gnati. Step la guarda. È bellissima. Le bacia le labbra fresche
e subito si trovano abbracciati. I loro corpi nudi si sfiorano ora
completamente per la prima volta. Avvolti da quell'acqua fred-
da cercano e trovavano calore fra loro, conoscendosi, emozio-
nandosi, scansandosi a volte per non creare troppo imbaraz-
zo. Step si stacca da lei, fa una piccola bracciata laterale e tor-
na poco dopo con una nuova preda.
"Questa è ancora piena." Un'altra bottiglia. Sono circon-
dati. Babi sorride e beve, stavolta lentamente, attenta a non
strozzarsi. Le sembra quasi più buono. Poi cerca le sue labbra.
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Continuano a baciarsi così, frizzanti, mentre lei si sente gal-
leggiare e non capisce bene perché. È l'effetto normale del-
l'acqua o quello dello champagne? Lascia andare dolcemente
la testa indietro, l'appoggia sull'acqua e per un attimo smette
di girarle. Sente e non sente i rumori lì intorno. Le sue orec-
chie, sfiorate da piccole onde, finiscono ogni tanto sott'acqua
e strani e piacevoli suoni silenziosi la raggiungono stordendo-
la ancora di più. Step la tiene fra le sue braccia, la fa ruotare
intorno a sé, trascinandola. Lei apre gli occhi. Brevi increspa-
ture di corrente le accarezzano la guancia e piccoli e dispetto-
si schizzi ogni tanto raggiungono la sua bocca. Le viene da ri-
dere. Più in alto nuvole argentate si muovono lente sopra un
blu infinito. Si tira su. Abbraccia le sue spalle forti e lo bacia
con passione. Lui la guarda negli occhi. Le mette una mano
bagnata sulla fronte e accarezzandole i capelli li porta all'in-
dietro, scoprendo il suo viso liscio.
Poi scende lungo la guancia, fino al suo mento, lungo il col-
lo, e poi più giù sul suo seno orlato di acqua, increspato di fred-
do e d'emozioni, e ancora più giù, lì dove solo quel pomerig-
gio lui per primo, lui e solo lui, ha osato sfiorarla. Lei lo ab-
braccia più forte. Poggia il mento sulla sua spalla e con gli oc-
chi socchiusi guarda più in là. Una bottiglia semivuota galleg-
gia poco lontano. Va su e giù. E lei pensa al messaggio arroto-
lato che c'è dentro: "Aiuto. Ma non salvatemi". Chiude gli oc-
chi e comincia a tremare, e non solo per il freddo. Mille emo-
zioni la prendono e all'improvviso capisce. Sì, è lei che sta nau-
fragando.
"Babi, Babi." Si sente chiamare improvvisamente e scuo-
tere forte. Apre gli occhi. Davanti a lei c'è Daniela.
"Ma che, non hai sentito la sveglia? Dai, muoviti che sia-
mo in ritardo. Papa è quasi pronto."
La sorella esce dalla stanza. Babi si rigira nel letto. Ripen-
sa a quella notte, Step che è entrato in casa di nascosto. La fu-
ga in moto, il bagno in piscina con Pallina e gli altri. L'ubria-
catura. Lei e lui dentro l'acqua. La sua mano. Forse ha imma-
ginato tutto. Si tocca i capelli. Sono perfettamente asciutti.
Peccato, è stato un sogno, bellissimo, ma nient'altro che un so-
gno. Da sotto la coperta allunga la mano fuori e cerca a tasto-
ni la radio. La trova e l'accende. Spinta dalla nuova allegra can-
zone dei Simply Red, Fake, scende giù dal letto. È ancora leg-
germente assonnata e ha un po' di mal di testa. Si avvicina al-
la sedia per vestirsi. La divisa è poggiata lì ma il resto della ro-
ba non l'ha preparato. Che buffo, pensa, me ne sono dimenti-
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cata. È la prima volta. Hanno ragione i miei. Forse sto cam-
biando sul serio. Diventerò come Pallina. È così disordinata
che si scorda tutto. Be', vorrà dire che saremo ancora più ami-
che. Apre il primo cassetto. Tira fuori un reggisene. Poi, men-
tre fruga in mezzo alla biancheria cercando un paio di mu-
tandine, trova una dolce sorpresa. Nascosto sul fondo, dentro
una piccola busta di plastica, c'è un completo bagnato. Un leg-
gero odore di cloro si sparge lì intorno. Non è stato un sogno.
Quel completo l'ha messo sulla sedia la sera prima, come sem-
pre, solo che quella notte l'ha usato come costume. Sorride.
Poi improvvisamente si ricorda di esser stata fra le sue brac-
cia. È vero, è cambiata. Molto. Comincia a vestirsi. Si mette la
divisa e alla fine, infilandosi le scarpe, prende la sua decisio-
ne. Non gli permetterà mai più di andare oltre. Finalmente
tranquilla, si guarda allo specchio. I suoi capelli sono quelli di
tutti i giorni, i suoi occhi gli stessi che ha truccato qualche gior-
no prima. Perfino la bocca è quella. Si pettina sorridendo, po-
sa la spazzola ed esce in fretta dalla stanza per fare colazione.
Non sa che molto presto cambierà ancora. Così tanto da pas-
sare davanti a quello specchio e non riconoscersi lei stessa.
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La Giacci scende in sala colloqui. Saluta alcune madri che
conosce poi va in fondo alla sala. Un ragazzo con un giubbot-
to scuro e un paio di occhiali neri è seduto su una poltrona in
maniera scomposta. Ha una gamba su uno dei braccioli e, co-
me se questo non bastasse, fuma con aria strafottente. Tiene
la testa indietro e lascia andare ogni tanto boccate di fumo ver-
so l'alto.
La Giacci si ferma.
"Mi scusi?" Il ragazzo fa finta di non sentire. La Giacci al-
za la voce. "Scusi?"
Step finalmente tira su la testa.
"Sì?"
"Non sa leggere?" gli chiede indicando il cartello, ben visi-
bile sul muro, che vieta di fumare.
"Dove?" l
La Giacci decide di lasciar perdere.
"Qui non si può fumare." ,
"Ah, non me n'ero accorto." Step lascia cadere la sigaretta
per terra e la spegne con una botta secca del tacco. La Giacca"
si innervosisce.
"Che ci fa lei qua?" >
"Sto aspettando la professoressa Giacci."
"Sono io. A cosa devo la sua visita?"
"Ah, è lei, professoressa. Mi scusi per la sigaretta."
Step si siede meglio sulla poltrona. Per un attimo sembra
sinceramente dispiaciuto.
"Lasci perdere, allora, che cosa vuole?"
"Ecco, le volevo parlare di Babi Gervasi. Lei non deve trat-
tarla così. Vede professoressa, quella ragazza è molto sensibi-
le. E poi i suoi genitori sono dei veri rompicoglioni, capisce.
Quindi se lei la prende di petto, loro la mettono in punizione
e chi ci va di mezzo sono io che non posso uscire con lei, e que-
sto non mi va proprio professoressa, lei capisce, no?"
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La Giacci è fuori di sé. Come si permette quel cafone di
parlarle così.
"No, non capisco assolutamente e soprattutto non capisco
cosa ci sta a fare lei qui. È un parente forse? E il fratello?"
"No, diciamo che sono un amico."
Improvvisamente la professoressa si ricorda di averlo già vi-
sto. Sì, dalla finestra. È il ragazzo con il quale Babi si è allonta-
nata da scuola. Ne hanno discusso a lungo, lei e la madre, po-
vera signora. Quello è un tipo pericoloso.
"Lei non è autorizzato a stare qui. Se ne vada o faccio chia-
mare la polizia."
Step si alza e le passa davanti sorridendo.
"Io sono venuto solo per parlare. Volevo trovare con lei una
soluzione, ma vedo che è impossibile." La Giacci lo fissa con
aria superiore. Non le fa paura, quel tipo. Con tutti quei mu-
scoli è pur sempre un ragazzo, una mente piccola, insignifi-
cante. Step le si avvicina come se volesse farle una confiden-
za. "Vediamo se capisce questa parola professoressa. Stia be-
ne attenta, eh: Pepilo." La Giacci sbianca. Non vuole credere
alle sue orecchie. "Vedo che ha capito il concetto. Quindi si com-
porti bene, professoressa, e vedrà che non ci saranno problemi.
Nella vita è solo questione di trovare le parole adatte, no? Si ri-
cordi: Pepilo."
La lascia così, in mezzo alla sala, pallida, ancora più vec-
chia di quello che è, con un'unica speranza: che non sia vero
niente. La Giacci va dalla preside, chiede un permesso, corre
a casa e quando arriva ha quasi paura di entrare. Apre la por-
ta. Nessun rumore. Niente. Va in tutte le camere gridando, chia-
mandolo per nome poi si lascia cadere su una sedia. Ancora
più stanca e più sola di quanto non si senta ogni giorno. Il por-
tiere compare sulla porta.
"Professoressa, come sta? È così pallida. Senta, oggi sono ve-
nuti due ragazzi a nome suo per portare a spasso Pepito. Io gli ho
aperto. Ho fatto bene, vero?" La Giacci lo fissa. È come se non
lo vedesse. Poi, senza odio, rassegnata, piena di tristezza e ma-
linconia, annuisce. Il portiere si allontana, la Giacci a fatica si
alza dalla sedia e va a chiudere la porta. L'aspettano giorni di so-
litudine in quella grande casa senza l'allegro abbaiare di Pepito.
Ci si può sbagliare sulla gente. Babi le è sembrata una ragazza
orgogliosa e intelligente, forse un po' troppo saputa, ma non co-
sì cattiva da arrivare a un'azione del genere. Va in cucina per pre-
pararsi da mangiare. Apre il frigorifero. Vicino alla sua insalata
c'è il cibo già pronto per Pepito. Scoppia a piangere. Ora è vera-
mente sola. Ora ha definitivamente perso. , v,in <,* m »«,-* ><,
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Quel pomeriggio Paolo finisce presto di lavorare. Tutto fe-
lice entra in casa. All'improvviso sente abbaiare. In salotto un
volpino dal pelo bianco scodinzola sul suo tappeto turco. Lì
davanti c'è Pollo con un cucchiaio di legno in mano.
"Pronto? Vai!" Pollo lancia il cucchiaio sul divano di fron-
te. Il volpino neanche si gira, minimamente interessato a do-
ve sia finito quel pezzo di legno. Piuttosto, comincia ad ab-
baiare.
"Cazzo, ma perché non va? 'Sto cane non funziona! Ab-
biamo preso un cane deficiente! Sa solo abbaiare."
Su una poltrona, Step smette di leggere il nuovo Dago.
"Mica è un cane da riporto questo. Non è predisposto, no?
Che pretendi?"
Step si accorge del fratello. Paolo è in piedi sulla porta con
il cappello ancora in testa.
"O Fa' ciao, come stai? Non ti ho sentito entrare. Come mai
così presto oggi?"
"Ho finito prima. Che ci fa questo cane in casa mia?"
"È nuovo. Ce lo siamo presi a mezzi io e Pollo. Ti piace?"
"Per niente. Non lo voglio vedere qui. Guarda." Si avvicina
al divano. "È già tutto pieno di peli bianchi, qua."
"Dai Fa', non fare il prepotente. Starà nella mia mezza casa."
"Cosa?!"
Il cane scodinzola e comincia ad abbaiare.
"Vedi, a lui gli sta bene!"
"Già mi svegli tu, quando rientri, figuriamoci con questo
cane che abbaia tutto il tempo. Non se ne parla proprio."
Infuriato, Paolo se ne va di là.
"Cazzo, si è arrabbiato." A Pollo viene un'idea, urla fino a
farsi sentire nell'altra stanza.
"Paolo, per i duecento euro che ti devo... me lo porto
via io."
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Step si mette a ridere e ricomincia a leggere Dago. Paolo
compare sulla porta.
"Affare fatto. Tanto quei soldi non li avrei visti comunque,
almeno mi levo di mezzo questo cane. A proposito Step, si può
sapere che fine hanno fatto i miei biscotti al burro? Li ho com-
prati l'altroieri per fare colazione e sono già scomparsi."
"Boh, se li sarà mangiati Maria. Io non li ho presi, sai che
non mi piacciono."
"Non so com'è, ma qualunque cosa succeda è sempre col-
pa di Maria. Mandiamola via allora questa Maria, no? Fa solo
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