Erica rientra piano piano a casa, in punta di piedi. Guarda in salotto. Porca miseria, questa non ci voleva. Oh, sempre la stessa storia. Papà si è addormentato di nuovo davanti alla tv. Gli passa davanti cercando di fare meno rumore possibile e va verso la camera da letto. Lo supera, poi ci ripensa e torna indietro.

Non c'è niente da fare, non ci riesce. Malgrado il rischio, la curiosità è troppo forte. Si avvicina all'agenda sul tavolino, proprio nell'angolo vicino al divano sul quale il padre dorme. Vediamo chi mi ha chiamato. Quasi lo sussurra tra sé e sé. Per Erica: Silvio, Giorgio, Dario. Che palle… Nessuno di quelli che mi interessano.

Crrr. II rumore forte le fa fare un salto. Il padre ha avuto come un improvviso russare, un brontolio notturno, insomma le ha fatto prendere un colpo. Erica alza il braccio al cielo come per mandarlo a quel paese. Poi sorride, ascolta il suo cuore con la mano poggiata sul petto e sente che batte all'impazzata. Allora scuote la testa e si dirige verso la camera da letto. Non può spegnere la tv perché l'ultima volta che l'ha fatto suo padre si è svegliato di colpo, gli ha preso quasi un coccolone, è saltato giù dal divano.

L'improvviso silenzio della tv spenta era stato come un rumore assurdo per uno che se la dormiva beatamente in quel frastuono.

Erica chiude la porta del salotto, ora cammina più veloce nel corridoio, tanto sua mamma ha il sonno pesante, arriva nella sua camera e si spoglia a tempo di record. Maglia, scarpe, pantaloncini, cintura. Ormai è un asso. Riuscirebbe a togliersi qualsiasi cosa al buio, anche se fosse piena di bottoni. Lancia tutto. sulla poltrona. La mira però non è delle migliori senza la luce e la maglia finisce per terra. Se ne accorgerà domattina. L'importante è rimettere ogni cosa a posto prima che qualcuno entri in camera. Va subito in bagno, si lava i denti, si spazzola un po'"i capelli, poi una sciacquata veloce alla faccia e si infila il pigiama.

Prima di entrare a letto prende il telefonino. Deve metterlo in carica. Nessun messaggio. Nessuna bustina lampeggiante. Nessuna novità. Uffa. Scrive velocemente: "Ci sei?". E lo manda a Giò. Aspetta un minuto. Due. Infine alza le spalle. Non fa niente, starà già dormendo. Poi Erica sorride. Magari mi starà sognando. E con quell'ultimo pensiero, pieno di fiducia, si infila sotto le lenzuola e si addormenta felice. Senza pensare che quando non ami più una persona non la devi tenere legata a te solo perché ti dà sicurezza o ti fa sentire comunque importante. La tua indipendenza ha il costo della libertà e la libertà può essere totale solo quando c'è onestà nei confronti di te stessa e di chi ti ha amato.

Alex si rigira agitato nel letto. È leggermente sudato. Sta avendo un incubo. Si sveglia di soprassalto. Guarda subito l'orologio. Le sei e quaranta. Beve un bicchier d'acqua e per la prima volta da tanto tempo si ricorda del sogno appena fatto. Di solito li dimentica. Stavolta invece si ricorda ogni particolare. Sta in un tribunale. Tutti gli avvocati portano delle parrucche bianche, le toghe lunghe con il mantello, il cappello nero. Poi di colpo si gira e gli avvocati della difesa non sono altro che i suoi amici Pietro, Enrico e Flavio, mentre dall'altra parte, quella dell'accusa, ci sono le loro mogli, Susanna, Camilla e Cristina. Hanno la faccia bianca di cipria. La giuria è formata dalle amiche di Niki, Olly, Erica, Diletta, con i loro fidanzati, il padre e la madre di Niki, e i suoi! E poi improvvisamente quella voce: "Tutti in piedi, entra il giudice". E al centro della sala, dietro un grande tavolo in legno con quella poltrona enorme in pelle, prende posto lei, il giudice: Niki. È bellissima, ma più donna, come adulta, cresciuta. E serena. Batte forte il martello sul tavolo.

"Silenzio. L'imputato è ritenuto… colpevole." E Alex è come impietrito, sbigottito, e si gira, guarda dietro, intorno a sé, ma tutti annuiscono e lui invece cerca spiegazioni.

"Ma come? Perché? Che ho fatto…"

"Cosa non hai fatto…" Pietro gli sorride annuendo, poi gli fa l'occhiolino. "A bello, per noi sei innocente." E lì si è svegliato.

Alex cammina per casa, ormai sono le sette e venti. Pensa e ripensa ma non ne viene a capo. Allora si avvicina al computer. Ma oggi che riunioni abbiamo? Apre la pagina degli appuntamenti. Ah sì, il briefing delle dodici, ma non è poi così importante, e nel pomeriggio il controllo di quei disegni… In quell'istante, come per magia, si accorge che Niki non ha chiuso la sua pagina di Face- book. È un attimo, un momento che sembra un'eternità, un silenzio fatato quasi sospeso prima di prendere la decisione. Sì, sono curioso. Voglio sapere. E allora, improvvisamente debole, avido, meschino, clicca e, pluff, gli si apre un mondo. Una serie di ragazzi mai sentiti e conosciuti e tutti i loro messaggi in bacheca.

"A bella! Che fai, esci? Quando ci vediamo, ma lo sai che sei proprio carina? Ma davvero sei fidanzata o è solo una copertura?" Giorgio, Giovanni, Francesco, Alfio. I nomi più assurdi, i commenti più assurdi, le foto ancora più assurde. Dei tipi con gli occhiali a specchio, la catena d'oro, la canottiera bianca, i jeans calati, il giubbotto di pelle, le cinture con la fibbia enorme, i muscoli pompatissimi. Altri coi capelli lunghi scalati, col ciuffo sugli occhi, magri, con le camicie attillate stile rocker. Qualcuno più intellettuale, con gli occhialini e la faccia anonima. Ma chi è tutta questa gente, chi sono, cosa vogliono e, soprattutto, che ci fanno nello spazio di Niki? Questi sono peggio dei tronisti di Maria! Questi fanno paura, questi non corteggiano, mordono. E Alex sbianca, rivede se stesso all'interno di quell'aula con i suoi avvocati amici e nemici che continuano come prima ad annuire. E improvvisamente capisce il sogno. Colpevole! Sì, colpevole di essertela fatta scappare.


Sedici


Alex fa colazione, barba, doccia, si veste e in un attimo è in macchina. Non può essere… tu, a trentasette anni suonati, che torni a fare questo… No, non può essere. Ma poi un'eco lontana, una frase già sentita. "Ma Alex, l'amore non ha età…" È vero, sorride, è proprio così. Poi sorride un po'"di meno. E vero, non ha età. Nel bene. E nel male.

Il campanello suona. Enrico guarda l'orologio. Bene. Sono arrivate. Va ad aprire. Sul pianerottolo una fila di ragazze sta aspettando. Tanti look e stili diversi. Una bionda con tante treccine e una salopette in jeans. Un'altra col cappello con la tesa blu e un vestitino a fiori. Un'altra ancora sta leggendo un libro e ha le cuffiette alle orecchie. Enrico fa velocemente un conto. Saranno una decina. Bene. Il suo annuncio è stato letto.

La prima ragazza della fila, quella che ha suonato, lo saluta.

"Salve, è qui?"

"Buongiorno! Sì…" risponde Enrico guardandola. Indossa un paio di jeans a due colori, modello skinny, a vita alta, e una maglietta leggera a maniche lunghe, nera e completamente trasparente, con sotto un reggiseno.

"Bene…" lei gli sorride masticando una gomma. "Sono pronta."

"Prego… entri."

La ragazza gli sfila accanto e si ferma in mezzo al salotto. "Dove mi metto?"

Enrico saluta le ragazze sul pianerottolo dicendo che le chiamerà subito dopo e chiude la porta. "Bè, va benissimo lì, al tavolino, almeno stiamo più comodi."

"Ma a me da seduta mica mi riesce…"

Enrico la guarda. E fa la faccia un po'"strana. "In che senso, scusami… Comunque se preferisci in piedi, ok, parliamo in piedi."

La ragazza lo guarda. E sorride. "Bene. Allora, mi chiamo Rachele. Ho vent'anni e canto da quando ne avevo sei."

Enrico l'ascolta. E si gratta un po'"la fronte. "Ah, sì, bene… a Ingrid piacciono le canzoncine."

Rachele lo guarda. "Ingrid? Chi è, un'altra esaminatrice?"

Enrico ride. "Bè, in effetti dovrebbe essere lei a scegliere ma non può… meglio se lo faccio io."

"Ah, ecco… comunque mi piace prevalentemente il pop. E so tutte le canzoni di Elisa e Gianna Nannini a memoria."

Enrico la guarda più attentamente. Questa la butta sul repertorio musicale. Si vede che i bimbi li intrattiene così. "Ok, hai molta esperienza coi bambini?"

"Dici nei cori?"

Enrico alza il sopracciglio. "No, cioè, dico coi bambini. Te la cavi?"

Rachele fa la faccia interdetta. "Ma mi spieghi quale tipo di spettacolo devi fare?"

"Spettacolo?" Enrico la guarda stupito.

"Sì, il provino. Per che spettacolo ci stai selezionando?"

"Qui l'unico spettacolo è mia figlia Ingrid…"

"Tua figlia? Ingrid? Ma scusa…"

"Ma tu Rachele perché sei qui?"

"Come perché! Per il provino di cantante!"

Enrico la guarda. Poi scoppia a ridere. "Di cantante? Guarda che io cerco una babysitter!"

Rachele prende di colpo la sua borsa. La apre. Tira fuori un giornale. "No… ho sbagliato. Che palle!"

"Anche se una babysitter che canta non era una cattiva idea!" dice Enrico.

"Va bè… cavolo però…"

Enrico la vede dispiaciuta. "Dai, ce la farai… sarà per la prossima" e fa il gesto di accompagnarla alla porta. La apre e, mentre sta per uscire, Rachele si volta. "Ma che, per caso conosci qualcuno che cerca una cantante?"

Enrico la guarda e scuote la testa. Rachele si allontana facendo una smorfia. "Va bè."

"Ciao. Chi è la prossima?"

"Io! "

Una ragazza coi capelli corti e rossi si fionda in salotto. Enrico richiude la porta.

"Buonasera, mi chiamo Katiuscia e mi sono permessa di preparare una cosetta…" Tira fuori dallo zainetto due fogli piegati. Li stende. Li guarda con aria seria. Si schiarisce la voce. "Dunque ho

pensato che il ruolo migliore fosse quello di Scarlett Johansson in Il diario di una tata, no? Quando fa Annie Braddock, la giovane laureata che non trova mai lavoro e poi diventa la babysitter di Grayer che ha una mamma straricca e in carriera… Questo è il pezzo di quando sono insieme lei e il bambino, posso farlo qui, in piedi…" Katiuscia parla velocemente e ora sta per recitare qualcosa. Enrico la ferma.

"No no, aspetta aspetta… ma che fai? Mica devi recitare per dimostrarmi se sei adatta o no."

"Come no… e come fai a capire sennò?"

"T'intervisto semplicemente… che orari puoi fare? Perché ho bisogno di qualcuno che stia con Ingrid quasi fino alle sette di sera… insomma, una certa elasticità."

"Ma scusa… Questo non è un provino per il ruolo di babysitter in un film?"

Enrico non ci crede. Ma che gente è venuta? Non ce n'è una che ci pigli. "No, senti, scusa, io sto cercando semplicemente una vera babysitter per mia figlia…"

"Cavolo, ma potevi scriverlo, no?"

"E l'ho scritto infatti! Sul giornale!"

"No, dovevi spiegare bene!"

Non ci posso credere. Enrico decide di tagliare corto. "Ok ok. Dai, fa niente…"

"E farà niente per te, mi sono preparata tutta ieri sera per la parte." Katiuscia prende lo zaino, si sistema e fa per andarsene. "Non si prende in giro la gente così." Ed esce sbattendosi la porta alle spalle. Enrico la segue. Riapre la porta e la vede sparire tutta arrabbiata. Enrico allarga le braccia. "Dai, chi c'è ora…" e una dopo l'altra visiona tutte le ragazze. Parla. Chiede. Almeno queste hanno capito. Delle babysitter vere! Alcune sembrano convincerlo, altre meno, va a prendere Ingrid, fa dei tentativi di socializzazione tra la bambina e le aspiranti babysitter, pensa, valuta, fa ancora domande. A ognuna dice: ti farò sapere. E quando accompagna l'ultima alla porta e lei lo saluta allontanandosi e ringraziando, Enrico nota che sul pianerottolo sta passando una ragazza. Ha in mano due borse della spesa di quelle in stoffa verde e uno zainetto sulle spalle. Sta ascoltando della musica con le cuffiette.

"Ah, bene, forza, sei l'ultima, entra dai, prego…" e le fa gesto col braccio per accoglierla in casa.

La ragazza, bionda, coi capelli lisci e un piccolo cerchietto azzurro che li tiene indietro, pantaloni bianchi e un maglioncino sfumato sul blu, nota il cenno ma non sente. Lo guarda un po'"stupita. Si ferma, appoggia le borse per terra e si sfila uno degli auricolari.

"Dici a me?"

"E a chi, certo, no? Sei l'ultima per oggi… Dai, vieni."

Lei fa una piccola smorfia. Poi si toglie anche l'altra cuffia. Controlla l'orologio. Fissa per un istante davanti a sé come se volesse scorgere qualcosa o qualcuno in fondo al pianerottolo. "Ma veramente io…"

"Io che? C'è ancora tempo anche se è un po'"tardi. Devo scappare in ufficio sennò mi tocca intervistarti domani. Entra, tanto facciamo subito."

La ragazza è sempre più sorpresa dalla situazione. Ma che vuole questo? Certo che ha la faccia simpatica, sembra carino. M'incuriosisce troppo. In fondo però nemmeno lo conosco. Non dovrei star qui a perdere tempo. Alla fine vince la curiosità. Abbozza un sorriso. Prende da terra le due borse della spesa.