«Maestra, ma perché piange? È stata bravissima!»

Sofia accarezzò i capelli di Elena.

«Non ti commuovi mai tu? Quando per esempio hai perso qualcosa di importante che amavi tanto, come magari degli orecchini che ti avevano regalato i tuoi genitori e improvvisamente li ritrovi?»

«Sì, è vero!»

«Ecco, a volte si piange anche perché si è felici. Forza, fuori di qui, che la lezione è finita.»

Poco dopo era in macchina, stava tornando a casa.

Aveva appena finito di spiegare a Olja, proprio co-me le aveva suggerito Guarneri, che lo studio l’aveva richiamata proponendole cinque concerti in un altro Paese e soprattutto una cifra alla quale non aveva potuto dire di no. Quella somma sarebbe servita a realizzare il suo unico desiderio: restituire l’uso delle gambe ad Andrea.

«Un grande chirurgo giapponese sta studiando dei nuovi interventi che prevedono l’uso delle cellule staminali. Sembra che sia in grado di fare miracoli. Naturalmente è molto costoso. È solo per questo che torno a suonare, Olja, con quello che guadagnerò Andrea potrà tentare questa operazione.»


«Sì.» Olja l’aveva guardata con grande tenerezza e le aveva fatto una carezza sulla guancia. «Ti meriti tutto quello che desideri.»

Capì che questa volta lei non era prevista, così le disse semplicemente: «Ti penserò».

Sofia le lesse negli occhi il dolore di non poter as-sistere al suo ritorno sul palco. Con un sorriso Olja la lasciò semplicemente andar via, dimostrando quel vero amore di chi sa mettere davanti a sé la persona amata.

Sofia girò a lungo per la città prima di tornare a casa.

Era nervosa. Voleva affrontare tutto senza sbagliare.

Si chiese: “Cosa faresti se dovessi davvero dare quei concerti? Come li affronteresti? Puoi essere credibile solo se sei naturale”. Allora tornò con la mente indietro, cancellò tutti i passaggi della mattinata e cercò di viverlo nel modo più vero possibile. E in un attimo capì. “Sarei sorpresa, sarei felice e piena di entusiasmo.

Crederei di nuovo nella vita e nelle sue infinite risorse che, quando meno te lo aspetti, riescono a stupirti.”

E così fece tutto quello che le passò per la testa, poi arrivò a casa.

«Amore! Una notizia incredibile!»

«Che è successo?»

Andrea era in salotto che guardava la tv.

«Ci sono riuscita! Ti ricordi che ti avevo parlato di un’importante organizzazione che mi voleva a tutti i costi per un festival russo? Be’, oggi mi hanno richiamato perché hanno preso contatto con degli arabi che si sono mostrati molto interessati. Io sono stata irremovibile sul prezzo e loro hanno accettato, farò cinque concerti e mi daranno cinque milioni di euro. È un sogno. Ma è vero.

È tutto vero.»

Si inginocchiò davanti a lui, lo abbracciò forte, stringendolo a sé e cominciò a piangere. Non stava fingendo, era semplicemente se stessa. Era Sofia di fronte a uno sbaglio commesso tanto tempo prima, felice di aver trovato il modo per essere perdonata. E soprattutto di tornare a vivere. Lo baciò sulle labbra. Andrea le sorrise.

«Amore, non piangere.»

«Sono troppo felice.» Si rialzò da terra, raccolse la borsa e andò a prendere la busta. Andrea intanto spense la tv. «Ecco, guarda.» Gliela passò. Andrea l’aprì e cominciò a leggerla attentamente. Intanto Sofia andò in cucina. Andrea continuava a leggere mentre sentiva il rumore del frigorifero.

«Non è incredibile?» La voce di Sofia gli faceva compagnia dalla cucina. «E quello di cui avevamo bisogno…» Poi rientrò in salotto. «E suonerò di nuovo, per te, per noi… Per tutto quello che sarà dopo.»

Andrea poggiò i fogli sulle gambe. Rimase per un attimo in silenzio. «Non voglio che tu vada.»

«Cosa?» Sofia avvicinò una sedia e si mise di fronte a lui, gli prese le mani.

«Ma cosa dici, amore mio, che vuol dire?»

Andrea la guardò negli occhi. «Non posso credere che tornerò a camminare.»

«Perché no, amore? Perché non dovrebbe essere co-sì? Non ti sembra possibile? Abbiamo letto molto di questo medico, ce ne ha parlato anche Stefano, è riuscito in tutto quello che ha tentato, è un genio della chirurgia. Perché non dovrebbe essere possibile anche per te?»

Prese in mano i fogli.

«Perché tutto questo mi sembra uno scherzo del destino, è come se mi prendesse in giro. Spunta dall’altra parte del mondo un medico che si occupa proprio del mio problema, ha un costo altissimo. Poi ecco che arrivano dei milionari arabi che sono disposti a pagare così tanto proprio per te, per una pianista che non suona più da oltre otto anni e, guarda caso, sono disposti a sborsare proprio cinque milioni di euro, una cifra impossibile, senza nulla togliere alle tue qualità. Perché dovrei crederci? Non ti sembra una beffa, uno scherzo di pessimo gusto?»

Sofia si alzò e si mise in piedi di fronte a lui.

«E per quale motivo non ci devi credere?»

«No, Sofia, non è verosimile. Sembra un piano perfetto…»

«Non è possibile che ci sia una persona così cattiva, così cinica da montare una cosa del genere, non è poss…» Poi d’un tratto si interruppe, rimase di colpo in silenzio, come se in un attimo tutto le apparisse chiaro. “E se quel medico non esistesse? Se fosse tutta una montatura solo per passare cinque giorni con me? No.

Non può essere. “

«A cosa stai pensando?» Andrea la guardò, improvvisamente indagatore.

Sofia allora capì che quel momento era decisivo, doveva giocare il tutto per tutto, ci avrebbe pensato dopo se era tutta una messinscena. Non doveva tradirsi, non adesso.

«Penso solo che bisogna avere il coraggio di vivere.»

E se ne andò in camera da letto sbattendo la porta.

Aveva bisogno di tempo, solo un attimo per riprendersi, le sembrava di scivolare in un abisso. Si lasciò cadere sulla poltrona e si portò subito le mani tra i capelli. “No.

Non è possibile, non può essere arrivato a tanto. Se è co-sì lo denuncerò, anzi no, partirò con lui e lo ucciderò…”

Poi sentì il cigolio della porta che piano piano si apriva.

«Amore…» Comparve Andrea. «Scusami, sono stato un insensibile. Tu hai fatto tutto questo per me, per noi, e io lo sto mettendo in dubbio stupidamente. Perdonami, ti prego.»

Sofia gli si avvicinò e lo abbracciò. Ora era Andrea a piangere.

«E che non mi sembra vero. È un sogno. Ho paura di svegliarmi da un momento all’altro.»

«Shhh… È tutto vero, amore, e noi siamo fortunati ad avere questa occasione… Forse ce la siamo meritata.»


Non sapeva più cosa pensare. Non era più del tutto convinta di quelle sue parole. «Dobbiamo solo capire se questo professore è veramente in grado…»

Andrea si staccò da lei, ora aveva un altro viso, un altro entusiasmo. «Sì, ho parlato con dei medici dell’ospedale, anche loro ne hanno sentito parlare.»

Sofia si ricordò di quella stanza piena di ragazzi che lavoravano al computer, di come avevano ritoccato le sue immagini del passato, di come avessero cancellato al volo il bracciale dal suo polso. Quei ragazzi erano in grado di rendere credibile qualsiasi cosa.

Andrea continuò: «Non può non essere vero. Hanno intervistato anche le persone che sono state operate, c’è di tutto su internet… Ormai se ne parla da diversi mesi, se non fosse stato vero sarebbe già uscito tutto».

Sofìa si tranquillizzò. Quel professore non era virtuale. Baciò Andrea sulle labbra che le sorrise.

«Il fatto che tu abbia trovato quella cifra mi sembra una cosa incredibile…»

«Sì, anche per me lo è. Non so che dire. Quando queste cose capitano, si può essere semplicemente felici. Vieni…» Andò in salotto seguita da Andrea. «L’ho presa per festeggiare.»

Tirò fuori una bottiglia di champagne. «Aprila, dai…

Viviamo tutto questo come un sogno a occhi aperti.

Magari sarà un cammino lungo, magari non sarà facile, magari ci saranno delle difficoltà, ma dobbiamo avere la pazienza di accettarle quando non si potrà fare altro e la forza di superarle quando sarà possibile… Questa volta forse lo è.»

Andrea aprì la bottiglia. Il tappo esplose verso il soffitto e rimbalzò cadendo lontano.

«È di buon auspicio.» Sofia sorrise e gli passò i bicchieri che aveva preso in cucina. Andrea cominciò a versare lo champagne mentre lei scartò un pacchetto.

«Ho preso anche una Mimosa di Cavalletti. Oggi voglio proprio festeggiare e se metto su due chili… be’, li perderò!»

Andrea le passò il bicchiere fissandola negli occhi.

Sofia posò la torta e alzò il calice, rimasero in silenzio in attesa che uno dei due trovasse le parole giuste. Poi fu lui a parlare.

«Per tutto quello che hai fatto per noi e per il tuo amore che a quanto pare… è miracoloso.»

Era commosso. Anche Sofia stava per piangere.

«Adesso ricominciamo, uffa…»

Andrea si mise a ridere. «No, è vero, dobbiamo stare allegri, c’è pure la torta, scusa!»

Così brindarono toccando i calici con forza, facendo danzare quello champagne e lo bevvero tutto d’un sorso, fino alla fine. Poi tagliarono la Mimosa.

«Mmm, buonissima.»

«Sì.»

Andrea continuava a fissarla. Sembrava una bambina, staccava il suo pezzo di torta col cucchiaio. Lo riempiva veloce, lo portava alla bocca, non faceva in tempo a mandarlo giù che subito ne prendeva un altro. Poi si accorse che lui la guardava. «Che c’è?»

«Vorrei essere mangiato come quella torta…»

Sofia sorrise con la bocca ancora piena.

«Fammela finire e poi vedi che ti faccio…»

E lei continuò a mangiare, e lui a fissarla.

«Ma mi lasci mangiare in pace?»

«Sì. È che ho un po’ paura.»

Sofia diventò improvvisamente seria. «Di cosa?»

«Non vorrei che cambiasse mai nulla tra noi, sono felice così.»

«Perché dovrebbe?»

«Un cambiamento a volte porta altri cambiamenti…»

Sofia lo guardò. «È un rischio che devi correre… In tutti i sensi.» Poi sorrise, gli tolse il piatto dalle mani e cominciò a mangiare anche il suo pezzo di torta.


Nei giorni seguenti arrivarono i biglietti con un DHL. Il momento si avvicinava. Sofia cercò di non pensarci. Attraversava la città e si accorgeva di cose che non aveva mai notato. Alberi, piante, costruzio-ni, monumenti, il colore delle case. Alzava lo sguardo e scopriva attici bellissimi. Li guardava con meraviglia eppure erano sempre stati lì. Era passata accanto a quelle bellezze, a quei dettagli, come se fosse stata cieca. Si era fermata da un fioraio e aveva ordinato diversi mazzi per casa. Aveva preso dei tulipani, delle margherite gialle, dei ranuncoli di tutti i colori e dei gigli dal profumo forte.

«Me li può portare verso l’ora di pranzo?»

Poi aveva comprato alcune bottiglie di vino. Aveva preso del rosso e del bianco, degli ottimi Lacrima di Morro d’Alba Piergiovanni Giusti e del Pinot Bianco Penon Nais Margreid, che su una rivista erano segnalati per il buon rapporto tra qualità e prezzo.

«Ottima scelta» le aveva detto il commesso dell’eno-teca vicino casa. «Ottima scelta davvero. Molta gente paga delle bottiglie di qualità inferiore centinaia d’euro.

Io lo dico sempre, non ci vuole niente a essere bravi così. Quelle sono tutte persone arricchite, prendono il vino per fare i fenomeni quando invitano altri cafoni che ne sanno meno di loro…»

Sofia non sapeva cosa rispondere, annuiva e basta, aggiungendo a volte un minimo: «Eh, già…».


«Invece è comprando questi vini che si fanno crescere le piccole aziende di qualità, che meritano molto più di altre.»

«Eh, già…»

Poi le consegnò la busta, Sofia pagò e si salutarono. “La cosa bella di alcuni commessi” pensò, “è che ti spiegano la loro filosofia. “

Entrò a casa divertita, felice di aver fatto una scelta giusta, almeno in materia di vini e proprio in quel momento il suo telefonino squillò. Lo cercò disperatamente dentro la borsa, spostando i fazzoletti, le chiavi, il portafoglio, l’agenda e alla fine lo trovò. Numero privato. Chi poteva essere? Tutti. Chiunque. Lui. Il suo cuore cominciò a battere all’impazzata. Perché dovrebbe chiamarmi? Cosa può essere successo? Fece un lungo respiro poi rispose.

«Pronto.»

«Signora Valentini?»

«Sì.»

«Sofia Valentini?»

«Sì?»

«Mi scusi se la disturbo, sono Luigi Gennari.»

Sofia rimase un attimo in silenzio. “Luigi Gennari…

Ho già sentito questo nome, ma chi è? Non me lo ricordo.” La voce le venne in soccorso.

«Sono il direttore della sua banca.»

Ecco chi era! Quel tipo basso, pelato, con i baffetti che non l’aveva mai degnata di uno sguardo. E come mai ora la chiamava di persona? E certo. In un attimo capì.