"Ma che, sei matto? Cosa vuoi? Di là c'è mia figlia che dorme, fai piano! E comunque Anna non c'è, se è lei che cerchi!" Enrico si rialza a fatica, scuote un po'"la testa, si sente intontito.
"Che mi frega di Anna, cerco te io…" e lo spinge ancora. Stavolta Enrico finisce contro il divano. Per un istante, un solo istante, rivede la scena del film Notturno bus quando l'enorme Titti entra a casa di Franz, Valerio Mastandrea, buttando quasi giù la porta e lo spintona forte perché è arrabbiato con lui che non gli ha ancora pagato un debito di poker. E si sente proprio Franz. Perché questo somiglia proprio a Titti. "Sì, cerco te. T'ho scoperto, sai? Ho letto tutto."
"Ma tutto che? Cosa vuoi da me?"
"Non ci provare. Ho visto cosa scrive Anna sul diario!" e dà un altro cazzotto a Enrico, che finisce di nuovo giù. Rocco si gira ed esce senza dire altro. Enrico resta disteso. Completamente scosso, poi riesce di nuovo a mettere a fuoco la situazione. L'assurdo di tutta quella storia. Ma a me, veramente, Anna non ha mai detto nulla. Di una sola cosa è sicuro. Gli fa male la mascella.
Cinquantatré
Cristina continua a cucinare, assaggia la zuppa con il mestolo. No. Non va bene, è sciapa. Apre il barattolo, ci butta dentro un po'"di sale. Ne apre un altro di brodo vegetale granulare. Ne aggiunge mezzo cucchiaio. Poi piega la testa di lato, breve riflessione. Ma sì, anche un po'"di peperoncino. Vai. Lo spezza a metà e lo butta dentro. Ha la guancia poggiata contro la spalla destra, tiene così il telefonino per avere tutte e due le mani libere e continuare ad ascoltare quello sfogo. Giustificatissimo.
"Ci siamo definitivamente lasciati. È fuori casa con tutta la sua roba." Dall'altra parte Susanna fa una pausa. Poi riprende. "E sai che ti dico? Non so come mai non l'ho fatto prima. In fondo l'ho sempre saputo che c'aveva qualcun'altra; spariva, rientrava e usciva di nuovo, a volte fino a tarda notte, ogni tanto pure per il weekend. Ma dai! E quando mai ci sono affari o riunioni anche il sabato e la domenica? Solo a lui succedeva! Tutti lui ce li aveva clienti così!" Cristina assaggia di nuovo il brodo. Ora va meglio. Comunque è curiosa della storia di Susanna.
"E non ti pesa? Che ne so, i tuoi figli, per esempio, che dicono?" Cristina ascolta mentre continua a mescolare.
"Guarda, ho parlato a lungo con loro. Noi pensiamo sempre che non capiscano… Ma non è così, sono già maturissimi e responsabili. Mio figlio mi aveva vista piangere, sai cosa mi ha detto? Mamma, se tu decidi così vuol dire che è giusto. Va bene pure per noi, però ti prego, non piangere mai più. Capisci? Questo è un uomo! Vuole la mia felicità! Non come quell'invertebrato di Pietro! Guarda, più ci penso e più credo che dovevo essere proprio rincoglionita per sposarmelo!"
"Sì…" ride Cristina dall'altra parte. "Rincoglionita d'amore…"
"No! Delle cazzate che mi raccontava lui! Va bè, ora ti saluto perché devo andare a preparare…" Susanna si ferma un attimo, si è accorta di non averle chiesto nulla. Ci ripensa. "E tu come stai?"
"Bene."
"Sicura? Tutto ok?"
"Sì. Grazie."
"Va bene, sono contenta. Allora ci sentiamo domani o più tardi se vuoi, tanto io resto a casa."
"Ok, ciao."
Cristina chiude il telefono e lo posa sul bordo del lavabo. Poi lo guarda. Bene. Perché ho detto bene? Non mi andava di parlare. Non mi va di raccontare le mie cose, ascolto tutti e non ho mai il coraggio di raccontarmi. Che palle. No, non va bene. E devo riuscire a dirlo, devo ammetterlo con me stessa e con gli altri. Lo devo dire. E quasi con rabbia sbatte forte il coperchio sulla pentola, facendo uscire un piccolo schizzo di brodo che, innocente, senza sapere il perché di quella stizza improvvisa, si perde poco più in là. Cristina rimane così, come indebolita da questa sua personale, sincera confessione. Poi si lascia cadere sulla sedia, di fronte al tavolo, di fronte alla tv e, quasi senza accorgersene, prende il telecomando e accende. E come spesso accade, sembra quasi un gioco del destino. Beffardo, divertito, amaro. C'è uno psicologo sullo schermo. Uno stacco lo porta in primo piano come per dare ancora più importanza a quello che sta per dire.
"Non c'è niente da fare, a volte semplicemente non siamo capaci di parlare e il dolore aumenta. Non riuscire ad ammettere un nostro fallimento è il vero problema, e non quel fallimento in se stesso. Di qualunque tipo sia, l'incapacità di raccontarlo non ci permette di capirlo veramente, di affrontarlo, di risolverlo, analizzarlo. Siamo portati a nascondere nei modi più diversi questa nostra incapacità, tradendo, stando sempre in mezzo alle persone, ascoltando gli altri con i loro racconti, comprando compulsivamente cose di qualsiasi genere, inutili. Questo caos, questo rumore esistenziale, questo coprirsi gli occhi, tapparsi le orecchie e la mente si chiama "tentativo di fuga". Ma è difficile che lo si possa portare avanti in eterno, prima o poi si crolla. E quando questo accade, a volte basta un niente…"
E piano piano Cristina si allontana con la mente, si estranea, non sente più quelle parole, si rintana nei suoi pensieri. E allora si rivede ragazza. Su una spiaggia rincorsa da Flavio. Ridono, cadono in acqua. La prima vacanza che hanno fatto insieme, in Grecia, a Lefkada, e ancora indietro con i ricordi, una notte di quella stessa settimana. Passeggiano sul lungomare, arrivano fino alla punta dove c'è un piccolo faro dalla luce verde intermittente, e lì, nascosti nella penombra, tra scogli e anfratti, dietro un canneto mosso
da una brezza notturna, fanno l'amore. Se lo ricorda bene Cristina,
e sorride giocando con quel cucchiaio sul tavolo, quella follia, quel
desiderio improvviso, giovani e affamati d'amore, baci quasi rubati a morsi, tra quei suoni leggeri delle canne al vento, delle onde del mare, ribelli spettatrici della loro sana passione. E un altro improvviso ricordo. Il bianco della neve illuminato dal sole. Una giornata bellissima a Sappada, vicino Cortina, scendere tra la neve fresca, tenendo il tempo, piegarsi agili e veloci sulle gambe, avanti e indietro, con le punte degli sci ben in alto per non frenare. Scivolare così su quella neve soffice, superarsi, affiancarsi e alla fine, stanchi, fermarsi. Se lo ricorda come se fosse ora. Le sembra quasi di rivederlo, di assistere a un film. Un bel film d'amore. E quel bacio baciato dal sole. Le mani avide di passione che frugano nelle tute, staccarsi gli sci, rifugiarsi dietro una roccia per continuare a spogliarsi, goffi e desiderosi, vogliosi di farlo così, in mezzo a quella pista, ansimando ribelli, folli di quell'amore bello e pieno e fanciullo e bambino e sciocco e capriccioso, che non si può controllare. E poi riprendere a sciare, fino a tardi, semplicemente innamorati. Che roba, pensa Cristina rimettendo a posto il cucchiaio. Eravamo pazzeschi. D'amore irrequieti. E ora? Dove siamo finiti ora? E tristemente si vede come appannata, sposata sì, ma quasi stanca d'amore. Che tristezza. Stanca d'amore, seduta, proprio come sta lei in quell'istante davanti a uno psicologo che sembra parlare della sua bella storia ormai finita… E proprio in quel momento sente la porta che si apre.
"Amore… ci sei?" Flavio chiude la porta, posa la borsa sul tavolo all'ingresso, si leva il cappotto che butta sul divano, poi va verso la cucina. "Cri? Ma dove sei?" Entra e la trova lì, davanti ai fornelli. "Ah, eccoti… Ma non rispondevi? Guarda che ho preso… La macchinetta del caffè, quella di George Clooney!" E la posa sul tavolo. Poi apre il frigo per prendere da bere. "Volevi che te la portasse direttamente lui, eh…"
Cristina risente nella sua testa le parole dello psicologo: "Comprano compulsivamente cose soprattutto inutili… per nascondersi, per coprirsi gli occhi, per andare avanti facendo finta di niente…". E piano piano comincia a piangere, in silenzio, girata verso il muro.
"Cri? Ma non dici niente? Ti piace? Sei felice che l'ho presa?" Flavio si gira. E rimane a bocca aperta. Gli si stringe il cuore, è spaesato, spiazzato, sinceramente sorpreso. "Tesoro, ma che è successo?" Flavio le si avvicina. Quasi in punta di piedi, con il terrore
che possa accadere qualcos'altro, che la situazione precipiti ancora di più. "Ma è per la litigata che abbiamo fatto?"
Cristina scuote la testa, non riesce a parlare, tira su con il naso, piange ancora, poi guarda per terra, ma vede solo delle mattonelle, quelle che hanno scelto insieme quando hanno deciso come arredare la cucina. E le vede sfuocate, appannate dalle lacrime, sempre più grandi. Non riesce a dire nulla, ha come un groppo in gola. Di nuovo le parole dello psicologo che quasi rimbombano nella sua testa: non riuscire ad ammettere un proprio fallimento è il vero problema, non il fallimento in se stesso. Allora Flavio le mette una mano sotto il mento, prova a tirarle su il viso e lo fa dolcemente, aiutando il movimento con due dita, cercando il suo sguardo. E Cristina compare davanti ai suoi occhi, con il viso affranto, gli occhi pieni di lacrime e improvvisamente riesce a parlare.
"Non sono più innamorata."
Flavio è incredulo. "Ma perché dici questo?"
Cristina si siede ed è come se avesse superato l'ostacolo, fosse uscita fuori da quel buco nero, avesse scavalcato quel muretto che le sembrava insormontabile, fosse uscita da quel pozzo profondo dove era finita giorno dopo giorno, sempre più in basso. "Perché tra noi è finita, Flavio. Tu non te ne accorgi, non vuoi accorgertene. Guarda. Compri sempre qualcosa in più, spremiagrumi elettrico, il televisore al plasma, il nuovo forno a microonde… Ci sono solo elettrodomestici moderni e costosi in questa casa… Ma noi? Dove siamo finiti noi?"
"Siamo qui…" Flavio si siede di fronte a lei ma capisce quanto la sua risposta sia poca roba rispetto al problema che lei ha aperto. E quindi riprende cercando di mostrarsi sicuro e più convinto. "Siamo qui dove eravamo, siamo qui dove siamo sempre stati…"
Cristina scuote la testa. "No. Non ci siamo più. Non basta esserci… così. Non parliamo più, non ci raccontiamo niente, del nostro lavoro… Dei nostri amici. Non mi hai detto nulla di Pietro e Susanna."
"Ma non sapevo come dirtelo…" Flavio si muove nervoso sulla sedia. Ecco, pensa tra sé, è sempre colpa di quello stronzo di Pietro e dei suoi casini. Cristina lo guarda e sorride. "Ma non è quello, non è importante, anche se dimostra che non hai voglia di condividere con me le cose come una volta, il vero problema è che non sono più motivata… Non mi va neanche di arrabbiarmi perché non me lo hai raccontato… Sembra che andiamo avanti così tanto perché dobbiamo andare avanti, ma la vita non dev'essere così, vero?
Ci vuole entusiasmo… Anche quando passa il tempo. Anzi, soprattutto quando passa il tempo. Cresciamo, cambiamo, e stare insieme significa dirsi le cose, dirsi questi cambiamenti per costruire poi un nuovo equilibrio… Ed essere sempre noi ma diversi, più grandi, più ricchi d'esperienza. Invece noi siamo qui, sì, come dici tu, ma siamo solo l'immagine di quel che eravamo, un riflesso. Noi siamo già da un'altra parte."
"Sì, certo…" Flavio non sa veramente che dire. Poi la cosa peggiore. "Dimmi la verità… Hai conosciuto qualcuno?"
Cristina lo guarda sorpresa. Delusa. Come quando ti affanni per parlare di un tuo problema e senti che le parole finalmente stanno uscendo. Ma la persona che hai difronte, la destinataria della tua sincerità, non c'è… non afferra… non capisce. Perché è davvero da un'altra parte. "Ma che c'entra… Sembra che non mi conosci."
"Non hai risposto."
Ora lo guarda dura. "Ho già risposto coi miei comportamenti. No. Non ho conosciuto nessuno. Sei contento?"
Flavio rimane in silenzio. Ma mi starà dicendo la verità? Perché, se avesse conosciuto qualcuno me lo direbbe? Certo, è tanto che non facciamo l'amore… e anche quando lo facciamo…
"A cosa stai pensando?"
"Io? A niente…"
"Non è vero. Lo so."
"Cosa sai? Sai a cosa sto pensando?"
"No. Solo che non mi stai dicendo la verità."
"Te l'ho detto. A niente." Cristina scuote la testa. "Non riesci a capire."
"Ok…" Flavio fa un sospiro, "stavo pensando se mi stai mentendo o no… Hai conosciuto un'altra persona?"
Cristina fa un lungo respiro. Niente. È impossibile. Insiste. Non mi crede. Non riesce a credermi. O c'è un altro oppure il problema non esiste. Cristina ora è arrabbiata: la sua persona non conta niente, solo un tradimento è degno di attenzione? "Tu non capisci, non vuoi capire il problema. Non ho conosciuto nessuno, se è solo questo che ti interessa." Poi spegne il fuoco e mette la pentola a tavola, prende il mestolo e inizia a versare il brodo nei piatti.
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