fare è giudicare. Decidete la vita dei vostri figli sui vostri desi-

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deri, su quello che pensate voi. Senza sapere minimamente co-

sa noi ne pensiamo. Per voi la vita è come giocare a gin, tutto

quello che non conoscete è una carta scomoda che non vorre-

ste aver mai pescato. Non sapete che farci, vi scotta averla tra

le mani. Ma non vi chiedete perché uno è violento, perché uno

è drogato, che vi frega, tanto non è vostro figlio, non vi riguarda.

Invece stavolta ti interessa mamma, stavolta tua figlia sta con

uno che ha dei problemi, che non pensa solo ad avere il GTI 16

valvole, il Daytona o ad andare in Sardegna. È violento, è ve-

ro, ma forse lo è perché non si sa spiegare tante cose, perché

gli hanno detto tante bugie, perché quello è l'unico modo per

reagire."

"Ma che stai dicendo? Sono tutte cretinate... E poi non ci

pensi? Che figura fai? Sei una bugiarda. Hai mentito davanti

a tutti."

"A me non me ne frega niente degli amici tuoi, di quello

che pensano, di come mi giudicano. Dite sempre che è tutta

gente che si è fatta da sola, che è arrivata. Ma dove è arrivata?

Che cosa ha fatto? Solo i soldi. Non parlano con i figli. Non

gliene frega niente in realtà di quello che fanno, di quanto sof-

frono. Di noi, non ve ne frega un cazzo."

Raffaella allora le da uno schiaffo in pieno viso. Babi si pas-

sa una mano sulla guancia, poi sorride.

"L'ho detto apposta, cosa credi? Ora che mi hai dato uno

schiaffo la tua coscienza è a posto. Ora puoi tornare a chiac-

chierare con le tue amiche e sederti al tavolo da gioco. Tua fi-

glia è stata educata bene. Ha capito cosa è giusto e cosa non

lo è... Ha capito che non bisogna dire parolacce e che ci si de-

ve comportare bene. Ma non lo vedi che sei ridicola, che fai ri-

dere? Mi mandi a messa la domenica ma se ascolto troppo il

Vangelo allora no, non va bene. Se amo troppo i miei simili, se

porto a casa uno che non si alza quando entri o che non sa sta-

re a tavola, allora storci la bocca. Dovreste inventare delle chie-

se per voi, un vostro Vangelo, dove non resuscitano tutti, ma

solo quelli che non mangiano in canottiera, che non firmano

mettendo prima il cognome, quelli che sai di chi sono figli,

quelli che sono abbronzati e belli, che vestono come dite voi.

Siete dei buffoni."

Babi se ne va. Raffaella rimane a guardarla finché la vede

salire sulla moto di Step e allontanarsi con lui.

Quanto tempo è passato. Quante cose sono cambiate. So-

spira, aprendo il secondo cassetto.

Povera mamma, quante gliene ho fatte passare. In fondo

ha ragione lei. L'ho capito forse solo ora. Ma ci sono cose più

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importanti nella vita. Continua a mettere a posto la sua ro-

ba. Ma di quelle cose così importanti non gliene viene in men-

te neanche una, forse perché non ci vuole più pensare, per-

ché è più comodo così. Forse perché in realtà non ce ne so-

no poi così tante. È un rimorso o un reggisene sul quale lui

ha riso.

"Come sei sexy stasera." Uno dopo l'altro arrivano, impla-

cabili, malinconici e tristi, lontani. I ricordi. La festa dei suoi

diciott'anni ad Ansedonia. Alle dieci di sera, improvvisamente

un rumore di moto. Tutti gli invitati si sono affacciati dalla ter-

razza. Finalmente qualcosa di cui parlare. Sono arrivati Step,

Pollo e i suoi altri amici. Scendono dalle moto ed entrano alla

festa ridendo, spavaldi e sicuri, guardandosi in giro, gli amici

in cerca di qualche bella fica, lui di lei.

Babi gli corre incontro, perdendosi tra le sue braccia, tra un

dolce "tanti auguri tesoro" e un bacio in bocca strafottente.

"Dai, ci sono i miei..."

"Lo so, per questo l'ho fatto! Vieni, vieni via con me..."

Dopo la torta con le candeline e il Rolex che i suoi le han-

no regalato, scappano via. Si lascia rapire dai suoi occhi alle-

gri, da quelle sue proposte divertenti, dalla sua moto veloce.

Via, giù per la discesa, verso il mare notturno, nel profumo del-

le ginestre, lontano da inutili invitati, dallo sguardo sprezzan-

te di Raffaella, da quello dispiaciuto di Claudio che vorrebbe

ballare il valzer con sua figlia come fanno tutti i padri.

Ma lei non c'è più, lei è lontana. Piccola maggiorenne, si

perde danzando tra i suoi baci, sulle note di morbide onde sa-

late, di una romantica luna, del suo giovane amore.

"Tieni, questo è per te." Sul suo collo splende una collana

d'oro dalle pietre turchesi come i suoi occhi felici. Babi gli sor-

ride e lui baciandola riesce perfino a convincerla. "Ti giuro che

non l'ho rubata."

E la notte della maturità. Che ridere quella volta, a casa fi-

no a tardi a ripassare. Ipotesi continue, soffiate clandestine.

Tutti credono di sapere il titolo del tema. Ci si telefona sicuri,

certi che ognuno abbia quello giusto.

"È il cinquantesimo della televisione, è stato scoperto un

nuovo scritto del Manzoni, è sulla Rivoluzione francese, di

sicuro."

Alcuni dicono di averlo saputo dall'Australia dove è uscito il

giorno prima, altri da un amico professore, da uno in commis-

sione, qualcuno addirittura da un medium. Quando il giorno do-

po il futuro diventa presente, si scopre che quel professore non

è poi così amico, quel medium un semplice imbroglione, l'Au-

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stralia una terra troppo lontana per prendersela con qualcuno.

Eppure quando sono usciti i quadri, quella grande sorpresa.

Babi ha preso cento. È corsa da Step felice, entusiasta del

risultato. Lui ha riso, scherzando con lei.

"Come sei matura... sei proprio una pesca matura..."

L'ha spogliata ridendo, prendendola in giro, sembra quasi

sapesse, si aspettasse quel voto. Hanno fatto l'amore. Poi lei si

è presa la sua rivincita ridendo.

"Te lo saresti mai immaginato? Tu qui, un semplice set-

tanta che hai l'onore di baciare un emerito cento... Ma ti ren-

di conto della fortuna che hai?"

Lui le ha sorriso. "Sì, me ne rendo conto." E l'ha abbrac-

ciata in silenzio.

Qualche tempo dopo Babi è andata a trovare la Giacci. In

fondo, dopo le loro discussioni, la professoressa sembrava aver-

la presa in simpatia. Ha cominciato a trattarla bene, con ri-

guardo, con fin troppo rispetto. Quel giorno, quando è anda-

ta a casa sua, ha saputo perché.

Quel rispetto non era che paura. Paura di restare sola, di

non avere più quel suo unico amico e compagno. Paura di non

rivedere il suo cane, paura della solitudine. Babi è rimasta sen-

za parole. Ha ascoltato la sfuriata della professoressa, la sua

rabbia, le sue parole cattive. La Giacci era lì di fronte a lei, di

nuovo con il suo Pepite tra le braccia. Quella donna anziana

sembrava ancora più stanca, più acida, più delusa da quel

mondo, da quei giovani. Babi è fuggita via scusandosi, senza

sapere più che dire, senza sapere più chi è, chi ha vicino, qua-

le sarebbe stato il suo voto, quello vero, quello che avrebbe

meritato.

Babi va alla finestra e guarda fuori. Alcuni alberi di Nata-

le si accendono e si spengono sui terrazzi delle case, nei salot-

ti eleganti della palazzina di fronte. È Natale. Bisogna essere

buoni. Forse dovrei chiamarlo. Quante volte però sono stata

buona. Quante volte l'ho perdonato. Giacci compresa. Si ri-

corda delle mille discussioni che hanno avuto, il loro modo di-

verso di vedere le cose, le litigate, il dolce fare pace sperando

che tutto potesse migliorare. Ma così non è stato. Discussioni

su discussioni, giorno dopo giorno, con i suoi che le fanno guer-

ra, telefonate nascoste, squilli notturni. Sua madre che ri-

sponde, Step che attacca. E il suo telefonino che a casa pur-

troppo non prendeva... E lei in punizione, sempre più spesso.

Quella volta che Raffaella ha organizzato una cena a casa sua,

costringendola a restare. Aveva invitato tutta gente perbene, il

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figlio di un loro amico molto ricco. Un buon partito, le aveva

detto. Poi è arrivato Step. Daniela ha aperto senza pensarci,

senza chiedere chi è. Step ha spalancato la porta facendole

sbattere la testa.

"Scusa Dani, non ce l'ho con te, lo sai!"

Ha preso Babi per un braccio e l'ha trascinata via tra le inu-

tili urla di Raffaella e il tentativo del buon partito di fermarlo.

Quel tipo si è ritrovato per terra con il labbro spaccato e san-

guinante. Lei si è addormentata tra le braccia di Step, pian-

gendo.

"Com'è tutto diventato difficile. Vorrei tanto essere lonta-

na con te, senza più problemi, senza i miei, senza tutti questi

casini, in un posto tranquillo, fuori dal tempo."

Lui le ha sorriso.

"Non ti preoccupare. So io dove andiamo, nessuno ci darà

fastidio. Ci siamo stati spesso, basta volerlo."

. ,1, Babi lo guarda con gli occhi pieni di speranza.

"Dove?"

I- "Tre metri sopra il ciclo, dove vivono gli innamorati."

Ma il giorno dopo è tornata a casa e da lì è cominciato o

forse finito tutto.

Babi si è iscritta all'università, comincia a frequentare Eco-

nomia e Commercio, passa i pomeriggi a studiare. Comincia

a vederlo meno spesso, ora. Un pomeriggio con lui. Sono an-

dati da Giovanni a prendersi un vitaminico. Stanno chiac-

chierando fuori dal bar quando all'improvviso arrivano due ti-

pi tremendi. Step non fa in tempo a realizzare. Gli sono subi-

to addosso. Cominciano a prenderlo a capocciate tenendosi

abbracciati fra loro, colpendolo con la testa a turno, in una tre-

menda altalena di sangue. Babi ha cominciato a urlare. Step

alla fine è riuscito a liberarsi. I due sono fuggiti su un Vespino

truccato dileguandosi nel traffico. Step è rimasto a terra, in-

tontito. Poi, aiutato da lei, si è rialzato. Con dei fazzoletti di

carta, ha cercato di fermare il sangue che gli scende giù dal na-

so, sporcandogli la Fruit. Più tardi l'ha accompagnata a casa,

in silenzio, senza sapere bene che dire. Ha parlato di una ris-

sa di tanto tempo fa, quando ancora non stavano insieme. Lei

gli ha creduto, o forse ha voluto farlo. Quando Raffaella l'ha

vista entrare a casa con la camicetta sporca di sangue, le ha

preso un colpo.

"Che ti sei fatta? Babi, sei ferita? Che ti è successo? È col-

pa di quel delinquente vero? Non capisci che finirai male?"

Lei è andata in camera sua, si è cambiata in silenzio. Poi

è rimasta là, da sola, stesa sul letto. Ha capito che qualcosa

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non andava. Qualcos'altro avrebbe dovuto cambiare. Non sa-

rebbe stato così facile, non come togliersi una camicetta e but-

tarla tra i panni sporchi. Qualche giorno dopo ha rivisto Step.

Ha un altro taglio sul viso. Gli hanno messo dei punti sul so-

pracciglio.

"Ma che ti sei fatto?"

"Sai, per non svegliare Paolo sono rientrato a casa e non

ho acceso la luce del corridoio. Ho sbattuto contro uno spigo-

lo. Non sai che male, una cosa bestiale."

Proprio come quella che ha fatto. La verità l'ha saputa da

Pallina per caso, parlando al telefono. Sono andati a Talenti

dallo Zio d'America, con bastoni e catene, guidati da Step. Una

rissa gigantesca, una vera vendetta. È uscito perfino un trafi-

letto sul giornale. Babi ha attaccato. È inutile discutere con

Step, avrebbe sempre fatto come voleva, a modo suo. Ha la te-

sta dura. Gliel'ha detto mille volte che lei odia la violenza, le

botte, i picchiatori.

Mette a posto gli scaffali, tira giù alcuni quaderni buttan-

doli sulla moquette, senza interesse. Quaderni degli anni pas-