alza lentamente lo sguardo.

"Lombardi."

"Sì, professoressa?" Pallina scatta in piedi.

"Come mai Gervasi non è venuta oggi?" Pallina è legger-

mente nervosa.

"Ma non so. Ieri sera l'ho sentita al telefono, mi ha detto

che si sentiva poco bene. Forse stamattina è peggiorata e ha

deciso di non venire." La Giacci la guarda. Pallina alza le spal-

le. La Giacci stringe gli occhi. Diventano due fessure impene-

trabili. Pallina sente un brivido correrle lungo la schiena.

"Grazie Lombardi, seduta." La Giacci riprende l'appello. Il

suo sguardo incontra di nuovo quello di Pallina. Sul viso del-

la professoressa si dipinge un sorriso beffardo. Pallina diven-

ta rossa. Si gira subito da un'altra parte, imbarazzata. Che la

prof sappia qualcosa? Sul banco la scritta che lei stessa ha in-

ciso con la penna "Pallina e Pollo forever". Sorride. No, è im-

possibile.

"Marini."

"Presente!"

Pallina si tranquillizza. Chissà dov'è Babi in quel momen-

to. Sicuramente ha già fatto colazione. Un bel maritozzo con

la panna da Euclide e uno di quei cappuccini tutta schiuma.

Desidera più che mai essere al suo posto magari con Pollo in-

vece di Step. Non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che pia-

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ce, il suo proverbio preferito. La Giacci chiude il registro e co-

mincia a spiegare. Illustra la lezione con gioia, particolarmente

serena. Un raggio di sole colpisce le sue mani. Intorno a quel

dito con il quale gioca, l'antico anello brilla di luce viola.

Dai rumori della città appena sveglia, si allontanano così,

con le labbra lievemente sbavate da un cappuccino amaro e la

bocca addolcita dalla panna di un maritozzo. Facile previsio-

ne per quella tappa al grande Euclide sulla Flaminia, più se-

greto e più lontano, dove è più difficile essere incontrati. Van-

no verso la torre. Sulla Flaminia, avvolti dal sole mentre in-

torno prati rotondi, sfumati di verde, si perdono dolci tra orli

di boschi più scuri. Lasciano la strada. La moto piega le alte

spighe dorate che subito dopo il suo passaggio tornano su im-

perterrite e spavalde. La moto è ferma lì, dopo la collina, po-

co lontano dalla torre. A destra più in basso un cane tranquil-

lo controlla sonnecchiando alcune pecore spelacchiate. Un pa-

store in jeans ascolta una piccola radio scassata rumandosi una

canna ben lontano dai suoi colleghi da presepio. Si spostano

più in là. Soli. Babi apre la borsa. Compare una grossa ban-

diera inglese.

"L'ho comprata a Portobello quando sono stata a Londra.

Aiutami a stenderla. Ci sei mai stato tu?"

"No, mai. È bello?"

"Molto. Mi sono divertita da morire. Ho fatto Brighton per

un mese e Londra alcuni giorni. Sono partita con la EF."

Si stendono sulla bandiera scaldati dal sole. Step ascolta il

racconto londinese e di qualche altro viaggio. Sembra essere

stata in un sacco di posti e si ricorda tutto poi. Ma lui, poco in-

teressato a quelle avventure passate e per niente abituato a

quell'ora mattutina, ben presto si addormenta.

Quando Step apre gli occhi Babi non è accanto a lui. Si al-

za guardandosi preoccupato intorno. Poi la vede. Poco più in

basso, sulla collina. Le sue morbide spalle. È seduta lì, fra il

grano. La chiama. Lei sembra non sentirlo. Quando le è vici-

no si accorge perché. Sta ascoltando il Sony. Babi si gira ver-

so di lui. Il suo sguardo non promette niente di buono. Torna

a guardare i prati lontani. Step le siede accanto. Rimane per

un po' anche lui in silenzio. Poi Babi non resiste più e si toglie

le cuffie.

"Ma ti pare che ti addormenti mentre io sto parlando?" È

arrabbiata sul serio. "Questo vuoi dire non aver rispetto!"

"Ma dai, non fare così. Questo vuoi dire non aver dormito

abbastanza." t^ / r *« w-, , .vvu^nq fji',&

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Lei sbuffa e si gira di nuovo. Step non può fare a meno di

notare quanto è bella. Forse ancora di più quando è arrabbia-

ta. Tiene alto il viso e tutto assume un'aria buffa, il mento, il

naso, la fronte. I suoi capelli illuminati dal sole ne riflettono i

raggi, sembrano respirare l'odore del grano. Ha la bellezza di

una spiaggia abbandonata, con un mare selvaggio che ne orla

i confini lontani. I suoi capelli, come onde spumeggiarci, le cir-

condano il viso, lo coprono ribelli a tratti e lei li lascia fare.

Step si china e raccoglie con la mano la sua morbida bel-

lezza. Babi cerca di sfuggirgli. "Lasciami!"

"Non posso. È più forte di me. Ti devo baciare."

"Ho detto lasciami. Sono offesa."

Step si avvicina alle sue labbra. "Giuro che dopo ascolto

tutto. L'Inghilterra, Londra, i tuoi viaggi, tutto quello che vuoi."

"Dovevi ascoltare prima!"

Step ne approfitta e la bacia al volo, cogliendo le sue lab-

bra impreparate, appena socchiuse. Ma Babi è più veloce di

lui e serra la bocca decisa. Poi una morbida lotta. Alla fine si

arrende, lentamente si lascia andare al suo bacio.

"Sei violento e scorretto."

Parole sussurrate tra labbra troppo vicine.

"È vero." Parole che quasi si confondono.

"Non mi piace che fai così."

"Non lo farò più, promesso."

"Ti ho già detto che non credo alle tue promesse."

"Allora te lo giuro..."

"Figurati se credo poi ai tuoi giuramenti..."

"Ok, d'accordo, lo giuro su di te."

Babi lo colpisce con un pugno. Lui accusa il colpo scher-

zando. Poi l'abbraccia e sprofonda con lei tra le morbide spi-

ghe. In alto, il sole e il ciclo azzurro, silenziosi spettatori. Più

in là una bandiera inglese abbandonata. Più vicini, due freschi

sorrisi. Step gioca per un po' con i bottoni della sua camicia.

Si ferma un attimo timoroso. I suoi occhi chiusi sembrano

tranquilli. Libera un bottone e poi un altro, con dolcezza, co-

me se un tocco appena più pesante spezzasse la magia di quel

momento. Poi la sua mano scivola dentro, lungo il fianco, sul-

la pelle tenera e calda. L'accarezza. Babi lo lascia fare e ba-

ciandolo lo abbraccia più forte. Step, respirando il suo profu-

mo, chiude gli occhi. Per la prima volta tutto gli sembra di-

verso. Non ha fretta, è tranquillo. Prova una strana pace. La

sua mano aperta scivola sulla schiena, giù lungo quel morbi-

do fosso fino all'orlo della gonna. Una lieve salita, l'inizio di

una dolce promessa. Si ferma. Lì vicino due piccoli buchi lo

224

r

fanno sorridere, come un bacio di lei un po' più appassionato.

Dolcemente continua ad accarezzarla. Torna su, fino a quel de-

bole elastico merlato. Si ferma sulla chiusura nel tentativo di

sciogliere il mistero e non solo quello. Due ganci? Due picco-

le mezzelune che si incastrano una dentro l'altra? Una "s" di

ferro che si infila da sopra? Indugia un poco. Lei lo guarda cu-

riosa. Step si sta innervosendo. "Come cazzo si apre?"

Babi scuote la testa. "Com'è che sei sempre così sboccato?

Non mi piace che parli così quando sei con me."

Proprio in quel momento il mistero si scioglie. Due picco-

le mezzelune si separano tirate da un elastico ormai libero. La

mano di Step vaga per tutta la sua schiena, su fino al collo, fi-

nalmente senza ostacoli.

"Scusami..."

Step non riesce a credere alle sue orecchie. Le ha chiesto

scusa. Scusa. Sente di nuovo quella parola. Lui, Step, si è scu-

sato. Poi, senza più volerci pensare, si abbandona come rapi-

to da quella nuova conquista. Si trova ad accarezzare il suo se-

no, a sfiorarle il collo di baci, a passare la mano sull'altro se-

no e ritrovare anche lì quel fragile accenno di desiderio e pas-

sione. Allora scivola più lentamente verso il basso, verso la sua

pancia liscia, verso l'orlo della gonna. La mano di lei lo ferma.

Step apre gli occhi. Babi è lì di fronte a lui e scuote la testa.

"No."

"No, che?"

"No, quello..." Gli sorride.

"Perché?" Lui non sta sorridendo affatto.

"Perché no!"

"E perché no?"

"Perché no e basta!"

"Ma c'è qualche ragione, tipo..." Step fa un piccolo sorriso

allusivo.

"No, cretino... nessuna ragione. Ci sono io che non voglio.

Quando imparerai a dire meno parolacce, allora forse..."

Step si gira su un fianco e comincia a fare delle flessioni.

Una dopo l'altra, sempre più veloce, senza fermarsi.

"Non ci credo, ditemi che non è vero. L'ho trovata."

Sorride parlando fra una flessione e l'altra, leggermente af-

fannato. Babi si riallaccia il reggisene e la camicia.

"Che cosa hai trovato? E smettila di fare le flessioni men-

tre parliamo..."

Step fa le ultime due su una mano sola. Poi si poggia su un

fianco e si mette a guardarla sorridente.

"Non sei mai stata con nessuno."

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"Se intendi dire se sono vergine, la risposta è sì." Quella pa»

rola le costa moltissimo. Babi si alza. Si pulisce con la mano

la gonna. Alcuni pezzi di spighe cadono a terra. "E ora porta-

mi a scuola!"

"Ma che, ti sei arrabbiata?"

Step la prende fra le braccia.

"Sì. Hai un modo di fare irritante. Non sono abituata a es-

sere trattata così. E lasciami..."

Si libera del suo abbraccio e va spedita verso la bandiera

inglese. Step la rincorre.

"Dai Babi... Aspetta, non volevo offenderti. Scusami, sul

serio."

"Non ho sentito."

"Sì che hai sentito."

"No, ripeti."

Step si guarda intorno scocciato. Poi la fissa. "Scusami.

Va bene? Guarda che io sono felice se non sei mai stata con

nessuno."

Babi si china a raccogliere la bandiera inglese e comincia

a piegarla.

"Ah sì, e perché?"

"Be', perché... perché sì. Sono felice e basta."

"Perché pensi che sarai tu il primo?"

"Senti, ti ho chiesto scusa. Ora basta, falla finita. Come sei

difficile."

"Hai ragione. Tregua." Gli passa un bordo della bandiera.

"Tieni, aiutami a piegarla." Si allontanano. La stendono e poi

si avvicinano di nuovo. Babi prende dalle sue mani l'altro bor-

do della bandiera e gli da un bacio. "È che quell'argomento mi

innervosisce."

Tornano in silenzio alla moto. Babi sale dietro di lui. Si al-

lontanano così, lungo la collina, lasciandosi alle spalle spighe

spezzate e un discorso a metà. È il primo giorno che stanno

insieme e Step già le ha chiesto scusa due volte. Capirai... An-

diamo bene. Lei lo abbraccia felice. Sì, andiamo benissimo.

Babi è tranquilla ora, non pensa a niente. Non sa che un gior-

no, non molto lontano, affronterà con lui quel discorso che tan-

to la innervosisce.

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"Frena." Babi urla e stringe forte i fianchi di Step. La

to quasi inchioda al suo cornando. *

"Che succede?"

"C'è mia madre."

Babi indica la Peugeot di Raffaella ferma poco più avanti

di fronte alla scalinata della Falconieri. Mancano pochi mi-

nuti all'una e mezzo. Deve tentare. Bacia Step sulle labbra.

"Ciao, ti chiamo oggi pomeriggio." Si allontana tenendosi bas-

sa lungo la fila di macchine posteggiate. Giunta davanti alla

scuola si alza lentamente. Sua madre è lì, a pochi metri da lei,

la può vedere perfettamente attraverso il vetro di una Mini po-

steggiata. Sta trafficando con qualcosa sulle gambe. Poi Raf-

faella alza la mano sinistra e la controlla. Babi capisce. Si sta

facendo le unghie. Babi si accuccia contro la macchina, ri-

controlla l'orologio. Ormai ci devono essere. Guarda a destra

in fondo alla strada. Step non c'è più. Chissà cosa pensa di