Cominciano a lavare piatti, bicchieri, padella, pentola e tutte le altre cose che hanno usato. Enrico lava, Anna asciuga. Un perfetto sincronismo. E nel mentre ridono ancora, si raccontano episodi vari, ricordi di campeggio, di vita da soli. E poi mentre le porge una scodella, "Sai, Anna…".

"Sì?"

"Non so come dirtelo…"

"Cosa?" lei lo guarda incuriosita perché Enrico di colpo ha fatto la faccia seria.

"Un po'"mi vergogno, ma devo ammettere una cosa…"

"Quale?"

"Non è facile da dire, ma quando sto con te…"

Anna smette di asciugare il piatto e lo guarda.

"Sì, insomma, quando sto con te, e per la prima volta dopo tanto tempo, non penso solo a Ingrid…"

Anna lo guarda e poi sorride di un sorriso dolcissimo, un po'"imbarazzato. Poi per allentare quella piccola tensione che si è creata, prende la pentola e la rimette al suo posto. Enrico la guarda per un attimo. E vorrebbe dirle di più. Raccontarle quel suo nuovo stato d'animo. Quella leggerezza che è tornato a provare dopo tanto tempo. Quel suo ricordarsi nuovamente di esistere. E anche che lei è bella, sì. E dolce. E sta troppo bene in sua compagnia. Ma quando Anna sta per girarsi e lui per parlare, Enrico non ce la fa

e abbassa subito la testa. Torna a lavare un piatto che gli è rimasto in mano cercando di dissimulare. Uno di quei momenti che sembrano essere sul punto di esplodere e poi di colpo, senza una ragione apparente, si spengono. E non tornano. Anna gli si rimette accanto. Aspetta qualcosa. Non solo un altro piatto da asciugare. Una frase. Una parola. Forse ci spera. Anche lei si sente strana, come scoperta. Per qualche istante restano entrambi in silenzio. E il filo si spezza.

"Sì… nel senso che ho passato giorni a preoccuparmi della bambina, di come fare con lei, di darle il meglio per non farle sentire la mancanza della madre… e mi sono annullato. Andavo al lavoro, passavo da mia madre a lasciarle Ingrid, poi tornavo a riprenderla e venivo qui. Ogni giorno in questo modo. Ogni sera così. Non c'era più calciotto, non c'erano più serate con Alex, Flavio e Pietro. Niente… e invece ora, grazie a te, riesco di nuovo a rilassarmi, a pensare che ho anche una vita fuori da qui, degli amici. Insomma, se non fosse stato per il tuo aiuto, mi sarei perso. Sei una collaboratrice preziosa. Se qualche mio amico avrà bisogno di una babysitter ti segnalerò senz'altro!" e continua a passare stoviglie ad Anna.

Lei non lo guarda. Abbozza solo un sorriso. Amaro. Distante. Forse deluso. Poi apre lo sportello di un mobile e ripone un pentolino. Sì, è proprio così. Ci sono istanti in cui tutto sembra possibile e tutto può cambiare. In cui tutto è a portata di mano. Facile e bello. E poi di colpo un dubbio, la paura di sbagliare e di non aver capito bene quello che il cuore sente davvero. E puff. Niente. Una promessa mancata.


Quarantanove


Diletta finisce di preparare la tavola. Poi va in cucina e controlla il forno. Bene. La cottura procede. E l'acqua per la pasta sta per bollire. Guarda l'orologio. Le otto. Ci siamo. Dopo qualche minuto appena suona il citofono. Va ad aprire.

"Sono io, amore!"

Diletta apre e lascia il portoncino socchiuso. Filippo arriva un po'"affaticato dai quattro piani di scale appena fatti.

"Sono puntuale, amore? Stavolta hai visto che non sono in ritardo!"

Diletta sorride. Ora più che mai quella parola ha assunto un significato particolare. Ritardo. No, amore, tu non sei in ritardo, gli vorrebbe dire… ma io sì!

"Ma quando lo aggiustano l'ascensore?" e la bacia dolcemente sulle labbra. "Tieni!" e le dà una bottiglia di vino bianco appena comprato. "Lo mettiamo un po'"in frigo?"

Diletta sorride di nuovo. "Sì! Guarda che ti fa bene fare un po'"di scale… Specie se poi mangi da me! Lo sai, qua solo porzioni abbondanti!"

E finalmente la cena. Una di quelle improvvisate, un po'"rubate, cercando la casa libera, aspettando con pazienza. Una cena da fare tranquilli, senza uscire, perché certe cose hanno bisogno di intimità. Un buon antipasto di gamberetti in salsa rosa e pane tostato. Un primo leggero a base di orata e verdure e infine sarde gratinate con pan grattato in forno. Ridono, parlano, scherzano, un po'"di tutto e niente.

"Ma i tuoi a che ora tornano?"

"Mah, a teatro finiranno per mezzanotte. Poi devono tornare. Non è vicino. Che ne so, mezzanotte e mezza penso…"

"Bene! Allora possiamo anche mangiarci il dolce, con calma…" e le sorride malizioso. Diletta prende la bottiglia di vino e ne versa due dita a entrambi. Poi alza il bicchiere. "Brindiamo?"

"Certo! A cosa?"

"Alle sorprese che cambiano la vita."

Filippo solleva a sua volta il bicchiere. "Sì!" e si guardano negli occhi facendo suonare il vetro nell'aria.

Poi Diletta si alza. "Aspettami…" e va di là. Torna dopo qualche istante con un sacchettino di plastica. Toglie la scatola che c'è dentro e la tiene tra le mani.

"Cos'è, amore?"

"La sorpresa che cambia la vita."

"Ma come, perché… cioè, che succede?"

"Succede che sono in ritardo…"

Filippo la guarda e non capisce. Poi si allunga sulla tavola e prende la scatola. Legge l'intestazione. Spalanca gli occhi.

Diletta gli sorride cercando di non drammatizzare. "Sì. Lo facciamo insieme? Guarda che ho paura anch'io…" e fa il giro del tavolo e si avvicina a lui. Gli dà un bacio. Lo prende per mano. Filippo si muove quasi come un automa. La guarda. Guarda la scatola. Si lascia portare di là. Diletta apre la porta del bagno, prende la scatola dalle mani di lui.

"Aspettami…" ed entra.

Filippo resta in corridoio ancora imbambolato. Cioè, non ci credo. E ora? Ma veramente? No… è un sogno. E comunque non è detto. Ma se fosse? Che faccio? Anzi, che facciamo? E si mette a camminare su e giù con i pugni in tasca, la testa piena di dubbi e un certo batticuore.

Diletta apre la scatola, prende uno dei due test che ha acquistato nel pomeriggio al supermercato, vergognandosi un po'. Ha provato anche ad andare in farmacia ma poi non ce l'ha fatta. Si è immaginata davanti alla signorina, chiederle il test, lei che l'avrebbe guardata, avrebbe fatto una serie di valutazioni sulla sua età e magari qualcuno alle sue spalle avrebbe sentito, giudicato, pensato… No, non ce l'ha fatta. Si è ricordata di averli visti anche al centro commerciale, nel reparto cerotti, disinfettanti e garze. Ed è andata lì. E quando è arrivata alla cassa ha cercato di nascondere la scatola sotto qualche confezione di merendine, crackers e una di yogurt, cose comprate senza necessità, forse solo per consolazione o per mascherare quell'acquisto così insolito appoggiato sul nastro trasportatore nero. Poi ha messo tutto velocemente nella busta ed è scappata, come una ladra che non è stata colta sul fatto, come qualcuno che ha un segreto da nascondere. E via a casa. Ha acceso il computer, ha cercato qualche buona ricetta semplice e si è messa a preparare. Ha salutato i suoi genitori, vestiti bene per andare a

una prima, e ha continuato a cucinare. Ha resistito a non farlo da sola. Ha voluto aspettare Filippo. E prima godersi quella cena solo per loro due, pensata con amore. Mangiare e pensare. Mangiare e guardare lui. Mangiare e sapere che tra poco tutto potrebbe cambiare. In un modo o nell'altro.

Diletta toglie il cellophane dallo stick del test. Guarda la fessurina bianca da cui tra poco si affaccerà una verità. Bella o brutta non si sa. Ha letto qualcosa in Internet. I test rilevano in un campione di urine la presenza dell'ormone tipico della gravidanza. L" HCG. Che nome. Dall'apposita finestrina in qualche minuto arriverà il risultato. Una linea scura. O due. Normalità. Novità. Assurdo. La tua vita di colpo cambia per via di una lineetta in più che si colora. E che novità. Certo, dicono che ci sono anche falsi positivi e falsi negativi. Ma l'attendibilità è alta. Diletta fa un sospiro e procede. Pensa anche agli altri sintomi che ha letto in Internet. Vomito, nausea, tensione al seno, variazioni dell'umore e dell'appetito. Sintomi di gravidanza. Boh. Ma io ce li ho? Difficile capire. Sono così confusa. Ecco fatto. Diletta si sistema, volta lo stick per non vedere subito, si siede sul bordo della vasca da bagno e chiama Filippo.

"Amore, vieni… guardiamo insieme."

Filippo entra con una faccia cadaverica. La guarda. "Che dice?"

"Eh, appunto. Vediamolo insieme, no?" e lo invita a sedersi accanto a lei.

Filippo si avvicina e si siede. Diletta gli prende la mano. Gliela stringe forte. Poi con l'altra volta lo stick. Un secondo. Due. Tre. Dieci secondi. Filippo e Diletta scrutano la finestrella. Poi si guardano tra loro. Stupiti. Sbalorditi. Ma ancora come sospesi. Non riescono a crederci.

Diletta continua a rigirare tra le dita lo stick. E poi di colpo sente le lacrime salirle agli occhi. Si commuove. Positivo. È incinta. Tutta la tensione nervosa di quei due giorni è come se si fosse sciolta di colpo. Filippo se ne accorge. È spaventato. L'abbraccia. La tiene vicina. Ma poi la strattona un po'. "Dai, amore, rifacciamolo."

"Mah… guarda che di solito sono sicuri…"

"Macché… rifacciamolo, Dile. Almeno ne siamo certi, no? È importante. Tanto nella scatola ce ne sono due, no?"

"Sì, ma…"

Filippo non risponde, prende la confezione, toglie l'altro stick, lo apre e glielo dà. "Tieni."

Diletta lo guarda dubbiosa. Ancora non ci crede. Ma sì, forse ha ragione lui, è meglio riprovare. E riprova. Filippo aspetta con lei. E poi di nuovo seduti sulla vasca. Uno. Due. Tre. Dieci secondi. Diletta gira lo stick. E la finestra dice la verità. Di nuovo. La stessa di prima. Due lineette. Due barrette. Due segni. Due. Che significano però uno. Una sola cosa. Un bambino.

Filippo si alza, prende la scatola dei test, cerca il foglietto delle istruzioni. Lo spiega, lo legge.

"Guarda, Filippo, che lo sappiamo già cosa vuol dire…"

"No, magari abbiamo capito male…" e legge nervosamente. Scorre le righe. No. Non è possibile. "Il risultato è positivo (gravidanza) quando accanto alla linea (o punto) di controllo ne appare un'altra. Il test va considerato positivo anche se la linea (o il punto) si presentano meno definiti e di colore meno intenso rispetto al controllo. Il valore di affidabilità dei test dichiarato dalle aziende produttrici è superiore al 99 % (paragonabile a quella di un test di laboratorio)." Filippo legge a voce bassa, quasi mangiandosi le parole. E quelle parole gli rimbombano in testa. Due lineette. Gravidanza. E quella percentuale, il 99 %. Anzi, più del 99 %. Praticamente è certo. Praticamente è la fine. E ancora. "È consigliabile confermare lo stato di gravidanza con esami di laboratorio, su richiesta del medico. È bene sospendere l'assunzione di farmaci che potrebbero essere dannosi per il feto (compresa la pillola anticoncezionale), l'assunzione di alcol e astenersi dal fumo." Poi si ferma. E gli viene quasi da ridere. Perché per un istante si attacca a quel ricordo come fosse un'ancora di salvezza. Ci naviga dentro, un po'"per consolarsi, un po'"per distrarsi. Una cosa che aveva imparato al liceo, durante un esercizio di italiano sull'etimologia delle parole. Il foglietto illustrativo dei farmaci si chiama anche bugiardino: questo nome si pensa derivi dall'abitudine con cui in Toscana, nel senese, gli anziani chiamavano la locandina dei quotidiani esposta fuori dalle edicole. Poi per estensione chiamarono così il foglietto dei medicinali. Una volta dicevano che era perché le "istruzioni per l'uso" tendevano a sottolineare solo i pregi e l'efficacia del farmaco. Dicevano insomma delle piccole bugie. Bugiardino. E per un istante Filippo ci spera. Spera che sbagli, quella sentenza. Quella mazzata. Quella novità assurda.

Filippo si risiede sulla vasca e guarda Diletta. Lei ha la mano sulla bocca, le viene ancora da piangere.

"E ora?" Filippo è sconvolto. "Che facciamo?"

"Non lo so… non me l'aspettavo…"

"Comunque lo dice anche qui. Ci si può sbagliare, ci vuole la conferma del medico. Perché magari il test è falsato, magari abbiamo fatto qualche errore, magari il test era mal conservato al supermercato, dice qui che se hai assunto dei farmaci particolari…"

Diletta guarda Filippo con aria perplessa. "Amore… io non uso farmaci."

"Va bè. Comunque si va dal medico. E presto." "Sì, domani telefono e prendo un appuntamento…" E restano così, sulla vasca, a guardare nel vuoto. Vicini. Molto vicini. Diletta gli tocca una gamba e gli appoggia la testa sulla spalla. E intanto un pensiero, quel pensiero tanto grande e insolito, prende spazio e li riempie. Ma in modo così diverso.