Niki si gira un'ultima volta a guardarlo. E ora siamo qui, su
quest'aereo in volo, stiamo andando a New York. Io e lui. Ancora insieme, contro ogni possibile pronostico. Che bello… Trentamila metri sopra il cielo. E rimane così, sognante a fissarlo. Con la mano poggiata sulla sua, leggera, con la paura di svegliarlo mentre l'aereo continua veloce la sua corsa e i minuti passano silenziosi, scorrendo come quei primi grattacieli sotto di loro.
Quarantadue
Pietro legge l'insegna distrattamente, mentre supera la porta. Si guarda in giro. Certo che è proprio una novità questa. Non le sono mai piaciute le palestre e ora viene a fare sport. Questa poi.
Alcuni divanetti, due distributori automatici di bibite, integratori e snack dietetici. Dietro un bancone azzurro una ragazza risicata in tuta bianca sta controllando qualcosa al computer. Pietro la vede e si avvicina subito.
"Buongiorno."
La ragazza si gira. La giacca della tuta ha la cerniera abbassata e mostra un reggiseno blu sportivo. Pietro inizia a sorridere. Però. Mica male qua dentro. "Salve, volevo sapere dove fanno Kick- boxing. A che ora, cioè."
"Vuole iscriversi? Il corso è tre volte la settimana in due diversi orari. Ecco qua…" e gli mostra un dépliant.
"No no… devo salutare una persona e credo che ora sia a lezione."
"Ah. Allora è di là, due stanze a destra da qui…" e gli indica la porta.
Pietro la guarda. "Certo che questa Kickboxing fa proprio bene, eh…" e la scruta dalla testa ai piedi. Lei sorride e poi si volta di nuovo verso il computer.
Pietro alza le spalle e si avvia in corridoio. Passa davanti a sale con attrezzi, specchi e tappetini. Ragazze e ragazzi che si allenano, musica ritmata o soft a seconda delle discipline e dei programmi. Poi arriva alla seconda stanza a destra. Un gruppo di persone in cerchio sta alzando la gamba sinistra. Al centro un ragazzo alto, dai capelli mossi e castani, muscoloso ma non molto alto, mostra il movimento che gli altri stanno imitando. Però, pensa Pietro, è proprio messo bene. Belloccio. Mmm. Poi Pietro guarda una a una le persone del cerchio. Varie ragazze giovani, quattro uomini, due donne più grandi… tre. Ecco, la riconosce. Con una fascia bianca che le tiene indietro i capelli, raccolti in una specie di crocchia. Dei
leggings leggeri neri sotto una maglietta attillata azzurra, scarpe da ginnastica e calzini bassi. Susanna sta in equilibrio sulla gamba destra, in tensione, in attesa. Di colpo l'istruttore fa "Oh!" e ributta giù la gamba sinistra scalciando quella destra. Sferra un calcio immaginario. E tutti lo imitano. Compresa Susanna.
"Tenete i talloni leggermente sollevati e quando tirate i calci colpite con la tibia, non con il collo del piede. La tibia fa molto più male per chi viene colpito. Ruotate il piede d'appoggio come se fosse la punta di un compasso e fate in modo che l'anca e la spalla della gamba che colpisce seguano la traiettoria del calcio e non vadano in opposizione…" e fa la dimostrazione per due, tre volte.
Pietro resta sulla porta. E quando l'istruttore dice al gruppo di risistemarsi in fila, entra. Alcune ragazze lo guardano e sorridono dandosi delle gomitatine a vicenda, come a dire "che vuole questo?". Anche l'istruttore si gira notando un'ombra. Susanna, che si era accucciata per sistemarsi un calzino, si rialza e lo vede. Non è possibile.
Pietro si avvicina a lei. "Ciao, amore… dobbiamo parlare…"
"Ma che vuoi qui, non è il momento, mi sto allenando…"
"Eh, lo vedo… ma che è "sta storia della boxe? Non te n'è mai fregato nulla. L'ho scoperto da tua madre. Hai lasciato da lei i bambini."
"A parte che non è boxe ma Kickboxing… e poi che male c'è se lascio i bambini a mia mamma? Mica è una serial killer… E poi per la cronaca sono tante le cose di cui prima non me ne fregava nulla e ora sì…"
L'istruttore intanto indica qual è la nuova mossa da provare prima del combattimento di allenamento. "Ci siamo? Dai, si comincia… Tutto bene lì?"
Susanna si volta e sorride. "Certo, tutto ok!" Poi di nuovo rivolta verso Pietro: "Ora vattene per favore. Non c'è altro da dire".
"Ma, Susanna, dai… vieni un attimo di là e parliamo senza tutta "sta gente intorno."
"Ti ho detto di no. Vai via. Ci dovevi pensare prima."
"Ho capito, ma almeno parlare… è da persone civili, no? Se non mi rispondi mai al telefono come devo fare, scusa?"
Intanto le altre persone si sono fermate e stanno seguendo la scena.
"Pietro, non mi sembra il caso… Se non ti rispondo è perché non ne ho voglia! Mi pare semplice da capire per un avvocato sveglio come te, no?"
"Ma se non parliamo come facciamo a chiarire?"
"Mi sembra tutto già molto chiaro! Mi hai tradita e basta! E ora mi riprendo la mia vita!"
Pietro la stringe per un braccio cercando di tirarla a sé. "Susanna…"
Non fa in tempo a finire che Susanna gli pianta un perfetto pugno in faccia e lo colpisce in pieno occhio, con una violenza assurda, stendendolo. Tutti restano senza parole. L'istruttore si avvicina correndo. Guarda Susanna e poi, preoccupato, Pietro. Lo aiuta a rialzarsi. "Tutto bene? Vuole del ghiaccio? L'occhio si sta già gonfiando…"
Pietro scuote la testa. Si tocca la faccia. Vede un po'"doppio. Cerca di nuovo di chiamare Susanna che intanto è stata allontanata da una ragazza perché si calmi. Davide, l'istruttore, sorregge Pietro. "Mi scusi eh, non mi voglio intromettere, ma non mi pare che la signora abbia tanta voglia di parlarle…"
"Ma che vuole, che ne sa lei, io la conosco, lei no, è mia moglie, non la sua, fa sempre così ma poi…"
"No, ci mancherebbe, mica mi volevo intromettere… Su… l'accompagno in infermeria, di là, mettiamo il ghiaccio, almeno non diventa enorme. E così si calma pure." Davide, sempre sorreggendo Pietro, si avvicina alla porta, si gira: "Voi continuate ad allenarvi…". Poi cerca con lo sguardo Susanna. Lei se ne accorge. Lui le fa segno con la mano di aspettarlo dopo. E poi si allontana. Susanna arrossisce leggermente. Non sa se è per la rabbia che le ha fatto Pietro o per la sorpresa di vedere Davide che per la prima volta da quando si è iscritta le ha dato attenzione. Un'attenzione particolare. Più lunga del solito. Solo per lei. Susanna si ricompone. La ragazza vicino a lei le dà una pacca sulla spalla. "Eh, certo che te la cavi coi colpi! L'hai steso! Ma davvero era tuo marito?"
"E certo, purtroppo. Gli dovevo menare molto tempo prima. Dai, scaldiamoci un po'…" e si rimette al centro della sala. "Tanto adesso torna anche Davide, no?" Inizia a fare alcuni movimenti di stretching. L'altra ragazza la raggiunge subito.
Fuori dalla palestra Pietro si divincola da Davide.
"Sicuro di stare bene?"
"No, ma in ufficio c'arrivo."
"Certo che è forte sua moglie…"
Pietro si gira di colpo e fulmina con lo sguardo Davide. "Ancora? Ma lei che ne sa, che vuole? Non la conosce. E poi in che senso è forte, scusi?"
"Vero, non la conosco… Dico solo che è forte. L'ha stesa, no?! E si allena solo da poco tempo… Promette bene."
Pietro si trattiene. Lo guarda. Decide di lasciar perdere. Anche perché quel ragazzo è messo davvero bene e non vorrebbe finire a terra per la seconda volta. "Va bè, io vado."
Davide alza le spalle e lo saluta. Poi rientra in palestra. Pietro cammina verso la macchina parcheggiata poco più in là, quasi in doppia fila e di traverso. Si avvicina e la vede. Per un attimo spera che sia una pubblicità. Ma il colore è inconfondibile. Rosa multa da pagare con sfumature divieto di sosta. Ecco. Lo sapevo. Facevo proprio meglio a starmene in studio.
Quarantatre
Stu- tump. Un rumore sordo, improvviso, i carrelli che si aprono sotto la plancia dell'aereo, le luci interne che si accendono, il comandante che parla. Alex si sveglia all'improvviso, si guarda intorno spaesato ma vede Niki sorridere e subito si tranquillizza. Si stiracchia un po'. "Uhm… Ho dormito anch'io…"
"Eh già. Un bel po'."
Si tira su, poggia la schiena più indietro, sulla poltrona. "Dove siamo?"
"Siamo quasi arrivati…"
"Ma allora ho dormito un sacco!"
Le hostess passano veloci lungo i corridoi controllando che tutto sia a posto, che i passeggeri abbiano chiuso il tavolinetto e raddrizzato il sedile. Qualcuno dà ogni tanto delle indicazioni.
"Mi scusi, dovrebbe chiuderlo. Grazie."
Alex prende il suo orologio e se lo sfila dal polso. "Dobbiamo cambiare l'ora, sono le cinque e mezza…" sposta la lancetta e se lo rinfila. Anche Niki fa lo stesso.
"Bene…" Alex sorride, "siamo in perfetto orario… Così possiamo rispettare il programma."
"Ma quale programma?"
"Oh, ho organizzato un po'"di cose… Spero che ti piaceranno!"
"Dimmi solo una cosa… È previsto un po'"di shopping? Chissà quando torneremo a New York, è un'occasione che non mi posso perdere!"
"Tutto domani mattina visita guidata e di pomeriggio shopping! Gap, Brooks Brothers… dove vorrei prendere le camicie bot- ton- down, poi ti voglio portare da Macy's che è un posto fantastico per gli acquisti, Century 21, Bloomigdale's…"
"Stupendo, passiamo anche da Sephora? Hanno tutti i tipi di trucchi."
"Ma c'è anche a Roma a via del Corso…"
"Veramente? Ma non l'ho visto!"
"Ha aperto da poco! Vieni fino a New York per comprare qualcosa che hai sotto casa… Ah ah!"
"Non mi prendere in giro." Niki gli salta addosso.
"Ahia, ancora!"
"E poi io mica lo sapevo che venivo a New York… Anzi dobbiamo comprare anche qualcosa da mettere se vogliamo uscire la sera. Non mi sono portata nulla… Qualche vestitino carino a casa ce lo avevo!"
Alex sorride. "Facciamo come in quel film. Tu vai in giro e scegli dei vestiti… Insomma fai Pretty Woman"
"A parte che era a Los Angeles… e poi non mi piacciono queste battute." Niki lo picchia e scherzano di nuovo.
"Ahia! Ma non volevo essere allusivo… Ahia! Basta, Niki… Praticamente mi hai menato per tutto il viaggio… Non c'è stata turbolenza, ma il "Niki ciclone"'."
Proprio in quel momento passa la hostess anche da loro. "Per favore… Allacciate le cinture" e si allontana scuotendo la testa, pensando: beati loro, stupidi, allegri, felici del loro stesso amore, che non sono su questo aereo come me per lavoro, ma per continuare a sognare. E si siede rivolta verso i passeggeri, mette anche lei la cintura intorno alla vita e poggia le mani sulle gambe, elegante e tranquilla, ormai abituata a quella routine e, soprattutto, a non avere il suo uomo accanto.
Piano piano l'aereo scende di quota e alla fine quasi sembra sfiorare il ponte di Brooklyn e i primi grattacieli, fino ad atterrare con un leggero sussulto, quasi un piccolo rimbalzo, seguito dalla potente frenata. All'interno dell'aeroplano un breve tentativo di applauso si spegne però quasi subito, mentre l'apparecchio continua a correre sulla pista accompagnato dai sospiri dei viaggiatori più apprensivi.
Alex e Niki scendono tra i primi dalla scala mobile centrale e, dopo una lunga fila per i controlli di sicurezza, si uniscono agli altri passeggeri che si apprestano veloci a raggiungere le proprie valigie che girano incustodite sul nastro.
Niki si guarda in giro. "Dobbiamo prendere un taxi…"
Alex sorride. "Credo che ci sia…" e proprio in quel momento vede il cartello che spunta tra le persone davanti all'uscita, "Alex e Niki", "… qualcuno che ci aspetta!"
"Amore… ma come mai? Non è da te… È tutto organizzato troppo bene!"
"Perché dici questo? Non hai fiducia… Tu mi sottovaluti sempre…"
Raggiungono la persona che li sta aspettando e che parla perfettamente italiano. "Tutto bene il viaggio? Sono Fred."
"Benissimo, grazie!" Alex e Niki si presentano e poi lo seguono verso l'uscita. Niki si sporge verso Alex senza farsi sentire. "Ma lo conoscevi già? Come hai fatto a trovarlo?"
"C'è un mio amico, un famoso grafico, si chiama Mouse, Topo, che si è trasferito qui da tempo. È lui che mi ha dato una mano… visto che secondo te sono un disastro!" E sorride rincuorandola.
Niki non sa ancora quante sorprese l'aspettano.
"Fermatevi qui… Vengo subito." Fred scompare e un attimo dopo torna al volante di una limousine americana.
"Wow…" Niki lo guarda alzando il sopracciglio. "Ma che succede? Mi devo preoccupare? Cosa hai combinato, Alex? Di cosa ti devi scusare?"
"Ma di niente…" Le apre lo sportello prima che scenda Fred. "Non hai ancora capito com'è andata bene la campagna LaLuna…"
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