«Mi scusi se la disturbo, ma credo che lei sappia, sì, insomma non credo che sia un errore, volevo dirle che…»

«Sì, direttore. Sul mio conto sono arrivati cinque milioni di euro.»

«Ecco, sì. E volevamo sapere se le potevamo essere I

utili in qualche modo, se li vuole investire. Mi farebbe piacere riceverla. Ho preparato varie ipotesi di investimento. Oppure le mando il nostro promotore finanziario a casa all’ora che lei preferisce… Pronto?»

Sofia sorrise. Era ancora lì. Avrebbe tanto voluto attaccare. Decise che c’era una tecnica migliore. «Nei prossimi giorni dovrebbero arrivare altri bonifici, però non mi chiami, direttore, la cercherò io quando sarò libera.»

«Sì, sì, certo. Anzi, mi scusi.»

«La scuso.» E attaccò. Be’, se non altro questo sfizio se l’era tolto. Così andò subito a uno sportello di banca, inserì il suo bancomat, digitò il codice senza farsi vedere, quella volta più attenta che mai e andò su “visualizza saldo”. Non poteva credere ai suoi occhi. La cifra era proprio lì, al centro di quello schermo:.. euro.

Senza volerlo coprì ancora di più lo schermo e si guardò in giro, poi rise di questo suo eccessivo zelo. Digitò alcuni tasti finché non scelse l’opzione “stampa”. Quando il foglietto uscì dallo sportello, lo piegò più volte e lo infilò nella tasca del portafoglio. Un attimo dopo era a casa.

«Guarda…» Lo mise sul tavolo sul quale Andrea stava disegnando. Andò a finire proprio sul progetto di una villa a Ladispoli. La cifra riportata ne avrebbe potute comprare più di trenta. Andrea prese quel foglietto tra due dita come se fosse un prezioso reperto, una pergamena ritrovata in chissà quali antichi scavi, una notizia che avrebbe sconvolto il mondo. In realtà era l’annuncio della sua nuova vita.

«Non ci posso credere. Sono arrivati sul serio. Era giusto che il mondo riconoscesse le tue capacità, il tuo dono non ha prezzo. Amore, solo grazie a te…» indicò le sue gambe, «potrà avvenire questo miracolo. Ogni singola nota che suonerai sarà guidata dal tuo cuore. Grazie.»

Allora Sofia rimase in silenzio, non fu capace di di-re nulla, né di sorridere. Sapeva che sarebbe arrivato quel momento e aveva immaginato mille volte quella scena ma non era servito a nulla. Cominciò a piangere.

Lacrime silenziose, una dopo l’altra, scendevano sulle sue guance. Senza aspettare, sempre più grandi, dolo-rose, timide, ma consapevoli di quel grande imbroglio, di quella bugia nascosta.

«Amore, ma perché piangi?» Andrea si spinse in avanti, la raggiunse, le prese le mani, cercò di consolar-la. «Non fare così, mi metti in difficoltà, non so più che dire, come comportarmi… amore, ti prego.»

Sofia continuava a piangere. Era diventata particolarmente fragile in quest’ultimo periodo. “Perché?” si chiese. Andrea allungò la mano, cercando di fermare quelle lacrime.

«Ti prego…» Ma più parlava, più lei piangeva. “Co-me può essere così ingenuo” pensò, “come può non capire? È un altro prezzo quello che sto per pagare, Andrea, non è certo per la mia musica, per le mie doti o qualità… Mi sono venduta. Venduta.” E sentire pro-nunciare nella sua mente quella parola fu ancora più doloroso. Una smorfia le si dipinse sul viso, Andrea se ne accorse.

«Non importa. Non andare.»

E Sofia in quell’attimo avrebbe voluto fermare quella messinscena, svegliarsi da quel sogno di cartapesta, abbracciarlo, dirgli tutto, sentirsi di nuovo libera, sua, solo sua e di nessun altro, per nessun prezzo…

Ma capì che non era possibile, sarebbe stato stupido.

Era arrivata fin lì, doveva andare avanti.

«No, va tutto bene, amore.» Sorrise rientrando nella parte. «Sono emozionata proprio come te.»

E si abbracciarono. Rimasero così a lungo in silenzio.

Poi Andrea si staccò da lei, le fece una carezza e le sorrise. «Andrà tutto benissimo, vedrai. Siamo stati fortunati. Peccato solo per una cosa…»


«Cosa?» Il cuore di Sofìa cominciò a battere veloce.

“E ora cosa mi vuole dire? Cosa ha capito? Cosa ho sbagliato? Ecco, lo sapevo…”

Andrea prese la sua mano, la girò, mise il palmo verso l’alto, poi ci poggiò dentro le sue labbra e la baciò.

Comparvero solo i suoi occhi da lì sotto, pieni d’amore.

«Sarei tanto voluto venire con te.»


Tutto doveva sembrare vero. Non sarebbe stato naturale se non l’avesse fatto. E soprattutto, per come era lei di carattere, non sarebbe stata credibile. “Se devono essere le Goldberg, lo siano! ” si disse Sofia. L’opera più complessa, più difficile, più tutto. Più che inventata da Bach, si diceva che fosse stata soltanto trascritta dal Maestro perché in realtà composta da Dio. Sofia era consapevole del fatto che Andrea era a pochi metri da lei nell’altra stanza e che avrebbe ascoltato tutta la sessione giornaliera. Sarebbe stato costretto ad ascoltare otto ore di studio. Non voleva dare l’idea di un approc-cio approssimativo ma in realtà era emozionatissima perché, per la prima volta dopo tanti anni, era arrivato il momento della prova, del confronto.

Guardò la tastiera e lo spartito aperto alla prima pagina, Aria, ed ebbe una specie di vertigine. Ma non si lasciò tentare. Non avrebbe provato a leggere le Variazioni dalla prima all’ultima pagina. Avrebbe invece iniziato a studiare una sola variazione, la N. Mai e poi mai sarebbe riuscita a preparare le Variazioni se non le avesse già messe in repertorio all’età di sedici anni e poi eseguite in pubblico svariate volte quando ne aveva diciannove.

Si guardò le mani, le incrociò e attaccò alla giusta velocità, cioè paurosa. Stacchi di sinistra e articolazione virtuosistica tutta di scale con la destra e fin qui tutto bene ma, ecco, la sinistra risponde e viene su dalla terza ottava con proibitivi e minutissimi scavalcamenti rego-lati da una diteggiatura troppe volte studiata e messa a punto. La testa le si accese di piacere, le mani neppure si vedevano, lei era quella variazione, era Bach, era il pianoforte, era ogni singolo tasto, era la messaggera di Dio. Ultima nota poggiata con il mignolo della mano sinistra e subito di nuovo da capo l’attacco con la destra.

Ultima nota. Attacco. Senza più smettere.

Andrea nell’altra stanza, gli occhi lucidi, distolse lo sguardo dal muro e chinò la testa.

Verso l’ora di pranzo Sofia si prese una pausa e andò al conservatorio per studiare quattro ore sullo Steinway. Più tardi, nel pomeriggio aveva appuntamento con Ekaterina Zacharova. Le raccontò del suo viaggio e presero accordi perché la sostituisse.

«Ti invidio, sarà un’esperienza bellissima.» L’abbracciò. Sembrava sincera.

«Dovrai prendere il mio posto da oggi, devo assolutamente essere all’altezza per quei cinque concerti.»

«Lo faccio volentieri, Sofia.» Si lasciarono così.

Ekaterina rimase a guardarla ferma in mezzo alla piazza, con un po’ di invidia per questa splendida occasione che le si era presentata.

La mattina prima di partire iniziò a preparare le valigie. Come le aveva suggerito l’assistente dell’avvocato Guarneri, prese i vestiti che indossava nei filmati che aveva visto in quell’ufficio. Li provò, le stavano ancora bene. Forse non suonava più come allora ma almeno non era ingrassata. La sera aprirono uno dei vini bianchi che aveva comprato, un Pinot Bianco Penon Nais Margreid, mangiarono in silenzio degli spaghetti allo scoglio e un ottimo dentice al forno. Poi con una tenera naturalezza finirono a letto.

«Mmm, sai che era proprio buono quello che hai cucinato?»


«Ti è piaciuto sul serio o mi prendi in giro?»

Sofia cercò il suo sguardo.

«Sul serio, ti giuro. Anzi, sono preoccupato. Non hai mai cucinato così bene!»

Lei gli diede una spinta. «Stupido. Ho fatto piatti molto migliori di quelli di stasera, è che sei come tutti gli uomini…»

«Cioè?»

«Che quando non avete tutto sotto controllo, allora cominciate ad accorgervi di cosa potreste perdere…»

Andrea la guardò meglio. «Perché… ti perdo?»

«Se parli male di come cucino rischi grosso.»

«Sei sempre stata la migliore cuoca che io abbia mai conosciuto.»

«Non dire bugie…» Sofia scese dal letto e attraversò nuda la stanza. Nel pallore della luna il suo corpo appariva snello, i suoi seni pieni e rotondi, il suo sedere asciutto, forte, muscoloso.

«Mi sto eccitando di nuovo…»

«Dobbiamo dormire. Domani parto presto…»

Entrò in bagno.

Andrea sentì l’acqua scorrere. «Già mi manchi.»

Sofia alzò la voce dal bagno. «Ho detto niente bugie.»

«Ma è vero!»

Tornò in camera da letto, si stese vicino a lui. Andrea allungò la mano, le accarezzò le gambe.

«Hai preso dei vestiti carini?»

«Sì… Quelli per i concerti e poi delle cose più semplici.»

Salì più su sempre accarezzandola. «Il passaporto?»

«È sul tavolo dell’ingresso.»

Salì ancora più su, lei allargò le gambe. Sentì un suo sospiro, ma sorridendo continuò a parlare.

«Hai portato qualche maglia, magari farà freddo.»

«Una sola… Farà caldo…»

Andrea la sentiva muoversi al tocco delle sue dita.


«Ci sentiremo?»

«Non sarà facile. Mi hanno detto che mi daranno un cellulare, lì le linee fisse sono disturbate, ma ci sposte-remo spesso da quello che ho capito…»

«Ah…»

Andrea continuava ad accarezzarla, lei sospirò e chiuse gli occhi. «Vieni sopra di me…» In un attimo Sofia gli fu sopra. Andrea la teneva forte ai fianchi.

«Mi mancherai, amore.»

«Anche tu…» Cominciò a muoversi sempre più veloce sopra di lui, spingeva con forza il suo ventre verso il basso, era molto eccitata, chiuse gli occhi, mandò la testa all’indietro e venne con delle piccole grida insieme a lui. Rimasero così in quel letto disfatto d’amore, recu-perando piano piano le loro forze.

Poi Andrea parlò. «Amore, in questi giorni che ti ho sentito suonare di nuovo mi sono emozionato. E stato bellissimo. È un peccato aver perso tutto questo tempo.»

«Forse tutto quello che ci sta accadendo è anche per questa mia rinuncia.»

«Vedrai che suonerai benissimo. Saranno cinque concerti spettacolari. Non potrai più fermarti.»

Sofia lo guardò nella penombra della camera. «Amore, ne parliamo quando torno.»

«Sì. Hai ragione.»

Poco dopo Andrea si addormentò. Sofia sistemò le ultime cose, mise qualche altro indumento in valigia e tornò a letto. Ripensò alle sue ultime parole.

“Sarà la tua nuova vita.”

“Cosa accadrà in questi cinque giorni?” Guardò l’orologio. Domani a quest’ora sarò da lui. E iniziò a provare una strana eccitazione. Fu come tornare a quando da piccola si avvicinava il momento di partire per il mare. Avrebbe ritrovato gli amici e soprattutto un ragazzo che le piaceva tanto e che vedeva solo d’estate.


Si accorse che era emozionata come spesso le era accaduto la sera prima di un concerto. Non era solo paura o curiosità. I suoi concerti erano una sfida, qualcosa che avrebbe dovuto portare fino in fondo nel migliore dei modi. Questa volta però era una sfida diversa con un ingaggio senza precedenti: cinque milioni di euro. Erano già sul suo conto. Poi pensò al perché di quei soldi.

Allora si sentì più sicura, più rilassata. Solo cinque giorni con un uomo sconosciuto. Cosa posso perdere? Ma quell’ultima domanda non poteva aver risposta. Così, alla fine, anche lei si addormentò.


«È arrivato il taxi.» Andrea chiuse la tenda.

«Ciao, amore.» Sofia si piegò su di lui, gli diede un bacio, poi gli sorrise, prese la valigia, il beauty e uscì senza girarsi. Vedendola arrivare, il tassista scese dall’auto e sistemò i bagagli nel baule.

Sofia alzò il viso. Andrea era dietro la finestra e mosse la mano per salutarla. Lei gli sorrise, poi entrò nel taxi.

Un attimo dopo girarono l’angolo e sparirono inghiot-titi dal traffico. Il tassista la guardò nello specchietto.

«Dove andiamo?»

«All’aeroporto di Fiumicino, grazie.»

Sofia si raccolse i capelli mentre andavano e lentamente si fece due trecce, le fermò con gli elastici. Le servì per ingannare il tempo fino all’aeroporto. Poi pagò e scese. Trovò senza difficoltà il banco per la partenza.

Diede il passaporto e caricò sul nastro le valigie. Passò il controllo e alla fine si trovò a girare per i negozi aspettando che chiamassero il suo volo. Entrò in una libreria. Ci sarebbero volute poche ore per arrivare ad Abu Dhabi ma non sapeva poi quanto avrebbe volato ancora. Un libro le avrebbe permesso di affrontare il viaggio con più facilità, avrebbe distratto la sua mente.

“Ma perché non ci ho pensato prima? Sono piena di libri a casa, tutti quelli che prima o poi avrei voluto leggere.” Così entrò in una libreria, iniziò a girare, a guardare qualche titolo e alla fine la sua scelta cadde su un vecchio classico: Anna Karenina. Gliene avevano sempre parlato ma non l’aveva mai letto. Chissà cosa avrebbe trovato in quel libro, magari un segno, qualche attinenza con quello che avrebbe vissuto. Pagò e uscì, mise il libro nella borsa e guardò altre vetrine. Si divertì a vedere qualche bella borsa. “Se viaggiassi più spesso mi potrei prendere questo trolley Prada. È bellissimo e mi sembra molto spazioso pur essendo comodo.” Lo richiuse. “Ma quando mi capiterà di nuovo di viaggiare?”