voluto, colpisce un altro motorino. Un SH 50 si abbatte lento
vicino a Maddalena, ormai esausta.
"Oh, il mio motorino..." reclama un innocente.
Mentre viene trascinata via, Babi guarda la folla. Ora non
ridono più. In silenzio la fissano. Si allargano per farla pas-
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sare. Si lascia andare all'indietro abbandonandosi a chi la por-
ta via. E una risata nervosa sale da lei verso il ciclo. Si ricor-
da quella ragazza sguaiata che stava a capotavola. Ride an-
cora e poi di più, più forte, ma dalla sua bocca non sente usci-
re più nulla.
Il vento fresco accarezza la sua faccia. Chiude gli occhi.
La testa le gira. Il cuore batte forte. Il suo respiro è spezzato
e onde violente di rabbia la scuotono a tratti, non ancora cal-
mate. Qualcosa sotto di lei si ferma. È sulla moto. Step l'aiu-
ta a scendere.
"Vieni qua."
Sono sul ponte di corso Francia. Sale i gradini. Si avvicina
alla fontanella. Step bagna la sua bandana e gliela passa sul vi-
so. "Va meglio?" Babi fa cenno di sì con la testa. Step si siede
sul muretto lì vicino, con le gambe aperte a ciondoloni. Rimane
a fissarla sorridente.
"Chi eri tu? Quella che odia i picchiatori? I violenti? Meno
male! Roba che se non te la levavo da sotto, l'ammazzavi quel-
la poveraccia."
Babi fa un passo verso di lui, poi scoppia a piangere. Im-
provvisamente, in maniera convulsa. È come se qualcosa si fos-
se rotto, una diga, una barriera liberando quel fiume di lacri-
me e singhiozzi. Rimane a fissarla, allargando le mani, non sa-
pendo bene che fare. Poi abbraccia quelle piccole morbide spal-
le che tremano.
"Dai, non fare così. Non è colpa tua. Ti ha provocato."
"Io non volevo colpirla, non volevo farle del male. Sul se-
rio... Non volevo."
"Sì, lo so."
Step le mette una mano sotto il mento. Raccoglie una
piccola lacrima salata, poi le alza il viso. Babi apre gli occhi,
tirando su con il naso, sbattendo le ciglia, sorridendo e ri-
dendo, ancora nervosa. Step lentamente si avvicina alla sua
bocca e la bacia. Sembra ancora più morbida del solito, co-
sì sotto di lui, calda e remissiva, leggermente salata. E lei si
lascia andare cercando conforto in quel bacio, prima dolce-
mente poi sempre più forte, disperata fino a quando si na-
sconde nel suo collo. E lui sente le sue guance bagnate, la
sua pelle fresca, i suoi piccoli singhiozzi nascosti là dietro.
"Ora basta." La scosta. "Su, non fare così." Step sale sul
muretto. "Se non smetti di piangere mi butto di sotto. Sul se-
rio..." Fa alcuni passi insicuri sul bordo di marmo. Allarga le
braccia cercando l'equilibrio. "Allora la smetti o mi butto...?"
Molti metri più sotto il fiume tranquillo e scuro, l'acqua ne-
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ra dipinta dalla notte, le sponde piene di cespugli. Babi lo guar-
da preoccupata, ma singhiozza ancora.
"Non fare così... ti prego."
"Tu smetti di piangere!"
"Non dipende da me..."
"Allora ciao..."
Step fa un salto e gridando si butta di sotto. Babi corre ver-
so il bordo del muretto.
"Step!" Non si vede nulla, solo il lento scorrere del fiume
trascinato dalla sua corrente.
"Buuuu!"
Step spunta da sotto il muretto e la prende al volo per il ba-
vero del giubbotto. Babi grida.
"Ci avevi creduto, eh?" La bacia.
"Ci mancava solo questo. Non vedi come sto e mi fai pure
questi scherzi."
"L'ho fatto apposta. Un bello spavento è quello che ci vuo-
le, manda via tutto."
"Quello è per il singhiozzo."
"Perché, tu non stai singhiozzando? Dai vieni di qua." L'aiu-
ta a scavalcare il muretto. Si ritrovano al di fuori del ponte, so-
spesi nel buio, su un piccolo cornicione. Sotto di loro il fiume,
poco più lontano l'Olimpica illuminata. Avvolti dal buio e dal
lento sussurrare della corrente, si baciano di nuovo. Con pas-
sione e trasporto, pieni di desiderio. Lui le alza la maglietta e
le tocca il seno, liberandolo. Poi si apre la camicia e posa la
sua pelle morbida contro il suo petto. Rimangono lì a respira-
re il loro calore, ad ascoltare i loro cuori, a sentire la pelle sfio-
rarsi avvolta dal vento fresco della notte.
Più tardi, seduti sul bordo del muretto, fissano il ciclo e le
stelle. Babi si è sdraiata, ora calma e tranquilla, con la testa
poggiata sulle gambe di Step. Lui le accarezza i capelli. In si-
lenzio. Poi Babi vede una scritta.
"Tu non faresti mai una cosa del genere per me."
Step si guarda in giro. Una bomboletta romantica ha spruz-
zato la sua frase d'amore: "Cerbiatta ti amo".
"È vero. Io non so scrivere, lo dici tu."
"Be', potresti suggerirlo a qualcuno che lo scrive per te."
Babi porta la testa indietro sorridendogli al contrario.
"Ah, ah... e comunque scriverei qualcosa di questo genere,
mi sembra molto più adatto a te."
Su una colonna proprio di fronte a loro c'è un'altra scrit-
ta: "Cathia ha il secondo più bel culo d'Europa". "Secondo" è
stato aggiunto con una piccola parentesi. Step sorride.
240
r
"È una scritta molto più sincera. Anche perché tu hai il
primo."
Babi scende veloce dal muretto e lo colpisce con un picco-
lo pugno. "Porco!"
"Che fai? Picchi pure me? Allora è proprio un vizio il tuo..."
"Non mi piace questo scherzo..."
"Va bene, la smetto." Step cerca di abbracciarla. Babi gli
sfugge. "Non mi credi? Te lo prometto..."
"Certo... anche perché sennò ti picchio!"
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"Presente."
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"Presente."
La Boi sta facendo l'appello. Babi, seduta al suo banco, con-
trolla preoccupata la sua giustificazione. Ora non le sembra più
così perfetta. La Boi salta un cognome. Un'alunna che è presente
e che ci tiene alla sua identità si alza e dal banco glielo fa nota-
re. La Boi si scusa poi ricomincia l'appello da dove ha sbaglia-
to. Babi si tranquillizza un po'. Con una professoressa così for-
se la sua giustificazione passerà inosservata. Quando è il mo-
mento porta il diario alla cattedra con le altre due assenti del
giorno prima. Rimane lì, in piedi, con il cuore che le batte for-
te. Ma tutto va liscio.
Babi torna al suo banco e segue il resto della lezione rilas-
sata. Le arriva un biglietto sul banco. Pallina sorride dal suo po-
sto. È stata lei a lanciarlo. È un disegno. Una ragazza è stesa per
terra e un'altra sta lì vicino in posa da pugile. Sopra un grosso ti-
tolo: "Babi m". È la parodia di Rocky. Una freccia indica la ra-
gazza a terra. Sopra c'è scritto Maddalena, con, tra parentesi, la
bora. Vicino all'altra ragazza invece c'è una frase: "Babi, i suoi
pugni sono di granito, i suoi muscoli d'acciaio. Quando arriva lei
tutta piazza Euclide trema e le bore, finalmente, fuggono". Babi
non può fare a meno di ridere.
Proprio in quel momento suona la campanella. La Boi do-
po aver faticosamente raccolto la sua roba esce dalla classe. Le
ragazze non fanno in tempo a uscire dai banchi che entra la
Giacci. Tutte tornano silenziosamente al loro posto. La pro-
fessoressa va alla cattedra. Babi ha l'impressione che la Giac-
ci, entrando, si guardi in giro, come se stesse cercando qual-
cosa. Poi, quando vede lei, ha una specie di sollievo, sorride.
Mentre si siede Babi pensa che è solo una sua impressione. De-
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ve smetterla, si sta fissando. In fondo la Giacci non ha niente
contro di lei.
"Gervasi!" Babi si alza. La Giacci la fissa sorridente. "Ven-
ga, venga Gervasi." Babi esce dal banco. Altro che impressio-
ne. In storia è già stata interrogata. La Giacci ce l'ha proprio
con lei. "Porti anche il diario." Quella frase la colpisce diretta-
mente al cuore. Si sente svenire. La classe comincia come a
ruotarle intorno. Guarda Pallina. Anche lei è sbiancata. Babi
con il diario tra le mani, terribilmente pesante, insostenibile
quasi, si avvicina alla cattedra. Perché vuole il diario? La sua
coscienza sporca sembra non avere niente da suggerirle. Poi
una piccola luce. Forse vuole ricontrollare la nota firmata. Si
attacca a quello spiraglio, a quell'improbabile illusione. Posa
il diario sulla cattedra.
La Giacci lo apre fissandola.
"Ieri lei non è venuta a scuola, vero?"
Anche quell'ultimo fragile barlume di speranza si spegne.
"Sì."
"E come mai?"
"Sono stata poco bene." Adesso sta malissimo. La Giacci si
avvicina pericolosamente alla pagina delle giustificazioni. Tro-
va l'ultima, quella incriminata.
"E questa sarebbe la firma di sua madre, vero?" La pro-
fessoressa le mette il diario sotto gli occhi. Babi guarda quel
suo tentativo di imitazione. All'improvviso le appare folle-
mente falso, incredibilmente tremolante, dichiaratamente
finto. Un "sì" talmente flebile esce dalle sue labbra che qua-
si non si sente.
"Strano. Ho parlato poco fa per telefono con sua madre
e non sapeva niente della sua assenza. Meno che mai di aver
firmato qualcosa. Sta venendo qui ora. Non mi sembrava fe-
lice. Lei ha finito con questa scuola, Gervasi. Verrà espulsa.
Una firma falsa, se denunciata a chi di dovere come farò io,
equivale a una definitiva sospensione. Peccato Gervasi, po-
teva prendere un bel voto alla maturità. Sarà per il prossi-
mo anno. Tenga."
Babi si riprende il diario. Ora sembra incredibilmente leg-
gero. Improvvisamente tutto le sembra diverso, i suoi movi-
menti, i suoi passi. È come se galleggiasse nell'aria. Tornando
al suo posto avverte gli sguardi delle compagne, quello strano
silenzio.
"Stavolta, Gervasi, ha sbagliato lei!"
Non capisce bene quello che segue. Si ritrova in una stan-
za con delle panche di legno. C'è sua madre che strilla. Poi ar-
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riva la Giacci con la preside. La fanno uscire. Continuano a di-
scutere a lungo mentre lei aspetta in corridoio. Una suora pas-
sa sullo sfondo. Si scambiano uno sguardo senza sorriso né sa-
luto. Più tardi esce sua madre. La trascina via per un braccio.
È molto arrabbiata.
"Mamma, mi cacceranno?"
"No, domani mattina torni a scuola. Forse c'è una solu-
zione, ma prima devo sentire che ne pensa tuo padre, se è d'ac-
cordo anche lui."
Quale soluzione può essere, se sua madre ha bisogno an-
che del consenso di suo padre? Dopo aver mangiato, finalmente
10 sa. È solo una questione di soldi. Avrebbero dovuto pagare.
11 bello delle scuole private è che tutto si può risolvere facil-
mente. L'unico vero grande problema è "quanto" facilmente.
Daniela entra nella camera della sorella con il telefonino
in mano.
"Tieni, è per te." Babi, stanca dagli avvenimenti, si è ad-
dormentata.
"Pronto."
"Ciao, vieni con me?" È Step. Babi si siede meglio sul let-
to. Ora è completamente sveglia.
"Volentieri, ma non posso."
"Dai, andiamo al Parnaso, oppure al Pantheon. Ti offro una
granita di caffè con panna alla Tazza d'Oro. L'hai mai prova-
ta? È un mito."
"Sono in punizione."
"Di nuovo? Ma non è finita?"
"Sì, ma oggi la professoressa ha beccato la firma falsa, è
successo un macello. Quella ce l'ha con me. Ha fatto rapporto
alla preside. Avrei dovuto ripetere tutto l'anno. Invece mia ma-
dre ha messo a posto tutto."
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