattuto: “La voglio domani”. E il giorno dopo l’incisione era pronta.
Il programma prevedeva brani di Berg, Webern, Kre-nek e si chiudeva con Bach — tre contrappunti dell’Arte della fuga e sei pezzi delle Variazioni Goldberg. L’interpretazione di Gould fu indimenticabile, originale ed entusiasmante. Di quel concerto fu fatta una registrazione che Sofia possedeva. Era la versione restaurata della Glenn Gould Edition della Sony. Sofia si domandò come avevano potuto avere quell’idea e soprattutto chi l’aveva avuta. Guarneri? Savini? Tancredi? Poi si ricordò di un pezzo sul “Corriere della Sera” che parlava di quel concerto a Mosca e pensò che in fondo non fosse così segreto…
«Se vuole cambiare qualcosa del programma non c’è problema.» Guarneri si accorse del suo silenzio.
«No, è un bel programma» rispose lei.
Guarneri la guardò con intensità come se si aspettasse un commento ma Sofia sostenne muta lo sguardo.
«Benissimo, allora lo potrà portare a casa come ricordo di questa esperienza.»
Le passò cinque programmi su carta bianca molto elegante, con al centro in rilievo un pianoforte in fì-
ligrana d’oro. Lo aprì. Erano state riportate tutte le opere che Sofia avrebbe eseguito in quella serata con un’orchestra e sotto la direzione di un famoso maestro tedesco. Sofia rimase sorpresa.
«E quando questo direttore si accorgerà che il mondo parla del suo concerto ad Abu Dhabi, mentre lui è da tutt’altra parte, cosa accadrà?»
Guarneri le sorrise. «Il direttore è stato molto contento di prendersi una vacanza di cinque giorni. Era molto stressato, è un grande amante del gioco, forse troppo grande rispetto alle sue finanze. Aveva un grosso debito, molto grosso, che noi siamo stati felici di can-cellare. Le fa sapere che è orgoglioso di dirigerla, anche se non la conosce personalmente.»
«E se un giorno parlasse?»
«Sarà la sua parola contro quella dei giornali e di una rete di persone che avrà assistito al vostro concerto.»
Poi le sorrise.
«Noi cerchiamo di risolvere problemi, non certo di crearli… Questi sono i biglietti aerei.»
La sua assistente li tirò fuori dalla cartellina e li mise sul tavolo.
«Viaggerà in prima classe, partirà alle. da Fiumicino il giugno e tornerà il a Roma, ritorno sempre in prima classe.»
Sofia guardò i biglietti.
«Ma sono veramente per Abu Dhabi?»
«Certo, lei partirà e tornerà da Abu Dhabi. Lì ci sarà un aereo privato ad aspettarla che la porterà alla sua reale destinazione.»
«E dove?»
«Questa è l’unica cosa che non so. Non mi hanno dato possibilità di saperlo, forse perché temevano che io potessi cedere di fronte alla sua insistenza.»
Per la prima volta da quando si erano conosciuti, Guarneri le sembrò simpatico.
I
«Allora, i biglietti li ha visti, il contratto da firmare anche, questo dovrebbe essere il suo conto corrente…»
L’assistente le passò un documento bancario con stampato sopra l’Iban.
Sofia tirò fuori la sua agenda dalla borsa e l’aprì, controllò i dati. «Sì.»
«Bene.» L’assistente rimise il foglio nella cartellina.
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