corsa, fuggendo veloci, gridando come mille altre volte. Di gior-
no, di notte senza fari, urlando a perdifiato, spavaldi, padroni
di tutto, padroni della vita. E questa consapevolezza gli fa an-
cora più male. Si sentivano immortali, e non lo erano.
"Come stai?"
Step si gira. È Madda. Il suo sorriso nascosto dall'orlo di
un bicchiere pieno di bollicine, i suoi capelli frizzanti come il
suo sguardo.
"Ne vuoi?" Step alza la sua birra.
"Ah." Madda è quasi delusa ma cerca di nasconderlo. "Che
fai di bello stasera? Dove ceni?" Gli si avvicina di più.
"Ancora non lo so, non ho deciso."
"Perché non resti qui? Stiamo tutti insieme. Come ai vec-
chi tempi. Dai!"
Step la fissa per un attimo. Quante notti, quanta passione.
Le corse insieme a lei, il suo giardino, la finestra, il suo corpo
caldo, fresco, le canzoni di Eros. Quello sguardo provocante,
lo stesso di quel momento. Step la guarda ancora per un atti-
mo. Vede un ragazzo sullo sfondo che lo fissa incuriosito, di-
sturbato, chiedendosi se è il caso di intervenire. Vede una ra-
gazza ancora più lontano, da qualche parte, in quella città, in
una macchina, a una festa, vicino a qualcun altro. Si chiede
com'è possibile. Eppure è tutta qui nel mio cuore. Step passa
la mano tra i capelli di Madda. Scuote la testa sorridendole.
Lei alza le spalle.
"Peccato."
Madda raggiunge il tipo dallo sguardo duro. Quando si gi-
ra Step non c'è più. Sullo scalino c'è solo la lattina di birra vuo-
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ta. Il rumore dello stereo copre la porta che si chiude. Fuori
ora fa freddo. Step si chiude bene il giubbotto di pelle. Si tira
su il bavero coprendosi il collo. Poi senza quasi volerlo accen-
de la moto. Quando la spegne è sotto il comprensorio di Babi.
Rimane lì seduto sull'Honda, guardando la gente che passa,
frettolosa, piena di pacchi. Un ragazzo e una ragazza per ma-
no fìngono interesse per qualcosa dietro una vetrina. I loro re-
gali sono sicuramente a casa, già incartati. Ridono sicuri di
aver scelto bene e se ne vanno lasciando il posto a una madre
con una figlia, stesso naso ma di differente età. Fiore esce dal-
la guardiola, fa alcuni passi davanti al cancello e saluta Step
con un cenno. Poi senza dire nulla torna al caldo. Step si chie-
de se sa. Che sciocco. I portieri sanno sempre tutto. L'avrà vi-
sto di sicuro. Conoscerà di persona quello che io ho saputo so-
lo per telefono.
"Pronto?"
"Ciao."
Rimane per un attimo in silenzio, senza sapere che dire,
lasciando libero il suo cuore di correre sfrenato. Sono più di
due mesi che non batte così. Poi la domanda più banale: "Co-
me stai?".
Poi mille altre, piene d'entusiasmo. Piano piano perderlo
tutto, nelle sue parole inutili, piene di notizie cittadine, di no-
vità vecchie d'interesse, almeno per lui. Perché ha telefonato?
Ascolta il suo inutile parlare facendosi ogni momento quella
domanda. Perché ha chiamato? Poi improvvisamente lo sa.
"Step... mi sono messa con un altro."
Rimane in silenzio, colpito come non è mai stato in vita
sua, più di mille pugni, di ferite, di cadute, più di capocciate
in faccia, di morsi, di ciocche di capelli strappati. Allora fa-
cendosi forza rincorre la sua voce, la trova lì, in fondo al cuo-
re e la costringe a venir fuori, a controllarsi.
"Spero che sarai felice."
Poi più niente, il silenzio. Quel telefono muto. Non può es-
sere. È un incubo. Voler correre indietro nel tempo, e lì, poco
prima di aver saputo, in bilico fermarsi, senza più vivere, sen-
za andare avanti. In un magico, terribile equilibrio. Solo nel
letto, prigioniero della sua mente, di ipotesi, di idee vaghe sen-
za forma. Facce di persone intraviste, di possibili amanti ap-
paiono e si mischiano fra loro prestandosi nasi, occhi, bocche,
corpi. Si immagina lei tra le braccia di qualcun altro. Il suo vi-
so, vicino a quello di un lui immaginario ma purtroppo ben
esistente. Allora la vede sorridere. Quale può essere stato il lo-
ro primo approccio, il primo bacio. La immagina a casa pre-
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pararsi nervosa prima di uscire, provando vestiti, accostando
colori, piena di entusiasmo, di novità. Sente il cuore di lei bat-
tere più felice al suono di un citofono. La vede uscire dal por-
tone bella come è stata tante volte per lui, più bella ancora per-
ché adesso non lo è più. La vede salire su una macchina sicu-
ramente ricca, salutare qualcuno divertita con un bacio sulla
guancia e allontanarsi con lui, già chiacchierando. Freschi e
frizzanti, pieni di cose facili da dirsi, assaggiando i profumi
dell'altro e fantasie comuni. E poi una cena di sguardi e di at-
tenzioni, di sorrisi, educazione, una cena tutta scena. Più tar-
di la vede passeggiare da qualche parte in quella città, lontana
da lui, dalla loro vita, dai mille ricordi. La vede spostare i ca-
pelli come ha sempre fatto ma adesso per un altro, vede lei che
sorride e lentamente le loro labbra avvicinarsi. Allora come
non mai soffre. Poi si chiede. Perché se un Dio c'è, l'ha per-
messo? Perché non l'ha fermata? Perché in quell'attimo non le
ha fatto vedere qualcosa di me, qualcosa di splendido, il ri-
cordo più bello, uno spiraglio d'amore trascorso? Qualunque
cosa che potesse non dar vita a un estraneo futuro, troppo tar-
di, a quel bacio ormai nato.
Step sente un brivido caldo per tutto il corpo, trema leg-
germente. Poi scende dalla moto e si mette a passeggiare. Qual-
cosa di un negozio gli piace. Entra a comprarla. Quando esce,
si sente morire. Una Thema passa veloce davanti a lui. Ma non
così veloce perché i loro sguardi non possano incontrarsi. In
quell'attimo si parlano di tutto, soffrono di molto, questa vol-
ta di nuovo insieme. Babi è lì, dietro quel vetro elettrico. Si in-
seguono ancora un po' con i loro vecchi ricordi, con una nuo-
va tristezza. Poi lei sparisce nel comprensorio. Perché? Dove
sono finiti tutti quei pomeriggi, quelle notti clandestine quan-
do i suoi erano fuori. E ora vicino a lei c'è quello. Chi cazzo è?
Che c'entra nella sua vita? Nella nostra vita? Perché? Si siede
sulla sua moto. L'avrebbe aspettato. Poi gli viene in mente tut-
to quello che gli ha sempre detto Babi.
"Io odio i violenti, se continui a fare come ti pare non sta-
remo più insieme, te lo giuro."
"Va bene, cambierò" ha abbozzato.
Ma ora? Ora sono le cose a essere cambiate. Non stanno
più insieme ora. Non hanno bisogno di nascondersi adesso.
Non deve più essere un altro. Può essere se stesso, come e quan-
do vuole. E libero, ora. Violento e solo. Di nuovo. La Thema si
ferma davanti alla sbarra. Aspetta che lentamente si alzi poi
esce dal cancello. Step accende la moto e mette la prima. Scen-
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de veloce dal marciapiede e segue la macchina. Il tipo ora è so-
lo e guida veloce. Step da gas. Allo stop tanto dovrà fermarsi.
Sotto via Jacini c'è traffico, macchine in fila. Come sempre. La
Thema si ferma. Step sorride, si accosta alla macchina. Fa per
scendere dalla moto ma in quel momento capisce. A cosa ser-
virebbe colpire la sua faccia, vedere il suo sangue, sentire i suoi
gemiti? A cosa servirebbe prenderlo a calci, sfondargli la mac-
china, rompere i finestrini infilandoci la sua testa? Gli avreb-
be forse restituito nuovi giorni felici con lei, i suoi occhi inna-
morati, il suo entusiasmo? L'avrebbe fatto semplicemente dor-
mire soddisfatto quella sera. Forse neanche quello... Già gli
sembra di sentire le sue parole:
"Hai visto? Non mi sbagliavo su di te, sei un violento! Non
cambierai mai!".
Allora, senza guardare nella macchina da gas. La supera
tranquillo, libero, sulla sua moto, agile nel traffico di quel gior-
no di festa. Solo, senza curiosità, senza rabbia.
Continua ad accelerare sentendo il vento freddo sulla fac-
cia, l'aria della notte infilarsi nel suo giubbotto.
Vedi Babi, non è vero quello che pensi. Sono cambiato. E
poi si sa, a Natale sono tutti più buoni.
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Step entra in casa e attraversa il salotto poi all'improvviso
si ferma. Dalla stanza accanto vengono dei rumori, un allegro
cantare. Apre la porta della cucina. Paolo è lì, in piedi vicino
ai fornelli che traffica con delle pentole.
"Ehi, meno male, temevo non tornassi più! Sei pronto per
questo cenone favoloso?"
Step si siede a tavola. Non è in vena di scherzare ma è fe-
lice. Suo fratello si è dimenticato della questione della sera
prima.
"Come mai sei qui? Non dovevi andare a cena da Manuela?"
"Impegno rimandato. Preferisco stare con mio fratello. Fac-
ciamo un patto, però! Anche se il cenone fa schifo, tu lasci sta-
re i miei occhiali..." Paolo tira fuori dal taschino della giacca
un paio di occhiali nuovi di zecca. "Non ti dico quanto li ho
pagati sennò poi dici che penso sempre ai soldi. Comunque è
proprio vero, sotto Natale i negozianti se ne approfittano!"
Paolo posa sul tavolo vicino a Step un'enorme insalata con
rughetta, grana e pezzi di funghi chiari.
"Et voilà! Cucina francese!"
Step nota che si è messo un normale grembiule chiaro.
Quello a fiori che gli ha regalato Babi è attaccato vicino al la-
vandino. Si chiede se il fratello ci ha pensato.
"A parte gli scherzi, come mai non sei a cena da Manuela?"
"Ma che è stasera, un interrogatorio? È Natale, dobbiamo
essere felici, parliamo d'altro. È una brutta storia."
"Mi dispiace." Step prende un pezzo di grana e se lo met-
te in bocca.
"Sì, grazie. Cerca però di non finirti l'insalata, eh? Senti,
perché non vai di là e cominci ad apparecchiare? La tovaglia
è lì sotto."
Step ne prende una a caso.
"No, prendi quella rossa. È più pulita e poi è Natale. A pro-
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posito, hanno telefonato papa e mamma... volevano farti gB
auguri. Perché non li richiami?"
"Ho provato... è occupato." Step va in salotto.
"Perché non riprovi adesso?"
Step decide di non rispondere.
"Fai come vuoi... Io te l'ho detto." Paolo si brucia un dito
per controllare se la pasta è pronta. Anche lui decide di non in-
sistere.
Più tardi, sono seduti uno di fronte all'altro. Un piccolo al-
bero di Natale lampeggia su un mobile là vicino. La televisio-
ne è accesa ma senza volume, presentatori natalizi parlano sul-
la musica allegra dello stereo.
"Cavoli, Paolo, è buonissima questa pasta. Sul serio."
"Ci voleva un po' più di sale."
"No, secondo me va bene così." In un attimo ritorna pri-
gioniero dei ricordi. Babi metteva un altro po' di sale sempre
su tutto. Lui la prendeva in giro perché lo faceva comunque,
con ogni piatto, ancora prima di assaggiarlo.
"Ma provalo no, può essere che è già salatissimo."
"No, non capisci, a me piace proprio metterci il sale..." Dol-
ce testarda. No, non si capisce. Non si può capire. Com'è suc-
cesso? Come può non essere più? Come può stare con un al-
tro? Rivede quella macchina dalla guida sicura. Li immagina
stare insieme, abbracciati.
Di una cosa sono sicuro. Non potrà amarla come l'amavo
io, non potrà adorarla in quel modo, non saprà accorgersi di
tutti i suoi dolci movimenti, di quei piccoli segni del suo viso.
È come se solo a lui fosse stato concesso vedere, conoscere il
vero sapore dei suoi baci, il reale colore dei suoi occhi. Nessun
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