»-> "Sicurissimo, non ti preoccupare."
. "Sicuro, eh? Non ci metto niente a scortarti."
« "No, sul serio, sto bene."
"Va bene, come vuoi. Bella partita, eh?"
"Bellissima!" Claudio fa per chiudere la portiera.
*\ "Claudio, aspetta!" È Francesca. "Che fai, non mi saluti?"
/«. "Hai ragione, ma c'era tutta quella confusione."
Francesca si infila in macchina e lo bacia sulle labbra, te-
neramente, con ingenuità. Poi si stacca e gli sorride.
"Allora ciao, ci vediamo. Vieni a trovarmi qualche volta. Io
sto sempre qui."
"Certo che verrò." Poi, mette in moto e si allontana. Ab-
bassa il finestrino. L'aria fresca della notte è piacevole. Infila
un ed nello stereo e si accende una sigaretta. Poi, completa-
mente ubriaco, batte forte le mani sul volante.
"Uau! Cazzo che palla! E che fica..." Improvvisamente si
sente felice come non lo è da tanto tempo. Poi, man mano che
si avvicina a casa, ritorna triste. Cosa posso dire a Raffaella?
Si infila nel garage ancora indeciso sulla versione definitiva.
La manovra, che già gli riesce difficile da sobrio, da ubriaco
risulta impossibile. Scendendo dalla macchina, guarda il graf-
fio sulla fiancata e la Vespa caduta contro il muro. La tira su
scusandosi da solo.
"Povera Puffina, ti ho abbozzato la Vespa." Poi sale a casa.
Raffaella è lì che lo aspetta. È il peggior interrogatorio della
sua vita, peggio di quello dei film polizieschi. Raffaella fa solo
il poliziotto cattivo, l'altro, quello buono, quello che nei film fa
l'amico e offre un bicchier d'acqua o una sigaretta, non esiste.
"Allora si può sapere com'è andata? Forza, racconta!"
"Bene, anzi benissimo. Step è una persona perbene in fon-
do, un bravo ragazzo. Non c'è da preoccuparsi."
"Come non c'è da preoccuparsi? Ma se ha spaccato il naso
ad Accado?"
"Magari è stato provocato. Che ne sappiamo noi? E poi Raf-
faella, diciamoci la verità, Accado è un bel rompicoglioni..."
"Ma cosa stai dicendo? Ma gli hai detto di lasciar stare no-
stra figlia, che non deve vederla, sentirla, andarla a prendere
a scuola?" > ** ^
276
"Veramente a quel punto non ci siamo arrivati."
"E che gli hai detto? Cosa hai fatto fino adesso? È mezza-
notte!"
Claudio crolla.
"Abbiamo giocato a biliardo. Pensa tesoro, abbiamo bat-
tuto due sbruffoni! Io ho fatto le ultime due palle. Ho pure vin-
to cento euro. Forte, no?"
"Forte? Sei il solito deficiente, un incapace. Sei ubriaco,
puzzi di fumo e non sei riuscito neanche a mettere a posto quel
delinquente."
Raffaella se ne va di là, arrabbiata. Claudio fa un ultimo
tentativo per calmarla.
"Raffaella, aspetta!"
"Che ce?"
"Step ha detto che si laurea." Raffaella sbatte la porta e si
chiude in camera. Neanche quell'ultima bugia è servita. Cavo-
li, dev'essere proprio arrabbiata. Per lei quel pezzo di carta è
tutto. In fondo a me non ha mai perdonato di non aver preso
la laurea. Poi, sconfortato da quell'ultima considerazione, agi-
tato dalla serata in generale, si trascina ubriaco in bagno. Al-
za la tavoletta e vomita. Più tardi, mentre si spoglia, dalla ta-
sca della giacca cade un foglietto. È il numero di telefono di
Francesca. La bella ragazza dai capelli corvini e la pelle color
miele. Deve avermelo messo quando mi ha baciato in macchi-
na. Lo rilegge. Sì, quella scena gli ricorda il film Papillon. Ste-
ve McQueen, in prigione, riceve un messaggio di Dustin Hoff-
man e per farlo sparire lo ingoia. Claudio impara il numero a
memoria poi preferisce buttare il foglietto nel water. Se aves-
se provato a mandarlo giù avrebbe vomitato di nuovo. Tira l'ac-
qua, spegne la luce, esce dal bagno e si infila nel letto. Rima-
ne così, galleggiando fra le lenzuola ancora leggermente ubria-
co, dolcemente trascinato da quei giramenti di testa. Che se-
rata grandiosa. Un colpo magnifico. Una carambola incredi-
bile. La birra, il whisky, il suo compagno Step. Hanno vinto
duecento sacchi. E Francesca? Hanno ballato insieme, l'ha pre-
sa fra le braccia e stretto quel corpo sodo. Ricorda i suoi ca-
pelli scuri, la pelle color miele, il suo morbido bacio in mac-
china, tenero e sensuale, profumato. Si eccita. Ripensa al fo-
glietto che ha trovato in tasca. È un chiaro invito. E fatta. Una
passeggiata. Domani la chiamo. Oddio, com'è il numero? Pro-
va a ripeterselo. Ma si addormenta con un senso di dispera-
zione. Se l'è già dimenticato. ,,, , .
27?
Si,
-*"! -.i-»»
. ^
"E avete vinto?" Pollo non crede alle sue orecchie.
"Gli abbiamo tolto duecento euro pari pari!"
i "Giura, quindi questo padre di Babi è un tipo simpatico?"
"Un mito, un vero fratello! Pensa che Francesca mi ha det-
to che le piace un casino."
"A me sembra un farloccone!"
"Perché, te quando l'hai visto?"
"Quando sono tornato a casa tua a prendere il cane."
"Ah, già. A proposito, Arnold come va?"
'Tortissimo. Guarda che quel cane è proprio intelligente.
Sono sicuro che fra un po' imparerà a riportare la roba. L'al-
tro giorno stavo sotto casa, gli ho tirato un bastone ed è anda-
to a prenderlo. Solo che poi s'è messo a giocare lì nel parco con
una cagnetta. Quello va con tutte, poveraccio, mi sa che la Giac-
ci non lo faceva chiavare mai!"
Step si ferma davanti a un portone.
"Siamo arrivati. Mi raccomando non fare casino." Pollo lo
guarda storto.
"Perché faccio mai casino io?"
"Sempre."
"Ah, sì? Guarda che sono venuto solo per farti un favore."
Salgono al secondo piano. Babi sta facendo la baby-sitter
a Giulio, il figlio dei Mariani, un bambino di cinque anni dai
capelli chiari come la sua pelle.
Babi li aspetta sulla porta.
"Ciao." Step la bacia. Lei rimane un po' sorpresa di vedere
anche Pollo. Lui borbotta qualcosa che deve essere un "ciao"
e si piazza subito sul divano vicino al bambino. Cambia cana-
le in cerca di qualcosa di meglio di quegli stupidi cartoni ani-
mati giapponesi. Giulio naturalmente comincia a fare storie.
Pollo cerca di convincerlo.
"No dai, adesso cominciano quelli più belli. Adesso arriva-
278
no le tartarughe volanti." Giulio ci casca in pieno. Si mette an-
che lui a vedere in silenzio // processo del lunedì, attendendo
fiducioso. Babi va in cucina con Step.
"Si può sapere perché l'hai portato?"
"Mah, ha tanto insistito. E poi Pollo ha un debole per i bam-
bini."
"Non mi sembra! Neanche è arrivato e già l'ha fatto pian-
gere."
"Allora diciamo che l'ho fatto per stare solo con te." L'ab-
braccia. "Certo che sono proprio sincero, tu tiri fuori il meglio
di me. Anzi, perché non ci spogliamo?"
La trascina ridendo nella prima camera da letto che trova.
Babi cerca di resistere, ma alla fine si lascia convincere dai suoi
baci. Finiscono tutti e due su un piccolo letto.
"Ahia."
Step si porta la mano dietro la schiena. Un carro armato
appuntito l'ha centrato proprio fra le due scapole. Babi si met-
te a ridere. Step lo butta sul tappeto. Libera il letto da guer-
rieri elettronici e alcuni mostri scomponibili. Poi, finalmen-
te tranquillo, accosta la porta con il piede e si dedica al suo
gioco preferito. Le accarezza i capelli baciandola, la sua ma-
no corre veloce sui bottoni della sua camicetta slacciandoli.
Le alza il reggisene e la bacia sulla pelle più chiara, dolce-
mente più morbida, rosata. Poi all'improvviso qualcosa tra-
fìgge il suo collo.
"Ahia." Step porta veloce la mano nel punto dove è stato col-
pito. Nell'oscurità la vede ridere, armata di uno strano pupaz-
zetto dalle orecchie appuntite. E quel sorriso così fresco, quella
sua aria così ingenua lo colpiscono ancora più in fondo.
"Mi hai fatto male!"
"Non possiamo stare qua, è la camera di Giulio. Pensa se
entra."
"Ma se c'è Pollo. Gli ho dato ordini precisi. Quel terribile
bambino è praticamente finito, immobilizzato. Non si può al-
zare da quel divano."
Step si rituffa sul suo seno. Lei gli accarezza i capelli la-
sciandosi baciare.
"Giulio è bravissimo. Sei tu che sei un bambino terribile."
Pollo sta mangiando un panino che ha preso dalla cuci-
na insieme a una bella birra gelata, quando Giulio si alza dal
divano.
"Dove vai?"
"In camera mia."
"No, devi stare qua." , ») *r -w|,
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>« "No, voglio andare in camera mia."
Giulio fa per andarsene, ma Pollo lo tira per il piccolo golf
di lana rosso trascinandolo praticamente vicino a lui sul diva-
no. Giulio prova a ribellarsi, ma Pollo gli mette il gomito sul-
la pancia bloccandolo. Giulio comincia a lamentarsi.
"Lasciami, lasciami!"
"Dai, che adesso iniziano i cartoni animati."
"Non è vero." Giulio guarda di nuovo la televisione e, for-
se anche per colpa di un primo piano di Biscardi, scoppia a
piangere. Pollo lo libera.
"Tieni, la vuoi assaggiare questa? È buonissima, la bevono
solo i grandi."
Giulio sembra leggermente interessato. Si impadronisce con
tutt'e due le mani della lattina di birra e ne beve un sorso.
"Non rni piace, è amara."
"Allora guarda zio Pollo che ti da..."
Poco dopo, Giulio gioca felice per terra. Fa rimbalzare i
palloncini rosati che zio Pollo gli ha regalato. Pollo lo guarda
sorridente. In fondo ci vuole così poco per far felice un bam-
bino. Bastano due o tre preservativi. Tanto lui quella sera non
li avrebbe usati. Dalla camera da letto non viene nessun ru-
more. Neanche Step sembra averne bisogno, pensa divertito
Pollo. Poi, siccome si sta annoiando, decide di fare qualche
telefonata.
Nella penembra di quella camera piena di giocattoli, Step
le accarezza la schiena, le spalle. Fa scivolare la mano lungo il
suo braccio poi lo prende e lo porta vicino al viso. Lo bacia. La
sfiora con la bocca, lungo tutta la sua pelle. Babi ha gli occhi
socchiusi, dolcemente prigioniera dei suoi sospiri. Step le apre
la mano delicatamente, le bacia il palmo e poi la posa sul suo
petto nudo, abbandonandola ai suoi pensieri. Babi rimane im-
mobile, improvvisamente spaventata. Oddio, ho capito. Ma non
ce la farò mai. Non l'ho mai fatto. Non ci riuscirò. Step conti-
nua a baciarla teneramente sul collo, dietro le orecchie, sulle
labbra. Mentre le sue mani, più sicure e tranquille, più esper-
te, si impadroniscono di lei come morbide onde, lasciando in
quella spiaggia sconosciuta un naufrago piacere.
Poi all'improvviso, trascinata da quella corrente, da quel-
la brezza di passione, anche lei si muove. Babi prende corag-
gio. Si stacca lentamente da lì dove è stata lasciata e comincia
ad accarezzarlo. Step la stringe a sé dandole fiducia, tranquil-
lizzandola. Babi si lascia andare. Le sue dita scendono legge-
re su quella pelle. Sente la sua pancia, i forti addominali. Ogni
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scalino per lei è un baratro, un abisso, un passo difficile da
compiere, quasi impossibile. Eppure ce la deve fare e, tratte-
nendo il respiro nel buio della stanza, improvvisamente salta.
Si ritrova così con le sue dita che accarezzano quell'accenno
di morbidi riccioli e poi più giù sui suoi jeans, su quel botto-
ne, il primo per lei in ogni senso. E in quel momento, senza sa-
pere perché, pensa a Pallina. Lei, già più sicura, più esperta.
Immagina quando glielo racconterà. Sai, allora lì non ce l'ho
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