Più tardi. I rumori della città si sono affievoliti. È circa l'una. Cristina si riveste con calma. Guarda ancora quel pupazzetto. Mattia è sdraiato sul letto e la luce della luna che sta filtrando dalla finestra lo illumina e crea un gioco strano sugli specchi. Ha gli occhi chiusi. Li apre.

"Te ne vai, tesoro?"

"Sì, è tardi…"

Mattia si mette seduto sul letto. "Allora, ti accompagno…"

"No, non importa, poco fa ho chiamato un taxi…"

"Quando? Non me ne sono accorto…"

"Prima, forse dormivi… e poi mi dispiacerebbe farti uscire adesso. Col taxi ci metto un attimo…"

"Mi piaci, sei una donna indipendente…"

A sentire quella parola Cristina prova una strana sensazione. Poi si alza. Anche Mattia. Cristina prende la borsa e il cappottino che aveva appoggiato in cucina. Mattia l'accompagna alla porta. Uscendo Cristina si gira.

"Chi te l'ha regalato quel pupazzetto che hai in camera, quello nella sfera con la neve?"

Mattia fa la faccia stranita. Ci pensa un po'"su. "Boh… una… ma non mi ricordo il nome… Perché?"

Curioso come un piccolo oggetto, un souvenir così insignificante, possa avere un valore tanto diverso per due persone. Troppo diverso. Non ricorda nemmeno chi era lei. Una lei che magari gliel'ha regalato con amore come avevo fatto io con Flavio. Una lei presa, magari carina, magari paziente, magari convinta che anche lui la ritenesse speciale. E ora lui non ricorda nemmeno il nome. Cristina lo guarda per qualche istante. Mattia sorride.

"Allora, splendida donna, posso chiamarti domani?".

"No…"

Mattia è stupito.

"Forse hai da fare… allora dopodomani."

"No…"

"Tra qualche giorno?"

"Nemmeno…"

Cristina lo saluta, sorride e poi sparisce in corridoio. Mattia resta a guardarla. Non capisce quel cambio di umore. Mah. Donne. È sempre difficile capire. E comunque mai dire mai.


Centoquindici


Erica si volta di scatto. Lì per lì non capisce. Sente il materasso un po'"troppo duro. Ma che succede? Apre gli occhi. Cerca di mettere a fuoco. Ma non riconosce gli oggetti, la stanza. Allora si siede sul letto e si guarda intorno. E lo vede. Di fianco a lei. Ha il respiro pesante e dormendo è rimasto scoperto. Il lenzuolo è quasi tutto per terra. E sdraiato a pancia in su. Il suo corpo nudo è un po'"flaccido. Strano. Non sembrava vedendolo vestito. Erica guarda sul comodino. Un orologio digitale segna le tre di notte. Si accorge che anche lei è nuda sotto il lenzuolo. Nota i suoi abiti sparsi per terra. Si gira di nuovo verso di lui. E ricorda. Hanno lasciato la facoltà. Lui le ha offerto un passaggio per fare un giretto nei dintorni, in macchina hanno scherzato, riso. Lui le ha fatto capire che gli piaceva. E lei era felice. Poi sono arrivati sotto una casa. Lui le ha proposto di salire per un caffè, dicendo che poi l'avrebbe riaccompagnata a casa. E poi dopo qualche chiacchiera l'ha baciata. Sempre di più. Erica si è lasciata andare. E ora guardandolo prova fastidio. Sta lì, steso, addormentato, un po'"bianchiccio. Non gli sembra più bello come prima. Ma che c'avevo visto? Mi pareva un fico. Volevo a tutti i costi che si accorgesse di me e ora che ci sono andata a letto mi sento così. Erica si alza. E cammina un po'"scalza per la stanza, illuminata di riflesso dalla luce di un lampione che filtra tra le persiane. Alcuni libri. Un settimino. Lo specchio. E su un mobile una cornice. Erica la prende. Una foto mostra una bella donna mora dai capelli lunghi e due bambini di sì e no otto, dieci anni. E accanto, accucciato per terra e sorridente, c'è proprio lui. Marco Giannotti. Un'altra foto più grande, con una cornice d'argento, mostra Marco e quella donna nel giorno del loro matrimonio. Allora è sposato. Erica si volta a guardarlo. Ora dorme più profondamente. Sta russando. Erica scuote la testa. Che tristezza. Non è possibile. Chissà che ci fa da solo qui. Magari la moglie e i figli sono via. Oppure questo è solo uno dei tanti appartamenti dove porta quelle come me. E

nel dirsi questa frase si blocca. Quelle come me? Quelli come lui. Io non ho fatto nulla di male. Ho seguito solo il mio istinto. Lui mi piaceva. E basta. È lui che è un bugiardo. Che tradisce la moglie. E prende in giro le studentesse. E quelle parole suonano tanto come una bugia raccontata a se stessa.


Centosedici


La macchina con l'autista posteggia sotto casa di Alex, che scende veloce e prende dal baule il suo trolley. Leonardo abbassa il finestrino. "Prenditi una giornata libera, se vuoi."

Alex sorride. "Ok, grazie. Comunque mi sembra che sia andato tutto a gonfie vele, no?"

"Sì, perfettamente." Leonardo sorride entusiasta. "Gli americani hanno già anticipato una gran fetta del budget del prossimo anno alla loro società e sono rimasti impressionati dalla bellezza dei filmati. Devo dire che tu e Raffaella siete veramente delle macchine da guerra. Mi dispiace che lei non sia venuta."

"Già…" ammette Alex. "Il lavoro che ha fatto è stato molto apprezzato. Se passi per l'ufficio diglielo. Noi ci vediamo dopodomani…"

La macchina con l'autista e Leonardo riparte, mentre Alex entra nel palazzo e chiama l'ascensore. Controlla il telefonino. Che strano. Niki non mi ha chiamato. Nemmeno un messaggio. E ieri ho provato una volta e non prendeva, poi alla cena con gli americani non ho più potuto. Bè, è normale. Comunque adesso si allenterà tutto. È stato il momento decisivo per la scelta della linea della campagna, ora comincia la discesa. Apre la porta di casa. Da adesso in poi sarà tutto più facile. Molto più facile, così potrò anche occuparmi un po'"di questo matrimonio. Entra in casa e posa le chiavi sulla mensola dell'ingresso. In effetti finora non ho fatto molto.

"Niki… Ci sei?" Forse è già uscita. "Niki?"

Magari non è venuta, forse ha preferito restare a casa sua, anche perché mi sa che oggi doveva uscire con la madre per fare la richiesta della chiesa… Ma improvvisamente vede l'armadio aperto. Anche alcuni cassetti della scrivania. La porta della camera identica a quella di Niki è aperta e l'armadio vuoto.

"No, ma che è successo? Sono passati i ladri?" E lo dice titubante, quasi speranzoso, preoccupato che invece possa essere

qualcos'altro, temendo che dietro questo inspiegabile disordine ci possa essere una ragione diversa. No. Ditemi che non è così. Alex poggia la borsa da viaggio per terra e corre per la casa, sempre più agitato fino a quando non arriva in camera da letto e la trova. Alex. Una lettera. Un'altra.

"Oh no…" Apre la busta quasi freneticamente e tira fuori la lettera, la spiega con forza, con rabbia, scuotendola nell'aria, veloce, avido di sapere cosa c'è scritto.

"Caro Alex, forse non è il modo giusto per dirtelo, ma in questo momento sono molto vigliacca."

Alex non crede ai suoi occhi, quasi si sente svenire, gli viene da vomitare la buona colazione della mattina e divora frenetico ogni parola. La scorre veloce, saltando concetti, frasi, righe, cercando, frugando, con il timore di trovare quella frase: mi sono innamorata di un altro. E alla fine rallenta, un po'"più tranquillo, in ripresa, leggermente più sereno.

"Mi dispiace, è un passo troppo grande per me. Mi sono accorta di avere paura, di non essere pronta."

Ecco. Respira più lentamente. È solo questo, nulla di più, cioè, è comunque molto, è importante, ma non è definitivo. Continua a leggere fino all'ultima riga.

"Quindi è meglio se per un po'"non ci vediamo, ho bisogno di riflettere su tutto."

Ma come? Io per te avevo lasciato il lavoro, sono andato su un'isola, su un faro ad aspettarti, e poi siamo tornati insieme perché avevamo deciso di tornare. Ho cambiato casa perché tu non avessi ricordi del mio tempo passato con Elena, ho ricreato la tua stessa camera, in modo che tu potessi venire lì a studiare e sentirti lo stesso a casa tua, libera o comunque indipendente, sono andato fino a New York, ho contattato Mouse e tutto quello che mi sono inventato per poterti chiedere in sposa proprio nel modo che tu sognavi, con la favola che ami, perché la vita può essere una favola se tu lo vuoi, se tu decidi di vivere sognando… E ora tu rinunci al sogno? Non sei pronta? Hai paura? Rinunci a tutto questo? Perché, Niki? Per colpa mia? Perché sono stato troppo impegnato? Perché hai dovuto sopportare le mie sorelle? La preparazione di un matrimonio? Il peso di una scelta? Ti prego, dimmelo, Niki. E rimane così, nel silenzio di una casa vuota, tra quelle mura che ancora sanno di risate e amore, di corse e divertimento, di finte fughe e morbide cadute tra le lenzuola, di baci dati in ogni stanza, di sospiri che ancora echeggiano nell'aria

come lievi sorrisi che lentamente vanno sbiadendo. E di colpo quella casa ad Alex sembra triste, come se avesse perso tutto il suo smalto, come se i colori di quei divani, di quei tappeti, di quelle sedie, di quei quadri, di tutte quelle cose scelte insieme si fossero improvvisamente sbiaditi, come sfuocati, appannati, sciolti nell'acqua. O almeno è esattamente così che adesso li vede attraverso le sue lacrime.


Centodiciassette


Olly sistema la casa al volo, nascondendo un po'"di cose nell'armadio, spolverando qua e là senza molta attenzione. Mette a bollire l'acqua. Prende da un mobiletto vicino al lavello un sacchettino. Con un cucchiaio inserisce un po'"di karkadè dentro il filtro che metterà poi nel bollitore. Da una mensola prende quattro tazze grandi e le poggia sulla tavola, dove ha già messo alcuni biscotti, il limone e lo zucchero di canna.

Continua a sistemare per un po'. Poi suonano al citofono. Tre volte, velocemente. Bene. Deve essere una di loro. Olly va ad aprire e aspetta che arrivi sul pianerottolo.

"Ehi, sei tu." È Erica. "Ciao, entra."

Olly torna in cucina e abbassa la fiamma del fornello. "Vieni di qua, almeno controllo l'acqua."

Erica la segue. Proprio in quel momento risuonano il campanello. Olly corre di nuovo verso la porta.

"Oh, eccoti…"

Diletta abbraccia Olly. "Ma come sei seriosa… Ma che c'ha preso a tutte quante?"

"Hai ragione, scusa… È un periodo un po'"così. E poi quando Niki ci convoca in questo modo mi fa sempre strano… È per colpa sua che sono nervosa!"

Entrano in salotto.

"Ciao, Erica!" Diletta si avvicina e le dà un bacio. "Allora?"

"Eccoci qui."

Diletta si siede su uno sgabello alto vicino al bancone. "Ehi, certo che è proprio bella questa mansarda, l'hai arredata proprio con gusto."

Olly sorride. "Grazie. Sì, mi piace molto e poi ci si dorme bene, è silenziosa. Credo che ogni casa abbia una sua atmosfera, una particolare energia, non credete?"

"Sì, e questa com'è?"

Olly sorride. "Molto positiva. Ma secondo voi cosa ci vorrà dire Niki?"

"Mah… Per me vuole proporre a due di noi di farle da testimoni."

Erica spalanca gli occhi. "Due? Solo due? E perché non tutte e tre? Allora sono sicura che sono io l'esclusa!"

Olly è sorpresa. "E perché? Casomai sono io che resto fuori. L'ho cercata un sacco di volte e non mi ha mai richiamata."

"Anche a me. Ieri sera poi ho provato ed era staccata."

Diletta prende un biscotto. "Posso? Ho una fame."

"Sì sì, certo, anzi scusate. Volete qualcosa?"

Erica scuote la testa. "No no, io no, devo dimagrire, sono ingrassata di brutto."

"Ma che dici, stai benissimo!" Olly guarda Diletta. "Casomai è lei che ha messo su qualche chilo."

Diletta fa finta di niente, sorride e si nasconde invano dietro il biscotto che sta mangiando. "Io? Può essere. Ho sempre fame in questo periodo." Poi si mette a ridere. "Vorrà dire che devo fare un po'"di moto e cercare di recuperare!"

"Sì, ecco." Erica annuisce. "Con Filippo magari."

Diletta le fa una smorfia. "Rosicona. Che, è un periodo che non rimorchi?"

"Io? Ma se non so a chi dare i resti!"

Poi Diletta si rivolge a Olly. "Oh, comunque siamo d'accordo, vero?" mentre sistema sul tavolo i biscottini al burro e alle mandorle che ha portato.

"Boh…" fa Olly. "Mi fa ancora un po'"di rabbia."

"Sì, anche a me" dice Erica spegnendo l'acqua.

"Lo so, ragazze, ma siamo sempre le sue amiche. Ne abbiamo già parlato al telefono, dai, Niki quella volta all'atelier era stanca e stressata, come anche i giorni prima quando non ci rispondeva… Non ce l'ha con noi e non è che ci vuole meno bene… è solo che le è capitato qualcosa che non sa gestire."

"Sì, ma noi che c'entriamo? Volevamo solo aiutarla…" dice Olly mettendo il filtro con la tisana dentro il bollitore.