legra, ho sempre voglia di scherzare, mentre lei... Mamma che
mortorio."
"Lo so, ma mi dispiace lo stesso. E poi hai visto come mi
guarda? Ora mi odia, farà di tutto per farmi andare male."
Pallina le da una pacca sulla spalla.
"Figurati, non può farti niente. Brava come sei, anche se
ce la mette tutta, arrivi agli esami che è una passeggiata. Aves-
si io la tua media, sai il casino che farei..." Pallina tira fuori
dalla borsa un pacchetto di Carnei. Ne prende una e se la met-
te in bocca. Guarda dentro il pacchetto. Ne mancano altre tre
prima di quella capovolta, quella del desiderio.
"Ehi, ma non avevi detto che smettevi di fumare?"
"Sì, l'ho detto. Smetto lunedì."
"Ma non era lunedì scorso?"
"Infatti. Lunedì ho smesso, ma ho ricominciato ieri."
Babi scuote la testa. Poi vede la macchina di sua madre po-
steggiata dall'altra parte della strada.
185
"Che fai Pallina, vieni con noi?"
"No, aspetto Pollo, ha detto che veniva a prendermi. Forse
viene con Step. Perché non rimani anche tu? Dai, di' a tua ma-
dre che vieni a mangiare a casa mia."
Babi non ha più pensato a Step da quella mattina. Sono suc-
cesse troppe cose. Come si sono salutati la sera prima? Incoe-
rente. Così le ha detto. Roba da pazzi. Lei non è incoerente.
"Grazie Pallina. Vado a casa, e poi te l'ho già detto, non ci
tengo a vedere Step; e non insistere con questa storia, se no va
a finire che litighiamo."
"Come vuoi. Allora alle cinque al Parnaso..." Babi prova a
replicare, ma Pallina è più veloce di lei: "Sì, con la mia Vespa".
Babi le sorride e si allontana. Perché se la tira tanto?, pensa
Pallina. Affari suoi. Forse è una tecnica. Be', comunque trop-
po simpatica. Poi una che mette a posto la Giacci in quel mo-
do. È ora di diffondere la notizia. Pallina si avvicina a un grup-
petto di ragazze più piccole. Sono del secondo.
"Avete saputo la figura di merda della Giacci?"
"No, che è successo?"
"Stava per rimandare Silvia Festa, una della mia classe. In-
vece si era sbagliata e le aveva messo il voto di un'altra."
» "Giura?"
"Sì, per fortuna Babi se n'è accorta."
, "Ma chi, la Gervasi?"
"Proprio lei."
Una ragazza con "II Messaggero" tra le mani le si avvicina.
"Senti Pallina, ma questa qui non è Babi?"
Pallina le strappa il giornale dalle mani. Legge l'articolo di
corsa. Guarda Babi. Ormai è quasi arrivata alla macchina del-
la madre. Prova a chiamarla. Urla forte, ma il rumore del traf-
fico copre la sua voce. Troppo tardi.
Babi alza il sedile per andare dietro in macchina.
"Ciao mamma." Si sporge in avanti per baciarla. Uno
schiaffo la colpisce in pieno viso. "Ahi!" Babi cade seduta sui
sedili posteriori. Si massaggia la guancia indolenzita, senza
capire.
Anche Daniela entra in macchina.
"Ehi, avete visto che forza! Babi, stai sul giornale..."
Si guarda intorno. Quel silenzio. La faccia di Raffaella. La
mano di Babi che si massaggia la guancia indolenzita. Capi-
sce al volo.
"Come non detto." Mentre aspettano Giovanna, la solita ri-
tardataria, Raffaella urla come una pazza. Babi cerca di spie-
gare tutta la storia. Daniela testimonia a suo favore. Raffaella
186
si innervosisce ancora di più. Pallina diventa l'imputata prin-
cipale. Ma non è perseguibile, perché oltre i confini.
Finalmente arriva Giovanna, e con il solito "Scusate" sale
dietro. La macchina parte. Fanno tutto il viaggio in silenzio.
Giovanna pensa che è una situazione troppo pesante. Non pos-
sono essere sempre così nervose.
"Be', scusate, ma oggi mica sono arrivata molto tardi, no?"
Daniela scoppia a ridere. Babi si controlla per un po', poi an-
che lei si lascia andare. Perfino Raffaella alla fine ride.
Giovanna naturalmente non capisce nulla, anzi si offende.
Pensa che non solo sono esagerate, ma anche delle cafone a
prenderla in giro così. Lo dirà a sua madre. Da domani, deci-
de Giovanna, o mi viene a prendere lei o torno in autobus.
Almeno tutta quella storia è servita a qualcosa: non do-
vranno più aspettare Giovanna.
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30.
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La vecchia borsa di pelle nera stretta forte sotto il braccio.
Una giacca di panno color senape. I capelli stanchi, come la
sua andatura, sono corti e raccolti, leggermente mesciati. Le
calze velate marroni le regalano ancora qualche anno in più,
se mai ce ne fosse stato bisogno. E quei vecchi mocassini col
tacco a mezza altezza e la punta scheggiata le fanno male. Ma
non è niente in confronto a quello che prova dentro.
Il suo cuore deve avere delle scarpe almeno di due misure
più piccole. La Giacci apre il portone a vetro del vecchio pa-
lazzo. Cigola senza sorprenderla. Si ferma davanti all'ascenso-
re. Spinge il bottone. La Giacci guarda le cassette della posta.
Alcune sono senza nome. Una poi non ha neanche il vetro, pen-
zola in giù disordinata proprio come la casa di Nicolodi, il pro-
prietario. Sono le cose che diventano simili agli uomini che le
posseggono, o sono loro che finiscono per assomigliare ad es-
se? La Giacci non sa darsi una risposta. Entra nell'ascensore.
Alcune scritte incise sul legno. Si legge il nome di un amo-
re passato. Più in alto il simbolo di un partito perfettamente
scolpito da un illuso scultore. Sotto, a destra, un organo ma-
schile risulta leggermente imperfetto, almeno ai suoi ricordi
sbiaditi. Secondo piano. Tira fuori dalla borsa un mazzo di
chiavi. Infila quella più lunga nella serratura di mezzo. Sente
un rumore dietro la porta. È lui, il suo unico amore. La ra-
gione della sua vita.
"Pepite!" Un piccolo cane le corre incontro abbaiando. La
Giacci si china. "Come stai tesoro?" Il cane le salta scodinzo-
lando tra le braccia. Comincia a farle le feste. "Pepito, non sai
cosa hanno fatto oggi alla tua mamma." La Giacci chiude la
porta, posa la borsa di pelle su una fredda mensola di marmo
bianco e si leva la giacca.
"Una sciocca ragazza ha osato riprendermi, e davanti a tut-
te, capisci... Avresti dovuto sentire il suo tono." La Giacci va in
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cucina. Il cane la segue trotterellando. Sembra sinceramente
interessato.
"Lei, per un misero sbaglio, mi ha rovinato, capisci? Mi ha
umiliato davanti alla classe." Apre un vecchio rubinetto dal tu-
bo di gomma ingiallito dal tempo. L'acqua schizza irregolare su
una grata di gomma bianca, dai contorni imprecisi. È stata ta-
gliata a mano per farla entrare dentro al lavandino.
"Lei ha tutto. Ha una bella casa, qualcuno che le sta pre-
parando da mangiare. Lei non si deve preoccupare di niente.
Ora non sta neanche pensando a quello che ha fatto. Già, che
gliene importa a lei?" Da un armadietto pieno di bicchieri di-
versi fra loro, la Giacci ne prende uno a caso e lo riempie d'ac-
qua. Perfino il vetro sembra avvertire il tempo che passa. Be-
ve e torna nel salottino. Il cane la segue ubbidiente.
"Dovevi vedere poi le altre ragazze. Erano felici. Ridevano
alle mie spalle contente di vedermi sbagliare..." La Giacci tira
fuori dal cassetto alcuni compiti e si siede a un tavolo. Co-
mincia a correggerli. "Lei non doveva farlo" e sottolinea in ros-
so più volte l'errore di una povera innocente. "Non doveva ren-
dermi ridicola davanti a tutte." Il cane salta su una vecchia pol-
trona di velluto bordeaux e si accuccia sul morbido cuscino or-
mai abituato al suo piccolo corpo.
"Capisci, come faccio a tornare in quella classe? Ogni vol-
ta che metterò un voto, magari qualcuno dirà: 'È sicura di aver-
lo messo a me, professoressa?'. E rideranno, sono sicura che
rideranno..." Il cane chiude gli occhi. La Giacci mette quattro
al compito che sta correggendo. La povera innocente forse
avrebbe meritato qualcosa di più. La Giacci continua a parla-
re da sola. Pepite si addormenta. Un altro compito viene sa-
crificato. In giorni più sereni avrebbe potuto tranquillamente
raggiungere la sufficienza.
Domani non sarà una bella giornata per la classe. Intanto
in quella stanza una donna su un tavolo coperto da una vec-
chia cerata si è data praticamente da sola una risposta. Sono
le persone a rendere simili a loro ciò che posseggono. E per un
attimo in quella casa tutto sembra più grigio e più vecchio. E
perfino una bella Madonna appesa al muro sembra diventare
cattiva.
189
31.
Parnaso. Belle ragazze dagli occhi perfettamente truccati,
dalle ciglia lunghe e rossetti delicati, sono sedute ai tavolini
tondi e chiacchierano crogiolandosi al tiepido sole di quel po-
meriggio primaverile.
"Mannaggia, mi sono macchiata!" Qualche ragazza al ta-
volo ride, un'altra più pessimista controlla che anche la sua ca-
micetta non abbia fatto la stessa fine. La ragazza dalla cami-
cetta macchiata intinge la punta di un tovagliolino di carta nel
bicchiere pieno d'acqua. Strofina con forza la macchia di cioc-
colato allargandola. La camicetta color panna in quel punto
diventa beige. La ragazza si dispera.
"Oh! Questi bicchieri d'acqua portano una sfiga. Sembra
che i camerieri te li diano apposta, tanto già lo sanno che ti
macchi. Scusi!"
Ferma al volo un cameriere.
"Mi può portare il Viavà per favore?" La ragazza prende
con tutte e due le mani la camicetta mostrandogli la macchia
bagnata. Il cameriere non si ferma in superficie. Fa un'ana-
lisi ben più profonda. La camicetta, trasparente in quel pun-
to bagnato, poggia sul reggisene mostrandone il pizzo.
Il cameriere sorride. "Glielo porto subito, signorina." Pro-
fessionale e bugiardo, vorrebbe darle qualcos'altro, pur sa-
pendo, frustrato, che quel bottone sbottonato in più non è
certo dedicato a lui. Nessuna ragazza del Parnaso si fidanze-
rebbe mai con un cameriere.
Pallina, Silvia Festa e qualche altra ragazza della Falconieri
sono poggiate a una catenella che si stende sofferente sotto il
loro peso da un basso pilastro di marmo a un suo gemello.
"Eccola." Babi ha le guance arrossate. Le saluta con un sor-
riso divertito, leggermente affaticato dalla camminata. Pallina
le corre incontro. "Ciao." Si baciano, affettuose e sincere. A dif-
ferenza della maggior parte dei baci ai tavoli del Parnaso. "Che
stanchezza. Non pensavo fosse così lontano!"
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"Sei venuta a piedi?" Silvia Festa la guarda sconvolta.
"Sì, non avendo la Vespa." Babi guarda allusiva Pallina. "E
poi avevo voglia di fare due passi. Ma ho un po' esagerato, so-
no distrutta. Non è che mi tocca tornare nella stessa maniera,
vero?"
"No, tieni." Pallina le da un portachiavi. "La mia Vespa è lì
a tua disposizione." Babi guarda la grossa p di gomma azzur-
ra fra le sue mani.
"E si hanno notizie invece di che fine ha fatto la mia?"
"Pollo ha detto che nessuno ne sa niente. Deve averla pre-
sa la polizia. Ha detto che dopo un po' ti avvisano."
"Pensa se parlano con i miei." Babi guarda il gruppo di ra-
gazzi. Riconosce Pollo e qualche altro amico di Step. Un tipo con
una benda sull'occhio le sorride. Babi guarda altrove.
Alcune moto si fermano lì vicino. Babi si volta speranzosa
verso i nuovi arrivati. Il cuore le batte forte. Inutilmente. Ano-
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