Cinquanta
Pietro arriva davanti al circolo. Scende e si guarda in giro. Gli otto campi da tennis in terra rossa sono tutti pieni. Poi finalmente lo vede. Suo figlio Lorenzo è lì che gioca e rimanda la palla dall'altra parte con una certa sicurezza. Carolina, la sorellina più piccola, invece è più incerta, non stringe ancora la racchetta con la giusta forza, è più morbida nel colpire, meno determinata. Pietro vede Susanna seduta sugli spalti lì vicino e la raggiunge.
"Amore…"
Susanna sta facendo un sudoku, non stacca lo sguardo dal suo tentativo di trovare il numero giusto per quella casella, e in particolare per tutta la linea, ma riconosce perfettamente quella voce. E poi, sotto sotto se l'aspettava.
"Scusa…" Si gira con un sorriso forzato ma duro, deciso, fermo. Anzi di più. Affilato. "Scusa ma non chiamarmi amore. Non ti permettere. Non più. Non ne hai più il diritto…"
"Ma, tesoro…"
Susanna lo guarda malissimo. Pietro allarga le braccia. "Tesoro non me lo hai vietato." Susanna scuote la testa scocciata e riprende a giocare a sudoku, o almeno ci prova. Pietro continua. "Ma, tesoro, mi sembra assurdo non mettere una pietra sopra a quello che è successo… È stata una scivolata."
"Una scivolata? Magari lo fosse stata sul serio… Dovevi andare lungo, fino a prendere il primo gradino che incontravi e spaccarti tutti i denti… poi volevo vedere se continuavi a fare questo sorriso ebete che ti ritrovi. Ma non ti rendi conto di quello che hai fatto? Guarda… Guarda…" Susanna smette di scrivere e gli indica il campo da tennis con Lorenzo e Carolina… E proprio in quel momento, forse un colpo fortunato, Carolina riesce a mandare perfettamente la palla dall'altra parte. Si gira verso di loro e sorride cercando il compiacimento dei genitori. Pietro continua a guardare in quella direzione ma non capisce a cosa si riferisca Susanna. Allora accenna un commento.
"Sì, giocano benino, stanno migliorando."
"Non è questo. Sono un miracolo. Sono nostri, li abbiamo fatti insieme. E sono la cosa più preziosa che ho e purtroppo l'unica che ancora mi lega a te…"
"Ma sei troppo dura, Susanna… Non è stato nulla. Non mi interessa niente di quella donna… Non è come nell'Ultimo bacio."
"Che c'entra?"
"L'ho rivisto ieri per caso, lì lui si innamora dell'altra."
"Macché! È la paura del matrimonio che gli fa credere di amarla, la voglia di restare ragazzo… Di non crescere! La stessa che ti porti dietro tu… Ma da sempre, Pietro!"
"Non dire così!"
Susanna si guarda in giro. "Non posso urlare perché sennò mi caccerebbero dal circolo e i miei figli si spaventerebbero e sicuramente Carolina piangerebbe…"
"Ma amore…"
"Te l'ho già detto, non chiamarmi così."
"Ma pensaci."
"Ci ho già pensato e sai qual è il problema? Che tu non ti rendi conto di quanto sia grave quello che hai combinato, perché lo hai sempre fatto, solo che non sei mai stato beccato. Bè, meglio tardi che mai!"
"È che sono stato sfigato. Non mi dovevo ammalare. Ho avuto la febbre. Deliravo… Lei si è presentata così… Avevo preso due aspirine. Forse c'avevo bevuto sopra del vino a pranzo… No, ecco, della Coca Cola… Lo sai che aspirina e Coca Cola mischiate diventano come una droga, sì, ha un effetto stranissimo come quello degli stupefacenti. Ecco, ero drogato! Com'è successo a Daniel Ducruet, l'ex marito di Stéphanie di Monaco, lo sai, no, l'ha detto a tutti i giornali: quando lo beccarono con quella tipa fu perché l'avevano drogato."
"E infatti lei poi non l'ha perdonato lo stesso."
"Sì, ma ci va ancora d'accordo, ha capito che l'avevano messo in mezzo… E comunque non puoi prendertela così, ero fuori di me… Ero drogato, non ero in me!"
"No! Ero drogata io quando ti ho sposato! Drogata d'amore! M'avevi rimbecillito ben bene! Poi mi hai messo incinta una volta e poi di nuovo, e così mi hai legato con due catene…" Indica i figli. "Mi hai tenuto imprigionata a casa per l'amore smisurato che provo per loro! Ma da adesso è finita… Mi sono liberata."
"Ah… Quindi non li ami più?"
"No! Non amo più te… Che sei uno stronzo! Hai capito? Sei solo uno stronzo. Chissà quante ne hai combinate, se l'unica volta che torno prima a casa, che cambia una cosa dopo dieci anni, ti becco a letto con un'altra…"
"Ma tesoro… Non può finire così." Pietro cerca di prenderle la mano, Susanna prontamente la sfila e cerca di colpirlo con la penna aperta.
"Non mi toccare! E non mi chiamare tesoro…"
Pietro la guarda con la taccia triste, dispiaciuta, ferito, cercando di farle pena. "Perdonami… Ti prego…"
Susanna si gira e lo fìssa. "Guarda che non mi impietosisci mica, non mi fai tenerezza, non me ne frega più niente, sul serio, te lo dico serenamente. È inutile. Rovineresti anche quel poco di buono che forse, dico forse, c'è stato all'inizio tra noi. Quindi te lo consiglio, evita proprio…"
"Ma è stata solo la mia insicurezza che ha portato a questo…"
Susanna lo guarda meglio. "Cioè? Spiegami un po'"quest'altra tua trovata…"
Pietro fa un lungo respiro. "Da ragazzo a diciotto anni io sono stato con una… bè, sì insomma… Sono partito per l'estate e, mentre ero via, lei è stata con un mio grande amico e poi anche con un altro dove andava sempre al mare, uno che ha incontrato alla fine dell'estate… Poco prima che io tornassi…"
"E allora?"
"E allora è questo, faccio così perché cerco di essere io quello che tradisce prima di essere tradito…"
"Senti… la sostanziale differenza è che quella era una facile e può capitare, soprattutto da ragazzi, di non saper distinguere… Ma io non sono una mignotta come quella, capito? E lo dovresti sapere. E ora mi vieni a dire che tu mi tradisci per evitare che lo faccia io per prima? Ma per chi mi hai preso? Sono una donna che si è sposata convinta, che ha voluto fare una scelta, rispettarla, e ha saputo anche fare delle rinunce ogni giorno per difendere quella scelta."
Pietro ora è curioso. "Cioè… Che vuol dire rinunciare ogni giorno?"
"Che molte persone si sono proposte, mi hanno corteggiato, mi hanno fatto ridere, hanno acceso la mia vanità di donna… Ma tutto è finito lì, capito? Che ti credi, di essere l'unico che piace? Eppure ti ho sempre rispettato. Ho rispettato il nostro matrimonio. Io."
"E chi sono questi? Chi sarebbero?"
Susanna si gira verso di lui ridendo in modo scoraggiato. "Vedi… sei proprio così, un uomo inutile! Ora è importante chi mi ha corteggiato e non che io abbia rifiutato quelle proposte…"
"Bè, certo… perché dipende chi ti ha corteggiato."
"Che vuoi dire?"
"Che se era l'elettricista o il muratore che ci ha fatto i lavori quest'estate la tua rinuncia è ridicola."
"Cioè, veramente… Tu sei ridicolo! Sono persone comunque migliori di te, e mi dispiace quasi di aver rinunciato. Pensa, potrebbe essere uno di questo circolo, uno degli avvocati che abbiamo invitato qualche volta a cena a casa… O addirittura uno dei tuoi amici… Ma ti dico solo una cosa: ora serenamente, senza dovermi nascondere come fai tu, ci ripenserò e li riprenderò in considerazione… È chiaro?"
"Ah sì… E i nostri bambini?"
"Perché, tu c'hai pensato a loro quando ti scopavi le tue donnette?"
"Che c'entra… io sono il padre."
"Ah, quindi hai l'immunità. A differenza tua io ho una coscienza da genitore. Ho già parlato con loro. Ho fatto un discorso adulto e maturo. Quello che tu ancora non sei riuscito a fare a te stesso e che invece loro hanno capito molto bene."
Pietro si guarda attorno, è spaesato, non sa più cosa fare, cosa dire. "Ti prego, Susanna, dammi un'altra possibilità…"
"Sì, te la do. Ora Lorenzo, Carolina e io andiamo a casa, gli faccio la doccia e poi usciamo. Staremo fuori tutto il giorno, andremo a mangiare da McDonald's e poi al cinema…" Pietro quasi ci spera, sorride. La guarda. Susanna continua. "Sì, voglio un giorno di libertà, del tempo per noi. Poi rientreremo a casa verso le undici massimo… o mezzanotte!"
"Sì, cara… Puoi fare tutto quello che vuoi…"
"Non hai bisogno di dirmelo tu. Ecco la tua ultima possibilità. Se per quell'ora non avrai tolto dall'armadio ogni cosa, tutto quello che per caso avrai lasciato o dimenticato, io lo brucerò."
E Pietro non riesce a dire altro che "Ma…".
Proprio in quel momento escono Lorenzo e Carolina.
"Ciao, papà…"
"Ciao…"
"Non ti baciamo perché siamo sudati."
Carolina è ancora più pura. "E poi perché hai fatto arrabbiare la mamma."
E si allontanano così, con Susanna che non si gira e prende per mano i suoi bambini. E Pietro finisce da solo quella frase. "Ma… non è giusto." In silenzio, quasi dentro di lui. Quei bambini sono anche miei. Poi d'improvviso gli viene in mente quella canzone. "Chi ci sarà dopo di te respirerà il tuo odore pensando che sia il mio…" E si ricorda di avergliela cantata a un piano bar. "Mille giorni di te e di me…"
Susanna. E la vede andar via di schiena così, come non aveva mai pensato fosse possibile… Poi si ricorda un'altra frase. "E una storia va a puttane… Sapessi andarci io…" E per un attimo si vergogna. Non se la sente di mentire anche a se stesso. Quello lo sa fare benissimo. Allora rimane così, con un vuoto dentro improvvisamente immenso. La sensazione di aver perso per sempre qualcosa, quella persona. Una certezza, una sicurezza, quell'insieme di cose che lo faceva sentire unico, al di sopra di tutto, quasi immortale. "Quell'attimo di eterno che non c'è…" E di colpo Pietro si sente ridicolo come non mai. E solo. E gli viene da piangere. Ma questa volta sul serio.
Cinquantuno
Olly corre per tutta casa cercando di mettere a posto meglio che può il suo tremendo disordine. Fa sparire la maggior parte dei vestiti lasciati per terra dentro un grosso cesto di vimini dietro la porta del bagno. Infila, lanciandoli, stivali e scarpe nell'armadio. Copre con un grande foulard d'arredo una poltrona con sotto una marea di cd e dvd sparsi. Mette altri vestiti in una seconda cesta e poi, accorgendosi che sono troppi per starci tutti, ci salta sopra con un piede. Vede soddisfatta che, con una certa fatica, ha raggiunto lo scopo desiderato.
Prende dalla busta del GS un po'"di bottiglie d'acqua e le infila nel frigo, quattro bitter nel primo ripiano, una Coca Cola grande negli scomparti laterali, e alla fine una bottiglia di Dom Pérignon bella nascosta sotto la carne nel cassetto del freezer.
Ecco fatto… Questa non credo che serva… Ma non si sa mai… E comunque ci fosse una buona notizia, è pronta! Se non la apro stasera, pensa tra sé, devo comunque tirarla fuori dal freezer, sennò esplode. Poi continua a svuotare la busta, bicchieri di plastica, piatti, fazzoletti. Un po'"di salatini buoni, pizzette, una scatoletta di Lindt. Poi prende dalla credenza tre scodelle e le riempie una per tipo. In un'altra mette delle patatine, in un'altra ancora dei pistacchi. Poi cerca di aprire la busta dei pop corn, tira con tutte e due le mani le estremità ma, splop, si apre di botto facendoli volare in aria. Olly cerca di prenderne qualcuno ma la maggior parte le finisce per terra. "Che palle! Questa non ci voleva…" Mette quelli non caduti nell'ultima ciotola e comincia a raccogliere quelli per terra con le mani. Nello stesso momento suona il citofono. Si avvicina al secchio, ci butta i pop corn raccolti, poi apre senza chiedere chi è. Prende la scopa e la paletta e raccoglie gli ultimi pop corn rimasti a terra, facendoli sparire velocemente nel secchio. Appena in tempo si dirige verso la porta. Questa volta, prima di aprire, controlla nello spioncino.
"Allora? Che succede?"
Entra Erica trafelata. "E che ne so, speravo di avere questa notizia da te." Si leva cappotto, cappello e sciarpa e li butta sul divano.
"Scusa…" fa Olly guardandola con le scarpe in mano. "Potresti metterli bene nell'armadio?"
Erica alza il sopracciglio sorpresa. "E che succede? Il lavoro ti ha dato alla testa? Invece del Diavolo veste Prada, signori, ecco a voi "la Olly rassetta casa"."
"Simpatica! Visto che mi è stato chiesto questo favore…"
"E soprattutto visto che sei l'unica ricca di famiglia che può permettersi di andare a vivere per conto suo…"
"Guarda che lavoro… E pago la metà dell'affitto…" Olly sorride a Erica. "Bè, sì, insomma, dal prossimo maggio…"
"Hai voglia allora, l'hai strizzata bene bene la mammina!"
"È lei che ha insistito…"
"Chissà perché? Voleva libera casa, forse!"
Olly la guarda male. "Ti sbagli, maliziosa che non sei altro. Mia madre non è un'assatanata come te. È stata spesso all'estero e ha detto che in tutta Europa i ragazzi vivono fuori casa dal momento che vanno all'università."
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