licatamente il labbro con la mano. Step si sposta e sale in si-

lenzio sulla moto. Aspetta che lei gli sia dietro per partire con

rabbia. Scatta in avanti, scala, da gas. La moto schizza sulla

strada, sale di giri. Lungotevere.

Step, senza pensare, comincia a correre. E si lascia dietro

ricordi lontani, accelerando. Centotrenta, centoquaranta.

Sempre più forte. L'aria fredda gli punge il viso, e quella fre-

sca sofferenza sembra dargli sollievo. Centocinquanta, cento-

sessanta. Ancora più forte. Passa sfrecciando tra due macchi-

ne vicine. Quasi le sfiora mentre i suoi occhi socchiusi guar-

dano altrove. Immagini felici di quella donna riempiono la sua

mente confusa. Centosettanta, centottanta, una dolce cunetta

e la moto quasi vola attraverso un incrocio. Un semaforo da

poco rosso. Le macchine a sinistra suonano, frenando appena

partite. Sottomesse a quella moto prepotente, a quel bolide not-

turno debolmente illuminato, pericoloso e veloce come un

proiettile cromato di blu. Centottanta, duecento. Il vento fi-

schia. La strada, sfumata ai bordi, si unisce al centro. Un altro

incrocio. Una luce lontana. Il verde scompare. Il giallo che ar-

riva. Step si attacca al piccolo pulsante a sinistra. Il suo clac-

son si alza nella notte. Come il verso di un animale ferito che

sta andando incontro alla morte, come la sirena di un'ambu-

lanza, lancinante come l'urlo del ferito che porta. Il semaforo

cambia di nuovo. Rosso.

Babi comincia a battergli sulla schiena con i pugni. "Fer-

mati, fermati." All'incrocio, le macchine partono. Un muro di

metallo dai mattoni costosi e colorati si alza suonando davan-

ti a loro. "Fermati!"

Quell'ultimo grido, quel richiamo alla vita. Step sembra im-

provvisamente svegliarsi. La manopola del gas, libera, torna al

volo a zero. Il motore scala sotto il suo piede prepotente. Quar-

ta, terza, seconda. Step stringe forte il freno d'acciaio, piegan-

dolo quasi. La moto trema frenando, mentre i giri scendono

veloci. Le ruote lasciano due tracce dritte e profonde sull'a-

sfalto. Un odore di bruciato avvolge i pistoni fumanti. Le mac-

chine sfilano tranquille a pochi centimetri dalla ruota davan-

ti della moto. Non si sono accorte di nulla. Solo allora Step si

201

ricorda di lei, di Babi. È scesa. La vede lì, poggiata a un muro

al bordo della strada.

Sommessi singhiozzi le escono dal petto, non trattenuti co-

me le piccole lacrime che rigano il pallido viso. Step non sa che

fare. Fermo in piedi, di fronte a lei, con le braccia aperte, ti-

moroso anche di sfiorarla, impaurilo all'idea che quei piccoli

nervosi singhiozzi al suo più semplice tocco possano trasfor-

marsi in un pianto a dirotto. Tenta lo stesso. Ma la reazione è

inaspettata. Babi gli allontana con forza la mano, le sue paro-

le escono quasi urlanti, spezzate dal pianto.

"Perché? Perché sei fatto così? Sei pazzo? Ma ti pare il caso

di mettersi a correre in quel modo?" Step non sa cosa rispon-

derle. Guarda quegli occhi umidi e grandi, bagnati di lacrime.

Come può spiegarle? Come può dirle quello che c'è dietro?

Il suo cuore si stringe in una morsa silenziosa. Babi lo guarda.

I suoi occhi azzurri, sofferenti e interrogativi, cercano in lui

una risposta. Step scuote la testa. Non posso, sembra ripeter-

si dentro di sé. Non posso. Babi tira su con il naso e quasi pren-

dendo forza attacca di nuovo.

"Chi era quella donna? Perché sei cambiato così all'im-

provviso? Step me lo devi dire. Che c'è stato fra voi?"

E quell'ultima frase, quel grande errore, quell'equivoco im-

possibile sembra colpirlo in pieno. In un attimo tutte le sue di-

fese svaniscono. La sua guardia costante e forte, allenata in si-

lenzio giorno dopo giorno, si abbassa improvvisamente. Il suo

cuore si lascia andare, per la prima volta tranquillo. Sorride a

quella ragazza ingenua.

"Vuoi sapere chi è quella donna?"

Babi annuisce.

H "È mia madre."

"jTUl.01 *,',, lì)

t ,i-

Appena due anni prima.

Step, chiuso in camera sua, tenta, passeggiando, di ripete-

re la lezione di chimica. Si appoggia con le mani al tavolo. Sfo-

glia il quaderno con gli appunti. Niente da fare. Quelle formule

non vogliono saperne di entrargli in testa.

Improvvisamente, dall'ultimo piano del palazzo di fronte

Battisti canta alto e forte "Mi ritorni in mente, bella come

sei...". Beato lui, a me non mi torna in niente niente e chimi-

ca la odio. Poi, vedendo che gli vogliono proporre tutto l'ellepì,

si alza e apre il vetro.

"Aho, volete spegnere!?"

Lentamente la musica si abbassa. "Questi deficienti." Step

torna a sedersi e si concentra di nuovo su chimica.

"Stefano..." Step si gira. Sua madre è lì di fronte a lui. In-

dossa una pelliccia marrone dalle sfumature selvagge, chiare

e dorate. Sotto, una gonna bordeaux le scopre le splendide gam-

be velate da calze leggere che, tese e perfette, spariscono in un

paio di eleganti scarpe marrone scuro. "Sto uscendo, ti serve

qualcosa?"

"No grazie, mamma."

"Bene, ci vediamo stasera allora. Se telefona papa digli che

sono dovuta uscire per portare le carte che lui sa al commer-

cialista."

"Va bene."

Sua madre gli si avvicina e gli da un morbido bacio sulla

guancia. Dai boccoli dei suoi lunghi capelli neri esce una ca-

rezza di profumo. Step pensa che se ne sia messo un po' trop-

po. Decide di non dirglielo. Poi guardandola uscire capisce

di aver fatto bene. È perfetta. Sua madre non può sbagliare.

Neanche nel mettersi il profumo. Sottobraccio tiene la bor-

sa che le hanno regalato lui e suo fratello. Paolo ha messo

quasi tutti i soldi, ma è stato lui a sceglierla, in quel negozio

203

in via Cola di Rienzo dove troppe volte ha visto sua madre

fermarsi indecisa.

"Sei un vero intenditore" gli ha sussurrato lei all'orecchio

mettendosela sotto il braccio e, ancheggiando spiritosa, ha fat-

to una specie di sfilata. "Be', come mi sta?"

Tutti hanno risposto divertiti. Ma lei in realtà voleva senti-

re solo il giudizio del "vero intenditore".

"Sei bellissima, mamma."

Step torna in camera sua. Sente la porta della cucina chiu-

dersi. Quand'è che le hanno regalato quella borsa? Era per Na-

tale o per il suo compleanno? Decide che in quel momento è

meglio ricordare le formule di chimica.

Più tardi. Sono quasi le sette. Gli mancano tre pagine per

finire il programma. Poi accade. Battisti riprende a cantare.

Dalla finestra socchiusa dell'ultimo piano del palazzo di fron-

te. Più forte di prima. Insistente. Provocante. Senza rispetto

per niente e per nessuno. Per lui che studia, per lui che non

può andare in palestra. Questo è troppo.

Step prende le chiavi di casa ed esce di corsa sbattendo la

porta alle spalle. Attraversa la strada ed entra nel portone del

palazzo di fronte. L'ascensore è occupato. Sale su per le scale

facendo i gradini due alla volta. Basta, non se ne può più. Non

ha niente contro Battisti, anzi. Ma tenerlo in quel modo. Arri-

va all'ultimo piano. Proprio in quel momento l'ascensore si

apre. Esce un commesso con un pacco incartato in mano. È

più rapido di Step. Controlla il cognome sulla targhetta della

porta e suona. Step riprende fiato accanto a lui. Il commesso

10 guarda incuriosito. Step ricambia lo sguardo sorridendo, poi

fa caso al pacco che tiene in mano. C'è sopra la scritta Anto-

nini. Devono essere le famose tartine. Le prendono anche lo-

ro, ogni domenica. Ce ne sono di tutti i tipi. Con il salmone, il

caviale, ai frutti di mare. Sua madre ne va pazza.

"Chi è?"

"Antonini. Ci sono le tartine che ha ordinato, signore."

Step sorride fra sé. Ha indovinato, magari quello per scu-

sarsi gliene avrebbe offerta una. La porta si apre. Compare un

ragazzo sui trent'anni. Ha una camicia abbottonata per metà

e sotto solamente dei boxer. Il commesso fa per consegnargli

11 pacco, ma quando il ragazzo vede Step si scaraventa contro

la porta cercando di richiuderla. Step non capisce, ma istin-

tivamente si getta in avanti. Mette il piede in mezzo alla por-

ta bloccandola. Il commesso va all'indietro per tenere in equi-

librio il vassoio di cartone. Mentre Step è lì, con la faccia ap-

poggiata contro il freddo legno scuro, attraverso la fessura del-

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la porta, la vede. È posata su una poltrona accanto alla pel-

liccia. Improvvisamente ricorda. Quella borsa lui e suo fra-

tello gliel'hanno regalata a Natale. E rabbia e disperazione, e

voglia di non essere lì, di non credere ai propri occhi centu-

plicano le sue forze. Spalanca la porta scaraventandolo per

terra. Entra nel salotto come una furia. E i suoi occhi vor-

rebbero essere ciechi piuttosto di vedere quel che vedono. La

porta della camera da letto è aperta. Lì, tra le lenzuola scom-

poste, con una faccia diversa, irriconoscibile a lui che l'ha vi-

sta mille volte, c'è lei. Si sta accendendo una sigaretta con aria

innocente. I loro occhi si incontrano, e in un attimo qualcosa

si rompe, si spegne per sempre. E anche quell'ultimo cordo-

ne ombelicale d'amore viene reciso e tutti e due, guardando-

si, urlano in silenzio, piangendo a dirotto. Poi lui si allontana

mentre lei rimane lì, nel letto, senza parlare, consumandosi

come quella sigaretta che ha appena acceso. Bruciando d'a-

more per lui, di odio per se stessa, per l'altro, per quella si-

tuazione. Step va lentamente verso la porta, si ferma. Vede il

commesso sul pianerottolo, vicino all'ascensore, con le tarti-

ne in mano che lo fissa in silenzio. Poi all'improvviso delle ma-

ni si posano sulle sue spalle. "Senti..." È quel ragazzo. Cosa

dovrebbe sentire. Non prova più nulla. Ride. Il ragazzo non

capisce. Rimane a guardarlo stupito. Poi Step con un pugno

lo colpisce in piena faccia. E proprio in quel momento, le pa-

role di Battisti, innocente colpevole di quella scoperta, echeg-

giano nel pianerottolo o forse vengono solo in mente a Step

"Scusami tanto se puoi, signore chiedo scusa anche a lei". Ma

di cosa devo scusarmi?

Giovanni Ambrosini si porta le mani al viso riempiendole

di sangue. Step lo prende per la camicia e strappandogliela lo

tira fuori da quella casa sporca d'amore illegale.

Lo colpisce più volte alla testa. Il ragazzo tenta di fuggire.

Comincia a scendere le scale. Step gli è subito dietro. Con un

calcio preciso lo spinge con forza, facendolo inciampare. Gio-

vanni Ambrosini rotola giù per le scale. Appena si ferma, Step

gli è sopra. Lo riempie di calci alla schiena, alle gambe, men-

tre lui si aggrappa dolorante alla ringhiera cercando di tirarsi

su, di sfuggirgli. Lo sta massacrando. Step comincia a tirarlo

per i capelli, tentando di fargli mollare la presa, ma mentre le

sue mani si riempiono di ciuffi di capelli, Giovanni Ambrosini

rimane lì, aggrappato a quelle sbarre di ferro, gridando terro-

rizzato. Le porte degli altri appartamenti si aprono. Step pren-

de a calci le sue mani che cominciano a sanguinare. Ma Gio-

vanni Ambrosini niente, rimane lì aggrappato, sapendo che quel-

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la è la sua unica salvezza. Allora Step lo fa. Carica indietro la

gamba e con tutta la forza gli colpisce la testa da dietro. Un cal-

cio violento e preciso. Il viso di Ambrosini si stampa contro la

ringhiera. Con un rumore sordo. Tutti e due gli zigomi si spac-

cano, lacerandosi. Il sangue zampilla. Le ossa della bocca si